Il Volto e i volti di Cristo. Aspetti di una ricerca
Il contesto storico. Le immagini più antiche. Caratteristiche che si ritrovano in varie raffigurazioni

Avvertenza: per ragioni di lunghezza, e in accordo con l'Autore, questo articolo è stato pubblicato privo delle note presenti nel testo originale.

Con il trascorrere del tempo, un elevato numero di cristiani ha sempre più avvertito l’esigenza di unire alla contemplazione della Persona di Cristo Redentore (riflessione sulla Presenza, sulla Parola, sull’opera di Salvezza, sui doni sacramentali) una profonda meditazione su aspetti del Suo Corpo Crocifisso e Glorioso, unitamente all’esigenza di sviluppare una spiritualità della riparazione.

Il Volto dell’Uomo della Sindone ripulito dalle ferite

Il Volto dell’Uomo della Sindone (Torino) ripulito dalle ferite (dettaglio)

Si colloca qui la devozione alle Piaghe, al Costato trafitto di Gesù da cui nasce la Chiesa, e al Preziosissimo Sangue. In tale contesto, esprimendo quello che è già contenuto nei Salmi 26,8 e 102,2, si è voluto osservare in qualche modo anche il Volto del Risorto. Per questo motivo sono state percorse più strade. Questa è la storia della ricerca.


La sequela Christi e il videre Iesum

Coloro che per primi furono chiamati dal Messia (per esempio, Vangelo secondo Marco 1, 16-20), e gli altri apostoli, ebbero modo di vedere molto bene il Volto di Gesù, e anche i diversi discepoli. Al riguardo, nei Vangeli sono raccontati vari episodi ove più persone vogliono vedere Gesù. Si pensi al desiderio di alcuni Greci (Vangelo secondo Giovanni 12, 20-21), o al tentativo di Zaccheo (Vangelo secondo Luca 19, 1-3). Anche dopo la Risurrezione gli apostoli continuarono a vedere Cristo (Vangelo secondo Matteo 28, Vangelo secondo Luca 24, Vangelo secondo Giovanni 20-21, Vangelo secondo Marco 16). Un significativo numero di seguaci, quindi, ebbe la possibilità di vedere il Volto del Maestro. Eppure nessuno ha trascritto in seguito le caratteristiche di «quel» Volto. In tempi anche recenti qualcuno è tornato a chiedersi il perché di tale fatto. Eppure la risposta non è difficile. Nell’interazione con il Messia non sono le specifiche caratteristiche fisiche del Signore che colpiscono un’anima, ma è ciò che esprime, manifesta, trasmette tutta la Persona del Redentore, la Sua Presenza. Il «Maestro» («rabbī») trasmette Amore, Vita divina, autorità, umanità.


In che modo «videre Iesum»?

A questo punto, per i primi cristiani si pose un problema. Come raffigurare la Persona di Gesù? Come rappresentare il Suo Volto? Ci si orientò, alla fine, verso alcune immagini simbolo. Cristo venne rappresentato come un filosofo (per indicare la Parola divina, l’autorità di chi insegna), come l’apostolo (Colui che testimonia il Padre), come il profeta (annuncio della Novità evangelica), come il Buon Pastore (il Signore accompagna e protegge), come un docente, giovane e imberbe (Maestro non segnato dal peccato e dalla morte; è eternamente giovane perché è eternamente presente).


Correnti di pensiero e immagini (II-IV secolo dopo Cristo)

In tale contesto, nel periodo degli inizi, le raffigurazioni del Volto di Cristo furono orientate anche da alcune correnti di pensiero che espressero delle opinioni sull’aspetto di Gesù incarnato.

1) Per alcuni autori, Gesù aveva un aspetto che era stato già anticipato dal profeta Isaia (il Servo sofferente, l’Uomo dei dolori). In Isaia 53,2 si trova infatti questa espressione: «non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere». Per questo motivo, taluni esponenti del Cristianesimo antico hanno ritenuto che Gesù doveva essere «deforme» (San Giustino martire), «brutto alla vista» (San Clemente di Alessandria), «privo di bellezza e il suo corpo non degno di un uomo sano» (Tertulliano), e altri. Tale modo di vedere Cristo era legato al fatto che si voleva evidenziare l’ubbidienza del Figlio al Padre, e la reale Passione, preannunciata già nell’Antico Testamento.

2) Per altri cristiani, il Riferimento al Volto dell’unico Messia (vero Uomo e vero Dio) era contenuto nel Salmo 45,3: «Tu sei il più bello tra i figli degli uomini». L’orientamento considerava il Cristo Risorto, il Redentore, il Santificatore. Si contemplava la Sua Gloria. E si rifletteva sulla divinizzazione dell’uomo (il Figlio di Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse figlio di Dio).

Con il progredire del tempo, l’Oriente cristiano cercò di evidenziare con delle pitture (icone) l’immagine del Cristo «triumphans», mentre l’Occidente, pur rappresentando in più casi il Cristo «triumphans», rivolse attenzione – anche per l’influsso degli Ordini Mendicanti – al Volto del «Cristo patiens» (Crocifissi).


Volto di Cristo: esiste un modello archetipo?

Con la fine delle persecuzioni anticristiane (accordo di Milano del 313 tra i due Augusti Costantino e Licinio), fu possibile realizzare varie raffigurazioni del Volto di Cristo. Eusebio di Cesarea, comunque, nel IV secolo dopo Cristo, trovava futile e riduttivo il desiderio di molti credenti di possedere il «ritratto» del Cristo. Ciò premesso, occorre adesso sottolineare un dato. Le opere presenti in varie chiese locali sono tutte caratterizzate da alcuni aspetti ricorrenti. Questo fatto ha suggerito in seguito una tesi. Probabilmente, in origine, esisteva un modello iniziale (cioè un archetipo). Tale fonte comune influì nell’arte orientale, ma anche in quella occidentale. Secondo alcuni studiosi, quel modello potrebbe essere individuato nella Sindone. Per altri, il riferimento chiave si trova nel Mandylion. Non manca anche chi identifica il Mandylion con la Sindone. Quest’ultima, si sostiene, era anticamente piegata in otto e chiusa in un reliquiario, in modo da lasciare visibile solo l’immagine del Viso. In tale contesto, occorre allora osservare il Volto dell’Uomo della Sindone e quello che era impresso nel Mandylion.


La Sindone. Il Volto dell’Uomo flagellato

La Sindone, conservata nella cattedrale di Torino, all’interno di una teca a tenuta stagna e riempita con un gas inerte, è un lenzuolo di lino. Le sue dimensioni sono circa metri 4,41x1,13. Vi è impressa la doppia immagine (accostata per il capo) del cadavere di un Uomo morto in seguito a una serie di torture culminate con la crocifissione. Il corpo raffigurato appare quello di un maschio adulto, con barba e capelli lunghi. La statura: 1,78/1,85. Le violenze attestate dalla Sindone (esempi, segni di una flagellazione) sono compatibili con quanto narrato dagli Evangelisti nella «Passio Christi». Sulla base delle più recenti ricerche non si può escludere che l’immagine dell’Uomo corrisponda a quella di Gesù incarnato, e che la Sindone sia quindi il lenzuolo che avvolse il Suo Corpo prima della sepoltura. Tale reperto mostra in modo chiaro anche il Volto. Con riferimento a quest’ultimo, colpiscono le tumefazioni che alterano in modo accentuato i connotati. Il naso è spaccato da una bastonata, che ha gonfiato una guancia e un occhio. Il labbro è gonfio per i pugni ricevuti. La fronte è lacerata dalle spine. Sulla testa ci sono i segni di un casco di spine. L’immagine che si osserva nella Sindone è contornata da due linee nere strinate e da una serie di lacune. Sono i danni dovuti all’incendio avvenuto nella cappella della cattedrale di Chambéry nel 1532. La posizione ufficiale della Chiesa sulla Sindone è stata resa nota in un discorso del 24 maggio 1998 da San Giovanni Paolo II: «Non trattandosi di una materia di fede, la Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni. Essa affida agli scienziati il compito di continuare a indagare per giungere a trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con questo Lenzuolo che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo del nostro Redentore quando fu deposto dalla croce».


