L’idea di Stato teocratico che costruisce un modello d’impresa
Vicende a confronto

La volontà di costituire Stati teocratici si perde nella notte dei tempi. Partendo da una pubblicazione[1] dello storico Domenico Lancianese e confrontandola con studi a lui comparati ho cercato di ricostruire un percorso lineare su alcune vicende, a partire dal nostro Medioevo, allo scopo di suggerire e sostenere alcune riflessioni.

Che cos’è il denaro? E come nel Medioevo venne concepito? Si trattò all’epoca di configurare trasferimenti di capitali, dove il capitale però, prima che finanziario, era di conoscenze ed abilità. Tra i cavalieri che si proposero per questo difficoltoso compito vi furono certamente i Templari. Così esordisce di fatto lo storico Lancianese, asserendo che nei due secoli dell’avventura templare, Bernardo di Chiaravalle ed i Cluniacensi ebbero un ruolo essenziale, ed i monaci guerrieri, eccelsi non solo nella «pugna», ma in numerose attività sociali e politiche, seppero avvicinarsi al vero spirito dell’Islam, quello commerciale, gettando un ponte tra Oriente ed Occidente, al punto da costituire una minaccia anche per chi li aveva sostenuti.

La visione filosofica di questi «tolleranti» cavalieri era l’esoterismo. A questo punto si ipotizza, ma trattasi unicamente di un’ipotesi, «una sorta di sinergia funzionale dell’Europa Cristiana con il mondo islamico, al punto da rendere i cavalieri templari forti e indipendenti fino alla possibilità di elaborare autonome concezioni politiche, non più completamente in sintonia con la sede papale».[2]

La teocrazia di Papa Gregorio VII e poi di Urbano II, che dette il là all’Ordine Templare, spezzò il frazionamento sociale presente nel sistema feudale tra gli «oratores» (i religiosi), i «bellatores» (cavalieri) ed i «laboratores» (artigiani e contadini). Si trattò di porre in essere una sorta di «laicismo ante litteram», dove per laicismo intendiamo esclusivamente l’opportunità data alla nascente borghesia di far parte di questo disegno politico. D’altra parte, ci ricorda lo storico Lancianese, si trattò, nel caso del ceto borghese, di un alleato imprevisto per la Chiesa, non proprio calcolato, con tutta probabilità per contrastare l’Impero, che rappresentava il bastione invalicabile del potere feudale, bastione con cui Roma non fu certamente in sintonia.

Il mondo islamico era particolarmente frazionato, ancor più di quello cristiano, sul piano statuale. Un modello originale degli islamici era rappresentato dai «ribat», fortilizi presenti alle frontiere, in cui cavalieri scelti si ponevano come obiettivo finale il combattere per la propria fede fino al sacrificio finale, senza abbandonare mai per alcuna ragione il fortilizio. Con questa formula troviamo una qualche analogia col potere templare. Altro mito di cui usufruirono i Templari nella corsa ad accaparrarsi un loro potere autonomo fu certamente quello di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. I valori della tradizione celtica si sommarono a quelli cristiani. Con i Cluniacensi, che sostennero e favorirono la diffusione dell’Ordine Templare, i monasteri si aprirono dando il là alla creazione di vere e proprie scuole pratiche destinate a far nascere artigiani tecnicamente preparati o contadini più edotti nelle pratiche della coltivazione, sostenendo perciò confraternite e corporazioni.

Il professor Franco Cardini ha opportunamente definito questa nuova cavalleria «cuore d’acciaio!»[3]. Non tutto il mondo cavalleresco però fu agli ordini della Chiesa, anche se da quel momento in poi tese a costituire, in ogni sua forma, quell’ideale apportatore di valori morali e forma di ricerca iniziatica e trascendente che ancor oggi nell’immaginario collettivo ne fa quel cemento complesso che andò a costituire i cardini principali della società feudale.

Se il feudalesimo delle origini era pesantemente d’ostacolo all’espansione di un’economia basata sul concetto di produzione, di commercio e di finanza, questi nuovi cavalieri seppero introdurre mutamenti tali da sostenere quella borghesia emergente proprio come contraltare allo stesso potere feudale originario, rappresentato dall’Impero. I Templari dunque, visti in quest’ottica, furono un esperimento. Ed il punto più alto si ottenne durante il Regno di Papa Eugenio III,[4] cistercense, quando «i monaci insegnarono, i borghesi crebbero e i cavalieri cambiarono». L’offensiva lanciata a suo tempo da Papa Gregorio VIII parve con Eugenio III aver raggiunto lo scopo che la Chiesa si era prefigurata.

