L’arte preistorica
Un mondo affascinante, in parte sconosciuto, dove il sacro occupava largo spazio

Affrontare il tema della Preistoria è ancora oggi difficile, le fonti storiche disponibili sono poche, perlopiù abbiamo materiale sulla economia, sulla tecnologia, sulle pratiche di sepoltura, ma disponiamo di elementi minimi per quanto riguarda l’organizzazione sociale e politica. La preistoria è il periodo caratterizzato da una società scarsamente differenziata, come dimostrerebbero le sepolture poco diversificate, dalla mancanza di città con gruppi di uomini che si dedicavano interamente ad attività artigianali (che non necessitavano quindi di procurarsi direttamente cibo ma lo ottenevano attraverso lo scambio di prodotti) ed infine dalla mancanza della scrittura utile alla crescita culturale della società. Il periodo preistorico si divide in due grandi periodi, Paleolitico e Neolitico (comprenderebbe anche un periodo successivo in particolare in Europa), tali periodi prendono il nome dalla lavorazione delle pietre, più rozza nel primo periodo (pietre scheggiate) più raffinata al secondo (pietre levigate), ma l’elemento veramente importante è dato dalle attività di caccia, pesca e raccolta di vegetali nel primo periodo e dalla nascita dell’agricoltura nel secondo che ha consentito la sedentarizzazione dei popoli, la formazione di villaggi più grandi con maggiore scambio culturale.

Per quanto riguarda l’arte, il materiale arrivato fino a noi non manca, anche se è difficile esprimere dei giudizi dato che nel periodo Paleolitico si hanno quasi unicamente figure singole e non composizioni che possano darci maggiori informazioni, mentre altri aspetti di quelle società rimangono oscuri. La prima cosa che comunque risalta è la vicinanza della scultura neolitica con l’arte moderna e quella africana dei secoli passati. Possiamo parlare quindi di una civiltà primitiva molto lontana da noi ma che esprimeva una cultura con qualche similitudine con la nostra.

Gli ominidi sono vissuti diversi milioni di anni fa, la esatta definizione di questo gruppo è incerta, comunque i più antichi di essi risalirebbero a 4,5 milioni di anni fa, per alcune caratteristiche si differenziavano dagli animali, ma non ci hanno lasciato nessuna traccia di attività non strettamente legate alla semplice sussistenza. L’Homo Sapiens è apparso 200-300.000 anni fa nella stessa regione in cui avevano avuto origine gli ominidi, ovvero l’Africa sud orientale e ha manifestato praticamente da subito delle attività che lo differenziavano dagli animali e ad avere interessi spirituali o almeno che andavano al di là della semplice sussistenza. In questo periodo abbiamo la sepoltura dei cadaveri, talvolta disposti in posizione fetale e cosparsi di ocra rossa simbolo di sangue e di vita. Intorno ai 40.000 anni fa questi nostri antenati sia neanderthaliani sia sapiens moderni, hanno iniziato a produrre oggetti artistici. I nostri ritrovamenti principali per quantità e qualità si sono avuti in Francia (regioni di sud ovest) e in Spagna settentrionale. Alcuni studiosi ritengono che anche gli ominidi avrebbero realizzato delle sculture (con soggetto femminile) in un periodo compreso fra i 500.000 e i 200.000 anni fa, successivi studi potranno illuminarci sulla questione.