Il Mandylion, il Volto di Colui che è vivo

Secondo le fonti storiche, nel telo del Mandylion (= «panno», «fazzoletto» in siriaco) era impresso il Volto di Gesù. I cristiani del tempo pensavano a un’origine miracolosa dell’immagine. Per questo motivo era considerata acheropita, cioè «non fatta da mano d’uomo». Tale reperto fu prima conservato a Edessa di Mesopotamia (attuale Urf, in Turchia), almeno dal 544 dopo Cristo. In tale anno la città fu assediata dai Sasanidi guidati dal Re Cosroe I Anushirvan. Al riguardo, Evagrio Scolastico (594) ha lasciato scritto che la città fu liberata dall’assedio per merito dell’immagine sacra. Nel 787, i Padri del II Concilio di Nicea (VII Concilio Ecumenico) legittimarono la venerazione del Mandylion. Nel 944, dopo l’occupazione di Edessa da parte dei musulmani, i Bizantini trasferirono la sacra immagine a Costantinopoli. Venne accolta con gioia dalla popolazione. Qui rimase fino al 1204, quando la città venne saccheggiata dai crociati. Molte reliquie vennero trafugate. Del sacro fazzoletto si persero le tracce. Di questa antica reliquia si sarebbero poi diffuse delle copie in Occidente, e vennero divulgati diversi racconti. Esistono oggi tre presunti mandylion. Uno è a Genova (prima attestazione nel XIV secolo). Il secondo a Roma (dipinto su tavola; attestato nel XVII secolo). E il terzo a Manoppello (Pescara; origine non conosciuta).

Immagine di Mandylion

Immagine di Mandylion (dettaglio)

Caratteri del Volto Santo di Manoppello

L’immagine di questo Volto è su velo di bisso marino. Giunse in Abruzzo nel 1506. Misura 17x24 centimetri. Ritrae un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande. Gli occhi si presentano aperti. La bocca è socchiusa in un sorriso che mostra i denti dell’arcata superiore della bocca. Le pupille sono caratterizzate da una diversa ampiezza (come dal risveglio da un coma profondo). Il Volto risulta quasi invisibile se lo si mette contro la luce di una finestra. Diventa, al contrario, molto nitido se lo si pone contro un ambiente scuro, e se lo si guarda con la luce posta dietro le spalle di chi osserva.


Nell’Oriente cristiano. Attraverso l’icona davanti alla Presenza

Nell’Oriente cristiano il Volto di Gesù viene rappresentato soprattutto nelle icone. Queste, si possono vedere in gran numero nelle chiese ortodosse. La tradizione legata a tali pitture inizia intorno alla seconda metà del IV secolo. Cristo è raffigurato in modo preciso: volto stretto, alto, maestoso. Barba corta e baffi. Capelli fino alle spalle. Viso allungato. Occhi grandi, profondi, spalancati. Con vistose occhiaie. Zigomi pronunciati. Alcune macchie sulle guance. Naso lungo e dritto. Occhio destro appena socchiuso (tumefatto?), con il sopracciglio alzato. Rughe o piccoli ciuffi appena sotto l’attaccatura dei capelli.

Il Volto Santo di Manoppello

Il Volto Santo di Manoppello (dettaglio)

Vita spirituale e contemplazione di ciò che l’icona rappresenta

Per un lungo periodo di tempo, gli iconografi sono stati dei monaci. Ricevevano una particolare benedizione non per dipingere l’icona ma per «scriverla». Iconografo significa, infatti, «colui che scrive immagini». Il loro lavoro veniva realizzato in ginocchio, e segnato da preghiere. Ciò attesta che l’arte dell’icona era considerata nei monasteri divino-umana.

In tale contesto, è significativo ricordare che l’icona unisce ciò che è terreno alle sue origini celesti, ma conserva al Divino tutta la sua trascendenza. La raffigurazione del Volto richiama l’indicibile che è dentro le cose e le fa essere dall’interno, quelle che sono. In tal modo, il Volto di Cristo è immagine trasfigurata dalla contemplazione. Non è qualcosa che si aggiunge dall’esterno a contemplare una realtà preesistente, ma è la verità e la struttura stessa dell’essere.

Il Volto di Cristo non ha età, non appartiene a una nazionalità, a un tipo umano, è Volto divinizzato. Non è comunque un volto astratto. Rimane la realtà dell’Incarnazione. In tale contesto, l’Icona facilita l’esaltazione dell’umano e la venerazione del Divino. È taumaturgica nel senso bizantino del termine: cioè piena di presenza.


La Presenza che accompagna. Cristo Pantocratore

Nelle icone del VI secolo si trovano ormai fissate le caratteristiche somatiche del Cristo (volto ovale, lunghi capelli sciolti, naso sottile, barba scura). Un esempio significativo riguarda il Cristo Pantocratore («governante di tutte le cose»), benedicente. Quest’opera bizantina, proveniente da Costantinopoli, è conservata nel monastero di Santa Caterina presso il monte Sinai (Egitto). Tale dipinto intende esprimere la divinità di Gesù ma anche la Sua umanità. Questa icona (secondo taluni autori ricavata dalla Sindone), è un modello che i pittori successivi hanno rispettato in modo costante.

Cristo benedicente

Cristo benedicente (dettaglio), VI secolo, Monastero di Santa Caterina (Sinai, Egitto)

Se si osserva questo dipinto si rimane colpiti da un fatto. Il Volto è segnato da un’accentuata asimmetria. Tale realtà si può comprendere se si guardano i due lati del Viso uno alla volta, in modo separato. Il lato sinistro (per chi guarda) del Volto si presenta luminoso. Sereno. La narice sinistra è rilassata. L’angolo della bocca si perde sotto i baffi. Il lato destro, al contrario, ha caratteri diversi. Il sopracciglio è fortemente rialzato. L’iride dell’occhio appare scura. Dilatata. Sotto l’occhio e sulla guancia un’ombra scura si estende ben oltre la barba. La narice è leggermente (ma in modo chiaro) contratta. La bocca, sempre dal lato destro, assume una piega amara.

Secondo una generale opinione, il fedele vede nell’icona il ritratto di un uomo che si trova inserito in due realtà diverse. L’intento dell’autore fu di rappresentare in modo pittorico le due nature di Cristo presenti nell’unica Persona del Salvatore. Essendo veramente Uomo, Gesù ha sofferto in modo reale. Ha patito l’abbandono. L’immolazione è stata segnata da una durissima Passione, e da una morte in croce. La sua esperienza mortale rimane evidente nei segni che si osservano sul lato destro del Volto. Nel lato sinistro del Viso si può «leggere» il superamento di ogni sofferenza. Serenità. Pace. Il «Risorto» apre a tutti la Casa del Padre.


