Streghe e stregoneria. Quale realtà storica?
Il contesto epocale. Le vicende riscontrate. Ricerche effettuate. Le risultanze

Nel trascorrere del tempo, la vicenda storica delle cosiddette «streghe» ha suscitato (e continua a far nascere) interessi di vario tipo. Si tratta in genere di attenzioni supportate da elementi di morbosità, e affiancate a valutazioni negative precostituite. Attraverso recenti studi storici[1] si è sviluppata, però, una contro-tendenza, un’impostazione di ricerca di tipo nuovo. Questa, ha cercato di esaminare i diversi contesti storici, per poi passare all’esame della documentazione a tutt’oggi conservata. In tale impegno, sono state distinte più aree di indagine: il campo curativo (erboristeria), l’assistenza alle gestanti, le espressioni della superstizione, l’avversione verso le donne che si cimentavano in compiti maschili, la magia, le vicende a rilevanza penale. Sono emerse a questo punto delle evidenze che ridimensionano il volto fortemente negativo della cosiddette «strega», e che consentono di usufruire di significative acquisizioni scientifiche.


L’origine della parola

Nelle diverse civiltà furono usate più espressioni (con diversi significati) per indicare chi si dedicava ad arti ritenute magiche, pericolose, malefiche. In realtà, occorre evitare di pensare a «figure» tra loro identiche. Esistevano infatti attività diverse, aree operative differenti, personaggi reali e soggetti fantasiosi. Nell’antica Roma, tra le diverse leggende, erano diffusi anche racconti che facevano riferimento a un uccello notturno di malaugurio denominato in latino «strix» (plurale: «striges»). Tale termine deriva dal greco: «strix», «strygòs». L’espressione serviva a indicare i rapaci notturni (barbagianni, gufo). Derivò da qui una certa confusione tra «strige» e gufo.[2] In Italia, la parola «strega» – derivata da «strige» – cominciò a essere usata solo dal 1300 in poi.[3]


Epoca antica: alcuni fatti

I dati che si possono ritrovare in epoca antica[4] forniscono una serie di informazioni significative ma parziali. In particolare, occorre ricordare che i contesti ambientali erano molto differenti l’uno dall’altro, e che anche le terminologie avevano propri, distinti significati.

1) In una tavoletta di argilla assira, risalente all’incirca al II millennio avanti Cristo si fa riferimento alle streghe: «La strega che gironzola per le strade, s’introduce nelle case, corre i vicoli, insegue la gente nelle piazze, si volta avanti e indietro, si arresta per strada e torna sui suoi passi, per fermarsi in piazza. Essa ha rapito la forza del bel giovane, ha sottratto la felicità alla donna togliendole con lo sguardo il bene della volontà. Da quando mi ha visto. Da quando mi ha visto, la strega sta camminando dietro di me, con la sua bava ha arrestato il mio cammino, con il suo sortilegio ha interrotto la mia strada, ha allontanato dal mio corpo il mio Dio e la mia Dea».[5]

2) Sono stati poi trovati dei dati nel Codice di Hammurabi[6], che risalgono al 1750 avanti Cristo. Tale fonte indica il comportamento da usare verso le pratiche magiche, allora già diffuse. La magia in sé non è condannata. Sono da punire gli stregoni per i danni che arrecano con le loro pratiche.[7]

3) Sui malefici di donne che operavano in modo sinistro esiste pure un riferimento che si colloca nel periodo del Faraone Egizio Ramses III (1218/1217-1155 avanti Cristo).[8]

4) È stato anche possibile acquisire delle informazioni in Assiria, risalenti all’VIII secolo avanti Cristo. Nella biblioteca di Assurbanipal[9] è stata rinvenuta una serie di esorcismi, designata col nome di serie «maqlū», per scongiurare gli effetti del sortilegio («mamītu») dello stregone («kashshapu») o della strega («kashshaptu»). Si ha anche conferma del fatto che, in seguito, chi praticava la magia nera subiva la condanna a morte.

5) Nella Bibbia (Antico Testamento), nel Libro dell’Esodo 22, 17 (VI-V secolo avanti Cristo), si trova scritto: «Non lascerai vivere chi pratica la magia». Tale linea distingueva gli Ebrei dai popoli circostanti (Egizi, Babilonesi, Cananei) che invece erano usi a varie pratiche magiche e alla stregoneria.

Nel Deuteronomio 18, 10-12 (VIII-VI secolo avanti Cristo) c’è questa direttiva: «Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio, o l’augurio o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore».

Nel Libro del Levitico 19, 26 (V secolo avanti Cristo) è così prescritto: «Non praticherete alcuna sorta di divinazione o di magia».

Si ricorda pure un fatto. Nel primo Libro di Samuele (VI-V secolo avanti Cristo), si fa riferimento alla strega di En-Dor. Era dotata del potere di evocare lo spirito dei morti. Il testo biblico non ne riporta il nome. Nella tradizione rabbinica è identificata con Zefania, madre di Abner (primo cugino di Saul e comandante del suo esercito). Dopo aver in precedenza osteggiato le «streghe», il Re Saul decide di recarsi da questa negromante per essere messo in contatto con il profeta Samuele (primo Libro di Samuele 28).[10]

6) Nella Bibbia (Nuovo Testamento), negli Atti degli Apostoli, si fa riferimento a un certo Simone, dedito alla magia (Atti degli Apostoli 8, 9-13). Questo individuo «mandava in visibilio la popolazione di Samaria, spacciandosi per un gran personaggio. A lui aderivano tutti, piccoli e grandi, esclamando: “Questi è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande”. Gli davano ascolto, perché per molto tempo li aveva fatti strabiliare con le sue magie». In seguito, la situazione muterà con l’intervento dell’Apostolo Filippo.[11]

7) Nel Talmud, testo sacro dell’Ebraismo (1a edizione originale: III secolo dopo Cristo), erano descritte forme di punizioni ed esecuzioni per stregoneria.