Archeologi e storici concordano sull’idea che le rappresentazioni artistiche e la scultura in particolare, sono in prevalenza incentrate sul tema della fertilità. Sono state ritrovate in tutta Europa, particolarmente in Francia, Germania e Italia, un grande numero di statue di dimensioni ridotte (alte non più di mezzo metro) denominate Veneri o Dee Madri, dove venivano messi in evidenza grossi seni, fianchi larghi, glutei voluminosi e pance abbondanti, talvolta anche la vagina, tutto ciò che poteva far pensare ad una donna in grado di gestire bene una gravidanza. Le rappresentazioni sono sempre stilizzate e ridotte all’essenziale, non veniva rappresentato il viso ovvero veniva solo abbozzato, talvolta la testa è quasi del tutto mancante. L’importanza era attribuita alla funzione non alla personalità. Fra le diverse Veneri ritrovate in pratica abbiamo solo una, la Venere di Laussell rappresentata in bassorilievo, che porta con sé un oggetto, è stata ritrovata nella Francia del sudovest, risale a 20.000 anni fa, l’oggetto in questione è un corno che forse simboleggia un fallo. Altra Venere interessante è quella di Willendorf in Austria risalente a 25.000 anni fa, presenta la testa decorata con quelle che potrebbero essere file di conchiglie. Sempre in Austria la venere di Galgenberg di 30.000 anni fa è l’unica a presentare le braccia staccate dal corpo.

Venere di Willendorf

Venere di Willendorf, circa 25.000 anni fa, Naturhistorisches Museum, Vienna (Austria)

Tale genere di arte ha fatto pensare che a quell’epoca prevalesse il matriarcato. Il più importante studioso che ha sostenuto tale tesi è lo svizzero Johann Bachofen vissuto nella seconda metà dell’Ottocento. Queste sue tesi hanno affascinato non solo gli studiosi di storia ma anche psicologi, politologi e sostenitori del femminismo. Talvolta questi studiosi hanno elaborato teorie suggestive ma molto povere di documentazione storica, dove si parla di una società ancora incontaminata dove gli uomini vivevano in maniera pacifica e in armonia con l’ambiente. Lo psicanalista americano Erich Fromm nel Novecento ha messo in luce che diverse mitologie greche e mesopotamiche ci parlano di uno scontro fra divinità femminili più legate alla terra e al mondo materiale e maschili più legate al mondo celeste. L’antico racconto greco sulle Amazzoni e le Lemnie ci dà una immagine di un mondo femminile non solo legato alla natura ma anche selvaggio e brutale. Le donne erano superiori agli uomini perché in grado di generare, mentre gli uomini sarebbero successivamente prevalsi non grazie alla sola forza fisica, ma alla loro capacità di elaborare idealmente e di uscire da un mondo indifferenziato e dare ordine alla società. Difficile stabilire se queste teorie siano interamente valide vista la scarsità di documentazione storica in nostro possesso. Il matriarcato è un fenomeno raro anche nelle popolazioni primitive in periodi più recenti, gli antropologi hanno individuato come praticanti tale tipo di organizzazione sociale gli indiani del Nord America Irochesi, la popolazione primitiva dei Trobriandesi nel Pacifico e gli africani Baronda, mentre lo storico greco Erodoto riteneva tali i Lici dell’Anatolia.

L’arte paleolitica e l’arte dei popoli agricoltori sono molto diverse fra loro, la prima può essere considerata relativamente vicina al naturalismo con alterazioni degli oggetti rappresentati presenti ma relativamente limitati, caratteristiche che ritroviamo soprattutto nella pittura, mentre la seconda è un’arte decisamente geometrizzante. La pittura paleolitica ci ha lasciato delle opere di notevole valore sia sul lato artistico sia come monumentalità. I temi di tali opere sono abbastanza ripetitivi, ovvero gli erbivori (bisonte, bue e cavallo soprattutto) talvolta colpiti da frecce, le impronte al negativo delle mani e più raramente carnivori, esseri umani o figure fantastiche. Tali decorazioni venivano realizzate principalmente al fondo delle grotte dove non vi era luce, tali opere erano realizzate quindi per sciamani o almeno per un numero ristretto di persone che forse intendevano raggiungere uno stato particolare della coscienza, non per la collettività. Le interpretazioni di queste opere sono essenzialmente due, alcuni studiosi interpretano tali scene come attività magiche propiziatorie della caccia, altri hanno notato che gli animali rappresentati non erano l’oggetto principale della caccia come si poteva dedurre dalle ossa di animali uccisi e mangiati trovati nelle vicinanze, gli animali rappresentati erano tali per il loro valore sul piano magico religioso. Molti cavalli e buoi sono rappresentati con zampe corte e pance prominenti, il contrario di quello che sarà il repertorio del mondo classico, anche qui viene accentuata l’idea di un animale gravido o comunque ben predisposto alla fertilità. Esistono comunque delle eccezioni, alcuni bisonti sono rappresentati mettendo in risalto la loro potenza, gobba e torace accentuati e parti posteriori più ridotte, delle immagini che ci danno un senso di virilità. Le impronte di mani anch’esse molto comuni ci danno un’idea che tali uomini volessero rimarcare la loro esistenza, il loro essere vivi e vitali. Le interpretazioni delle opere artistiche sono rese difficili anche dal fatto che ogni figura rappresenta un’opera in sé e non si hanno composizioni che potrebbero fornire altri elementi utili per la loro comprensione.

