Le meraviglie del mondo antico
Sette opere straordinarie oscillanti tra grandiosità architettonica ed ideologia politica

Se accendiamo la televisione, sfogliamo le pagine di un libro o, più semplicemente, ci guardiamo intorno, possiamo scoprire molte opere grandiose costruite dall’ingegno dell’uomo: per esempio, le piramidi di Montevecchia, le mura di Lucca, il Bosco Verticale di Milano, il Colonnato di San Pietro del Bernini, la statua del Presidente Lincoln a Washington D. C., il Mausoleo di Teodorico a Ravenna, la Statua della Libertà a New York...

Oggi ci sono progetti di opere che sembrano uscite da un film di fantascienza: treni che corrono in tunnel adagiati sul fondo degli oceani, grattacieli alti 2.000 metri con piste di atterraggio per gli aerei, intere città costruite su lontani pianeti. Sembra che, un giorno, saremo in grado di trasformare in realtà quasi qualsiasi cosa che ora riusciamo solo ad immaginare.

Eppure, le opere degli antichi popoli non mancano di accendere la nostra ammirazione per la loro grandiosità e magnificenza, soprattutto se pensiamo alle povere attrezzature di cui potevano disporre per realizzarle. Non dobbiamo però dimenticare che esse furono erette grazie agli sforzi ed al sudore di milioni di schiavi, che spesso morirono di fatica e di stenti man mano che la costruzione prendeva forma innalzandosi verso il cielo.

Simili opere mostravano la ricchezza e nello stesso tempo la potenza di chi le aveva erette: l’uomo del popolo si sentiva orgoglioso di appartenere ad una gente che era stata capace di costruire una tale meraviglia; lo straniero provava un misto di ammirazione e timore di fronte a ciò che a lui sembrava opera non di uomini, ma di dèi.

La prima descrizione dei luoghi che un viaggiatore non doveva assolutamente mancare di visitare è contenuta nell’opera De septem orbis miraculis (Le sette meraviglie del mondo), tradotta dal greco ed attribuita al tecnico alessandrino Filone di Bisanzio (III secolo avanti Cristo) o a Filone di Eraclea (fine del IV secolo avanti Cristo); altri ritengono autore dell’elenco delle «meraviglie» un tale Antipatro di Sidone, nell’anno 100 avanti Cristo. Nel 1640 ne venne stampata un’edizione in lingua italiana.

Le sette meraviglie erano: le piramidi d’Egitto, ed in particolare le tre piramidi di Giza; le mura di Babilonia, ed i suoi giardini pensili; il tempio di Artemide ad Efeso; la statua di Zeus scolpita da Fidia per il santuario di Olimpia; il Mausoleo di Alicarnasso; il Colosso di Rodi. Di tutte queste meraviglie non rimane oggi nulla, o quasi; le uniche ancora esistenti sono le piramidi.

Come si nota, si tratta di opere tutte erette in zone del Mediterraneo Orientale o della Mesopotamia: erano i luoghi conosciuti e visitati dai mercanti greci. In seguito, ne vennero aggiunte altre sette: il Tempio di Salomone a Gerusalemme; il ponte di Babilonia sull’Eufrate; la statua di Atena Parthenos scolpita da Fidia per l’Acropoli di Atene; il tempio di Apollo a Delfi; il faro di Alessandria d’Egitto; il Colosseo e il Campidoglio, entrambi a Roma.

Pochi anni fa, un sondaggio fatto a livello mondiale vi aggiunse quelle che vengono chiamate le «sette meraviglie del mondo moderno»: la Grande Muraglia Cinese; la città di Petra in Giordania; il Colosseo a Roma; il Taj Mahal in India; la città di Machu Picchu in Perù; la piramide di Chichén Itzà in Messico; il Cristo Benedicente di Rio de Janeiro in Brasile (unica opera realmente moderna).

Andiamo ora a conoscere le «prime» sette meraviglie del mondo antico.


