Associazioni storiografiche
Quando i vizi privati e le pubbliche virtù si incontrano con particolari ricerche storiche

Fare storiografia significa, io credo, andare anche per associazioni e differenze. Non sempre sono sufficienti i documenti da soli, ma a volte anche una buona dose di spirito critico e indiziario. Buona parte dei miei studi sul Primo Risorgimento Italiano fanno capo ad Antonio Panizzi, cui ho ampiamente fatto cenno in alcune pubblicazioni. Ma è proprio al Centro Panizzi che ho rinvenuto alcuni documenti comprovanti ancora nel XX secolo i legami tra i patrioti lucchesi, spesso di stampo mazziniano, che ho potuto visionare nel corso delle ricerche e lo Statista reggiano, naturalizzato londinese.

Nel Centro di Documentazione Reggiano troviamo molti riferimenti a Maria Melato, la grande attrice italiana deceduta nel 1950, passata alla storia anche per la sua recita al Vittoriale della Figlia di Iorio di fronte allo stesso Gabriele D’Annunzio e quelli a Ermete Zacconi, l’altrettanto celebre interprete teatrale e cinematografico del Novecento. Entrambi hanno come segretario personale un certo Manlio Pierotti, di cui ho potuto rinvenire documenti in Borgo a Mozzano di Lucca. In particolare pare che un suo fraterno amico, deceduto nel 2011 e sepolto nella frazione di Valdottavo, comune di Borgo a Mozzano, tale professor Geo Grandi Mezzetti, nel corso dei restauri del celebre convento francescano del 1532 di Borgo a Mozzano durante il primo decennio del nuovo millennio, abbia contribuito con versamenti ed oboli, in nome anche dell’amico Manlio, alla grande impresa. Ciò è scritto in due articoli, uno apparso su «La Stampa» di Torino, relativo al decesso del Mezzetti; l’altro su «Il Tirreno», che propose l’elenco dei finanziatori dell’impresa borghigiana.

Maria Melato

Giuseppe Amisani, Maria Melato, circa 1920

Il Manlio, definito Maestro (con ogni probabilità in ambito musicale), faceva verosimilmente parte dello stesso entourage familiare che nel corso del XIX secolo sosteneva le imprese rivoluzionarie unitarie. Leggere la sua documentazione, ribadisco di non averlo fatto personalmente, potrebbe, dico solo potrebbe, essere motivo d’approfondimento e di ricerca, interessante sul piano storico. Forse non è un caso se i documenti della Melato e dello Zacconi si trovano proprio al Centro Panizzi. Ma andrei oltre.

La mamma della Melato è una nobildonna della famiglia Friggeri. Recentemente una Vittoria Friggeri in Firenze ha curato un’edizione particolare che ricorda le vicende della famiglia Bonaparte. E sempre al Centro Panizzi troviamo i documenti del commediografo Forzano relativi ad una storia da cui fu tratto nel 1941 un film, dove si ipotizzava che un sacerdote di un paesino toscano, dal cognome altisonante, ossia Buonaparte, e cugino dell’Imperatore Napoleone I, avesse ricevuto dall’illustre congiunto la proposta della porpora cardinalizia nel corso delle vicende rivoluzionarie all’epoca dei fatti francesi, ma che avesse rinunciato a questa per integrità morale.

Le vicende cinematografiche e sceniche sono poste nel film come immaginarie. Ma Forzano[1] frequentava Lucca perché aveva rapporti di parentela coi conti Orsetti. Egli non dice a quale paesino della Toscana si riferisce nella sua descrizione.