Porrei particolare attenzione al ruolo svolto da Baldovino I e la Casata dei Lorena con l’Ordine Templare. Si tratta di un’ipotesi che lo storico Domenico Lancianese rilancia attraverso i suoi studi, ma certamente circostanziata. I viaggi in Terra Santa di Ugo di Payens, il primo Gran Maestro dei Templari, senza la compagnia del duca di Champagne, si svolsero durante il Regno di Baldovino in Terra Santa, ed è necessariamente col duca di Champagne che vennero presi accordi per l’arrivo dei cavalieri, accordi che furono poi recepiti completamente dal suo successore Baldovino II. Questo complesso di circostanze fa supporre che Baldovino I abbia prospettato al conte di Champagne una sua partecipazione diretta all’iniziativa con il concorso di alcuni cavalieri a lui fedeli, che mise quindi in contatto con il gruppo della Champagne, iniziativa che non ebbe luogo. Nasceva così un’alleanza segreta tra la Champagne, la Lorena e la Chiesa riguardante direttamente la Terra Santa, che rivestiva un notevole interesse per la Casa Regnante di Gerusalemme. Di certo tra i due feudi limitrofi di Lorena e Champagne intercorrevano relazioni di buon vicinato che potevano facilitare accordi di questo genere e di cui abbiamo prova proprio nella fase preparatoria della partenza per la Crociata, quando il contingente militare della Champagne fu aggregato all’esercito di Goffredo di Buglione. Si spiegherebbe perché i Templari, anche a posteriori, si preoccuparono di porre in rilievo la presenza di Goffredo di Saint-Omer[5] in segno di rispetto alla dinastia dei Lorena, ancora regnate all’epoca della stesura delle prime cronache, ben sapendo quanta parte questa segretamente avesse avuto nella nascita dell’Ordine, oltre al concreto appoggio fornito ai suoi nove fondatori.

Goffredo di Buglione è il fondatore dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, antecedente all’Ordine Templare e tutt’ora esistente.[6] Ai tempi della Prima Crociata in Terra Santa, che vide in Goffredo di Buglione la guida spirituale, l’organizzazione templare esisteva ed era stata messa a punto. Probabilmente ancor prima che morisse Goffredo di Buglione, di cui si parla così poco nella storia templare, pur essendo egli alla base stessa dell’Ordine.[7]

Questa l’ipotesi suggerita dallo storico Domenico Lancianese: «Poiché è veramente strano che il conte di Champagne, nonostante gli accordi e la giovane età, non sia partito per la Crociata, è forse ipotizzabile che il conte dovesse assolvere ad un suo preciso e diverso compito, una volta che la Crociata si fosse conclusa. Forse il conte era già destinato a dar vita a quella schiera di monaci cavalieri che avrebbe costituito l’esercito della Chiesa a difesa della Città Santa. La Chiesa non possedeva un suo esercito e quindi si poneva il problema di come presidiare e difendere il Regno di Gerusalemme, una volta che ne avesse assunta la feudalità diretta. L’idea di un Ordine monastico militare diventava quindi la logica conseguenza di questo ragionamento e un’applicazione naturale di quel piano generale di penetrazione sociale da tempo delineato che già ne prevedeva la costituzione. Non è infatti possibile credere che gli ispiratori della strategia egemonica della Chiesa non si fossero posti queste problematiche, elaborando le stesse lucide e lungimiranti soluzioni che connotano tutto il progetto. Solo uomini votati alla santità avrebbero potuto avere l’onore di difendere luoghi santi ed essi avrebbero dato l’esempio di come, in Terra Santa, la vita quotidiana dovesse essere dedicata a glorificare Dio, magari anche con le armi, come succedeva nell’Islam. Questa coorte, formata da monaci in armi, avrebbe rappresentato il punto di partenza di un progetto che prevedeva successivamente l’applicazione di questa formula anche in Occidente, costruendo la strada della supremazia della Chiesa e dell’idea teocratica concepita a Cluny».[8]

Ma è l’impegno sociale dell’Ordine che lascia perplessi.

«Perché i Templari si occuparono praticamente di tutto? Che interessi potevano essi riporre in occupazioni o in ambiti di attività così palesemente lontani dall’esercizio delle armi?[9] Risulta apparentemente incomprensibile come questi cavalieri abbiano potuto dedicarsi ad attività pratiche, non solo diverse da quelle militari, ma perfino ritenute particolarmente disdicevoli, come il commercio e la gestione del denaro. Cosa poteva dunque spingere i Templari ad accettare l’indegna patente di mercanti e di usurai, venendo meno a quei criteri d’orgoglio e di dignità a cui erano stati educati fin da bambini e così caratteristici della loro condizione cavalleresca?»[10].