I segreti delle piramidi

Piramide di Cheope

La Sfinge e la piramide di Cheope a Giza (Egitto)

Delle meraviglie del mondo antico elencate da Filone, le piramidi d’Egitto sono le uniche che possiamo ammirare ancor oggi, e che continuano a stupirci. Si tratta di enormi tombe che derivano direttamente dai tumuli sepolcrali delle età più antiche: se noi mettessimo dei sassi sopra una sepoltura, la costruzione prenderebbe una forma simile proprio ad una piramide. Gli Egizi credevano nella vita dopo la morte e i Faraoni si facevano seppellire nelle piramidi con le loro immense ricchezze e gli «usciabti», statue magiche di servitori che avrebbero dovuto svolgere i lavori pesanti nell’aldilà. Per evitare che i ladri le saccheggiassero, chiudevano ermeticamente le camere sepolcrali e disseminavano le gallerie che vi accedevano di finte stanze, cunicoli senza uscita e trappole; sulle pareti venivano incise delle maledizioni, del tipo: «Se tu tenterai di rubare i miei tesori, io ti torcerò il collo come quello di un’oca».

Gli Egizi costruirono la loro prima piramide intorno al 2650 avanti Cristo per volere del Faraone Zoser. Le piramidi più antiche salivano a gradoni, mentre in seguito si preferì farle con le facciate di pietra levigata. I Turchi, nell’Ottocento, tentarono di abbatterle a cannonate nella loro follia iconoclastica, ma i grandiosi monumenti resistettero; così, ancor oggi possiamo notare lungo il corso del Nilo i resti di 35 grandi piramidi, di cui la maggiore, fatta innalzare dal Faraone Cheope a Giza, misura 146 metri d’altezza (come un grattacielo di 48 piani) ed ha il lato di base di circa 230 metri; per costruirla furono utilizzati oltre due milioni di massi, di cui il più pesante pesava 290.000 chilogrammi (come nove brontosauri messi assieme!). I blocchi del rivestimento esterno sono di un bellissimo calcare bianco. Nell’interno corre una galleria lunga 52 metri che conduce alle camere funebri. Alla sua realizzazione lavorarono 100.000 uomini per un periodo di circa 20 anni: tutto il lavoro veniva fatto a forza di braccia, trascinando gli enormi massi su tronchi e slitte e facendoli poi salire su apposite rampe. Accanto alla piramide di Cheope si trova la Sfinge, che ha il corpo di un leone e la testa di un uomo (probabilmente raffigura Khafre, figlio di Cheope): è lunga 73 metri e alta 20. Le altre due piramidi di Giza sono state erette dai Faraoni Chefren e Micerino. Le piramidi costruite successivamente sono più piccole, fatte di pietra e di pietrisco, o solo di mattoni.

Gli Egizi non furono però l’unico popolo a costruire piramidi: ve ne sono ovunque, dalla Mesopotamia all’America. Sumeri e Babilonesi, per esempio, realizzarono templi a forma di torre con alti gradini, chiamati «ziqqurat»; sugli edifici esistenti venivano poi costruiti altri templi, e le ziqqurat si sviluppavano sempre più in altezza. Mentre i Maya del Messico e dell’America Centrale costruirono enormi piramidi nel mezzo della giugla: venivano usate per funzioni religiose, compresi i sacrifici umani.

Anche in Italia abbiamo delle piramidi: le più particolari si trovano nella Val Curone in Lombardia, a 40 chilometri da Milano, e furono «scoperte» nel 2001 grazie a fotografie satellitari e aeree; dall’alto ci si accorse che quelle che sembravano tre colline dalla strana forma erano in realtà piramidi, la più alta delle quali, coi suoi 150 metri, superava persino quella di Cheope! Erano fatte a gradoni e servivano probabilmente come osservatori astronomici, dato che dalle loro cime era possibile predire con precisione il ciclo delle stagioni, quello lunare, sino ad arrivare alla determinazione delle eclissi (sia lunari che solari) che tanto erano temute perché si riteneva fossero causa di interruzione del calore vivifico del sole, che per gli agricoltori di quel tempo significava la sicura fine dell’intero popolo. Un’altra piramide in Italia è quella di Monte D’Accoddi, in Sardegna.


Lo splendore di Babilonia

La Porta di Ishtar

La Porta di Ishtar a Babilonia, con un tratto delle mura (Iraq)

Babilonia, ora nient’altro che una cittadina modesta, sorgeva sul fiume Eufrate e nell’antichità aveva la fama di essere la più bella città del mondo.