I miei studi storici mi portano però a San Miniato, peraltro diocesi di Lucca in quel periodo, dove vivevano i congiunti dell’Imperatore. Ed i congiunti dello stesso avevano avuto rapporti serrati con i patrioti lucchesi di cui mi sono occupata; ossia quei rivoluzionari mazziniani e/o pseudo mazziniani cui ho fatto cenno in alcuni scritti e che provenivano di fatto da tradizioni cattolico-liberali progressiste. Alcuni di loro amministravano questioni curiali anche nel corso del XIX secolo, come si può facilmente rinvenire da documenti d’archivio siti nella stessa Curia Lucchese. Il suggestivo sacerdote rosminiano ed aristocratico di cui mi sono occupata nel corso della mia tesi poi, Padre Gioacchino Prosperi, ha alcuni suoi documenti e lettere nel sito curiale di San Miniato e certamente legami, se non altro parentali, con gli stessi rivoluzionari.

Queste premesse, facilmente documentabili, vogliono semplicemente fotografare un contesto storico Risorgimentale ed anche post Risorgimentale molto diverso da come viene comunemente dipinto. Intanto almeno fino all’Unità non esistono forti dicotomie tra Cattolicesimo liberale progressista e frange mazziniane meno radicali. Personaggi appartenenti alle medesime famiglie operarono su fronti opposti, e non si trattò solo di doppio gioco.

Il doppio gioco, come alcuni storici lo definiscono, era spesso frutto delle molte facce di una stessa medaglia, inquadrabili in ancestrali bisogni partigiani e di compromesso per salvare il salvabile. Un esempio fra tutti. Lucca era rimasta indipendente quasi per mille anni. È evidente che tale indipendenza aveva avuto un suo prezzo ma anche indubbi vantaggi. Credere nella Repubblica di Mazzini poteva significare anche sperare in un inquadramento politico repubblicano, più confacente alla tradizione lucchese. Trovare dei compromessi in un’ottica federale, magari cattolico-liberale, ambire di fatto al medesimo risultato.

Perché, in epoca napoleonica, perorare la causa del Principato di Lucca e Piombino? Un Principato di piccole dimensioni, tale forse da far mantenere in vita quei caratteri d’indipendenza tanto cari a Lucca. Non avevano questi personaggi con la costa toscana ancestrali interessi economici? Successivamente si cercarono nella soluzione unitaria quei giusti compromessi che permettessero di ricavare dei vantaggi anche dalla perdita dell’indipendenza, quali ad esempio seggi in Parlamento a Roma, per tutelare quegli stessi ancestrali interessi. Sì, direi compromessi di ogni sorta, anche ad una costante confusione politica. Senza contare i legami d’Oltralpe, ancora più articolati.

Mi riferisco, e non a caso, a Risorgimento e post Risorgimento. Nel XX secolo tutto è cambiato ma, come asseriva Tomasi di Lampedusa, per restare tutto uguale. I legami familiari piuttosto che politici non furono così dissimili. Troviamo ancora una volta nelle cerchie familiari chi si avvicinava al Regime Fascista e chi lo contrastava, magari in nome del mancato valore repubblicano dello stesso Regime.

Giovanni Sforza fu amico e confidente di Costanzo Ciano. Suo figlio Carlo uno strenuo repubblicano che combatté il fascismo, seppur su posizioni moderate. Sua madre era Lucchese, si chiamava Elisabetta Pierantoni ed aveva legami, anche di parentela, con i patrioti mazziniani e cattolici liberali di cui mi sono occupata.

Si potrebbe obiettare che la visione dei padri non sempre fu quella dei figli. Ma qui la questione non si pone. Perché le visioni politiche non nascono tanto da un diverso sentire, quanto, io ritengo, da un modo articolato d’inquadrare ed affrontare i medesimi problemi, alla luce di interessi comuni e di una comune volontà di raggiungere un ordine politico tanto agognato, quanto mai toccato. Che è poi la storia del nostro Paese, a partire dalla caduta dell’Impero Romano e dalle famigerate invasioni d’Oltralpe. L’iter è lungo, diversificato, ma le dinamiche spesso si intrecciano ed equivalgono.


Nota

1 Una curiosità: Forzano è il nonno del celebre Luca Giurato televisivo.

(giugno 2015)

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