Lo storico Domenico Lancianese nel suo studio sui cavalieri templari mette in evidenza «come molti di questi impegni civili, assunti dai cavalieri stessi, si dimostrino, ad un esame anche superficiale, fonte di costi e di notevole impegno in termini di uomini e mezzi. Sottolinea egli come, alla fondamentale bipartizione delle attività dell’Ordine, militare in Oriente e civile in Occidente, corrispondesse una ulteriore suddivisione in Europa. Vale a dire che qui una parte delle attività civili erano direttamente finalizzate a supportare la guerra in Palestina mentre un’altra consistente parte era rivolta ad attività assolutamente non riconducibili allo sforzo bellico. Per giunta molte delle attività a cui i Templari si dedicavano erano in aperta contraddizione con i dettami della Chiesa, la quale, però, non intervenne mai a sanzionare questo comportamento poco ortodosso, anzi spesso lo sostenne. Pensiamo fondamentalmente alle operazioni finanziarie e, più in generale, all’operato dell’Ordine in campo economico.

Le giustificazioni addotte a questo proposito si riconducono in gran parte alla necessità di procurarsi i mezzi economici necessari a sostenere la lotta contro l’Islam, ma va da sé che questa spiegazione, pur presentando un fondamento di verità, non è assolutamente in grado di spiegare né l’ampiezza né la natura dell’interesse per tanti disparati settori cui si rivolse l’attenzione dell’Ordine. L’attività finanziaria, che certamente procurava notevoli introiti, aveva finalità prioritariamente diverse dal semplice lucro. Riteniamo che in questo campo il vero obiettivo dell’Ordine fosse quello di mettere a disposizione del nascente ceto borghese, a prezzi più facilmente accessibili, i capitali necessari a sostenere le sue attività. D’altra parte questo impegno aveva anche il fine di sottrarre agli Ebrei il monopolio di questo settore, dove imponevano condizioni particolarmente onerose. Ma sarebbe riduttivo pensare che la ricchezza dei Templari derivasse dalla sola attività finanziaria. Non possiamo ignorare la loro applicazione, nel comparto produttivo ed agricolo, di una serie di innovazioni e di tecniche che essi mutuavano dal mondo islamico ed attuavano poi nelle loro commanderie in Occidente».[11]

Queste tematiche, che da sempre affascinano studiosi, storici ma anche semplici cittadini, e che sono a tutt’oggi di una sconvolgente attualità, visti i mutamenti geopolitici recenti, non hanno in se stesse facili risposte per un susseguirsi storico di occultazioni di documenti e di una storiografia che nei secoli ha teso a dare interpretazioni stereotipate di certi contesti politici.

Mi sono avvicinata recentemente, per pura casualità, alla figura di Matilde di Canossa e, conseguentemente, all’Ordine Templare. Così mi limiterò, per quanto mi concerne, ad una serie di osservazioni documentabili sui ritrovamenti storici relativi ai Sigifredi Lucchesi, cui i Canossa furono in qualche modo legati. Di ciò ci parla a fine Settecento lo storico Monsignor Pacchi[12]; incuriosisce poi l’origine stessa della dinastia di Canossa, con quel conte Sigifredo Atto, trisavolo di Matilde, proveniente proprio da Lucca; nonché la contestata nascita, sempre della contessa, tra le città di Mantova e di Lucca, anche se la storiografia ufficiale è più propensa ad accreditare la città di Mantova come luogo nativo. In ogni caso dai documenti risulta che la duchessa soggiornò a lungo, anche con la madre Beatrice di Lorena, nella città lucchese, nel palazzo della Marchesa, sito in quello che oggi, nella cittadina toscana, è Piazzale Verdi.

Ai tempi della Prima Crociata Matilde di Canossa aveva cinquant’anni e per tale ragione non partecipò direttamente all’evento. Ma attese in Lucca il passaggio delle truppe di Goffredo di Buglione, che ivi transitarono, esattamente, come vuole la tradizione, in Via della Rosa, luogo, per inciso, tanto caro ai cavalieri templari.