Il Neolitico ha origine in Medio Oriente, più precisamente nel sud dell’attuale Turchia intorno al 9.000-10.000 avanti Cristo e da lì si diffuse verso l’Europa balcanica e successivamente in quella continentale e mediterranea. L’arte neolitica conserva le figure femminili, si riducono notevolmente le grandi pitture nelle grotte, sostituite in qualche modo dalle incisioni rupestri all’aperto e compaiono nel periodo medio e finale delle opere di architettura monumentali, i megaliti. Dal punto di vista stilistico il salto è notevole, l’arte neolitica è molto stilizzata e geometrica. Le forme geometriche di esseri umani e animali ci danno l’idea di un’arte simbolica e di una valorizzazione dell’armonia con il mondo trascendentale. L’arte geometrica è un’arte che mette in luce l’ordine dell’universo, il suo essere qualcosa di unitario e organico, che sarà più comprensibile quando appariranno le mitologie.

Le incisioni su grandi lastre di roccia piane, massi isolati o pareti rocciose, sono ben visibili nelle Alpi. I maggiori esempi li abbiamo nella Val Camonica in Lombardia e sul Monte Bego sul versante francese. Diversamente dal Paleolitico, abbiamo rappresentazioni complesse che ci danno delle informazioni maggiori rispetto al periodo precedente, molte di esse sono successive al Neolitico ma comunque in un periodo che può essere considerato Preistoria. Abbiamo rappresentazioni di uomini armati (talvolta con raffigurazione del pene), di pugnali, di uomini che combattono con la spada, ed insieme figure geometriche, capanne, cervi, buoi che tirano carri o comunque aggiogati. Molto presenti sono anche le raffigurazioni di labirinti. Le innovazioni sono notevoli, possiamo ritenere che nella società emerga la figura del guerriero e oltre alla idea della fertilità compaia quella della forza virile. Come nel passato gli animali dotati di corna affascinano le menti degli uomini, è facile associare alle corna l’idea della forza fisica e della virilità selvaggia. Abbiamo animali rappresentati con forme arrotondate e altre più schematiche e geometriche. Interessante notare che la parola ebraica «kereni» significa sia «corno» che «potere». Infine abbiamo le figure dei labirinti, una rappresentazione del mondo confuso e dell’ordine che è necessario raggiungere, altro tema che ritroveremo nelle successive mitologie.

Un esempio importante di pittura nelle grotte è dato dalla Grotta dei Cervi nel Salento. Anche qui abbiamo una grande quantità di figure geometriche, fra le quali croci (mondo materiale che si incrocia con il mondo spirituale rappresentato dall’asse verticale), spirali, figure aggrovigliate che in qualche modo si avvicinano al labirinto, scene di caccia al cervo ed esseri umani con fattezze strane. Il significato dei simboli come notava lo psicanalista Jung è spesso costante nelle diverse culture, ma l’interpretazione anche alla luce della successiva letteratura mitologica contiene sempre qualcosa di soggettivo difficile da stabilire. Le pitture trovate a Catal Huyuk in Turchia centrale sono anch’esse molto stilizzate, il tema delle corna e la caccia sono comuni, diversamente dalle figure precedentemente descritte i corpi degli umani sono slanciati e molto dinamici.

