Dottori della Chiesa: un’eredità plurimillenaria
Gli esegeti del pensiero cristiano diventati Santi e assurti alla gloria del Dottorato

La scomparsa di Benedetto XVI, al secolo Papa Joseph Ratzinger, con la richiesta popolare di farlo «Santo subito» in analogia a quanto era già avvenuto per Giovanni Paolo II, ha indotto nuove attenzioni anche sulle figure dei Dottori della Chiesa, nella cui ristretta schiera il grande Pontefice Tedesco potrebbe avere ampie possibilità di futuro inserimento, alla luce di un Magistero di alta dottrina, e nello stesso tempo, della convergenza di pensieri in materia di fede e ragione, collocate in una nuova sinergia di valori. In ogni caso, conviene rammentare che l’approdo al Dottorato presume la necessaria pronuncia preliminare di santità, che a sua volta è stata oggetto, sin da tempi remoti, di istruttorie lunghe e complesse, sia pure con qualche eccezione, come quella di Papa Wojtyla, a conferma della regola.

I Dottori della Chiesa proclamati nel corso dei secoli per iniziativa di singoli Pontefici o di Concili, assommano a 37, ivi comprese quattro donne: a conti fatti, la media delle rispettive declaratorie non arriva a due per secolo, cosa che pone in chiara evidenza le attenzioni, le riserve e gli scrupoli con cui si usa procedere nell’ardua opera di definizione e di accertamento dell’idoneità, tanto più impegnativa perché destinata ad assumere una rilevanza «eterna». Nondimeno, è pur vero che la media in questione diventa doppia laddove si escluda dal computo il primo millennio dell’Era Cristiana, durante il quale non si ebbero proclamazioni.

I primi Dottori avevano vissuto nei secoli iniziali dell’Era Cristiana (Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, San Girolamo e San Gregorio Magno) ma furono definiti tali soltanto nel 1298 per opera di Bonifacio VIII, il celebre Papa Caetani che quattro anni prima era subentrato a Celestino V dopo il «gran rifiuto»[1]. In alcuni casi, la nomina ebbe luogo con un ritardo anche millenario rispetto ai tempi in cui i nuovi Dottori avevano operato: come sarebbe accaduto anche in seguito, la procedura fu sempre lunga e non facile, all’insegna di una fondamentale virtù cristiana, quella della prudenza. Non è un caso che il primo Pontefice pervenuto alla decisione di proclamare i Dottori sia stato proprio Bonifacio VIII, cui si deve anche quella di avere indetto il primo Anno Santo della storia, con «remissione totale dei peccati» ai pellegrini che si fossero recati a Roma: in entrambi i casi citati, tali attestazioni sono quelle di una vera e propria «plenitudo potestatis»[2].

Altri sei Santi furono insigniti del ruolo di Dottori della Chiesa nel corso del XVI secolo, in tempi scaglionati (San Tommaso d’Aquino, San Giovanni Crisostomo, San Basilio Magno, San Gregorio Nazanzieno, Sant’Atanasio, San Bonaventura da Bagnoregio) mentre per i successivi quattro (Sant’Anselmo d’Aosta, Sant’Isidoro di Siviglia, San Pietro Crisologo e San Leone I) fu necessario attendere il XVIII secolo. Furono numericamente maggiori le nove nomine del XIX secolo (San Pier Damiani, San Bernardo da Chiaravalle, Sant’Ilario di Poitiers, Sant’Alfonso de’ Liguori, San Francesco di Sales, San Cirillo di Alessandria, San Giovanni Damasceno, San Cirillo di Gerusalemme e San Beda il Venerabile[3] che Dante colloca nel quarto Cielo del Paradiso[4], cui seguono le sette proclamazioni del XX secolo (Sant’Efrem, San Pietro Canisio, San Giovanni della Croce, San Roberto Bellarmino, Sant’Alberto Magno, Sant’Antonio da Padova e San Lorenzo da Brindisi). Infine, sono da aggiungere i tre Dottori pervenuti a tale qualifica nello scorcio iniziale del XXI secolo (San Giovanni d’Avila, San Gregorio di Narek, Sant’Ireneo di Lione).