Nel VI secolo avanti Cristo era la capitale di un Impero che si estendeva dalla Mesopotamia fino ai confini dell’Egitto, comprendendo gli attuali Iraq, Siria, Libano ed Israele. Le sue mura, che lo storico greco Erodoto descrisse lunghe 96 chilometri, erano alte 100 metri e larghe 25, così che sulla loro sommità poteva passare un carro trainato da quattro cavalli (le cifre, quanto a lunghezza ed altezza delle mura, sono evidentemente gonfiate fino all’inverosimile: a dar troppo credito a Erodoto, risulterebbe che Babilonia sarebbe stata grande come tre città di Milano messe assieme); erano di mattoni interamente ricoperti, presso le porte, di piastrelle smaltate in color blu brillante, giallo o bianco, e decorate con figure di leoni, di draghi e di tori grandi al naturale, color oro. Le mura furono fatte erigere dal Re Nabucodonosor, e su quasi ogni mattone vi era la fiera iscrizione: «Io sono Nabucodonosor, Re di Babilonia». Dovevano veramente costituire uno spettacolo bello e allo stesso tempo terribile.


I giardini delle delizie

Giardini pensili di Babilonia

Giardini pensili di Babilonia (Iraq), dipinto probabilmente del XIX secolo

Ciò che rendeva famosa Babilonia in tutto il mondo antico, erano i suoi rigogliosissimi giardini pensili. Nessuno sa esattamente come fossero costruiti; l’unica descrizione che ci è rimasta è di un sacerdote vissuto circa quattro secoli dopo la loro realizzazione. Si sa tuttavia che si trattava di un grande edificio a terrazze, sostenute da colonne e collegate l’una all’altra da ripide scale, sulle quali erano stati creati degli stupendi giardini, così da farlo assomigliare ad una collina coperta di verde; la loro notorietà era dovuta non tanto alla grandezza quanto alla magnificenza di questi giardini, abbelliti da statue, fontane, fiori e piante meravigliose, alcune delle quali avevano radici molto profonde. Delle macchine idrauliche nascoste nelle colonne ed azionate da schiavi portavano l’acqua dall’Eufrate fino al più alto giardino, ad oltre 20 metri dal suolo.

Questi giardini erano il dono di Re Nabucodonosor ad una delle sue mogli, Amytis, una principessa che veniva dalla Media, una regione montagnosa corrispondente all’attuale Kurdistan, così diversa dalla piatta e polverosa terra tra il Tigri e l’Eufrate. Ogni volta che lo desiderava, Amytis poteva rifrescarsi all’ombra di alti alberi, tra arbusti esotici e fiori fragranti, in compagnia delle altre donne del palazzo, sognando di trovarsi nuovamente fra le sue montagne. Sulla sommità dei giardini sorgeva un tempio, come su una ziqqurat. Furono costruiti intorno al 590 avanti Cristo.

Nel corso del tempo furono fatti molti tentativi di riprodurre qualcosa di simile ai giardini pensili, come ad esempio la torre Guinigi di Lucca, che presenta alla sommità un giardino pensile con sette lecci secolari, o quei grandi giardini sul tetto dei grattacieli che talvolta si vedono nei film, per non parlare dei fiori e, a volte, dei piccoli arbusti che possiamo coltivare sulle nostre piccole terrazze, a raffigurare un giardino. Ma l’opera che si richiama più esplicitamente ai giardini pensili è il Bosco Verticale, nome dato a due palazzi a torre progettati dal geniale architetto Stefano Boeri e situati nel cuore di Milano, presso Porta Nuova: le facciate di questi palazzi sono completamente rivestite da 21.000 piante appartenenti a più di 100 specie diverse, che – oltre a rinnovare i propri colori e quelli dell’intera architettura con il succedersi delle stagioni – contribuiscono alla produzione di ossigeno, all’assorbimento dell’inquinamento, al risparmio energetico e richiamano numerose specie di uccelli; per questo il Bosco Verticale nel 2015 si è aggiudicato il premio come «grattacielo più bello e innovativo del mondo». In Cina si stanno ora progettando intere città simili al Bosco Verticale.