Occidente cristiano (XIII secolo). Mistici e Volto Santo

Mentre in Oriente e nell’Occidente si diffondevano le immagini del Volto di Cristo, si sviluppò anche un altro contributo non legato alle pitture ma alle esperienze mistiche. Tra coloro che «videro» il Santo Volto si può ricordare una monaca tedesca: Gertrude di Helfta. Le vicende spirituali che la coinvolsero sono riportate nel Liber legationis divinis pietatis («L’Araldo del Divino Amore»; «Rivelazioni»). In una pagina di questo testo viene descritto un momento della «Passio Christi»:

«Verso l’ora terza il Signore Gesù le apparve com’era quando venne legato alla colonna per essere flagellato, in mezzo a due aguzzini di cui uno lo colpiva con due rami spinosi e l’altro con due nodosi flagelli. Tutti e due lo colpivano sul viso, così che il suo santo volto ne era talmente sfigurato da spezzarle il cuore […]. Nessuno mai, essa [Gertrude] pensava, era stato ridotto al deplorevole stato nel quale il Signore le appariva in quel momento. La parte infatti del volto che era colpita dalle spine era talmente lacerata che l’occhio stesso appariva ferito e aperto, mentre l’altra parte era livida e gonfia per i colpi del flagello. Nell’eccesso del dolore il Signore rivolgeva il viso; ma non si sottraeva così a uno dei carnefici se non per essere colpito più crudelmente dall’altro. Volgendosi allora verso di lei, il Signore le disse: “Non hai forse letto ciò che è scritto di me: Vidimus eum non habentem speciem”. “Ah, Signore” – essa rispose – “e come potrei calmare i crudeli dolori del tuo dolce volto?” Il Signore rispose: “Chi si sentirà tocco [«toccato», Nota del Redattore] di amore meditando la mia passione e pregherà per i peccatori, lenirà soavemente ogni mia sofferenza”».


Il pensiero teologico e il Volto Santo

Il periodo medievale fu quindi attraversato da diversi contributi (artistici e mistici) collegati al Volto di Cristo. Sul piano teologico non ci fu un confronto tra scuole ma si svilupparono piuttosto degli orientamenti che seguirono più strade. Le correnti di pensiero del tempo erano desiderose di mettere in risalto specifici aspetti del Nuovo Testamento. In particolare, nell’Oriente cristiano, si volle raffigurare il Volto del Cristo «triumphans» (= che trionfa sulla morte). In un contesto di Gloria (manifestazione della potenza divina), la Persona di Gesù consente a ogni fedele di «entrare» nella Sua Vita. Il Volto del Redentore è posto frontalmente rispetto a chi osserva. Gli occhi spalancati non lasciano trasparire sofferenza.

Anche nell’Occidente cristiano si diffusero le rappresentazioni della Chiesa orientale. Si pensi, a esempio, al Crocifisso (impronta bizantina) che parlò a San Francesco nella chiesetta di San Damiano (1100). Gesù è contemporaneamente ferito e forte. Egli non è morto, sta dritto e risoluto.

In tale contesto, si inserì in modo graduale, una spiritualità cristocentrica che intendeva evidenziare, oltre la reale Divinità, anche la vera Umanità del Salvatore. In tal modo, gli artisti del tempo si orientarono verso un modello pittorico definito del «Christus patiens». Contemplare il Volto del Crocifisso e il Corpo martoriato doveva provocare nei fedeli non solo una spontanea compassione ma anche un sincero pentimento per i propri peccati, un desiderio di conversione personale, un mutamento di vita, una maggiore diaconìa della carità. Tutto questo, introdurrà nell’arte occidentale la manifestazione dei sentimenti.


Il contributo di Giotto. La nuova iconografia

Iniziando dalle opere di Giotto da Bondone, meglio noto come Giotto, l’iconografia occidentale cominciò a seguire un percorso autonomo rispetto ai canoni di quella orientale. Si optò per un maggiore realismo (anche con la scoperta della prospettiva) e dinamismo, in contrasto con la staticità delle figure bizantine. A esempio, nel «Crocifisso» di Santa Maria Novella (Firenze, 1290/1295) Giotto volle presentare un «Christus patiens» («sofferente») seguendo un nuovo orientamento. Egli non volle ripetere l’iconografia del Cristo inarcato a sinistra (tipica di Giunta Pisano e di Cimabue). L’intera figura adesso crolla verso il basso, e piega il dorso e la testa in avanti, gravata dal suo stesso peso. In pratica: il «Crocifisso» di Giotto restituisce la percezione di un corpo umano vero, ove non si rintraccia alcun aspetto del divino. La struttura è ben definita. Si individuano muscoli, ossa e tendini. Giotto, inoltre, cercò di rappresentare la posizione delle mani inchiodate alla croce: non sono aperte e distese, ma si chiudono su se stesse.

Giotto, Crocifisso di Santa Maria Novella

Giotto, Crocifisso di Santa Maria Novella, 1290-1295, Firenze (dettaglio del Volto)

La fase rinascimentale

Nel progredire del tempo furono diverse le correnti di pensiero che influirono pure nel mondo dell’arte. Tra queste, rimase significativo il movimento umanistico-rinascimentale. Umanistico: perché attento a ogni espressione dell’umano. Rinascimentale: perché diretto a a far rinascere quei valori che l’epoca «buia» del «Medioevo» aveva «offuscato». Tale fenomeno storico favorì anche una nuova lettura religiosa. La figura di Gesù divenne il prototipo dell’uomo perfetto. Tale visione ebbe il suo maggiore esponente in Michelangelo. Quest’ultimo intese riservare una particolare attenzione anche al Cristo morto, raffigurato nelle «Pietà». In questa scelta, il mezzo espressivo fu la scultura su marmo. Era una forma d’arte non tradizionale per la figurazione cristiana, più legata alla pittura.

In definitiva, si volle porre in risalto il risvolto umano e storico di Cristo. Al riguardo, un ulteriore esempio è costituito dal dipinto Salvator Mundi (1465-1475 circa) di Antonello da Messina, conservato a Londra presso la National Gallery. Gesù, in posizione frontale, è una presenza fisica e concreta. Il Messia ha capelli lunghi castani. Una leggera barba bionda. Il suo viso è regolare. L’espressione serena. Indossa una veste rossa e un mantello blu poggiato sulla spalla destra. Ciò che più colpisce è lo sguardo. Cristo è immerso in uno spazio indefinito. Lo sfondo è scuro (stile fiammingo), non consente di identificare elementi ambientali. Nell’opera si possono individuare anche elementi mediterranei (per esempio, la monumentalità della figura di Cristo).

Antonello da Messina, Salvator Mundi

Antonello da Messina, Salvator Mundi (dettaglio), 1465

Il Volto di Cristo nel periodo della Controriforma

Anche se da tempo esisteva una Riforma Cattolica precedente il Concilio di Trento (1545-1563; con interruzioni), pur tuttavia il forte impulso a un rinnovamento «in capite et in membris» si realizzò con l’assise tridentina e con il successivo periodo. Sul piano delle arti figurative si volle evidenziare il trionfo della Verità sul buio dell’errore e della ribellione, e la Gloria di una Chiesa – Sacramento di Salvezza – fondata sulla roccia di Cristo, e protesa a illuminare l’umanità di ogni tempo e luogo. Certamente, in tale contesto, lo stile barocco dette un contributo significativo sul piano del linguaggio figurativo, come elemento «forte» per richiamare i fedeli, e come «risposta» alla Riforma protestante. In pratica, il Barocco consentì di unire la verità teologica alla magnificenza estetica. Era un qualcosa che doveva colpire, impressionare, rimanere nella mente. Tale obiettivo fu raggiunto.