8) La magia nel mondo romano non era proibita. Doveva però riguardare azioni degne di lode, non nocive per le persone. Comunque, la stregoneria era punita dal diritto romano. Le cosiddette Dodici Tavole, il più antico codice legale romano, contenevano norme contro chi utilizzava la magia per danneggiare o uccidere altre persone o per arrecare danni ai campi e ai raccolti.[12] Esisteva, poi, un mezzo per compiere atti di stregoneria. Si trattava dell’uso delle «defissioni». Erano tavolette di piombo utilizzate per lanciare maledizioni di ogni tipo.

9) Nel linguaggio greco, il termine «magia» cominciò a essere diffuso a motivo delle interazioni con la vicina Persia. Nella fase storica più antica, la religione zoroastriana attribuiva un ruolo importante al «mago». Quest’ultimo, era un sacerdote esperto in pratiche taumaturgiche e astrologiche. Al riguardo, lo storico Erodoto[13], scrive (Storie I, 101) che i maghi appartenevano a una società segreta. Tale congrega aveva il compito, ricevuto dal Re, di svolgere riti funebri, divinazione e profezie. Occorre comunque ricordare che il termine «mago» assunse in Grecia un’impronta negativa. Divenne una figura vicina a quella di un mendicante e a quella di un indovino. Comunque, non può essere dimenticato il fatto che, fin dai periodi più antichi, esistevano persone che compivano incantesimi per diversi fini: liberare dal malocchio, compiere fatture d’amore e attivare esorcismi.[14]


Mitologia greca

Anche nel mondo della mitologia greca e romana si trovano dei riferimenti significativi alla magia e alla stregoneria. In particolare, nell’area greca, tra varie figure mitologiche, ci sono anche delle creature mostruose: le «Arpie». Erano donne alate. Furono poi immaginate come mostri con testa, busto e braccia di donna, il resto di uccello. Figlie di Taumante ed Elettra. Altre figure emblematiche furono le «Empuse» (singolare «empusa»): terrorizzavano i viaggiatori. Si nutrivano di sangue e carne umana. Le «Lamiae» (da «Lamia», mitica amante di Giove, capace di trasformarsi a piacere), erano figure femminili in parte umane e in parte animali. Rapivano i bambini. Si presentavano anche come fantasmi seduttori. Adescavano giovani uomini e poi si nutrivano del loro sangue e della loro carne. In tale contesto mitologico, la storia registra anche le vicende legate alle streghe della Tessaglia (antica Grecia). Per i Greci, le streghe della Tessaglia, ancelle della dea Ecate, erano in grado di trasformarsi in uccelli e altri animali. Conosciute per la loro fame di carne morta e di organi.[15]

Lamia

Lamia. Frammento di mosaico pavimentale (XIII secolo), chiesa di San Giovanni Evangelista, Ravenna (Italia)

Mitologia romana

Nel mondo latino le streghe erano le «Strigae». Il poeta Ovidio[16], nell’opera Amores, cita la strega «Dipsas» («Dipsas anus», «vecchia») descrivendola come esperta di incantesimi. Per Plinio il Vecchio[17] (Naturalis Historia, XI, 232) la strega è la nutrice che con il proprio latte avvelena gli infanti. Nel Satyricon di Petronio[18], invece, la cornice prescelta è quella di un simposio. Durante il banchetto di Trimalcione, i commensali narrano storie di terrore riportate come reali. Tra queste, in un passo, compare un assalto delle «Strigae» al corpo di un bambino morto.[19]


Alcune sottolineature

I dati fin qui riportati fanno riferimento a dei mondi, a degli ambienti, a dei contesti, tra loro molto diversi. Per questo motivo non è possibile seguire identici metodi di analisi. Ci si può limitare a dire che, in taluni casi, la malvagità in genere, le formule rituali a danno di qualcuno («malefici»), e le morti misteriose, erano in più casi ricondotte all’opera di donne che era necessario neutralizzare per il bene comune. In tale contesto, gli storici – specie nel più recente periodo – hanno cercato di comprendere meglio il ruolo ricoperto da alcune donne nel periodo antico. Le ricerche non si sono rivelate semplici. Alcune evidenze, però, sembrano trovare delle conferme. Si riportano qui di seguito.

1) Il ruolo femminile nell’antichità è stato significativo anche nell’ambito dei compiti legati all’assistenza. Fin dall’inizio, la presenza di donne fu molto utile per seguire le gravidanze, e per assistere ai parti. Inoltre, queste persone erano chiamate ad accudire gli infermi. A loro si chiedeva un supporto per alleviare le sofferenze, i dolori, per monitorare il decorso delle malattie dalle cause non individuate...[20]

2) Tale ruolo chiave fu anche legato al fatto che la medicina ufficiale e l’assistenza sanitaria in generale non avevano ancora il ruolo ricoperto in seguito. Per tale motivo, la povera gente (la maggioranza della popolazione) si rivolgeva a donne che usavano il buon senso, l’esperienza pratica e gli elementi curativi più facili da trovare senza oneri: le piante officinali.[21]

3) Probabilmente una criticità emerse quando in ambito maschile si rafforzò il ruolo curativo svolto da singoli o da gruppi («Scuole»), e quando – in situazioni particolari – alcune donne intesero rafforzare un proprio potere, ottenuto anche grazie a interventi riusciti.