Il tempio della magia

Il tempio di Artemide

Il tempio di Artemide ad Efeso (Turchia)

L’Artemision, ovvero il tempio di Artemide ad Efeso, nell’attuale Turchia, era considerato la più bella tra tutte le meraviglie del mondo antico. Diceva di lui un antico scrittore: «Ho veduto le mura e i giardini pensili di Babilonia, la statua di Zeus in Olimpia, il Colosso di Rodi, la grandiosa opera delle piramidi e la tomba di Mausolo. Ma quando mirai il tempio di Efeso, tutte le altre meraviglie furono eclissate».

Efeso era una città fondata dai Greci che si era arricchita con il commercio ed era conosciuta per i suoi poeti, i suoi filosofi e le sue donne riccamente ingioiellate. Per costruire il suo grandioso tempio fu necessaria la partecipazione di tutti i popoli dell’Asia Minore, che vi tenevano depositati i loro tesori: insomma, non era solo un luogo di preghiera, ma anche una specie di super-banca a prova di ladro! La sua costruzione iniziò verso il VII secolo e fu portata a termine nel 550 avanti Cristo circa; fu distrutto e ricostruito per ben cinque volte. Nel 356 avanti Cristo venne devastato da un incendio appiccato da un certo Erostrato il giorno della nascita di Alessandro Magno, che sperava in questo modo di passare alla storia: e così avvenne, anche se per questo perse la testa (letteralmente: fu decapitato).

In seguito, il tempio di Efeso fu rifatto più grande e più bello di prima: situato al di fuori della città, sul luogo dove in passato sorgeva un antico altare, era il più vasto tempio che si fosse mai costruito in una città greca; lungo 115 metri e largo 55, era sorretto da 127 colonne di marmo in stile ionico alte 18 metri e col diametro di due metri; molte di queste colonne erano adorne di sculture. Era dedicato ad Artemide, dea greca della caccia e figlia di Zeus, ma chi la pregava la invocava come la dea-madre, protettrice della vita e della fecondità. All’interno del tempio, oltre alla statua di Artemide, di origine divina perché si credeva che fosse «caduta dal cielo», si trovavano moltissime statue del grande scultore greco Prassitele e alcuni dei più famosi dipinti dell’antichità. Nei sotterranei venivano invece custoditi i tesori.

La città di Efeso e il suo tempio erano famosi come centri di magia, tanto che i papiri con le formule magiche venivano chiamati «scritti efesini» anche se erano stati composti altrove. Nelle pratiche magiche era abituale invocare un nome segreto, potente e misterioso, spesso il nome di una divinità; un papiro magico del III secolo contiene questa formula: «Ti scongiuro per il Dio degli Ebrei, Gesù...».

Verso il 260 dopo Cristo il tempio fu distrutto dai Goti, una popolazione proveniente dalla Germania, e mai più ricostruito. Oggi gli archeologi hanno ritrovato le tracce delle sue fondamenta.


Il volto di un dio

Statua di Zeus

La statua di Zeus a Olimpia (Grecia)

La statua di Zeus a Olimpia, scolpita nel 435 avanti Cristo, era opera del più grande scultore greco di tutti i tempi: Fidia; ne abbiamo una descrizione particolareggiata fattaci da un altro Greco, Pausania. Era alta 12 metri (18 con il piedestallo) e dovette costare una somma incredibile. Era in legno ma interamente rivestita da metalli preziosi: le parti nude del corpo del dio erano ricoperte d’avorio, il manto di oro, gli occhi erano di pietre preziose; anche il trono su cui sedeva era d’oro. Era sempre avvolta in un velario di porpora e veniva scoperta solo nelle grandi solennità, per esempio quando nella città si radunavano immense folle, provenienti da tutta la Grecia, per assistere ai giochi (da cui poi il nome di «olimpiadi»): allora, ai presenti, pareva di vedere realmente apparire le sembianze del dio. La sua fine è avvolta nel mistero.

Oggi abbiamo non solo una statua, ma addirittura un tempio in tutto simili a quelli di Olimpia: in onore di Abraham Lincoln, sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, a Washington D. C. è stato eretto il Lincoln Memorial; l’edificio ha la forma del tempio di Zeus a Olimpia con 36 massicce colonne altre 10 metri e contiene un’enorme statua dello scultore Daniel Chester French che raffigura Lincoln seduto su un trono, con un’espressione assorta e pensierosa.