Gian Lorenzo Bernini, Salvator Mundi

Gian Lorenzo Bernini, Salvator Mundi (dettaglio), 1679

In tale contesto, tra le molte opere del tempo si colloca pure il Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini. Ormai vicino alla conclusione della sua esperienza terrena, questo grande autore manifestò una particolare esigenza. Era il desiderio di un incontro diretto, personale, con Cristo. Intensificò le pratiche devozionali e caritatevoli. Ma non fece solo questo. Utilizzò anche la sua arte. Il risultato fu il Volto del Salvator Mundi, attualmente conservato in una nicchia della basilica romana di San Sebastiano Fuori le Mura. Fu il suo ultimo capolavoro. Il suo testamento spirituale. Gesù è avvolto in uno sfaccettato panneggio levigato. Ha gli zigomi ossuti, la fronte sfuggente e il naso allungato. I capelli sono folti e lunghi. La mano destra benedicente è rivolta in direzione opposta rispetto al Suo sguardo.


Il contributo di Rembrandt

L’Olandese Rembrandt è uno dei maggiori personaggi della storia dell’arte europea. Pittore e incisore, era di religione evangelica. Nell’arco del suo tempo egli avvertì la necessità di rappresentare il Volto di Cristo in un modo profondamente umano, coinvolgente.

Rembrandt, Volto di Cristo

Rembrandt, Volto di Cristo (dettaglio), 1648-1650 circa

In più momenti, dipinse una serie di «ritratti» del Signore. Li realizzò facendo posare come modello un uomo ebreo del suo quartiere di Amsterdam. In tal modo, egli intendeva essere il più possibile vicino al vero. Nell’osservare i suoi dipinti, si rimane colpiti da un fatto. Il Cristo di questo artista è lontano dall’impressionare per la sua maestà. Non «sovrasta». Non «domina». Non incute «soggezione». Al contrario è «senza forma né bellezza» (Isaia 53, 2-3), «non alza la voce» (Isaia 42, 2). Si individua, in tal modo, l’assenza di ogni retorica. Non si trova alcun idealismo estetico. Il Figlio di Dio sorprende in un contesto di assoluta normalità. Rembrandt lo immagina in un istante di dialogo profondo e amichevole con la gente del suo tempo. È un Messia antieroico, autentico nell’intenso amore del suo sguardo, e nella tenerezza del legame che instaura con il suo interlocutore. Il Gesù di questo pittore si avvicina, prende l’iniziativa, si pone accanto. Non si presenta come il Maestro, ma piuttosto come Colui che comprende e conosce.


L’apporto del Tiepolo

Tra i più significativi artisti del periodo che dal Barocco raggiunge gli anni del Neoclassicismo è il Veneziano Giambattista Tiepolo. Egli si interessò a tutti i generi di pittura: la sacra e la profana, l’eroica e l’aneddotica, la storica e la ritrattistica. La sua predilezione fu per i temi mitologici desueti.

Giambattista Tiepolo, Crocifissione

Giambattista Tiepolo, Crocifissione, 1745-1750

Era attratto da vicende ambientate in luoghi lontani. I suoi personaggi indossano abiti rari e magnifici. Con la sua sicurezza espressiva fu autore, tra l’altro, anche dei dipinti Ultima Cena (1738), Salita al Calvario (1738-1740), Incoronazione di spine (1737-1740), Flagellazione (1737-1740), Crocifissione (1745-1750). Per il critico d’arte Giulio Carlo Argan, il Tiepolo rimane «indifferente ai temi religiosi».

Tale valutazione, però, può essere rimodulata alla luce di ulteriori ricerche. Si pensi, a esempio, agli studi che hanno riguardato la pala della Risurrezione per il duomo di Udine. L’opera è gioiosa, eppure sobria; potente, ma senza eccessi di dubbio gusto. Sa coinvolgere, ma rimane lineare e quasi disadorna, nel suo virtuosismo che sfiora la caratteristica dei grandi artisti: la semplicità. Non è debole, così, affermare che nei lavori dell’artista veneziano non è assente l’ispirazione religiosa. Unitamente a ciò, non si esclude che l’autore sembra attribuire importanza a più fattori: il colore in sé, l’ariosità della scena, la libertà del movimento, il gioco dei piani prospettici e un ampliamento degli spazi poco naturale.


I testimoni della fede

Nel contesto delineato, mentre taluni artisti rispondevano alle committenze con opere anche «di maniera», non mancarono però – sul piano spirituale – dei testimoni della fede che, attraverso un personale e rigoroso percorso ascetico, seppero ricondurre l’attenzione dei fedeli e della stessa gerarchia ecclesiastica verso una rinnovata e profonda contemplazione del Volto di Gesù. Si pensi, a esempio, a Santa Margherita Maria Alacoque, alla Beata Anna Katharina Emmerick, al Venerabile Leo Papin Dupont, alla Serva di Dio Suor Maria de Saint-Pierre e a Santa Teresa del Bambino Gesù. Saranno proprio queste «voci», esigenti, scomode per alcuni, e decisive, a coinvolgere vari artisti in nuove rappresentazioni del Santo Volto.


Volto di Cristo e vissuto dei mistici. Margherita Alacoque (1647-1690)

Nel migrare del tempo tornò a riemergere in modo costante l’apporto dei mistici con riferimenti al Volto di Cristo. Nel XVII secolo, a esempio, emerse il contributo di una religiosa francese: Margherita Maria Alacoque. Ella (aveva 24 anni) si inserì nella comunità delle Suore dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria. Il monastero si trovava a Paray-le-Monial. Dopo alcuni anni di permanenza nell’Istituto, la consacrata riferì di aver avuto un’apparizione di Gesù (27 dicembre 1673). Il Signore le chiedeva di vivere e di diffondere una devozione al Suo Sacro Cuore. Queste apparizioni continuarono fino alla morte. In un primo momento Suor Margherita Maria venne valutata in negativo e subì critiche. In suo aiuto, però, intervenne un Padre Gesuita, Claude de la Colombière. Questi impegnò la suora a mettere per iscritto quanto era avvenuto nelle sue esperienze mistiche. Da tali vicende derivò la festa del Sacro Cuore, ed ebbe origine la pratica dei primi Nove Venerdì del mese. In tale contesto, la Santa evidenziò in più occasioni l’immagine del Volto Santo: «Egli [Cristo] mi era sempre presente, sotto la figura del Crocifisso dell’Ecce Homo sotto il peso della croce; ciò imprimeva in me tanta compassione, tanto amore alla sofferenza, che tutte le mie pene mi diventarono leggere in paragone al desiderio che sentivo di soffrirne per conformarmi a Gesù sofferente».


Beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824)

Katharina Emmerick nacque in una famiglia di contadini. Fu la quinta di nove figli. Per aiutare la famiglia sul piano economico, lavorò come domestica e poi come sarta. Nel 1802 fece il suo ingresso nel monastero delle Canonichesse Regolari di Sant’Agostino di Agnetenberg, presso Dülmen. Subì in seguito diverse malattie (1802-1811). Avvenne poi un fatto critico. Il monastero venne soppresso (1811) a opera del movimento di secolarizzazione. Katharina tornò a fare degli umili lavori. Fu in questo periodo che ricevette le stigmate. Raccontò anche di visioni mistiche. Tra queste, quelle riguardanti la Passione di Gesù.

Curata da un medico ateo (Franz Wesener), divenuto in seguito credente, affrontò molte prove dolorose. Di lei si interessò pure il poeta Clemens Brentano. Lasciò questa terra per la Casa del Padre il 9 febbraio del 1824. Anche la Emmerick ebbe il dono mistico di vedere Gesù nelle ore della Sua Passione.