4) Nel contesto citato, chi avversava l’operato di alcune donne, usò l’antico metodo di diffondere voci allarmanti. Queste, erano centrate sul concetto di «diversità» e di «pericolosità». Le figure femminili che entravano nelle case o che ricevevano persone nella propria abitazione, erano additate come donne strane, dal comportamento misterioso, slegate dal sistema sociale del tempo. Dietro a tutto questo, si affermava, esistevano certamente delle azioni «occulte», dannose, da individuare e fermare. In realtà, una serie di dicerie scaturiva dal fatto che, in genere, le donne vicine a chi soffriva non rendevano note le composizioni da loro preparate. Determinati preparati rimanevano un segreto. Tale comportamento costituiva – di fatto – anche un modo per emanciparsi da un ruolo marginale e subalterno.

5) In taluni casi la situazione si incrinò con esiti fatali quando singole donne accettarono di utilizzare le proprie conoscenze per fornire (su richiesta) pozioni velenose, capaci di uccidere, o per fare delle fatture contro qualcuno. Tali casi, però, si sono rivelati meno diffusi di quello che si reputa.

6) A quanto fin qui annotato, occorre aggiungere un dato. L’esistenza delle «streghe» non fu una credenza ideata dalla religione cristiana. Tale convinzione esisteva già nel mondo greco e in quello romano. In seguito, si prolungò quando in molti – nelle campagne – rimasero fedeli ai culti remoti della fertilità, della terra, delle stagioni.


Il passaggio all’epoca medievale

Nelle diverse fasi di passaggio all’epoca medievale, gli storici hanno trovato una documentazione che consente di conoscere alcuni dati. Si è arrivati a disegnare più tipologie di «streghe».[22] Permane, comunque, nei diversi studi la difficoltà a separare il dato storico dall’elemento fantastico, la verità dalla calunnia, gli aspetti reali dalle storie che traggono origine in vicende politiche, in storie di controllo sociale, di dominanza, in episodi meramente privati (avulsi dalla stregoneria), in vendette. In tale contesto, si possono comunque annotare alcuni punti chiave.

1) In ambito ecclesiale, i dati riguardanti le «streghe» furono acquisiti da precedenti periodi ove esistevano più realtà legate alla magia (accettate o disapprovate dalle autorità del tempo, a seconda dei casi). Ebbe così inizio un percorso volto a condannare usi, riti e pratiche che, per loro natura, allontanavano i fedeli da una vita di fede, e che erano considerati ostili verso l’umanità.

Partendo dal principio che Dio è Bontà infinita, si trasse la conclusione che chi faceva del male era necessariamente collegato al demonio. Per rafforzare tale posizione non mancò il riferimento ai dati della Sacra Scrittura. Nella Bibbia, infatti, le entità demoniache si oppongono sempre e in ogni modo all’opera di Dio Salvatore. Le tenebre cercano di offuscare la Luce. Cristo stesso viene tentato nel deserto (Matteo 4, 1-11). In modo progressivo si arrivò a una convinzione: era necessario neutralizzare la «strega» per eliminare influssi distruttivi, rovinosi, e ogni potere di dominanza sulle menti e sulle anime.[23]

2) Nel 910, il canone Episcopi[24] viene registrato da Regino di Prümm[25]. Descriveva le credenze popolari nel Regno dei Franchi poco prima dell’inizio del Sacro Romano Impero. Tale documento riversò influssi sul diritto canonico successivo. Condannò «maleficium» (cattive azioni) e «sorilegium» (chiromante), ma sostenne che la maggior parte delle storie di questi atti rimaneva fantasia. Affermò, inoltre, che quanti credevano di poter in qualche modo volare magicamente erano soggetti che soffrivano di delusioni.

3) Nel 1258, il Papa Alessandro IV[26] indirizza una Bolla agli inquisitori francescani. In particolare, li invita ad astenersi dal giudicare qualsiasi caso di stregoneria, a meno che non vi siano forti ragioni per supporre che ne possano derivare pratiche eretiche.

4) Occorre comunque aggiungere che gli «sviluppi logici» sulle «streghe» seguirono pure delle strade svincolate dal mondo della Chiesa. In particolare, alcuni autori pubblicarono scritti ove si descrivevano delle situazioni da condannare che traevano origine solo da proprie convinzioni e da fantasie morbose. Per «infangare» la persona della «strega» si inventarono patti con il diavolo, accoppiamenti con lui, atti di adorazione verso satana. Per aggiungere orrore vennero raccontate storie di «streghe» che succhiavano il sangue dei bambini, che li rapivano, che rovinavano i raccolti, che distruggevano l’amore nelle coppie, e altro.

5) Si arrivò, in tal modo, sul piano giuridico, a una serie di denunce a cui seguirono arresti e processi.


Il Malleus Maleficarum (1487)

Nel Cinquecento, il Papa Innocenzo VIII[27] venne informato in modo allarmante riguardo a una serie di fatti avvenuti nelle diocesi di Magonza, Colonia, Treviri e Salisburgo. Nei rapporti si affermava che moltissimi uomini e donne praticavano la stregoneria. La vita di fede delle comunità era in pericolo. Il Pontefice si convinse della serietà dei fatti. Il 5 dicembre 1484 promulgò la Bolla Summis desiderantes affectibus. In tale documento confermò che l’eresia doveva essere avversata (aspetto dogmatico). Occorreva, poi, contrastare la stregoneria (aspetto che riguardava fede e morale). In tale contesto, diverse persone si attivarono per individuare e colpire le situazioni condannate dalla Chiesa. Tra questi individui, vi fu il frate domenicano Heinrich Kramer[28] che, con la collaborazione del confratello Jacob Sprenger[29], aveva pubblicato un trattato contro la stregoneria: il Malleus Maleficarum (letteralmente Il martello delle malefiche, cioè delle streghe).[30]

