Un esercito di terracotta
L’immortalità prima di tutto

La scoperta dell’esercito di terracotta di Qin Shi Huangdi, che significa «Primo Imperatore della dinastia Qin», è stata un evento tanto casuale quanto eccezionale. Il suo sepolcro, che rappresenta il più importante sito archeologico della Cina, si trova nella provincia di Shaanxi, presso Xi’an. La conformazione del complesso funerario è stata suggerita da quella della capitale imperiale Qin di Xianyang, che è stata imitata: consta di una parte interna, su un’area di 2,5 chilometri quadrati quadrati e una esterna di 6,3 chilometri quadrati; allo stesso sono annessi diversi complessi cimiteriali, fra cui quello dell’esercito di terracotta, per un’area complessiva di 56 chilometri quadrati.

Il Sovrano nacque a Handan nel 260 e morì a Shaqiu nel 210 avanti Cristo. È rimasto famoso anche per aver dato inizio alla costruzione dell’imponente Muraglia Cinese.

L’Imperatore aveva un chiodo fisso, quello dell’immortalità. Del resto in molti popoli dell’antichità era ossessionante il pensiero dell’immortalità e delle vie tentate e seguite per raggiungerla, sicché l’allestire dimore dove i morti potessero godere di un eterno riposo era come garantire loro l’immortalità. Quindi Qin Shi Huangdi non era un’eccezione. Pertanto, ascoltava con ingenuità e prendeva per oro colato ciò che gli era detto e assicurato anche da truffatori, che gli proponevano pozioni d’immortalità. Per tre volte visitò l’isola di Zhifu, andando in pellegrinaggio alle Montagne dell’Immortalità e per due volte organizzò spedizioni del mago di Corte Xu Fu al fine di trovare l’isola-montagna Penglai, di cui si sa ben poco per non dire nulla, dove si poteva trovare l’elisir di lunga vita. Pare che il mago e i suoi seguaci non abbiano più fatto ritorno: secondo i maligni, non tornarono per non incorrere nelle ire del Sovrano, deluso per il fallimento dell’impresa. Insomma, quella sua fissazione gli comportava impegno continuo e spese esagerate, per cui non meraviglia la costruzione del suo ipogeo.

Del mausoleo di Qin Shi Huangdi, pur essendo noto in Cina che da qualche parte esistesse e nonostante le indicazioni lasciate dagli storici e le sue enormi dimensioni, ne erano andate completamente perdute le tracce, per cui rimase intatto per più di 2.000 anni. E pensare che l’area occupata dall’esercito è solamente una piccola fetta dell’intero complesso tombale, enormemente più esteso, essendo di circa 56 chilometri quadrati, come ricordato più sopra.

Come capita con tanti ritrovamenti, anche in questo caso è stato un colpo di fortuna a farlo scoprire. Era il mese di marzo del 1974, quando un contadino, di nome Yang Zhifa, insieme con altri agricoltori, stava scavando alla base del monte Li, a una trentina di chilometri da Xi’an nella contea di Lintong, un pozzo per raccogliere acqua. Durante lo scavo, alla profondità di due metri, dal terreno emersero punte di freccia di bronzo, cocci di terracotta e bricchi. Egli si disinteressò della terracotta, vendette a un commerciante le punte di freccia, mentre i suoi compaesani s’impossessarono dei bricchi per poterli usare in cucina. Fang Shumiao, un addetto al controllo dei lavori idraulici, consigliò Zhifa e i suoi compaesani di raccogliere tutto ciò che era ancora negli scavi e di proporlo al direttore culturale distrettuale Zhao Kangmin. Zhifa gli vendette due carrettate di cocci di terracotta che, si scoprì più tardi, facevano parte di soldati dell’esercito imperiale. Zhao, durante una sua visita al villaggio, raccolse tutti i reperti che erano stati scoperti. Che si fosse trattato di un evento straordinario lo dimostra il fatto che, un mese dopo la scoperta di Zhifa, una squadra di archeologi di Shaanxi avviò gli scavi della fossa, che divenne «Fossa 1» quando, a maggio del 1976, si iniziò a scavare nella «Fossa 2» e a luglio nella «Fossa 3». Qui furono individuate statue di guerrieri in terracotta, insieme con cavalli e i relativi carri: tutti questi reperti facevano parte del corredo funebre dell’Imperatore. Solamente nel 1979 si realizzò la prima paratia a difesa degli scavi per proteggerli dalla curiosità della gente, mentre le ricerche archeologiche si ampliavano.

