Il distacco della Chiesa dal regime di Francisco Franco
Il rapporto tra il Caudillo e la Chiesa Cattolica: dall’alleanza ai contrasti

I rapporti tra la Chiesa Cattolica e il regime di Francisco Franco sono stati spesso fonte di polemica a causa degli stretti legami intercorsi tra le gerarchie ecclesiastiche e la dittatura del Caudillo, in particolare durante gli anni della Guerra Civile Spagnola. La storiografia contemporanea ha, tuttavia, fatto giustizia di molti luoghi comuni rilevando, per esempio, che la scelta del clero di militare a fianco dei nazionalisti avvenne in un secondo momento, a causa delle violenze anticlericali verificatesi nei territori repubblicani. Inoltre, se si esamina più attentamente il rapporto tra la Chiesa e Franco, non si può non notare che esso fu ben più complesso di quanto si possa immaginare.

Durante il conflitto, Franco si guadagnò l’appoggio del clero con una serie di provvedimenti a favore della Chiesa come il divieto del divorzio civile, la disposizione di sanzioni contro le bestemmie, l’obbligo dell’istruzione religiosa nelle scuole e la concessione di fondi per la ricostruzione delle chiese distrutte. Tuttavia, queste misure dovettero essere dettate non per convinzione religiosa quanto piuttosto per ordine pratico dato che si espresse in termini assai negativi verso la Santa Sede in un colloquio con l’Ambasciatore Tedesco nel maggio del 1937: nell’incontro il Caudillo disse infatti di deplorare «ogni interferenza del Vaticano nei suoi negoziati di pace con il Governo Repubblicano», aggiungendo anche che i periodi storici in cui la Spagna era stata più forte come sotto i Regni di Carlo V o Filippo II corrispondevano a quando l’influenza clericale era più debole; mentre per contro, i periodi in cui il Paese aveva toccato il fondo della sua debolezza corrispondevano invece a quando l’influenza del Vaticano era al culmine[1].

Francisco Franco era disposto a far sì che i ministri del culto potessero esercitare la loro influenza in Spagna, ma a patto che questi ultimi si dimostrassero docili e ubbidienti nei confronti dei suoi uomini. Per questo motivo, subito dopo la conclusione della guerra civile, iniziò dei negoziati con il Vaticano, per cercare di ottenere il controllo sulle nomine dei Vescovi. Prerogativa che era stata esercitata dai Sovrani Spagnoli, e che venne poi abolita con l’avvento della Repubblica. Il Vaticano e la maggior parte dei Vescovi Spagnoli si opposero alla restituzione del privilegio delle nomine episcopali e per rappresaglia il Governo tentò di invalidare il potere della Chiesa assorbendone le organizzazioni sociali, educative e religiose come l’Azione Cattolica. A tal fine venne resa obbligatoria per tutti gli studenti l’iscrizione al «Sindacato Español Universitario» e questo costituì un duro colpo per le organizzazioni giovanili cattoliche. Tuttavia, alla fine le due parti giunsero ad un compromesso nella quale il capo dello stato acquistò alcuni privilegi già concessi alla Corona, come il «derecho de presentaciòn», ma nessun candidato poté essere presentato senza il consenso della Santa Sede.[2]

Al termine del Secondo Conflitto Mondiale, il dittatore spagnolo si trovava in una situazione difficile in quanto all’estero il suo regime era considerato un residuo del fascismo, ma le tensioni internazionali scoppiate con l’inizio della Guerra Fredda fecero mutare prospettiva agli stati occidentali che iniziarono a vedere Franco in funzione antibolscevica. Il regime godette in quegli anni dell’appoggio della Chiesa che toccò l’apice con la stipula di un concordato nel 1953 e con l’assegnazione, da parte di Pio XII, della nomina di Franco come membro dell’Ordine Supremo di Cristo.