Tale lavoro, pubblicato nel 1487, ebbe lo scopo di aiutare a individuare figure considerate «maligne», indicando pure i modi per far confessare le loro colpe. L’opera esprimeva le idee degli autori e non rifletteva la posizione più cauta del Pontefice. Molte personalità, contemporanee dei due frati, e un numero non debole di religiosi, rimasero dubbiosi sull’esistenza delle streghe. Ritenevano che i malefici fossero solo delle superstizioni derivanti da antiche credenze. Nel corso del tempo, il Malleus non fu mai adottato ufficialmente dalla Chiesa. Malgrado ciò, divenne noto in più ambienti per le descrizioni dettagliate che conteneva, e per una certa vena morbosa.


L’accentuarsi di criticità

La tendenza legata a dure avversioni verso donne[31] che – in più casi – non erano colpevoli dei reati loro ascritti, si tramutò in prassi giuridiche che segnarono più Paesi, specie la Germania e, al suo interno, il mondo evangelico (protestante).[32] In un arco di tempo non breve (1450-1750), furono promosse iniziative ove il fanatismo (nelle sue diverse espressioni) condusse a tragici errori. Si volle anche insistere sul fatto che le «streghe» dovevano, comunque, «confessare» i propri «crimini». Evidentemente, con gli interrogatori (e le torture) del tempo, le arrestate ammettevano pure l’inesistente. A loro svantaggio gravava poi il fatto di essere delle donne, di ricoprire un debole ruolo sociale, di vivere in genere in luoghi poco frequentati, di essere inculturate. La conclusione di molti processi per stregoneria ebbe termine con condanne a morte.[33] Subirono la pena anche levatrici, curatrici, vedove, nubili, cuoche...

Nel 1692, presso il villaggio di Salem (contea di Essex, Massachusetts), due figlie di un pastore iniziarono a comportarsi in modo inspiegabile. Rimanevano taciturne. Strisciavano sul pavimento. Si nascondevano dietro gli oggetti della casa. I medici non trovarono una causa. Si pensò allora a un malocchio fatto a loro danno. Da qui, ebbe inizio una «caccia alle streghe». Vennero processate 144 persone. 44 confessarono di essere streghe. I condannati a morte furono 19. La successiva ricerca storica, però, ha dimostrato l’inesistenza di molte accuse, e l’accentuata irregolarità dei procedimenti giudiziari. Il fatto, poi, che si concedeva la grazia a chi confessava e indicava altre «streghe» aveva attivato un circolo vizioso che si sviluppò in modo assurdo. Alla fine, la protesta di alcuni dei religiosi più influenti del Massachusetts spinse il governatore a sospendere i lavori del tribunale.[34]


Epoca moderna e studi scientifici

In un contesto nel quale la figura delle streghe era perseguitata, risultano significativi alcuni interventi a favore dell’innocenza di talune donne. Si ricorda qui, a esempio, l’umanista e farmacologo spagnolo Andrés Laguna de Segovia (XV-XVI secolo).[35] Si occupò soprattutto di farmacologia e di botanica medica. Questo studioso rivolse il proprio interesse scientifico anche verso alcune sostanze psicoattive usate da talune donne. Egli si rese conto che queste possedevano delle notevoli conoscenze naturalistiche. Sapevano usare erbe che potevano indurre eccitazione psichica accompagnata da allucinazioni.[36] Altra figura significativa (XVI secolo), è quella del medico olandese Johann Wier.[37] Egli credeva che la maggior parte delle streghe fossero vecchie donne con disturbi mentali di tipo depressivo, ma incapaci di recare danno. Rimaneva inoltre dell’avviso che la credenza nella stregoneria fosse invece causata dal demonio. Nel 1563 scrisse De Praestigiis Daemonum. Per queste idee venne alla fine allontanato dall’Olanda.

Nel XVI secolo venne pubblicato il libro The Discoverie of Witchcraft (La scoperta della stregoneria; 1584). L’autore fu Reginald Scot.[38] Egli ipotizzò che forse le streghe non esistevano.

Nel XVII secolo, all’interno dell’Inquisizione Spagnola, emerse la figura di Alonso de Salazar Frías.[39] Questi, era convinto che le accuse contro presunte streghe fossero radicate di frequente nei sogni e nella fantasia, piuttosto che nella realtà. La prassi inquisitoria doveva dar credito solo a prove indipendenti (non legate quindi a interrogatori con torture) e rafforzative. Con tale posizione, il de Salazar ricordò che sovente le accuse derivavano da una isteria collettiva. Le «streghe», in definitiva, non erano pericolose, ma avevano bisogno di aiuto, non di una condanna.[40]

Nella metà del XVIII secolo venne messa in discussione la stessa idea dell’esistenza delle streghe. Tale posizione venne sostenuta dallo studioso trentino Girolamo Tartarotti.[41] Questi, giudicò infondate le teorie sulla stregoneria. Divulgò le sue convinzioni nel 1749 con l’opera Congresso notturno delle Lammie.[42]


Formule, convegni, strumenti, indumenti delle «streghe»

Nel contesto fin qui delineato, può essere utile indicare gli attuali percorsi di ricerca riguardanti il mondo delle «streghe» Si è voluto comprendere meglio il significato di formule (di varia natura), l’interazione tra «streghe», la strumentazione preferita, e l’abitudine a indossare taluni indumenti.