Venerabile Leo Papin Dupont (1797-1876)

Leo Dupont fu un laico che contribuì a diffondere più devozioni. Tra queste, anche il culto al Volto Santo di Gesù, e l’adorazione eucaristica notturna. Nacque in Martinica. Il padre (Nicholas), francese, era un ricco proprietario di piantagioni di zucchero. Sua madre era una creola della Martinica. Il bambino Leon, morto il padre, venne educato in Martinica, e negli Stati Uniti. Studiò poi in Francia. Terminata l’università, dopo un viaggio nella Martinica e un matrimonio, si stabilì definitivamente a Tours (Francia). Qui attivò il proprio studio legale. Dopo la morte della moglie e della figlia, Leo volle accentuare il proprio impegno nella Chiesa. Favorì la promozione di opere di assistenza, sostenne economicamente realtà disagiate, animò associazioni cattoliche, diffuse l’adorazione eucaristica notturna. Tra i suoi interlocutori ci furono Santa Madeleine Sophie Barat, Santa Giovanna Jugan, San Jean Vianney, San Pietro Giuliano Eymard.

Santo Volto di Tours

Santo Volto di Tours (copia dell’immagine esposta in Vaticano nel 1849) fatto conoscere da Leo Dupont

In tale contesto, Leo Dupont rivolse una particolare attenzione al Volto Santo di Gesù. Dai Padri Carmelitani venne pure informato sulle visioni di Gesù e Maria che aveva avuto una religiosa del Carmelo: Suor Maria di San Pietro dal 1844 al 1847. Questo, accrebbe in lui il desiderio di diffondere sempre più negli ambienti la devozione al Volto Santo. Lo fece per circa trent’anni. Nel 1851 Dupont promosse l’«Arciconfraternita del Santo Volto» a Tours. Nel 1876, terminò il cammino terreno e raggiunse la Casa del Padre. Aveva 79 anni. Alla sua morte, la sua casa in Rue St. Etienne fu acquistata dall’arcidiocesi di Tours e trasformata nell’Oratorio del Santo Volto. Presso questo luogo sorse anche un’Associazione di sacerdoti diocesani: i «Preti del Santo Volto». Si impegnarono nel servizio liturgico dell’Oratorio e nella predicazione. Promossero il culto di riparazione al Volto di Cristo, e sostennero i sacerdoti delle campagne.


Serva di Dio Suor Maria de Saint-Pierre (1816-1848)

Perrine Éluère nacque a Rennes, da Pierre Éluère e France Portier, in una famiglia di 12 figli. La madre morì presto e fu il padre a seguire la crescita della prole. Diversi figli morirono. Restarono alla fine in vita solo un ragazzo e la giovane Perrine. Quest’ultima venne inviata nella casa di alcune zie per imparare a cucire. Il 13 novembre del 1839 Perrine fece il suo ingresso nel monastero carmelitano di Tours. Divenne Suor Marie de Saint-Pierre et de la Sainte Famille. Nel periodo che intercorre dal 1844 al 1847 la religiosa riferì di aver avuto delle visioni di Gesù e di Maria. In particolare, in una visione, Gesù le disse: «Coloro che contemplano il mio Volto ferito sulla terra, un giorno contempleranno la gloria e la maestà con cui è circondato dal cielo».

Suor Marie riferì dice di aver ricevuto dal Signore la richiesta di «riparare gli oltraggi e asciugare il fango del suo Volto Santo». Queste violenze verbali erano commesse dai bestemmiatori che oltraggiavano Dio e la Chiesa. Nei suoi scritti, la religiosa indicò un collegamento spirituale, un legame mistico, tra le sue «rivelazioni private» e la figura della Veronica che asciugò il Volto sanguinante di Gesù con un velo. La consacrata evidenziò al riguardo un punto: gli attuali atti sacrileghi e blasfemi si aggiungono agli sputi e al fango che la Veronica asciugò lungo la Via Crucis. In tale contesto, la suora disse che Gesù voleva la devozione al Suo Volto Santo come riparazione agli atti sacrileghi e alla bestemmia. Tali peccati sono definiti una «freccia avvelenata».

Per questo motivo, Suor Maria scrisse la preghiera della Freccia d’Oro della Devozione al Volto Santo. Tale orazione, dettata dal Salvatore, doveva servire a far uscire «dal Sacro Cuore di Gesù torrenti di grazia per la conversione dei peccatori». Questo testo è oggi inserito tra le preghiere di Riparazione a Gesù Cristo.

Nel 1843, la religiosa ebbe la possibilità di parlare all’Arcivescovo di Tours. Ma la preghiera che trasmise all’alto prelato fu accolta con riserva. Nel 1847 la Serva di Dio ripeté la richiesta di diffondere l’orazione della Freccia d’Oro. A Langres ottenne il permesso di fondare un’Arciconfraternita di laici per pregare per la riparazione delle offese fatte al Volto Santo. Fu preparata anche una medaglia scolpita. In seguito, anche la diocesi di Lione accolse la stessa richiesta. L’Arciconfraternita cominciò a diffondersi in Francia. Il 30 marzo del 1848 la monaca fu colpita da tisi polmonare e da altre patologie. L’8 luglio del 1848 lascerà questa terra per entrare nella Casa del Padre.


Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo (1873-1897)

Maria Francesca Teresa Martin nacque ad Alençon, un piccolo paese della Normandia Francese, ultima di nove bimbi. Il padre aveva imparato l’orologeria in Svizzera, mentre la madre dirigeva merlettaie. Il 9 aprile 1888 Teresa, dopo tre mesi di attesa, entrò nel Carmelo di Lisieux. Divenne Suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Rimase nel monastero fino alla morte. Negli anni di vita religiosa dovette affrontare molte prove che accolse con animo sereno e che offrì al Signore. Sul piano spirituale Santa Teresa sviluppò una strada offertoriale che viene ricordata come la «piccola via». Si tratta di ricercare la santità, non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani, anche i più insignificanti, a condizione di compierli per amore di Dio.

Nell’aprile del 1896 Teresa contrasse la tubercolosi. La sua salute subì un evidente declino nell’arco di 18 mesi. Lasciò alla fine questa terra all’età di 25 anni per raggiungere la Casa del Padre (30 settembre 1897). Dopo la sua morte, l’insegnamento di questa giovane carmelitana si diffuse nella Chiesa. Furono diverse le persone che ricevettero delle grazie da Dio per sua intercessione. La Chiesa l’ha proclamata «Dottore» per aver indicato ai fedeli un cammino di passi non segnato da desideri eroici ma da un affidamento costante all’Amore di Dio.

Teresa è anche patrona delle missioni perché nella sua vita terrena offrì continuamente diverse sofferenze a sostegno dell’impegno dei sacerdoti nelle opere di evangelizzazione. Fu pure in diretta comunicazione epistolare con due missionari che accompagnò spiritualmente.

La Santa è pure protettrice dei malati di AIDS e di altre malattie infettive perché, pur giovane e inesperta, fu impegnata nell’assistenza delle consorelle colpite da patologie che si potevano trasmettere a chi era vicino. Per ordine dei superiori, Teresa scrisse inoltre la Storia di un’anima, ove delineò la propria «sequela Christi» attraverso atti spontanei, gioiosi, ricchi di amore per Gesù e per i fratelli e le sorelle.

In tale contesto, è utile ricordare un dato. La Santa entrò in clausura divenendo Suor Teresa di Gesù Bambino. A questo nome aggiunse in seguito «e del Volto Santo». Lo fece, quando suo padre soffrì periodi di allucinazioni, e venne ricoverato nell’ospedale psichiatrico.

Davanti alla malattia paterna, Teresa reagì con notevole fede, mentre nelle altre figlie subentrò soprattutto l’aspetto del dolore. La scelta della giovane fu legata a una convinzione: Dio non abbandona nessuno. Siamo tutti Suoi figli. Quindi, anche chi è segnato da una sofferenza mentale non è una persona priva di dignità ma è piuttosto un essere ancora più amato dal Padre che è nei Cieli che riserva una speciale cura ai suoi «piccoli», inclusi tra questi i malati.