Ricordo che Matilde, per parte materna, era una Lorena. Dunque certamente interessata e/o legata agli interessi dell’illustre Casata Europea, cui apparteneva. Che, come abbiamo avuto modo di rilevare dagli studi dello storico Domenico Lancianese, fu alla base della formazione dell’Ordine del Tempio.

In Lucca, secondo quelle che sono state le ricerche presso l’Università di Parma della dottoressa Maria Pia Branchi sull’Alto Medioevo, alcuni siti da lei individuati, di fatto coincidenti con siti matildini e/o sigifredi, quali Diecimo, Vico Pancellorum, la via per Camaiore, erano pertinenza di cavalieri che avevano dei legami proprio con la Francia, e nello specifico con l’Auvergne, con cui pare intrattenessero commerci. La vocazione lucchese al commercio risale certamente ad epoca antecedente l’età comunale e dei grandi traffici commerciali.

Nella pubblicazione Templari a Lucca[13] sono riscontrate delle specificità dei membri appartenuti allo stesso Ordine. Anche dopo lo scioglimento dei cavalieri templari si individuano soggetti che continuarono a mantenere le solite mansioni precedentemente svolte dai Cavalieri del Tempio.

Non solo, ma nella mappatura cittadina i luoghi coincidenti con i siti templari sono adiacenti a quelli appartenuti all’Ordine Domenicano. Ed i Templari, quando ancora erano presenti come Ordine, intrattennero, anche se solo in un secondo momento, buoni rapporti pure con l’Ordine Francescano. Si rileva nel testo che ciò non accadeva altrove. Rilevo che alcuni soggetti che ruotarono intorno al gruppo parentale esteso dei Sigifredi ancora nel 1300 e nel 1400 avevano incarichi di precedente pertinenza dell’Ordine Templare.[14] I Canossa ed i loro legami con la Lorena potevano aver inciso, secondo queste particolari annotazioni, sul ruolo dell’Ordine in città. I precedenti traffici commerciali, databili sin dall’Alto Medioevo, potevano essere essi stessi motivo di legami consolidati.

La particolare indipendenza politica che la città riuscì a sostenere fu probabilmente, in seguito, motivo di continuità per certi versi con l’allora «recente» passato su incarichi e/o ruoli strategici definiti.

Quello che interessa davvero è comunque uscire, e ciò tendono a fare tutti gli studiosi citati, da schematismi di maniera, permettendoci di farci domande, legate in qualche modo anche al nostro presente. Se gli Ordini Francescano e Domenicano furono, nel corso del Medioevo, seppur in modo diverso, elementi di rottura e votati ad un universalismo della Chiesa, ciò fa pensare ad assonanze con quanto in Lucca «stranamente» accadde circa i loro rapporti con l’Ordine del Tempio. Ancor oggi, soprattutto i Frati Minori, sono in Medio Oriente un pilastro nel definire il dialogo con le altre religioni monoteiste ivi presenti, portatori di pace e di saggezza.


Note

1 Domenico Lancianese, I templari e la missione segreta, Nerbini editore.

2 Ibidem, pagina 10.

3 Franco Cardini, Introduzione a R. Lullo, Libro dell’Ordine della Cavalleria, Torino 1994, pagina 16.

4 Bernardo Pignatelli, 1145-1153.

5 Goffredo di Saint-Omer, duca di Champagne.

6 I Cavalieri del Santo Sepolcro, dopo alterne vicende, vennero reistituiti da Papa Pio IX nel 1847.

7 Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Cenni storici e compiti attuali, Roma 1985.

8 Domenico Lancianese, I templari e la missione segreta, Nerbini editore, pagina 59.

9 I membri dell’Ordine, oltre che monaci guerrieri, furono rettori di Ospedali, Confraternite, Misericordie, banchieri, educatori, uomini di scienza, architetti, costruttori eccetera.

10 Domenico Lancianese, I templari e la missione segreta, Nerbini editore, pagina 121.

11 Ibidem, pagine 121, 122.

12 Monsignor Pacchi nelle sue pubblicazioni accenna ai rapporti tra il gruppo parentale dei Sigifredi e la contessa Matilde.

13 Templari a Lucca, pubblicazione curata dal professor Franco Cardini.

14 Pierotti di Pucciniello, rettore dell’Ospedale di San Luca, riceve una Bolla Papale nel 1368-1369 da Papa Bonifacio IX. Intorno al 1450 era rettore della Misericordia di Lucca, già rettore di un Monastero sito in San Romano Garfagnana, Pierotto Pierotti, nominato dall’Arcivescovo Spinola in quella veste.

(marzo 2015)

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