Più breve, come si diceva, è l’elenco delle donne, tre delle quali assurte alla categoria dei Dottori della Chiesa nel XX secolo (Santa Caterina da Siena e Santa Teresa d’Avila per iniziativa di Paolo VI nel 1970, e Santa Teresa di Lisieux per opera di Giovanni Paolo II nel 1997) mentre l’ultima, Sant’Ildegarda di Bingen, si deve a Benedetto XVI, con atto del 2012. In questi casi, si trattava rispettivamente di Sante vissute nei secoli XIV, XVI, XIX e XI, quale nuova conferma d’istruttorie lunghe, o comunque promosse in tempi largamente successivi alla scomparsa terrena delle Sante in questione[5].

Al momento, sono presenti in stato d’istruttoria altre 18 posizioni: fra le più note, quelle di San Vincenzo de’ Paoli, Sant’Ignazio di Loyola, San Bernardino da Siena, San Giovanni Bosco, e del Santo Arcivescovo di Firenze Sant’Antonino Pierozzi, vissuto nel XV secolo. Anche questo, a ben vedere, è un elenco che dice molto sui criteri di ponderazione e di prudenza che presiedono all’iter di proclamazione dei Dottori, e che trascendono il breve percorso medio della vita umana.

A proposito di Santa Teresa di Lisieux, Patrona di Francia e dei Missionari, è interessante ricordare che le ultime parole pronunciate dalla medesima prima di tornare alla Casa del Padre furono: «Dio mio, ti amo». Ebbene, sono le stesse ultime parole che, secondo testimonianze attendibili, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto udire con un fil di voce poco prima della scomparsa, al mattino del 31 dicembre 2022. Se non altro per questo, assumono un carattere «ricorrente» che testimonia l’esistenza di una suggestiva continuità in talune pronunzie di fede, a prescindere dai tempi storici in cui ebbero luogo.

Il gruppo dei Dottori si distingue da quello dei Padri della Chiesa, anch’esso molto circoscritto, per la differenza tra riflessione ed esegesi da una parte, e diffusione del messaggio cristiano dall’altra. In entrambi i casi, è comunque necessario l’atto di avvenuta santificazione, e quindi, di possesso dei vari requisiti propedeutici al conseguimento della dichiarazione di santità, quasi a evidenziare, per gli uni e per gli altri, il suo carattere unificante, indispensabile alla successiva pronunzia per opera pontificale o conciliare.

Oggi, in un tempo di maturità della Chiesa, diventata meno categorica con il confronto conciliare e post-conciliare anche in materia di fede e di rivelazione, come da pertinenti analisi dello stesso Papa Ratzinger[6], è tempo di trasferire questo confronto anche nelle coscienze dei fedeli e di trarne spunto per una corretta rivisitazione della dottrina di Roma che non metta in discussione le verità fondamentali, e soprattutto, l’assunto dantesco – sempre valido – di stare «contenti al quia». La ragione deve essere onorata quale realtà individuale, tipica della facoltà intellettiva che è propria dell’essere umano, ma non può fagocitare la fede che appartiene all’eterno, come da espressione dello stesso Ratzinger prima di salire al Soglio di Pietro, mentre tutto il resto è transeunte[7].

Nell’assunto in questione è fondato cogliere, in particolare, uno specifico richiamo a Sant’Agostino, Dottore della Chiesa assai presente nelle riflessioni di Benedetto XVI: si tratta di un richiamo sintetizzabile in ogni «attributo» di più ampio spessore etico e filosofico riconosciuto a Dio, come quelli di «Creatore onnipotente, di Giudice inevitabile, di Padre celeste, di generoso Donatore, e di Legge eternamente valida»[8] nell’ambito di una concezione cristiana che non rimane una formula «teorica» ma è «fervore di credenza e ardore di preghiera», in specie nelle prese di distanza dalla «dittatura del relativismo che nulla riconosce come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio Io».

In linea generale, per quanto concerne i Dottori della Chiesa, nella stessa ottica di una ragione comunque subordinata alla fede nella continuità dei secoli, è fondato auspicare che i tempi di proclamazione, diversamente da quelli quasi biblici sinora occorsi in parecchi casi, siano più conformi ai nuovi modelli diventati ricorrenti anche con l’apporto della rivoluzione informatica, se non altro per consentirne una «lezione» più completa e convinta a favore del popolo di Dio. Ciò non significa mancare del dovuto rispetto alla tradizione, ma vuol dire operare in guisa che dubbi e perplessità non prendano possesso del cuore di questo popolo, aprendo nuove vie solerti e funzionali alla migliore tutela di Giustizia e Verità.