Al Neolitico risalgono le prime opere di architettura conosciute. Un fenomeno molto interessante è quello del megalitismo (neolitico, età del rame e del bronzo, 4.500-1.500 avanti Cristo), opere realizzate con grandi pietre, i megaliti. Alcuni hanno ricondotto al megalitismo tutte le opere realizzate con grandi blocchi di roccia, comprendendo anche i nuraghi sardi e i templi maltesi. Se prendiamo in considerazione l’aspetto artistico, dobbiamo invece restringere il megalitismo alle opere in cui le singole grandi pietre sono l’oggetto principale dell’opera d’arte come nel caso dei menhir (pietre lunghe infisse nel terreno), dei dolmen (due lastre di pietra che sorreggono una grande tavola sempre di roccia) e dei cromlech (circoli di pietre). Il megalitismo inteso in questo senso è un fenomeno del tutto nordico, molto meno rappresentato nel mondo mediterraneo. Alcuni studiosi ritengono i menhir dei cippi di confine, questo presumerebbe l’esistenza della proprietà privata o di proprietà riservate a singole tribù, forse è più corretto considerarli dei monumenti funerari o religiosi viste anche le loro dimensioni. Il più grande fra quelli conosciuti raggiunge i 20 metri e il peso di 300 tonnellate, un’opera monumentale che richiedeva un grande impegno per le comunità. Esistono menhir allineati, in Bretagna abbiamo l’opera maggiore composta da oltre mille grandi pietre disposte su dieci file parallele lunghe oltre un chilometro, gli allineamenti di menhir dovevano avere una funzione religiosa come fanno pensare le loro disposizioni particolari, alcuni puntano dove sorge il sole nel solstizio d’inverno che per gli uomini antichi rappresentava il momento della rinascita alla vita della natura. I dolmen costituivano delle camere sepolcrali e dovevano essere in origine ricoperti da terra a formare un tumulo. Una evoluzione del dolmen sono le tombe a corridoio formate da una serie di dolmen con diverse lastre di pietra verticali che sorreggono delle tavole di pietra a formare un unico lungo spazio coperto, la maggiore conosciuta è lunga 30 metri e ospitava diverse sepolture, nei corredi funerari sono stati trovati armi e gioielli, mentre le pareti interne di tali manufatti presentano in alcuni casi delle incisioni con figure di triangoli, spirali e cerchi raggiati che fanno pensare al Sole. Altra derivazione sono le Tombe dei Giganti della Sardegna caratterizzate dalla facciata a esedra. I cromlech e gli henge, tipici delle isole britanniche, sorgevano su dei terrapieni e avevano anch’essi delle disposizioni particolari rispetto al sole e alle stelle, il tutto ci fa pensare che la religione legata alla natura avesse un ruolo fondamentale nella vita umana di quel periodo e che gli uomini fossero disposti ad un notevole impegno materiale e spirituale per tale esigenza.