Al riguardo, Teresa scrisse anche il Cantico del Volto Santo (estate 1895), di cui si riportano qui di seguito alcuni passaggi.

«La tua immagine ineffabile, Gesù, / è la stella che guida i miei passi!
Tu lo sai bene, il tuo dolce Volto / è il mio Cielo quaggiù.
Io vorrei, per consolarti, / vivere nascosta e solitaria;
la bellezza che tu veli / mi apre il suo mistero.

Per me sola patria il tuo Volto, / e mio regno d’amore il tuo Volto,
prato ridente, / dolce sole di ogni giorno!
È il giglio di valle, il tuo Volto, / il suo profumo misterioso consola
l’esilio dell’anima mia / con la gioia della pace del Cielo!

Il tuo Volto è la mia sola ricchezza, / nulla di più io domando
e nascondendomi nel tuo Volto, / Gesù, io ti assomiglierò!
Lascia in me la divina impronta / dei tuoi tratti pieni di dolcezza.
Diverrò presto santa, / attirando i cuori a te!

Per me sola patria il tuo Volto, / e mio regno d’amore il tuo Volto,
prato ridente, / dolce sole di ogni giorno!
È il giglio di valle, il tuo Volto, / il suo profumo misterioso consola
l’esilio dell’anima mia / con la gioia della pace del Cielo!»


Riscoperta del Volto dell’Uomo della Sindone (1898)

Nel 1898 si verificò a Torino un fatto straordinario. Erano state organizzate le celebrazioni per il 400º anniversario della sua cattedrale, e per il 50º anniversario dello Statuto Albertino. In tale contesto, si realizzò pure un’Ostensione della Sindone (conservata nel duomo). A questo punto, un avvocato piemontese, Secondo Pia, chiese di poter fotografare il Sacro Lenzuolo. Era la prima volta che si eseguiva uno scatto con riferimento alla reliquia. La foto venne realizzata il 25 maggio. Quando si arrivò a sviluppare le immagini, ci si rese conto che quanto impresso nelle lastre si leggeva molto bene osservando il negativo. La sera del 28 maggio Pia tornò per una seconda sessione di fotografia. Da questo momento in poi cominciarono a svilupparsi gli studi scientifici.


L’osservazione dell’Uomo della Sindone (1898)

Davanti alle immagini dell’avvocato Pia, i fedeli rimasero (e rimangono) colpiti dall’armonica bellezza dell’Uomo, dalle masse muscolari, dai segni delle sofferenze patite. Ancora oggi le guance e le arcate sopraccigliari si presentano lesionate e tumefatte per ripetuti traumi. Il gonfiore presente sulla guancia destra è l’effetto di un colpo violento che ha provocato anche una lesione della cartilagine nasale. L’impronta di sangue a forma di «3» rovesciato corrisponde a un piccolo rivolo di sangue coagulatosi sulla fronte. Il cuoio capelluto presenta lesioni di modesto diametro causate forse da spine. La distribuzione delle ferite da punta in corrispondenza della fronte e della nuca del crocifisso fa ritenere che sul suo capo sia stato fissato un intreccio di rami spinosi.

Il capo è leggermente flesso verso il torace. È come se l’Uomo della Sindone fosse andato incontro alla rigidità cadaverica in quella posizione. Per tale motivo non è visibile l’impronta anteriore del collo. Infatti, la distanza tra il bordo inferiore del mento e il piano del torace è troppo breve e corrisponde alla contemporanea modifica dell’impronta posteriore del collo che risulta, invece, allungata.

La foto del Volto dell’Uomo della Sindone

La foto del Volto dell’Uomo della Sindone scattata da Secondo Pia nel 1898, Torino

Il Volto presenta occhi chiusi. Capelli lunghi. Baffi e barba bipartita. La massa dei capelli a sinistra è più marcata che a destra. I capelli, invece di cadere all’indietro, scendono lateralmente al viso come se il corpo fosse in posizione eretta.

La metà destra del Volto presenta il maggior numero di lesioni. È più deformata e gonfia rispetto alla sinistra. Un motivo: il capo sarebbe rimasto chinato verso destra per un paio d’ore dopo la morte in croce.


Il Volto di Manoppello è quello della Veronica? (1999)

Il 31 maggio 1999, un Gesuita, il Padre Heinrich Pfeiffer, in una conferenza presso la Stampa Estera (Roma), annunciò la tesi che a Manoppello, in provincia di Pescara, fosse conservato il Velo della Veronica con l’immagine del Volto di Cristo. Si trovava in una chiesa del monastero dei Padri Cappuccini dal 1660. Questa comunicazione, alle soglie del Giubileo del Duemila, fece scalpore («Corriere della Sera», «Sunday Times», «Die Welt», «CNN» e altri). In realtà lo studioso aveva esaminato la sacra immagine da più anni. La storia di questo Volto è documentata dal 1506 (mancano dati precedenti). Il religioso cappuccino Padre Donato da Bomba, scrisse al riguardo una Relatione historica (1642-1645).

Guardando l’immagine si osserva che la sua tonalità è sul marrone. Le guance sono asimmetriche (una si presenta più rotonda dell’altra, quasi gonfia). Gli occhi sono concentrati a guardare in una parte e verso l’alto, facendo trasparire il bianco del globo oculare sotto l’iride. Le pupille sono aperte ma irregolari.

In tale contesto, il Professor Pfeiffer divulgò una propria convinzione: l’immagine di Manoppello è il Velo che si conservava in Vaticano fin dal 1300. Tale reliquia fu poi trafugata durante la ricostruzione della Basilica di San Pietro (1506-1626). Per il Gesuita, si trattava del tessuto adagiato sul Volto di Gesù nella tomba. L’immagine che oggi si vede, in pratica, si formò nel momento della Risurrezione per l’esplosione di energia che si sprigionò in quell’Ora. In modo identico si era formata quella sulla Sindone.

Il Velo di Manoppello è stato esaminato. Secondo un’esperta tessitrice, la Sarda Chiara Vigo, siamo in presenza di una rara fibra marina detta «bisso». Evidentemente non sono mancate nel tempo critiche. Rimangono, però, alcuni dati significativi che si riportano qui di seguito.

1) L’immagine è visibile in modo identico da entrambe le parti.

2) Il Velo non è un dipinto. Questo, però, non esclude un fatto. Qualcuno (forse in epoca moderna) può aver voluto «ravvivare» il Volto con dei ritocchi pittorici. È una situazione avvenuta, a esempio, con l’immagine della Madonna di Guadalupe (impressa in una «tilma»).

3) Il Volto della Sindone di Torino e quello che appare nel Velo di Manoppello sono ritenuti da alcuni studiosi sovrapponibili. L’unica differenza è che nella reliquia di Manoppello la bocca e gli occhi del viso sono aperti.


L’Ipotesi di Neave sul Volto di Cristo (2001)

Nel 2001, il documentario britannico Son of God presentò un progetto realizzato da Richard Neave. Quest’ultimo, è un esperto britannico in ricostruzione facciale forense. Ha usato la sua abilità nel ricreare volti da teschi nel lavoro forense della Polizia e nella produzione di immagini di personaggi storici. Egli ha voluto anche fare un esperimento. Da un Dipartimento di scienze forensi di Israele si è fatto prestare tre teschi appartenuti a Ebrei probabilmente vissuti nella zona Nord di Israele, e forse nello stesso periodo di Gesù. A questo punto, ha incominciato a «costruire» un possibile Volto del Cristo.

