Zingari: la schiatta più nomade
Un popolo decisamente singolare che ha saputo conservare alcuni dei suoi più antichi caratteri

Giovane zingara

William-Adolphe Bouguereau, Giovane zingara (1879)

Popolo ancor oggi nomade, diffuso più o meno in tutto l’ecumene, ma più specialmente nei Paesi dell’Asia anteriore e in Europa, massimamente nella Sud-Orientale.

Circa le sue origini, appare oggi indubbio, contro alle molte ipotesi avanzate in passato, che, quanto alla lingua, esso sia di provenienza indiana. Infatti la lingua o, meglio, l’insieme dei dialetti propri degli Zingari costituisce un ramo che si staccò dal gruppo dei dialetti parlati nel Nord-Ovest dell’India e nelle regioni dell’Indo Cush, a partire dal secolo V dell’era volgare, trasportato dai nomadi attraverso la Persia e l’Armenia, fino nelle regioni dell’Europa Occidentale.

Naturalmente l’idioma zingaro, detto anche «tsigano», nel corso del lungo tragitto da esso compiuto e durante i molti secoli da che viene parlato fuori della sua patria d’origine, ha subito non lievi modificazioni, a seconda delle diverse lingue con le quali si è trovato a contatto; talora si presenta con carattere di lingua segreta, di cui solamente il vocabolario rivela la derivazione indiana, laddove la grammatica risulta in gran parte tolta a prestito dalle lingue dei vari Paesi dove gli Zingari soggiornano.

Tutto questo peraltro consta con sicurezza soltanto ai nostri giorni, in conseguenza agli ampi studi storici, linguistici e antropologici di cui il popolo tsigano ha formato oggetto per parte di tutta una serie di valorosi indagatori, tra i quali, oltre il Pott, il Miklosich, il Finck e il Battailard, si possono annoverare diversi ricercatori italiani, dal Predari al Raspati, all’Ascoli, al Colocci, al Tagliavini, al Menarini, eccetera.

Prima era invece opinione corrente che gli Zingari fossero d’origine egiziana, donde i nomi di «gitanos» e di «gipsies», con i quali essi sono designati rispettivamente in Spagna ed in Inghilterra, mentre in Francia sono conosciuti sotto l’appellativo di «bohèmiens» (Boemi), per una presunta derivazione dalla Boemia, e mentre essi stessi si danno i nomi di «rom» e di «manush», aventi nella loro lingua il significato di «uomo» (il sanscrito «manu», il tedesco «Mann» e «Mensch»).

Del resto anche il tipo fisico più comune presso gli Zingari contribuisce a dimostrare la loro origine indiana, quantunque nelle loro ininterrotte e amplissime migrazioni e dati i loro costumi poligamici essi si siano replicatamente mescolati con popoli d’altra razza, così da presentare alle volte colorito chiaro della pelle, con capelli castani o biondi e con occhi azzurri; ma, di regola, le loro fattezze sono precisamente le fattezze che ricorrono presso gli Indiani del Nord, e cioè statura media, colorito olivastro e, naturalmente, capelli neri e ricciuti e occhi con l’iride scura.

Si calcola che gli Zingari possano ammontare a qualche milione d’individui, certo non più di quattro o cinque.

Esercitano di norma, oltre che il mestiere di saltimbanchi, di dicitori di buona fortuna e di stregoni, i mestieri di calderai, di mercanti di cavalli, di panierai, di intagliatori di legno, eccetera.

Gli Zingari sono, oggi, comunemente divisi in tre gruppi principali: i «calderas», i «gitani», i «manouches» (corrispondenti ai «bohèmiens»).

Oggi gli Zingari si trovano in Asia Minore, in Africa Settentrionale, nel Sudan, in Etiopia, nelle due Americhe, in Australia.

In Europa hanno avuto la vita difficile durante il nazismo (nell’area germanica), in cui furono considerati alla stregua degli Ebrei, chiusi in campi di concentramento, sterilizzati, eccetera.

Nella Spagna, specialmente in Andalusia, i gitani ebbero ed hanno una vita autonoma; in Italia e in Francia godono pure di ampia libertà.

La Chiesa ha operato notevole penetrazione fra gli Zingari raccogliendo qualche tangibile frutto.

Poco si sa degli Zingari negli ex Paesi comunisti; generalmente è noto che i vari Stati dell’Est Europa: Romania, Moldavia, Bielorussia e altri, ove vivono numerosi gruppi, cercano di costringere gli Zingari a fissa dimora e a un lavoro utile, anche per porre fine alla questua dei bambini che laceri, sporchi ed insistenti vagano per le strade, inviati dai loro stessi genitori.

Bellissime, anzi meravigliose sono le feste, una tantum, che questa razza fa per qualche ricorrenza come un matrimonio, un fidanzamento o per perdonare un affronto, dato che sono molto suscettibili e vendicativi. Le donne indossano abiti sgargianti, oro e gioielli a profusione, i canti ed i balli, con relative libagioni, sono l’apoteosi di feste indimenticabili, forse perché così diverse dagli altri popoli. Gli Zingari sono fieri, orgogliosi, molto uniti fra loro e si sentono superiori a tutti.

La loro casa è il mondo e fare i nomadi è la loro vera vita!

(anno 2002)

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