Stepinac e gli Ustascia
Breve riflessione sull’atteggiamento dell’Arcivescovo di Zagabria di fronte agli Ustascia

La difficoltà nell’emettere una valutazione sull’operato dell’Arcivescovo di Zagabria durante la Seconda Guerra Mondiale, Alojize Stepinac, non sta solo nelle diatribe politiche suscitate tra chi sostiene che il prelato fu uno zelante collaborazionista del regime degli Ustascia Croati, e chi invece lo ritiene un eroe che ha salvato molte vite umane da un feroce genocidio; ma viene anche dal fatto che sia gli accusatori che i difensori possono portare dei solidi elementi a sostegno delle proprie tesi.

Se, da un lato, Stepinac espresse felicitazioni e apprezzamenti, sia pubblici che privati, verso lo Stato Croato sorto in seguito all’invasione della Jugoslavia da parte delle truppe dell’Asse, dall’altro ebbe a salvare degli Ebrei e dei Serbi dallo sterminio, e pronunciò coraggiose omelie contro le persecuzioni razziali.[1] Generalmente, gli storici riconoscono che l’Arcivescovo non condivideva la pulizia etnica effettuata dagli uomini di Ante Pavelic, ma rilevano allo stesso tempo che non fece nessuno strappo con il suo regime. Quali possono essere le motivazioni per spiegare il comportamento dell’Arcivescovo di Zagabria? Con la speranza che l’apertura di nuovi archivi e ulteriori studi possano in futuro offrire maggiori informazioni, si possono fare le seguenti ipotesi.

In primo luogo, è possibile che il Vescovo avesse la convinzione che una rottura pubblica avrebbe potuto essere controproducente poiché avrebbe impedito di svolgere qualsiasi attività umanitaria a favore dei perseguitati, come difatti lo stesso ebbe a sostenere in un colloquio avuto nel 1942 con il tenente Stanislav Rapotec, emissario del Regno di Jugoslavia in esilio.[2]

In secondo luogo, pesò probabilmente anche il suo malcontento verso il Regno di Jugoslavia che in quasi vent’anni aveva discriminato i croato cattolici e favorito invece i serbo ortodossi.[3] Guardò quindi favorevolmente alla nascita di uno Stato Croato indipendente da Belgrado e che aveva, tra l’altro, introdotto una legislazione favorevole in molti punti al Cattolicesimo: «Il Governo Croato, dato non concesso d’aver commesso tanti mali, come dicono i Serbi, ha fatto anche molto del bene» scrisse all’Arcivescovo Maglione in un rapporto del 24 maggio 1943 a proposito delle accuse mosse all’atteggiamento della Chiesa Cattolica in Croazia nei confronti della persecuzione dei Serbi.[4]

In terzo luogo, giocò forse anche il timore che una possibile vittoria dei partigiani cetnici o comunisti avrebbe potuto comportare l’inizio di una dura persecuzione contro la Chiesa. Stepinac accolse con viva preoccupazione la notizia dei massacri operati dai cetnici contro la popolazione croata, tanto da sostenere nella corrispondenza con il Cardinale Maglione che «la Chiesa Cattolica avrebbe da subire un periodo di martirio crudele, se la Croazia dovesse un sol giorno essere soggiogata di nuovo alla Serbia». Allo stesso modo, come gran parte dei prelati dell’epoca, ebbe a temere l’espansione del sistema bolscevico che in Russia aveva introdotto feroci persecuzioni antireligiose in nome dell’ateismo di Stato, al punto da scrivere sul suo diario nell’ottobre del 1940: «Se vincerà l’URSS, allora il mondo sarà dominato dal diavolo e precipiterà nell’inferno».

Infine, non va dimenticato che nel suo comportamento dovette influire anche la tradizionale dottrina ecclesiastica che esigeva il rispetto dell’Autorità costituita, e che lo portava quindi a trattare per i diritti della Chiesa con tutti i Governi, indipendentemente dal loro indirizzo politico. Atteggiamento che assunse anche durante gli anni del Regno di Jugoslavia, e successivamente, nei primi tempi, persino con la Jugoslavia comunista. Dopo la presa di potere dei comunisti, Stepinac ebbe difatti un incontro con il Maresciallo Tito che intendeva offrire all’Arcivescovo una collaborazione proponendogli di istituire una Chiesa Nazionale indipendente da Roma. Nel colloquio tra i due, il Vescovo si disse disposto a collaborare con il nuovo Stato, a patto però di rimanere fedele alla Santa Sede: «Voi adesso siete il Governo. Legittimo. Noi l’accettiamo. Accettiamo la realtà dello Stato Jugoslavo. Ma la Chiesa Cattolica ha il suo cuore a Roma. Lì c’è il Papa. La trattativa il Governo deve farla con la Santa Sede, che ha l’autorità di trattare le cose».[5]