Nel procedere del lavoro ha tenuto conto dell’antropologia forense. Questa, secondo le dichiarazioni di Neave, suggeriva un possibile modello: viso largo, naso grande, pelle e occhi scuri, folta barba, riccio, con una muscolatura marcata (per il lavoro di carpentiere svolto negli anni della vita privata). Per il colore degli occhi e per il taglio dei capelli si è ritenuto sufficiente tener conto di alcuni passi biblici. Poi, attraverso l’esame di resti di alcuni antichi Palestinesi, vissuti durante il periodo di Cristo, Neave e i suoi collaboratori hanno calcolato altezza e peso di Gesù (alto 1,50 metri; peso 50 chilogrammi circa). Dopo l’utilizzo di programmi di computer, e la preparazione di un busto di creta, è stato presentato alla fine il risultato. Questo, differisce da altre immagini note (a esempio, Sindone).

L’immagine di Gesù ricostruita da Neave

L’immagine di Gesù Cristo ricostruita da Richard Neave

I rilievi critici rivolti a Richard Neave

Se si osservano i passaggi scientifici affrontati da Richard Neave nel suo lavoro, e se si considera l’ipotesi conclusiva, si notano facilmente dei dettagli che lo scienziato non pare aver considerato. Può essere utile riportarli qui di seguito.

1) La presentazione di un uomo ebreo, basso, tozzo e alto un metro e mezzo, non sembra corrispondere ai dati che è possibile trarre dalla Sacra Scrittura, da testi rabbinici, e da studi scientifici (tombe, monete, altezza stipiti, e altro).

2) Gli Ebrei, fin dalle origini presentavano un bell’aspetto. Ne sono esempio Mosè (Esodo 2, 1-10), il Re David, fulvo di capelli (Primo Libro di Samuele 10, 10-13), e specialmente suo figlio Assalonne (Secondo Libro di Samuele 14, 25-27), Salomone (figlio di David; Primo Libro dei Re 2).

E molte donne ebree sono rimaste famose per la loro bellezza. Si pensi a Sara (Genesi 12, 11-12), moglie di Abramo (il capostipite), ma anche alla Regina Ester (Ester 2, 7). Non si possono poi tacere alcuni versetti del Cantico dei Cantici (esempio 1, 8).

3) Si ricorda ancora che Gesù discendeva dal Re David da parte materna. Anche suo padre putativo Giuseppe era discendente del Re David e proveniva da Betlemme, la città del Re David, non era di origine galilea ma giudaica (Vangelo secondo Matteo 1, 1-16; Vangelo secondo Luca 3, 23-38).

4) Nell’immagine dell’Uomo della Sindone, e in rappresentazioni analoghe, si osserva l’uso dei capelli lunghi. Ciò è legato al voto di nazireato (Primo Libro dei Maccabei 3, 49). Era un atto di consacrazione a Dio. Il nazireo doveva rispettare degli obblighi (Numeri 6, 1-21). Tra questi: lasciarsi crescere i capelli.

5) In tale contesto, Ebrei di periodi trascorsi ed Ebrei attuali si presentano con aspetti che si riscontrano in ogni comunità umana. Ci sono soggetti alti, di media altezza, bassi, belli, meno belli, bruni e biondi.


L’ipotesi del Volto di Gesù adolescente (2015)

Nel 2015, un «team» di studiosi, e a Roma anche chi scrive, ha cercato di tentare un esperimento percorrendo una nuova strada. Si volle, in particolare, tentare di avere un’idea del Volto di Gesù adolescente. Al riguardo furono percorse due strade concomitanti. Da una parte, come punto di partenza, si scelse il Volto dell’Uomo della Sindone, dall’altra – per gli aspetti informatici – si chiese una collaborazione alla Polizia Scientifica di Torino.

Fino a quel momento, i dirigenti della Polizia di Stato erano abituati a «invecchiare» i volti di soggetti ricercati o perché latitanti (a esempio, Messina Denaro, criminale legato a Cosa Nostra), o perché scomparsi (a esempio bambini, tra questi Denise Pipitone). Alla Scientifica si chiese, al contrario, di compiere un passo indietro. Stavolta i loro programmi dovevano «ringiovanire» il soggetto in esame.

Stabilita l’intesa, si cominciò a lavorare sul Volto dell’Uomo della Sindone cancellando i segni delle percosse subite e della flagellazione. Si è poi tenuto conto dei caratteri orientali, dei volti di Ebrei del I secolo, delle loro caratteristiche psicosomatiche. In tal senso, un aiuto è pervenuto dalla letteratura ebraica e dalle testimonianze archeologiche. Alla fine, sono stati presentati in dettaglio i passaggi eseguiti con un programma informatico. Il risultato ottenuto mostra il Volto di un adolescente. Vi si nota, tra l’altro, anche il colore «ocra» dei capelli. Al riguardo, proprio chi scrive ha ricordato che nel Primo Libro di Samuele 16, 12 c’è un riferimento a David descritto come «fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto». Comunque tale esito è stato indicato come un semplice esperimento, un tentativo.

Ipotesi del Volto di Gesù

Ipotesi del Volto di Gesù adolescente

Nuove immagini del Volto di Cristo. Faustina Kowalska (1931)

Il compito che svolsero nella Chiesa Santa Margherita Maria Alacoque, il Venerabile Leo Papin Dupont, la Serva di Dio Suor Maria de Saint-Pierre e Santa Teresa del Bambino Gesù rimane a tutt’oggi un fatto significativo. Nel XX secolo, si verificò un nuovo fatto. Una religiosa vide il Volto del Figlio di Dio e lo fece dipingere secondo le indicazioni dello stesso Salvatore. Si trattò di una suora polacca: Maria Faustina (in polacco Maria Faustyna) Kowalska, al secolo Helena Kowalska. Fece parte della Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Negli anni della sua testimonianza terrena diffuse la devozione a Gesù Misericordioso. Le sue esperienze mistiche sono racchiuse nel Diario.

In particolare, c’è un episodio che interessa l’argomento di questo lavoro. La sera del 22 febbraio del 1931, la Santa scrisse nel suo diario: «La sera, stando nella mia cella, vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido. […] Gesù mi disse: “Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto la scritta: Gesù confido in Te! Desidero che quest’immagine venga venerata […] nel mondo intero. Prometto che l’anima che venererà quest’immagine non perirà. […] Voglio che l’immagine […] venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua: questa domenica deve essere la Festa della Misericordia».

Suor Faustina ubbidì. Fu chiamato allora un pittore, Eugenio Kazimirowski. E gli venne affidato il compito di preparare un’immagine secondo le indicazioni della religiosa. Terminata l’opera, la suora in un primo momento si rattristò. Il Volto non esprimeva la bellezza di Gesù. E disse piangendo al Signore: «Chi può dipingerti bello come sei?». Gesù la consolò. Le disse che l’importanza di quell’immagine non riguardava la bellezza ma le grazie divine donate a chi la venerava. Dal 26 al 28 aprile 1935, il quadro della Divina Misericordia fu presentato per la prima volta al pubblico nel santuario dedicato alla «Madre della Misericordia» («Ostra Brama»).

I dipinti eseguiti da Eugenio Kazimirowski e Adolf Hyla

I dipinti eseguiti da Eugenio Kazimirowski (a sinistra) e da Adolf Hyla (a destra; è il più noto nel mondo)

La nuova immagine

In seguito, si chiese all’artista Adolf Hyla di dipingere un nuovo quadro. Furono eseguite due copie. La prima delle due, venne benedetta a Cracovia (7 marzo 1943). Per le sue dimensioni l’opera non entrava però sull’altare. Così, ne fu commissionato un altro. Venne benedetto a Cracovia-Lagiewniki. Lo sfondo del quadro è quasi di colore scuro, sotto i piedi di Gesù compare un pavimento. Si era arrivati in tal modo al 16 aprile del 1944: Domenica in Albis (giorno da dedicare alla Divina Misericordia).