Così, si portò alla luce la truppa dell’Imperatore Qin Shi Huangdi, che aveva fatto costruire in difesa della sua eternità. Si tratta di 8.000 guerrieri a grandezza naturale in assetto di battaglia, coperti da armatura a scaglie, alti un metro e 60 centimetri e pesanti 160 chilogrammi ciascuno, accompagnati da cavalli e carri da guerra, il tutto sistemato entro fosse. L’Imperatore aveva progettato e fatto costruire anche altro, cioè tutto un complesso nel quale erano stati scavati dei vuoti destinati ad accogliere statue di funzionari del Governo e di lavoratori di scuderia in terracotta e scheletri di cavalli e altro ancora. Lo scopo era di realizzare un ambiente sotterraneo (un ipogeo), in cui egli avrebbe vissuto con tutte le sue comodità e la sicurezza personale nel regno dei morti.

Non tutto il materiale rinvenuto, tuttavia, è di terracotta: sono stati trovati due carri trainati da quattro cavalli e guidati da un auriga tutti in bronzo, come sono state trovate, sempre in bronzo, statue di uccelli, quali cigni, gru, anatre.

Sicuramente si trattò di un lavoro mastodontico effettuato da un esercito di lavoratori e in tempi lunghissimi: si è calcolato che abbiano partecipato alla realizzazione del progetto più di 700.000 lavoratori suddivisi in piccoli gruppi e ciò nel periodo di 40 anni (dal 246 al 206 avanti Cristo). L’esercito di terracotta è semplicemente la riproduzione dei guerrieri viventi che sgominarono i nemici dello Stato di Qin, favorendo la realizzazione dell’unità dell’Impero Cinese.

Ogni gruppo, sotto la guida di un caposquadra, realizzava un numero limitato di statue che, alla fine, firmava, affinché fosse possibile risalire a lui nel caso ci fossero rotture o difetti. La presenza di fosse rinvenute vuote significa che l’opera non fu completata, però l’Imperatore era riuscito ad avere un esercito che lo avrebbe potuto proteggere nella vita ultraterrena.

Le varie parti del corpo delle statue furono create separatamente e poi messe insieme prima che l’argilla seccasse. Si ritiene che i basamenti, le braccia, le gambe, i torsi siano stati sagomati a mano, uno a uno, mentre le teste e le mani siano state prodotte con l’uso di stampi. Sicuramente, quando le statue furono scoperte e portate al contatto con l’aria, subirono un trauma, che si tradusse nella perdita parziale o totale dei colori che le ricoprivano; dai frammenti che sono rimasti sulle terrecotte, si comprende come le tinte, fissate con lacca, fossero molto vivaci.

Ciò che sorprende è l’unicità che le 8.000 statue mostrano, essendo completamente diverse l’una dall’altra anche nei particolari, andando dall’acconciatura e dal copricapo ai lineamenti e alle espressioni del volto, dalle decorazioni sulle armature alle calzature. Queste e altre distinzioni consentono di suddividere i personaggi tra ufficiali e truppa, tra fanti e cavalieri, tra balestrieri e arcieri, tra soldati sul carro e aurighi. Tutti i guerrieri sono statici, come se fossero fermi e pronti per l’attacco, mentre sia i balestrieri sia gli arcieri imbracciano le loro armi e sono in posizione come se stessero per attaccare il nemico. Sicuramente, le armi (spade e pugnali bronzei, archi, balestre, frecce, lance, alabarde, asce) erano tutte vere. I soldati e i cavalli sono rivolti a Oriente, mentre quelli che sono posti nello spazio perimetrale guardano verso l’esterno, pronti a opporsi a qualche attacco nemico.

Nel 206 avanti Cristo, il mausoleo fu soggetto a un pesante saccheggio da parte delle truppe del Generale Xiang Yu, durante il quale molte armi furono trafugate, per finire chissà dove. Quelle che sono rimaste dimostrano come fossero state fucinate con particolare impegno, giacché dovevano restare perfette per l’eternità: del resto queste, dopo una sepoltura durata un paio di millenni, si presentano in ottime condizioni. In quell’occasione, la tomba del Primo Imperatore non fu profanata. La sepoltura del Primo Imperatore Cinese dista meno di due chilometri dal suo esercito, che è distribuito in tre fosse, come si è ricordato più sopra.