1) La ricerca sulle formule «magiche» non ha condotto a risultati significativi. Quasi tutto il materiale è stato bruciato e ciò non consente di esaminare le composizioni di infusi e di altre pozioni. Anche sul versante delle esclamazioni, delle preghiere, delle invocazioni, non si possiedono documenti significativi. I dati che provengono dai processi sono da esaminare con prudenza perché molte risposte erano inventate per dar soddisfazione all’inquisitore, e per allontanare così la pena capitale.

2) Nei racconti riferiti da tradizioni e da verbali di procedimenti penali, le «streghe» si ritrovavano in modo periodico in incontri denominati «sabba» (o «convegno»). Tale nome costituisce un’alterazione del termine ebraico «Shabbat».[43] Questa origine fa comprendere i pregiudizi antisemiti diffusi in Europa fin dall’Alto Medioevo nei confronti della religione mosaica accusata, in taluni casi, di consumare riti occulti e violenti. Durante i sabba era disegnato per terra un cerchio magico intorno al quale si posizionavano le donne. Ciò consentiva un rafforzamento dei loro poteri.

3) Tra gli strumenti, si è riusciti a comprendere il significato di alcuni oggetti. La bacchetta rimane il simbolo dell’aria. Era usata per dare una specifica direzione alle parole pronunciate. Il calderone era il simbolo dell’acqua. Recipiente usato per cuocere erbe e fiori. Le erbe costituivano, in genere, la base delle pozioni. La scopa assumeva un segno di purificazione.

4) Con riferimento agli indumenti si rimane dell’avviso che non esistevano abiti particolari. D’altra parte, lo stesso cappello a cono, dopo gli arresti della «strega», era il simbolo della sua condanna a morte.


Credenze popolari. Aspetti storici che riguardano l’Italia

In Sicilia, la «majara» non era proprio una «strega». Non stringeva, infatti, patti con il demonio. La sua energia derivava dalla conoscenza della natura e dalla familiarità con alcuni esseri sovrannaturali: il gatto nero, la capra, il rospo («‘a buffa»), il folletto («‘u fuddittu»). Questa donna, rimaneva comunque anche una buona «psicologa». Era in grado di trasmettere al sofferente la propria forza di volontà. Era avvicinata dalla gente più povera. E questa pagava in natura (qualche uovo, delle conserve, una gallina). Dalla «majara» ci si aspettava, più che una guarigione, la liberazione da una condizione prolungata di disagio e di povertà.

L’«investitura» della «majara» avveniva per iniziativa di altre donne (le madrine). Queste, nella notte di San Giovanni (il 24 giugno, cioè 3 giorni dopo il solstizio d’estate) o alla vigilia di Natale (il 24 dicembre, cioè 3 giorni dopo il solstizio d’inverno), «consacravano» la nuova «majara». La bagnavano con acqua, alla confluenza di tre strade o di tre corsi d’acqua.

Le «majare» guarivano da mali fisici e dalle fatture (incantesimi maligni, che inducevano tristezza e depressione recando rovina). Utilizzavano in genere oggetti familiari (olio, acqua, sale, un piatto, delle chiavi, la fede nuziale d’oro...), o erbe molto comuni e diffuse anche nei centri abitati (ruta, prezzemolo, malva...).

Elemento chiave dello scongiuro erano le formule magiche. Si trattava di filastrocche ripetute più volte. Queste, infondevano agli elementi utilizzati una forza inusuale. Dalla semplice formula contro il malocchio («Occhiatura, scarpiatura, vatinni da ‘sta criatura»; «Malocchio, calpestato a terra, lascia questa creatura») si arrivava a formule lunghe e complesse, ricordate con precisione e notevole memoria.[44]

In Campania, specie nell’area di Benevento e dell’Irpinia, le credenze popolari hanno riportato racconti (legati al mondo agreste e contadino) che riguardano la figura di una strega chiamata «Janara».[45] Secondo gli studiosi, il nome potrebbe derivare da «Dianara», cioè: «sacerdotessa di Diana», dea romana della Luna, o dal latino «ianua», «porta». Era infatti davanti alla porta, che, secondo la tradizione, era necessario collocare una scopa, o un sacchetto con grani di sale. La strega, costretta a contare i fili della scopa, o i grani di sale, avrebbe indugiato fino al sorgere del sole, la cui luce pare fosse sua mortale nemica. Al riguardo, si diffusero più storie sulle streghe di Benevento.[46] Queste donne uscivano di notte. Andavano nei boschi. Raccoglievano erbe particolari, utilizzate come pozioni terapeutiche, o stupefacenti.

Attualmente, vari autori ritengono che la leggenda della strega «Janara» sia nata nel periodo del Regno Longobardo su Benevento. Anche se quasi tutti gli abitanti della città si erano convertiti al Cristianesimo, alcuni veneravano ancora in segreto gli dèi pagani, in particolare: Iside, Diana ed Ecate il cui culto è ancora testimoniato da monumenti sparsi nell’abitato. Dopo l’arrivo dei Longobardi, anch’essi pagani, forse alcuni dei pagani rimasti si unirono a loro nel culto degli alberi presente nella religione longobarda e nel culto della vipera dorata cara a Iside, da qui forse nacquero le leggende delle orge infernali che si tenevano le notti di sabato sotto l’enorme noce.

Anche in Abruzzo è conservata la memoria di leggende che riguardano le streghe di Castel del Monte (L’Aquila). Se un bambino si ammalava, significava che era stato colpito dal sortilegio di una strega. Da qui il rituale. Per liberarlo, le donne del borgo si riunivano a mezzanotte. E in silenzio attraversavano sette sporti (una sorta di gallerie che si inerpicano per le strade e «attraversano» i palazzi). Arrivate a un crocevia, battevano i vestiti del bambino malato. In questo modo si allontanava il maleficio dal corpo del piccolo. Inoltre, la «strega» poteva essere attaccata arrotolando i vestiti del bambino malato intorno a pezzi di legno, fatti poi bruciare.