Vi era tuttavia una differenza fondamentale tra i due regimi succedutisi in Croazia, che spiega anche il diverso approccio che questi ebbero con Stepinac, nonostante fosse da entrambi detestato[6]: mentre gli Ustascia si proclamavano ufficialmente cattolici, i comunisti propugnavano invece il materialismo ed erano quindi intenzionati a sradicare il sentimento religioso dalla società. Perciò di fronte alle ripetute denunce del Vescovo contro la persecuzione religiosa e contro i massacri effettuati dalla nuova dittatura, il regime scatenò una campagna di intimidazione verso il prelato, che culminò con il processo intentato contro di lui nell’ottobre del 1946 che lo condannò a sedici anni di carcere e alla perdita dei diritti civili e politici per ulteriori cinque anni.

Ancora oggi la figura dell’Arcivescovo di Zagabria è fonte di accesi dibattiti (basta pensare che la Commissione istituita da Papa Francesco su Stepinac, a cui parteciparono esperti croati e serbi, si concluse con un nulla di fatto), si spera in futuro che l’acquisizione di nuovi materiali e l’affievolirsi delle tensioni politiche possa portare a un giudizio equilibrato sulla figura dell’Arcivescovo di Zagabria.


Note

1 Anche la documentazione sul Vescovo pare presentare un atteggiamento apparentemente contraddittorio: se nel rapporto di un rappresentate degli Ustascia a Roma si informava che «in Vaticano egli [Stepinac] ha detto un gran bene del Poglvanink, dichiarando di non essere mai stato tanto sicuro del destino del popolo croato quanto in questo momento», un rapporto del ’43 del RHSA (l’Ufficio Principale della Sicurezza del Reich) invece comunicava che «recentemente il Governo Croato ha mandato il dottor Cecelja, un prete cattolico nel quale esso pone la massima fiducia, presso l’Arcivescovo Stepinac affinché agisca da intermediario tra la Chiesa e il Governo stesso. Cecelja ha avuto l’ordine di informare l’Arcivescovo che il Governo non è per nulla soddisfatto del suo atteggiamento nei confronti del nuovo Stato Croato. Non solo egli ha non ha mai avuto una buona parola da dire in merito al devoto Cattolicesimo di cui hanno dato prova gli Ustascia, ma è risaputo che egli ha criticato il Governo, prima in privato e ora, in crescente misura, anche in pubblico. L’Arcivescovo ha risposto che la Chiesa riceve le proprie leggi da Dio e ha aggiunto che il dottor Cecelja poteva riferire al suo Governo che la Chiesa condannerà sempre le misure che terrorizzano la popolazione». Confronta Antony Rodhes, Il Vaticano e le dittature, Milano, 1975, pagina 341.

2 Nell’incontro con Rapotec, Stepinac avrebbe detto anche di essere costantemente in attesa di essere arrestato a causa dei contrasti con il Governo. Confronta Pier Luigi Guiducci, Dossier Stepinac, Gruppo Albatros Il Filo, Roma 2018, pagine 412-413.

3 A pochi Croati era stato concesso di accedere nell’esercito, nel servizio diplomatico o nell’amministrazione statale a meno che non abiurassero o si sposassero con una donna di fede ortodossa. Confronta Antony Rodhes, Il Vaticano e le dittature, pagina 335.

4 Nel resoconto Stepinac pare mostrare un atteggiamento favorevole verso il Governo Croato poiché sostenne che le crudeltà avvenute erano state commesse da «individui irresponsabili» che agivano all’insaputa dell’Autorità, ed elenca quelli che ritiene gli aspetti positivi introdotti dal nuovo regime, come la lotta contro l’aborto e la pornografia. Confronta Giovanni Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Rizzoli, Milano 2000, pagina 388.

5 Anche nei mesi successivi Stepinac cercò di tenere aperti più canali con il nuovo regime presenziando a diverse manifestazioni pubbliche organizzate dalle autorità e consegnando al Governo Jugoslavo l’archivio del Ninistero degli Esteri dell’NDH (depositato nello scantinato del palazzo vescovile in previsione di bombardamenti). Confronta Pier Luigi Guiducci, Dossier Stepinac, Gruppo Albatros Il Filo, Roma 2018, pagine 267-269.

6 Sia gli Ustascia che i comunisti avrebbero chiesto alla Santa Sede di sostituire Stepinac.

(novembre 2022)

Tag: Mattia Ferrari, Alojize Stepinac, Ustascia, Chiesa Cattolica, Ante Pavelic, Comunismo, Stanislav Rapotec, Cardinale Maglione, Maresciallo Tito, dottor Cecelja, Nazismo, Santa Sede.