Note

1 La notorietà del «rifiuto» di Papa Celestino V, dovuta soprattutto ai riferimenti danteschi, con riguardo prioritario alla sua collocazione nel girone degli ignavi (Canto terzo dell’Inferno), non deve far dimenticare che nella storia della Chiesa si erano avuti precedenti parzialmente analoghi: in particolare, quello di San Clemente, quarto Pontefice Romano (88-97) che nel I secolo fu esiliato per ordine di Nerva e costretto all’abdicazione pur avendo avuto l’opportunità di designare il successore Sant’Evaristo (97-105); quello di San Ponziano (230-235) che nel III secolo, durante la persecuzione di Massimino, fu imprigionato in Sardegna dove avrebbe trovato la morte nelle cave di pietra; e quello di Sant’Eusebio, che aveva riammesso nella Chiesa i fedeli responsabili di «tradimento» (con relativo ritorno al paganesimo) durante le persecuzioni di Diocleziano, e che Massenzio condannò (309) ugualmente all’esilio. Per quanto riguarda la storia di San Celestino V, al secolo Pietro di Morrone, si rinvia alla recente e documentata silloge di Matteo Siena, Celestino V – Il triste pellegrinare, con gli auspici della Società di Storia Patria per la Puglia, Grafiche Jaconeta, Vieste 1998, 48 pagine (con accenni alla vita del Santo, alla complessa vicenda del «rifiuto» e a quelle dell’Ordine monastico dei Celestini, non senza un’esauriente bibliografia).

2 Papa Bonifacio VIII fu titolare del Soglio Petrino per circa un decennio (1294-1303) ed ebbe un ruolo di particolare rilievo nell’affermazione dell’idea teocratica, che lo rese particolarmente inviso a Dante: non a caso, il sommo Poeta gli avrebbe negato nel De Monarchia qualsiasi «diritto di Governo» senza dire che nel XIX Canto dell’Inferno gli riserva «un posto nel girone dei simoniaci, addirittura mentre era ancora in vita» (confronta Joseph Gelmi, I Papi – La preminenza del Papato nell’Alto Medio Evo, Rizzoli Libri, Milano 1986, pagine 122-124).

3 Giova ricordare che il motto «Miserando atque eligendo» oggi riportato nello stemma di Papa Francesco è tratto proprio da un passo dell’Omelia 21 di San Beda il Venerabile (Weremouth 673-Jarrow 735) con riferimento storico alla vicenda episcopale di San Matteo. Il suddetto Venerabile fu «celebre per pietà e per dottrina» e prese i voti in giovane età, dedicando tutto il resto della vita alla preghiera e allo studio, e trovando spazio, per l’appunto, anche nel Sommo Poema (confronta Dante Alighieri, La Divina Commedia, testo critico della Società Dantesca Italiana col commento scartazziniano rifatto da Giuseppe Vandelli, Ulrico Hoepli Editore, Milano 1951, pagina 699).

4 A proposito di citazioni dantesche dei Dottori della Chiesa si può aggiungere che, oltre a San Beda, tali riferimenti hanno riguardo, nella terza cantica del poema, ossia nel Paradiso, ai soli San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura da Bagnoregio, San Pier Damiani e San Bernardo da Chiaravalle. Si tratta di una minoranza, ma bisogna tener presente che parecchi Dottori, a prescindere dai tempi lunghi della proclamazione, vissero in epoche successive a quella di Dante.

5 Nel Convegno internazionale romano del marzo 2022 (Donne Dottori della Chiesa e Patrone d’Europa in dialogo con il mondo di oggi), alle quattro già riconosciute Dottori della Chiesa sono state sostanzialmente equiparate le Patrone d’Europa, in persona della stessa Santa Caterina da Siena (Servire il bene comune), di Santa Teresa Benedetta della Croce (Per un’ alleanza educativa) e di Santa Brigida di Svezia (Profetessa d’Europa), non senza definizioni specifiche anche per Santa Teresa d’Avila (La comunicazione dell’ineffabile), Santa Teresa di Lisieux (La Missione ecclesiale), e Sant’Ildegarda di Bingen (Spiritualità e cura del Creato).