Attualmente, ogni anno, si realizza a Castel del Monte «La Notte delle Streghe». Si tratta di un evento che nasce nel 1996 con lo scopo di riportare alla luce e alla memoria un’antica credenza popolare che riguarda le streghe, e un rito per esorcizzarle. La manifestazione gravita intorno a uno spettacolo teatrale itinerante che va in scena le notti del 17 e 18 agosto nel borgo medievale.[47]

In Umbria il fenomeno della stregoneria ha origini molto antiche che sono state studiate anche di recente. Qui, si ricorda il culto della dea Nemesi o Norzia, dea etrusca della fortuna e del fato. Era venerata a Norcia dall’epoca del Bronzo Tardo. Si trattava di una potente divinità femminile legata alle religioni matriarcali e ai culti della fertilità. Era una dea lunare, come «Grande Madre» guariva e distruggeva, regnava in cielo, in terra e nel mondo degli inferi. Rappresentò la dea degli oracoli e delle divinazioni.[48]

Anche dopo l’avvento del Cristianesimo rimasero, tra le gole degli Appennini, delle risonanze collegate alla Grande Madre. Un esempio è la figura di una «strega» che l’Umbria ha in comune con le confinanti Marche. Si tratta della Sibilla Appenninica (o Sibilla Picena o Sibilla di Norcia). Era una maga. Nota come incantatrice e Regina di un mondo magico. La sua storia venne riportata nel 1430 da Andrea da Barberino[49], con il romanzo Guerrin Meschino per poi essere ripreso pochi anni dopo dal Provenzale Antoine de La Sale[50] con l’opera Il Paradiso della Regina Sibilla. Le sue ancelle sono fate dai piedi caprini.

Boschi, pozzi, grotte nascoste, furono i luoghi di questa donna. Le sue ancelle erano ragazze dai piedi caprini. Territorio della Sibilla era anche il lago di Pilato, considerato crocevia di pratiche diaboliche. Di questo luogo fa cenno Giacomo della Marca[51] nei Sermones Dominicales. In tale contesto, sul piano storico, la cronaca ricorda varie donne ritenute «streghe». A esempio: Matteuccia di Francesco di Ripabianca, meglio nota come Matteuccia da Todi (condanna: 1428)[52], e Filippa di Città della Pieve (condanna: 1455). Attualmente, sulla Sibilla Appenninica, conservano interesse gli studi della Buseghin, e quelli di Marconi.[53]

Tra le «streghe» delle Marche, sulla base dei documenti del tempo, si può ricordare una certa Maddalena. Fu una donna accusata di stregoneria nella zona di Arquata del Tronto nel 1573. La si considerava una «strega» solo perché era abituata a vagabondare e a viaggiare con frequenza. Altre donne erano esperte di antiche tradizioni. Più che come streghe, erano conosciute nelle Marche come «sibille», figure dalle doti divinatorie e molto legate alle tradizioni dei monti marchigiani. Furono figure esperte di rimedi naturali. La loro autorità, però, era contrastata dal tipo di società patriarcale in cui vivevano. Questa, le additava come donne infelici e pericolose, da non avvicinare.[54]


Qualche considerazione di sintesi

1) Il fenomeno della cosiddetta «caccia alle streghe», non fu una caratteristica del solo periodo medievale. Oggi viene interpretato dagli studiosi non tanto come un’ossessione di matrice religiosa, quanto come il tentativo, da parte delle autorità, di reprimere il dissenso e di contenere gli episodi di ribellione che nel Tardo Medioevo e nell’Età Moderna si manifestarono, acuiti dalla crisi, sotto forma di frequenti rivolte.

2) Nell’attuale periodo la maggioranza degli studiosi è sempre più propensa a ritenere che l’accentuata durezza verso donne definite «streghe» fu in realtà un fatto sociale segnato da ignoranza, superstizione, isteria collettiva, dinamiche di potere.

3) Molte donne, pur avversate dai loro contemporanei, hanno in realtà anticipato ricerche in materia di interventi curativi.[55]

4) Dal 1450 al 1750 le ricerche e i processi alle streghe riguardarono un numero di vittime notevolmente inferiore a una serie di totali che sono stati pubblicati in diversi testi e che si basano su supposizioni.

5) Quella che viene considerata l’ultima «strega» a essere condannata a morte in Europa fu Anna Göldi, una donna del cantone di San Gallo in Svizzera. Subì questa sorte nel 1782. Nel 1780 Anna ebbe la sfortuna di impiegarsi presso la famiglia del giudice Johann Jacob Tschudi-Elmer, membro del Parlamento della Repubblica di Glarona. Ebbe il compito di occuparsi della piccola Anna Maria, figlia del giudice. Un giorno Johann Jacob, trovandosi solo in casa con la bella Anna, la costrinse ad avere un rapporto sessuale con lui. La Göldi si ribellò a questa violenza. Denunciò il suo datore di lavoro al tribunale ecclesiastico della Chiesa Riformata di Glarona per lo stupro subito. Il tribunale, che tra i suoi membri contava anche il fratello dell’accusato, assolse con formula piena Johann Jacob.