I rapporti tra il Caudillo e la Chiesa, improntati ad una stretta collaborazione, si fecero col passare del tempo, tuttavia, sempre più tesi. A contribuire a questa situazione fu l’elezione al Soglio Pontificio di Papi che avevano scarsa simpatia per Francisco Franco[3] e la convocazione del Concilio Vaticano II: il concilio, infatti, emanò decreti in contrasto con il regime come la critica alle forme di governo dittatoriali, e attraverso di esso mandò impulsi alla Chiesa Spagnola (non a caso Franco crederà che il concilio fosse una cospirazione massonica).

La Chiesa cominciò dunque ad assumere posizioni sempre più vicine al radicalismo sociale e ciò comportò diversi scontri con l’autorità: parecchi preti usciti troppo fuori dai ranghi furono rinchiusi nel carcere di Zamora e crebbe sempre più un anticlericalismo proveniente dall’estrema Destra diretto contro il «Papa comunista» e il «clero rosso». Un ulteriore contrasto con la Chiesa fu dovuto all’attacco dei falangisti contro l’Opus Dei, approfittando di alcuni scandali finanziari di questa organizzazione. Nel 1970 erano 187 i preti baschi incarcerati, mentre in tutta la Spagna i preti erano spesso assaliti dai sostenitori più duri del regime. Simili attriti erano presenti anche da parte delle gerarchie spagnole: nel 1972 la Conferenza Episcopale Spagnola fece una dichiarazione nella quale rinunciava ai privilegi politici della Chiesa e sollecitava il pluralismo politico e quando il Primate di Spagna, Vicente Enrique y Taracòn, presenziò al funerale del Primo Ministro Carrero Blanco (ucciso in un attentato dell’ETA) fu accolto dalle grida dei lealisti che incitavano ad inviare «Taracòn al plotone di esecuzione!». Inoltre, in quel periodo Paolo VI fu alla testa delle proteste contro le condanne a morte retroattive inflitte a dei terroristi dell’ETA e del FRAP.[4]

Il Pontefice cercò anche d’avviare il distacco dalla Chiesa nominando, ad esempio, Vescovi ausiliari per evitare le nomine del regime come stabiliva il Concordato che il Papa cercò inutilmente di rivedere, cancellando anche il viaggio in Spagna previsto nel ’68 per protestare contro il rifiuto di Franco a rinunciare al controllo governativo sulle nomine episcopali[5]. Dopo la scomparsa del Generalissimo, lo stato spagnolo ritornò ad un governo democratico sotto la guida del Re Juan Carlos di Borbone, ma a quel punto la Chiesa Cattolica aveva già avviato la strada del distacco dal regime di Francisco Franco.


Note

1 Termini così negativi verso la Santa Sede furono forse dovuti anche al fatto che Franco conosceva l’ostilità anticattolica dei nazisti. Del resto, il dittatore spagnolo vietò nei territori dei nazionalisti la diffusione dell’enciclica Mit brennender sorge.

2 Confronta Antony Rhodes, Il Vaticano e le dittature, Milano 1975, pagine 134-138.

3 In particolare è il caso di Paolo VI, la cui elezione venne accolta con grande sfavore dal Caudillo, a causa dei gravi contrasti che erano intercorsi tra i due quando Montini era ancora Cardinale. Durante gli anni del suo Pontificato, Paolo VI venne fortemente attaccato dai giornali spagnoli che accusarono il Papa di non aver condannato l’attentato al Ministro Carrero Blanco: questi arrivarono anche a spargere falsità affermando che l’avversione di Montini verso il Governo Spagnolo era dovuta al fatto che avesse avuto un fratello morto nella Guerra Civile mentre combatteva nelle file delle brigate internazionali. Si veda Vicente Carcel Orti, Fango su Paolo VI, «L’Osservatore Romano», 20 gennaio 2012.

4 Sul distacco della Chiesa dal regine di Franco confronta Michael Burleigh, In nome di Dio, Bergamo 2007, pagine 418-422.

5 Confronta Andrea Tornielli, Paolo VI, Milano 2009, pagina 519.

(novembre 2017)

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