6 Confronta Joseph Ratzinger, La mia vita: autobiografia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, 154 pagine, con particolare riguardo alle riflessioni su fede e ragione, e all’Omelia del 18 aprile 2005 prima del Conclave da cui sarebbe uscito Pontefice della Chiesa di Roma. Un Papa, giova metterlo in luce, che non sarebbe stato né avrebbe dovuto essere, nel convincimento dello stesso Ratzinger, un Sovrano assoluto «il cui volere e pensare sono legge». Ciò, come Benedetto XVI si fece premura di chiarire tempestivamente, perché «il Ministero del Papa è garanzia di obbedienza verso Cristo» e proprio per questo «non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso, e la Chiesa, all’obbedienza verso la Parola di Dio» (citato in Mario Tosatti, Il Dizionario di Papa Ratzinger, Baldini Castoldi Dalai Editori, Milano 2005, pagina 93).

7 Joseph Ratzinger, La mia vita, pagina 151. Si rammenti, avverte il Papa Benedetto XVI, che «i beni terreni non rimangono» ma svaniscono ineluttabilmente, a cominciare dal denaro. «L’unica cosa che rimane in eterno è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità». Ne scaturisce il dovere di «essere animati da una “santa” inquietudine, quella di portare a tutti il dono della fede e dell’amicizia con Cristo». Anzi, come avrebbe aggiunto il Papa, la fede costituisce una dotazione tanto più fondamentale, perché concessa, fra l’altro, per farne oggetto di una diffusione compiuta nell’ottica di un servizio a tutto campo.

8 Confronta Mario Bendiscioli, Dio, in «Dizionario di Filosofia», Edizioni di Comunità, Milano 1957, pagine 335-338, con riferimenti alle prove dell’esistenza di Dio – ontologica, cosmologica, teleologica, morale, finalistica, psicologica, storica – nel pensiero dei Dottori della Chiesa, e in modo particolare, di Sant’Agostino, Sant’Anselmo d’Aosta e San Tommaso d’Aquino, secondo cui – in tutta sintesi – quella di Dio è «un’idea esigente» che richiede «sottomissione al mistero, dedizione del volere, fede e fiducia» (pagina 336).

(febbraio 2023)

Tag: Carlo Cesare Montani, Dottori della Chiesa, Benedetto XVI Papa Ratzinger, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Girolamo, San Gregorio Magno, Papa Bonifacio VIII, San Celestino V Papa, San Tommaso d’Aquino, San Giovanni Crisostomo, San Basilio Magno, San Gregorio Nazanzieno, Sant’Atanasio, San Bonaventura da Bagnoregio, Sant’Anselmo d’Aosta, Sant’Isidoro di Siviglia, San Pietro Crisologo, San Leone I, San Pier Damiani, San Bernardo da Chiaravalle, Sant’Ilario di Poitiers, Sant’Alfonso de’ Liguori, San Francesco di Sales, San Cirillo di Alessandria, San Giovanni Damasceno, San Cirillo di Gerusalemme, Beda il Venerabile, Dante Alighieri, Sant’Efrem, San Pietro Canisio, San Giovanni della Croce, San Roberto Bellarmino, Sant’Alberto Magno, Sant’Antonio da Padova, San Lorenzo da Brindisi, San Giovanni d’Avila, San Gregorio di Narek, Sant’Ireneo di Lione, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa d’Avila, Santa Teresa di Lisieux, Sant’Ildegarda di Bingen, Santa Teresa Benedetta della Croce, Santa Brigida di Svezia, Paolo VI Papa Montini, San Giovanni Paolo II Papa Wojtyla, San Vincenzo de’ Paoli, Sant’Ignazio di Loyola, San Bernardino da Siena, San Giovanni Bosco, Sant’Antonino Pierozzi, San Clemente, Nerva Imperatore, Sant’Evaristo, San Ponziano, Massimino Imperatore, Sant’Eusebio, Massenzio Imperatore, Matteo Siena, Papa Francesco, San Matteo Evangelista.