Una tomba per Mausolo

Mausoleo di Alicarnasso

Il Mausoleo di Alicarnasso (Turchia)

Come le piramidi, anche questo monumento era una tomba. Accoglieva il corpo di un certo Mausolo di Caria, da cui prese il nome. Mausolo era un governatore della Persia, che però governava quasi come un Re indipendente: partendo dalla sua terra, situata nella parte a Sud-Ovest dell’odierna Turchia, conquistò tutte le città greche della costa turca ed offrì la sua protezione ad alcune isole del Mar Egeo. Morì nel 353 avanti Cristo e in suo ricordo la moglie Artemisia II fece erigere ad Alicarnasso, nello stesso anno 353 o nel 352, il mausoleo. Il monumento, realizzato usando blocchi di marmo, era alto circa 50 metri; 36 colonne sostenevano una piramide di 34 gradini sopra la quale era stato scolpito un carro trainato da quattro cavalli. Dovunque vi erano statue ed altorilievi fatti da scultori famosi: Scopa, Timòteo, Bryaxis e Leòcare. Oggi non ne rimangono che pochi resti. Non fu certo la più grande tomba dell’antichità (le piramidi, in quanto a mole, battono tutti i primati), ma pare sia stata la più bella.

Il mausoleo di Alicarnasso era così imponente che, da allora in poi, tutte le tombe di grandi dimensioni vengono definite «mausolei».


Il Colosso di Rodi

Il Colosso di Rodi

Il Colosso di Rodi (Grecia)

Nel III secolo avanti Cristo, Rodi, piccola isola del Mar Egeo tra la Grecia e l’attuale Turchia, raggiunse l’apice della sua grandezza: Strabone ne descrisse il grande porto come «di gran lunga superiore a tutti gli altri per l’attrezzatura, le strade, le mura e le innovazioni, cosicché non sono capace di parlare di alcun’altra città altrettanto bella». Posta al centro delle rotte commerciali che univano l’Europa Orientale, l’Egitto e l’Asia Minore, era famosa per l’onestà dei suoi mercanti, le sue banche e il suo governo; la sua flotta liberò il mare dai pirati e protesse le navi mercantili di tutte le Nazioni.

I Rodiesi s’impegnarono in guerra solo per conservare la propria libertà; fu proprio per celebrare la vittoria in una di queste guerre che decisero di erigere il Colosso di Rodi, una gigantesca statua cava di bronzo alta 37 metri che raffigurava Apollo, dio del sole. La sua realizzazione fu affidata allo scultore Carete, che vi lavorò per 12 anni, dal 292 al 280 avanti Cristo. Secondo alcune descrizioni, il Colosso era stato innalzato all’imboccatura del porto (non lontano dall’attuale Forte di San Nicola) e posava i piedi su due robusti moli, cosicché sotto di sé aveva il mare e le navi passavano fra le gambe divarticate. Era rinforzato all’interno con sbarre di ferro e pietre, ed una scala a chiocciola permetteva di salire dai piedi fino alla torcia.

Fu l’ultima delle sette meraviglie ad essere costruita, e quella che durò di meno: nel 224 la statua fu distrutta da un terribile terremoto; tutte le città greche vennero in aiuto di Rodi, inviando oro ed argento, legname, cibo e navi, e il Re di Siracusa fece scolpire nella città che veniva ricostruita un gruppo di statue che mostravano il popolo di Rodi incoronato dal popolo di Siracusa. Ma il Colosso non fu più rifatto; otto secoli dopo, nell’anno 600 dopo Cristo, il ferro con il quale era stato realizzato fu venduto come ferro vecchio.

Ogni statua di dimensioni eccezionali può essere definita un «colosso»: per esempio, a Roma, accanto all’Anfiteatro Flavio (chiamato, non a caso, Colosseo) sorgeva nel I secolo il Colosso di Nerone, una statua di bronzo dorato alta 30 metri che rappresentava il Sole (come il Colosso di Rodi). Mentre la più grande statua cava in bronzo oggi esistente è il San Carlone, dedicata a San Carlo Borromeo: è alta più o meno come il Colosso di Rodi (35 metri), è munita di una scala interna che permette di raggiungerne la testa ed è stata forgiata nel 1698 da Siro Zanella di Pavia e Bernardo Falconi di Bissone.