Oltre al megalitismo in senso stretto di cui dicevamo, abbiamo altre opere architettoniche notevoli nelle isole del Mediterraneo. La Sardegna rappresenta uno dei centri più importanti in questo campo, abbiamo le «domus de janas» (successive al 3.500 avanti Cristo), cavità scavate nella roccia dalle forme regolari, talvolta con l’interno a forma di casa, destinate a sepoltura, sulle loro pareti interne compare spesso il motivo della doppia spirale e le corna taurine e i pozzi sacri (l’acqua come nel Battesimo cristiano è simbolo di rinascita) formati da blocchi ben squadrati di pietra (successivi al 1.500 avanti Cristo) molti dei quali con una caratteristica entrata triangolare. Le opere sarde più note e caratteristiche sono i nuraghi (realizzati dopo il 1.800 avanti Cristo) disposti isolati su alture o al centro di villaggi, si ritiene avessero funzioni di fortificazione, in ogni caso sorprende il loro numero, 7.000 quelli ritrovati, fatto che ci fa pensare ad una società ben organizzata. Costruzioni simili ai nuraghi li abbiamo in Corsica (torri), a Pantelleria i sese che costituivano luoghi di sepoltura multipli, nelle isole Baleari dove abbiamo i talaiot. Sempre nelle Baleari abbiamo le navetas il cui nome deriva dal fatto che assomigliano a delle navi rovesciate ed avevano funzioni sepolcrali e le taule formate da una lastra di pietra verticale che sorregge una lastra orizzontale, inserite in un circolo di pietra con funzioni religiose. Abbiamo nello stesso periodo altre interessanti costruzioni, come i templi maltesi (successivi al 3.600 avanti Cristo) con la caratteristica pianta a trifoglio, alcuni riportano delle decorazioni a spirale, un simbolo molto adoperato anche in tempi successivi alla Preistoria, presente sia fra i popoli mediterranei che nordici. La spirale (e la doppia spirale) rappresenta secondo l’opinione più comune il moto ciclico dell’universo, la sua espansione e il suo ritorno all’unità primordiale. Nei templi sono attestati sacrifici di animali, le grandi civiltà non toccavano ancora la regione, comunque la società doveva essere abbastanza evoluta. Un altro grande tempio lo abbiamo sul Monte d’Accoddi (metà del IV millennio) in Sardegna che con la sua forma quadrata a gradoni ed una rampa che porta alla sommità ricorda le ziqqurat mesopotamiche. La ragione per la quale le isole del Mediterraneo occidentale ospitino tali particolari edifici non ci è del tutto nota, si può comunque pensare che fossero abitate da popolazioni in contatto con il più sviluppato Oriente mediterraneo.

Per quanto riguarda la scultura, le opere più interessanti provengono dalle isole Cicladi, dalla Sardegna, da Malta e dalla vasta regione danubiana che in quel periodo costituiva l’area continentale più sviluppata. Le sculture che rappresentano adipose figure femminili in posizione dormiente a Malta e quelle sempre molto grasse assise in trono trovate in Turchia, presentano uno stile vicino a quello naturalista, ma prevalgono le figure stilizzate e geometriche, interessantissime per il profondo senso del metafisico e per la loro vicinanza con opere artistiche moderne. Rappresentano uomini e donne, fra i quali i molto caratteristici suonatori d’arpa e di flauto. In Sardegna abbiamo, risalenti ad un periodo a cavallo fra preistoria e storia, i bronzetti che raffigurano guerrieri, talvolta con l’elmo dalle lunghe corna, divinità guerriere con due scudi, quattro occhi e quattro braccia, sacerdoti, capi politici, molti presentano la mano destra in segno di saluto o di benedizione, infine delle raffigurazioni di madri con bambino in braccio e altre che ricordano singolarmente la Pietà di Michelangelo in maniera molto stilizzata. Diverse stilisticamente sono le stele menhir (successive alla fine del III millennio) che con le loro linee più dure ricordano quelle successive dei popoli celti. Abbiamo figure femminili distinguibili per il seno e figure maschili riconoscibili perché dotate di un’arma. Tali opere sono state rinvenute perlopiù nei territori dove sono presenti le architetture megalitiche. La Preistoria presenta ancora elementi difficili da comprendere e il suo studio risulta difficile quanto affascinante, comunque possiamo ritenere che il senso del sacro avesse un grande ruolo.

(marzo 2018)

Tag: Luciano Atticciati, arte preistorica, menhir, dolmen, cronlech, henge, pitture paleolitiche, sculture neolitiche, incisioni rupestri, nuraghe, domus de janas, tombe dei giganti, pozzi sacri, veneri preistoriche.