Maria Pierina De Micheli (1938)

Maria Pierina De Micheli nel 1914 fece il suo ingresso nella locale casa della Congregazione delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Buenos Aires. Il suo nuovo nome fu: Suor Maria Pierina. Fu attiva presso la casa madre dell’Istituto nella capitale argentina dal 1919 fino alla professione religiosa, nel 1921, quando rientrò a Milano. In quest’ultima Comunità fu eletta madre superiora (1928). Nel 1929 venne confermata superiora della casa di Milano. Ebbe anche la nomina a delegata per le attività all’estero. Da quel momento dovette garantire una presenza a Milano e a Roma. Nel 1938, d’accordo con la madre generale, iniziò la fondazione in Roma dell’Istituto Spirito Santo. Vi si trasferì nel 1939 e nel 1940 divenne superiora regionale d’Italia. Continuò comunque a recarsi a Milano per seguire le consorelle. Il 15 luglio del 1945 madre Pierina fu colpita da polmonite mentre era presso la casa religiosa della sua Congregazione a Centonara d’Artò (frazione di Madonna del Sasso). Il 21 luglio le sue condizioni di salute si aggravarono. Le venne amministrata l’Unzione degli Infermi. Raggiunse la Casa del Padre il 26 luglio del 1945.

In tale contesto, occorre evidenziare un fatto. Suor Maria Pierina visse profonde esperienze mistiche. In particolare, nella notte del 31 maggio 1938, mentre pregava in cappella, le apparve la Vergine Maria, con un piccolo scapolare in mano (lo scapolare fu poi sostituito dalla medaglia per ragioni di comodità, con l’approvazione ecclesiastica).

Il Volto Santo

L’immagine del Volto Santo

Lo scapolare era formato di due flanelline bianche, unite da un cordoncino. In una flanellina era impressa l’immagine del Santo Volto di Gesù, con questa dicitura intorno: Illumina, Domine, vultum tuum super nos (Fa’ splendere, Signore, il Tuo Volto su di noi). Nell’altra, era impressa un’ostia, circondata da raggi, con questa scritta intorno: Mane nobiscum, Domine (Resta con noi, o Signore).

L’opera della madre Maria Pierina fu continuata dal Padre Abate Ildebrando Gregori, direttore spirituale della religiosa nel periodo romano. Nel 1950 il Padre Gregori fondò l’Istituto Religioso «Pio sodalizio», che nel 1977 divenne «Riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore Gesù Cristo». Attualmente, le medaglie con il Santo Volto continuano a essere distribuite in molteplici Paesi. Esse riproducono l’immagine del Volto dell’Uomo della Sindone di Torino.


Alcune considerazioni di sintesi

1) Un saggio storico sul Volto di Cristo non è utile solo per osservare i comportamenti e le scelte di ecclesiastici e di artisti, ma anche per comprendere meglio degli itinerari di spiritualità. «Videre Iesum», in pratica, significa far esperienza nella propria vita di un incontro diretto con l’Unico Salvatore del mondo. Il Volto trasmette la Presenza. Questa, comunica Vita divina, pace interiore, accompagnamento anche nella valle oscura. Nel Santo Volto si scopre Umanità e Divinità, e si ha la forza per restare nelle situazioni, negli inginocchiatoi di ogni tempo.

2) Anche i Papi sono stati attratti dalla contemplazione del Santo Volto. Papa Leone XIII, dopo la morte della Carmelitana Suor Maria di San Pietro, volle sostenere la fondazione di un’Arciconfraternita del Volto Santo. Nel 1958, Pio XII dichiarò la festa del Santo Volto di Gesù. San Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte ha scritto: «Gli uomini del nostro tempo chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in un certo senso di farlo loro vedere. E non è forse compito della Chiesa riflettere la luce di Cristo in ogni epoca della storia, farne risplendere il Volto anche davanti alle generazioni del nuovo millennio?».

3) Nel procedere della Chiesa, il Volto Santo di Gesù è venerato in particolare nell’ambito degli atti di riparazione a Lui rivolti. Al riguardo, sono stati fondati alcuni Istituti Religiosi che qui di seguito si citano.

– Le «Suore Espiatrici del Santo Volto del Signore» (1888). Congregazione con sede centrale a Varsavia (Polonia). Furono fondate dal Padre Honorato Kozminski ofm cap. e da Suor Eliza (Emilia) Cejzik. Il 22 giugno 1958, l’Istituto è stato aggregato all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.

– Le «Suore del Santo Volto» (1930): Congregazione di diritto pontificio che vive una particolare devozione a Gesù Sacerdote e Ostia di oblazione). L’Istituto venne fondato a San Fior di Sopra (Treviso) da Maria Pia Mastena con il sostegno del Vescovo di Vittorio Veneto Eugenio Beccegato.

– Le «Suore Veroniche del Volto Santo» (1934). Fondate a Reggio Calabria dal «missionario del Volto Santo», Padre Gaetano Catanoso.

– Le «Suore Benedettine Riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore» (1950-1977).


Qualche indicazione bibliografica

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AA.VV., Volti di Cristo, a cura di L. Sebregondi e G. Wolf, Vallecchi Editore, Firenze 2007

V. Bertolone, Volto Redentore. Il culto del Santo Volto e la spiritualità della riparazione, Edizioni Dehoniane, Roma 1997

E. Colombo, M. Colombo, P. Francesca (a cura di), Il Volto ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo, Edizioni di Pagina, Bari 2012

G. Dalli Regoli, Christus triumphans e Christus patiens: due immagini concorrenti?, in: «Societas et universitas», Miscellanea di studi offerti a Don Severino Dianich, a cura di M. Gronchi e M. Soriani Innocenti, ETS, Pisa 2012, pagine 129-143

G. Fanti, S. Gaeta, Il mistero della Sindone. Le sorprendenti scoperte scientifiche sull’enigma del telo di Gesù, Rizzoli, Milano 2013

E. Fogliadini, Il volto di Cristo. Gli archetipi del Salvatore nella tradizione dell’Oriente cristiano, Jaca Book, Milano 2011

S. Gaeta, L’enigma del volto di Gesù. L’avventurosa storia della Sindone segreta, Rizzoli, Milano 2010

P. L. Guiducci (intervista a), Il Volto e i volti della misericordia, a cura di C. Mafera, in: «San Paolino’s Voice», sito online, 28 gennaio 2016

S. Pedica, Il Volto Santo nei documenti della Chiesa, Marietti, Casale Monferrato (AL) 1960

H. W. Pfeiffer, Il Volto Santo di Manoppello, Carsa, Pescara 2000

H. W. Pfeiffer, L’Immagine di Cristo nell’arte, Città Nuova, Roma 1986

G. Sala-G. Zanchi, Un volto da contemplare. I lineamenti di Cristo interpretati da 21 artisti, Àncora, Milano 2001

Volumi della pubblicazione «Il volto dei volti», rivista semestrale di spiritualità, teologia e iconografia. Istituto internazionale di ricerca sul Volto di Cristo (Roma), Velar Editrice, Bergamo (dal 1998).


Ringraziamenti

Professor Donato Vittore, Università degli Studi di Bari.


Alcuni siti web

https://storiadelleidee.blogspot.com/2020/10/volto-gesu-analisi-controversie-aspetto-fisico.html.

(ottobre 2022)

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