Ma c’è, nel mondo, anche un altro Colosso, molto simile a quello di Rodi: è la Statua della Libertà a New York. In comune con il Colosso di Rodi ha la posizione, all’imboccatura di un porto (si trova sul fiume Hudson al centro della baia di Manhattan), l’altezza di poco superiore (46 metri), la corona, la torcia, una scala a chiocciola interna che permette di salire in cima; fu progettata dal Francese Frédéric Auguste Bartholdi, realizzata in Francia grazie a Gustave Eiffel (il creatore della famosa torre di Parigi) e inaugurata negli Stati Uniti nel 1886. Oltre che al Colosso di Rodi, la Statua della Libertà si ispira a diversi altri modelli come la dea egizia Iside, l’Assiro-Babilonese Semiramide, la statua della Libertà della Poesia nella basilica di Santa Croce a Firenze, la scultura La Legge Nuova di Camillo Pacetti nel Duomo di Milano, il dipinto di Eugène Delacroix La Libertà che guida il popolo. Sul piedistallo della Statua della Libertà è inciso un sonetto intitolato The New Colossus (Il Nuovo Colosso), scritto dalla poetessa statunitense Emma Lazarus. Per molto tempo, vedere da lontano la Statua della Libertà era, per i poveri che emigravano in America, un’emozione grandissima, la speranza di poter presto iniziare una vita migliore.


Bibliografia fondamentale

Autori Vari, Dalla Preistoria all’antico Egitto, in La storia, volume I, De Agostini Editore, Novara 2004, pagine 606-607, 613

Autori Vari, La Bibbia per la famiglia. Nuovo Testamento, volume I, San Paolo, Milano 1998, pagine 430-432

Autori Vari, La Grecia e il mondo ellenistico, in La storia, volume II, De Agostini Editore, Novara 2004, pagine 439-441

Autori Vari, Le sette meraviglie del mondo, in Enciclopedia dei ragazzi, volume II, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1953, pagine 775-778

Autori Vari, Meraviglie del mondo, in Conoscere – Dizionario Enciclopedico Illustrato, volume III, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1961, pagine 442-444

Anne Millard, Gli Egiziani, Aldo Garzanti Editore, Milano 19803

Brian Williams, Il grande libro dei fatti straordinari, Touring Editore, 20082, pagine 192-195

Guido Martina, Dalla caverna al grattacielo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1970, pagine 54-57

Maurizio Stefanini, Gli antenati dei grattacieli, www.storico.org/storia_societa/grattacieli.html

Will Durant, La Grecia, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1956, pagine 181-182, 720-721

Will Durant, L’Oriente, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1956, pagine 259-261.

(settembre 2017)

Tag: Simone Valtorta, De septem orbis miraculis, Filone di Eraclea, sette meraviglie del mondo, Antipatro di Sidone, Filone di Bisanzio, piramidi d’Egitto, mura di Babilonia, giardini pensili, tempio di Artemide ad Efeso, statua di Zeus a Olimpia, Mausoleo di Alicarnasso, Colosso di Rodi, Tempio di Salomone a Gerusalemme, ponte di Babilonia sull’Eufrate, statua di Atena Parthenos ad Atene, tempio di Apollo a Delfi, faro di Alessandria d’Egitto, Colosseo, Campidoglio, Roma, Grande Muraglia Cinese, Petra, Taj Mahal, Machu Picchu, piramide di Chichén Itzà, Cristo di Rio de Janeiro, piramide di Cheope, Sfinge, ziqqurat, Val Curone, piramidi di Montevecchia, torre Guinigi, Nabucodonosor, Bosco Verticale, Stefano Boeri, Milano, piramide di Monte D’Accoddi, Fidia, Statua della Libertà, Anfiteatro Flavio, Colosso di Nerone, San Carlone, Frédéric Auguste Bartholdi, Gustave Eiffel, Emma Lazarus.