In seguito alla denuncia di stupro, iniziarono le accuse della famiglia Tschudi contro la loro cameriera. Fu accusata di stregoneria per aver avvelenato la piccola Anna Maria facendole ingoiare degli aghi. Per sostenere tale accusa fu esibito un biscotto ove, all’interno, era nascosto un ago. I testimoni ascoltati dal tribunale ecclesiastico di Glarona, tra cui un veterinario (disse di aver accertato l’avvelenamento), pur confermando l’accusa, mostrarono incredulità sulla presunta stregoneria della Göldi. Anna si proclamò innocente malgrado le torture. Ma l’influenza politico-economica della famiglia Tschudi fu più forte. Il 6 giugno del 1782 Anna Göldi fu condannata alla pena capitale. L’accusa fu di aver esercitato la stregoneria e tentato l’avvelenamento della bambina a lei affidata. La presunta strega venne decapitata nella piazza di Glarona, il successivo 13 giugno.

Anna Göldi

Anna Göldi (o Göldin, o Goeldi): Sennwald, 24 ottobre 1734 - Glarona, 13 giugno 1782).

Fu l'ultima donna a essere condannata a morte per stregoneria in Europa.

Nel 2008 le autorità cantonali di Glarona, con un atto del Parlamento locale, hanno riconosciuto l’innocenza di Anna Göldi. L’organismo ha inoltre disposto un risarcimento danni a favore della condannata. Questo, è stato versato ad alcune «onlus» che si occupano di donne vittime di violenza. Questa tardiva riabilitazione ha avuto il merito simbolico di contribuire a superare le credenze e le superstizioni su streghe e stregonerie.[56]

6) Attualmente, in Africa e nell’Asia permangono dinamiche che non pare semplice far cessare.[57] Sul piano legislativo alcuni Stati hanno approvato normative contro la stregoneria: Arabia Saudita, Camerun, Togo, Kenya.[58] Nel frattempo, in tempi recenti, la cronaca ha registrato condanne per stregoneria in Papua Nuova Guinea, Arabia Saudita, Congo, Ghana, tribù Bantu (parte meridionale dell’Africa), Gambia e India.

7) In ambito storico, occorre poi non dimenticare il fatto che sono esistiti processi non solo contro le «streghe» ma anche contro uomini accusati di stregoneria. Esistono, al riguardo, esempi in Carinzia, Normandia, Islanda, Estonia e Russia.[59]

8) Il testo Malleus Maleficarum è stato per un lungo periodo di tempo erroneamente attribuito alla diretta volontà papale. Il testo riproduce in apertura la Bolla Pontificia Summis desiderantes affectibus, ed è introdotto da una Approbatio (Approvazione) attribuita a una commissione di teologi dell’Università di Colonia. Per questo motivo si è ritenuto che discendesse dall’espressa volontà papale. In realtà il manuale è posteriore di tre anni alla Bolla, che è totalmente avulsa dal trattato. Gli autori utilizzarono il documento papale per imporre una visione fino a quel momento molto personale della stregoneria e del modo per contrastarla. La stessa Approbatio si è dimostrata un falso (smascherato di recente), realizzato con la complicità di un notaio compiacente. Questi, all’epoca, contribuì a dare al testo l’«imprimatur» di opera teologicamente valida.


Alcune indicazioni bibliografiche

E. Bever, Witchcraft, Female Aggression, and Power in the Early Modern Community, «Journal of Social History», volume 35, 2002

A. M. Carassiti, Dizionario di mitologia greca e romana, Newton Compton Editori, Roma 1996

M. Douglas, Introduzione, in M. Douglas, (a cura di), La stregoneria. Confessioni e accuse, nell’analisi di storici e antropologi, Einaudi, Torino, 1980 [1970]

W. Hauser, Der Justizmord an Anna Göldi. Neue Recherchen zum letzten Hexenprozess in Europa, Limmat Verlag, Zurigo, 2007

H. Kramer, J. Sprenger, Malleus Maleficarum, Digireads.com Publishing, Overland Park 2009 [1487]

B. P. Levack, La caccia alle streghe in Europa, Laterza, Roma 2012

F. von Spee, I processi contro le streghe (Cautio criminalis), Salerno Editrice, Roma 2004.


Note

1 Tra le diverse pubblicazioni confronta anche: A. L. Barstow, On Studying Witchcraft as Women’s History: A Historiography of the European Witch Persecutions, «Journal of Feminist Studies in Religion», volume 4, numero 2, 1988. S. Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, Nero Editions, Roma 2020.

2 C. M. McDonough, Carna, Proca and the Strix on the Kalends of June, «Transactions of the American Philological Association», volume 127, 1997, pagine 315-344.

3 Strega, in: AA.VV., «Vocabolario Treccani», Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2014.

4 Tra le varie pubblicazioni confronta anche: F. Graf, La magia nel mondo antico, Laterza, Bari-Roma 2009 (ristampa 2019). M. Montesano, Streghe. Origini, mito, storia, De Vecchi Editore, Milano 2020.

5 A. Malossini, Breve storia delle streghe, Area51 srl, San Lazzaro di Savena 2011 (ebook).

6 Hammurabi (1810 circa – 1750 avanti Cristo). Sovrano Babilonese. Sesto Re della I dinastia di Babilonia.

7 Il codice di Hammurabi. Testo sumero a fronte, a cura di L. Torre, Luca Torre Editore, Napoli 2004.

8 Si rimanda a: J. Arries, Magia en el Antiguo Egipto. Maldiciones, amuletos y exorcismos, Luciérnaga, CAS, Barcelona 2016.