Stando ai racconti del già citato storico Han Sima Qian, i tesori nascosti e le opere artistiche erano tantissimi, fra cui strutture importanti quali pagode e residenze signorili, per ospitare un centinaio di ufficiali. Si parla del mercurio canalizzato per rappresentare i 100 fiumi (Fiume Yangtze, Fiume Giallo, eccetera). Si scavò a fondo nel sottosuolo per colare il catafalco di bronzo dell’Imperatore, il tutto circondato da cinabro (solfuro di mercurio), che favoriva l’immortalità, secondo la filosofia taoista.

Quando il Primo Imperatore morì, il figlio Qin Er Shi Huangdi (letteralmente il Secondo Imperatore) ritenne opportuno fargli fare compagnia dalle concubine che non avevano avuto figli, sopprimendole. Poi, considerato il pericolo che sarebbe derivato dalla potenziale diffusione dei segreti del sepolcro, fece chiudere il cancello che portava all’ipogeo, bloccandovi all’interno gli operai e gli artigiani che avevano realizzato tutto il complesso.

La tomba dell’Imperatore è all’interno di una piramide tronca alta 51 metri con una base di 345 x 350 metri. Per completare l’opera, il figlio fece alzare un tumulo di terra sul quale fece piantumare alberi e cespugli, in modo di mascherarlo e di far perdere le sue tracce, facendolo sembrare una collina naturale.

Da quanto risulta, non ci sono state ulteriori profanazioni da parte di razziatori. L’escavazione di una parte, comprendente il tumulo in cui riposano le spoglie dell’Imperatore, oggi non è stata ancora affrontata nel timore che i reperti, sicuramente ivi esistenti, al contatto con l’aria si deteriorino e si polverizzino. Non si sa con esattezza che cosa possa contenere il sepolcro, ma stando a notizie antiche e al denaro speso per costruire quanto finora scoperto, c’è da ritenere che si tratti di un tesoro favoloso, che attende di essere riportato alla luce del sole.

Pare, però, che sia stata anche un’altra la ragione per la quale non si sono affrontati gli scavi in quel tumulo. Secondo Han Sima Qian, la tomba dell’Imperatore è percorsa da «100 fiumi di mercurio»; ebbene, nell’area è stata veramente provata l’esistenza di un’alta concentrazione di metallo tossico, che disorienta e sconsiglia, per ora almeno, di avviare l’intervento. Le analisi del terreno che copre il sepolcro hanno confermato la presenza di un concentrazione di mercurio otto volte superiore alla norma, mentre dove la concentrazione raggiunge i valori massimi, lo è di ben 50 volte.

Un monumento tale non poteva non essere inserito fra le opere dell’elenco dell’UNESCO, e ciò avvenne nel 1987. Nel settembre di quell’anno, il Presidente Francese Jacques Chirac ebbe a esclamare: «Ci sono sette meraviglie al mondo, ma con la scoperta dell’Esercito di Terracotta possiamo dire di aver trovato l’ottava. Nessuno che non abbia visto le piramidi può affermare di aver visitato l’Egitto, e adesso io posso dire con fermezza che nessuno che non abbia visto l’Esercito di Terracotta può affermare di aver visitato la Cina».

Affermazione assolutamente significativa e condivisibile.

(luglio 2021)

Tag: Mario Zaniboni, esercito di terracotta, Qin Shi Huangdi, Primo Imperatore della dinastia Qin, Muraglia Cinese, isola di Zhifu, Montagne dell’Immortalità, Xu Fu, isola-montagna Penglai, elisir di lunga vita, mausoleo di Qin Shi Huangdi, Cina, Yang Zhifa, monte Li, Xi’an, Fang Shumiao, Zhao Kangmin, truppa dell’Imperatore Qin Shi Huangdi, Impero Cinese, statue di terracotta, Xiang Yu, Primo Imperatore della Cina, Han Sima Qian, Qin Er Shi Huangdi, UNESCO, Jacques Chirac, sette meraviglie del mondo.