9 Assurbanipal (Ninive, 685 – 626 avanti Cristo). Fu Re degli Assiri (668 – 626 avanti Cristo).

10 La Sacra Bibbia, Versione ufficiale della CEI-UELCI, Roma 2018.

11 La Sacra Bibbia.

12 C. Pavanetto, Le leggi delle Dodici Tavole, LAS, Roma 2014.

13 Erodoto, detto di Alicarnasso o di Thurii (Alicarnasso, 484 – Thurii, circa 425 avanti Cristo). Storico.

14 F. Graf, La magia nel mondo antico, Laterza, Bari/Roma 2009.

15 A. M. Carassiti, Dizionario di mitologia greca e romana, Newton Compton Editori, Roma 1996.

16 Publio Ovidio Nasone, noto come Ovidio (43 avanti Cristo – 17/18 dopo Cristo).

17 Caio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (23-79). Scrittore. Naturalista. Comandante militare. Governatore di una provincia romana.

18 Gaio Petronio Arbitro (27-66). Conosciuto come Petronio. Scrittore. Politico del I secolo. Confronta anche: J. P. Sullivan, Il «Satyricon» di Petronio: uno studio letterario, La Nuova Italia, Firenze 1977.

19 A. M. Carassiti, Dizionario di mitologia greca e romana.

20 Tra le diverse pubblicazioni confronta anche: G. Celeri Bellotti – A. L. Destrebecq, Storia dell’assistenza e dell’assistenza infermieristica in Occidente. Dalla Preistoria all’Età Moderna, Piccin Nuova Libraria, Padova 2013.

21 Tra diverse pubblicazioni confronta anche: T. Cecchini, Enciclopedia delle erbe e delle piante medicinali, De Vecchi, Firenze 1967.

22 Esistono pure ricerche sulle figure di «stregoni». Riguardo a questi ultimi da diversi decenni si svolgono studi anche in terra africana. Tra le molte pubblicazioni confronta anche: L. Cocconcelli, Africa. Magia nera, sortilegi, streghe, guaritori, EEE-Edizioni Esordienti E-Book, 2014.

23 Tra le molte pubblicazioni confronta anche: M. Stanzione, Inchiesta sul diavolo, Mimep Docete, Pessano con Bornago (MI) 2022.

24 Testo di diritto canonico medievale.

25 Regino di Prüm (840 circa – 915), fu abate benedettino dell’abbazia imperiale di Prüm, cronachista e teorico della musica.

26 Alessandro IV (nato Rinaldo dei signori di Jenne; detto anche dei conti di Segni; 1199 circa – 1261). Il suo Pontificato durò dal 1254 alla morte.

27 Innocenzo VIII, nato Giovanni Battista Cybo (Genova, 1432 - Roma, 25 luglio 1492). Il suo Pontificato durò dal 1484 alla morte.

28 Heinrich Kramer (1430-1505).

29 Jacob Sprenger (1436-1495).

30 Henrichi Institoris (Krämer), Iacobo Sprengero, Malleus Malleficarum, riproduzione dell’originale, Gruppo Editoriale Castel Negrino, Arenzano (GE) 2006.

31 In minori casi anche verso uomini.

32 Tra i fattori scatenanti: il sussistere di un fondo pagano che rimase sempre attivo, causa una cristianizzazione a volte solo di superficie; un acceso intervento di Martin Lutero contro le streghe; il ripetersi di fenomeni naturali, quali carestie eccetera, che spingevano la gente a cercare un capro espiatorio.

33 Tra le molte pubblicazioni confronta anche: M. Montesano, Caccia alle streghe, Salerno Editore, Roma 2012.

34 P. Boyer – S. Nissenbaum, La città indemoniata, Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, traduzione di E. de Angeli, Einaudi, Torino 1986.

35 Andrés Laguna de Segovia (1499-1559). A. Laguna, Epitomes omnium Galeni Pergameni operum. 1, Lugduni, apud Gulielmum Rouillium, sub Scuto Veneto, 1553.

36 Anche la pelle di rospo e la coda di lucertola contengono agenti allucinogeni.

37 Johann Wier (Grave, 1515 – Tecklenburg, 24 febbraio 1588).

38 Reginald Scot (1538-1599).

39 Alonso de Salazar Frías (1564 circa – 1636).

40 Gustav Henningsen (ed.), The Salazar Documents: Inquisitor Alonso de Salazar Frías and Others on the Basque Witch Persecution, Leiden: Brill, 2004.

41 Girolamo Tartarotti (1706-1761). Fu abate. Letterato. Filosofo.

42 Leonardo Franchini, Adversum malleum maleficarum, biografia del filosofo pre-illuminista roveretano Girolamo Tartarotti, Stella, Rovereto 2008.

43 Nella religione ebraica «Shabbat» è la festa del riposo. Viene celebrata ogni sabato.

44 Confronta anche: M. Fiume, Di madre in figlia. Vita di una guaritrice di campagna, Le Farfalle, Catania 2014.

45 G. Lamberti, Le janare, Ed. Il Seme Bianco, 2019.

46 A. Oliva, Le streghe di Benevento. La leggenda della «Superstitiosa Noce», Caravaggio Editore, Vasto 2014.

47 A. Romanazzi, Guida alle streghe in Italia, Venexia Editrice, Roma 2009.

48 Un suo attributo era un chiodo da conficcare nella parete del tempio a ogni nuovo anno. In questo modo teneva il conto del tempo.

49 Andrea da Barberino, o Andrea Mengabotti o Andrea de’ Mengabotti (Barberino Val d’Elsa, 1370 circa – 1432 circa).

50 Antoine de La Sale o de La Salle (1388 circa – 1462 circa).

51 Giacomo della Marca (al secolo Domenico Gangala; 1393-1476; Santo). Sacerdote. Faceva parte dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti (O.F.M.Obs.).

(novembre 2022)

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