La vita e il tempo in un monastero benedettino del VII secolo dopo Cristo
Luoghi e attività dei monaci dell’Alto Medioevo durante una loro giornata «tipica»

In un momento storico complesso come quello di oggi e di difficile interpretazione anche per chi ha una conoscenza approfondita delle molteplici realtà politiche, sociali, religiose che caratterizzano Paesi o mentalità anche sovranazionali, ormai spalmate su un mosaico di ideologie in cui è impresa sempre più ardua percepire o individuare un disegno minimamente organico o che abbia un senso, non sembri strano desiderare di essere rapiti a volte da soffuse atmosfere di un tempo ormai remoto in cui la distanza abissale che ne possiamo percepire non va computata in un semplice numero di anni o di millenni ma nella valutazione del salto enorme e di fortissima accelerazione, sotto ogni punto di vista, che gli ultimi due secoli hanno dato alla Storia dell’uomo. Ed ecco che un passato lontano, in cui il tempo e gli spazi avevano una valenza diversa, riaffiora osservando un antico Monastero e la «lontananza» da quei modi di vivere, da quelle consuetudini, da quei ritmi regolari scanditi dall’operosità e dalla preghiera in quelle «isole» di laboriose attività e fervente cultura è quasi un palese «rimprovero» a chi non ha saputo trarre insegnamento da quelle tre o quattro cose buone che la storia (nonostante la lunghissima scia di sangue, violenze e sopraffazioni) ci ha lasciato. Proviamo allora ad immergerci in quel lontano periodo in cui cominciarono a sorgere prima in Italia e poi in Europa quelle Abbazie che, oltre ad essere centri religiosi, furono centri produttivi e di recupero culturale e che iniziarono poi anche ad interagire con le zone circostanti.

Il frazionamento dei territori determinato dalle mutate condizioni politiche e sociali conseguenti alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e alle invasioni barbariche, che caratterizzò il periodo dell’Alto Medioevo, produsse, con la fuga dalle città, l’esigenza di creare centri autonomi e autosufficienti che videro nella fondazione dei monasteri e poi dei castelli, le più importanti realtà dell’epoca. Ma proviamo, in questo breve viaggio all’indietro nel tempo, ad entrare in un monastero benedettino: ci troviamo nel VII secolo dopo Cristo e, oltrepassando il portale con le tessere a rilievo rappresentanti il fondatore dell’Abbazia, il lavoro dei frati nei campi, nello «scriptorium» e nelle altre consuete attività del monastero, ecco che il silenzio, interrotto solo a volte da lontani cori provenienti dalla Cappella ci avvolge con una pregnanza assoluta e ci guida verso gli ambienti dove a mano a mano iniziamo ad osservare i monaci del «refettorium» che allestiscono la sala dove saranno consumati i pasti (in genere a base di legumi, formaggi, cereali, pesce e, raramente, carni bianche) e con i lunghi tavoli disposti su tre lati e al centro il «lavatorium» per sciacquare le mani prima del pasto; a fianco la cucina a cui tutti sono adibiti con rotazioni di turni settimanali. Il lavoro prosegue, accompagnato a tratti dalla preghiera, nei magazzini, dove vengono accumulate le merci provenienti dal contado, e nella foresteria: luogo di accoglienza per viaggiatori e pellegrini ma a volte anche per ospiti di riguardo come principi e Vescovi. Dando uno sguardo all’interno ma in zona a cielo aperto, non si può non osservare il Chiostro, deputato per eccellenza alla meditazione e che architettonicamente riprende lo stile dell’«atrium» delle ville romane e quindi è circondato da portici sostenuti da colonne e pilastri, come deambulatorio e riparo. Riprendendo il percorso e affacciandoci da un bifora del lungo corridoio che porta alla Chiesa del Monastero si apre un luminoso scenario sui terreni che si estendono per molti ettari e che vedono tanti monaci impegnati nelle attività agricole stagionali ma anche alcuni, in piccoli appezzamenti più accostati all’Edificio, che si dedicano alla coltivazione di erbe «officinalis». La maestosa Chiesa a tre navate, luogo di preghiera per eccellenza, in questo momento vede il frate sagrestano occupato nella pulizia del Coro, nella sistemazione dei paramenti sacri e nella sostituzione delle candele, così che tutto sia pronto per la prossima Messa; ora, superato il Capitolo, luogo dedicato alle riunioni della comunità monastica, siamo giunti alla base di una ripida scala di pietra che porta ai piani superiori: al primo l’ampio dormitorio dove, obbligatoriamente, una «lampada» a più candele deve rimanere sempre accesa e salendo ancora ci troviamo di fronte all’entrata di quello «spazio» dove si recepisce già, oltrepassandola, la dimensione di un tempo storico in cui il pensiero dell’uomo, fra pergamene, rotoli, volumi prende vita nelle mani dei frati e «sguscia» a volte fra le ricopiature dei Testi Sacri di qualche monaco più intraprendente che ha il coraggio di salvare e conservare le opere dei cosiddetti autori pagani; siamo infatti arrivati nella Biblioteca dagli alti soffitti e dalle pareti rivestite di tutto il sapere pervenuto lì fino a questo momento; a lato della Biblioteca e in un punto particolarmente illuminato da ampie finestre troviamo lo «scriptorium» dove un amanuense siede (spesso per gran parte della giornata, rispettando comunque i momenti per le funzioni religiose e le orazioni) e trascorre il suo tempo nel lavoro di trascrizione degli antichi testi ma seguendo a volte le indicazioni del Chierico, vero e proprio intellettuale formatosi all’interno del clero e con particolari competenze in merito ai testi del passato, che può perciò meglio interpretarli per la sua approfondita conoscenza del greco e del latino. Il lavoro di ricopiatura, affinché tali opere non vadano perdute, è accurato e minuzioso e si avvale anche della collaborazione dei miniatori che col sapiente utilizzo dei colori creano vere e proprie opere d’arte, (appunto) in miniatura, quando decorano la prima lettera dell’«incipit» della prima pagina di un libro che sarà ricopiato. L’Abate in ogni caso sorveglia le attività che si svolgono nella Biblioteca e controlla che, specialmente i giovani frati, non vengano a contatto con gli scritti cosiddetti «proibiti» e cioè relativi alla cultura pagana e riguardanti in particolar modo il pensiero di alcuni filosofi greci, poco consono ai contenuti e agli ideali della dottrina cristiana. Importante è anche l’Archivio dove vengono conservai atti legali, documenti anagrafici e di compravendita di terreni o affitti; non dimentichiamo che siamo in un periodo in cui, dopo lo splendore e la cultura diffusi dall’Impero Romano, ora il tasso di analfabetismo è tornato altissimo e quindi sono proprio i monaci a occuparsi di tutte quelle questioni che hanno a che fare con la scrittura. Consultando i vari testi il tempo passa veloce così ci ritroviamo quasi a «compieta» e cioè l’ultima ora di preghiera, dopodiché sul monastero scenderà il silenzio totale. Ripercorrendo il tragitto che ci aveva portato fin quassù ci lasciamo alle spalle questo mondo fatto di bisbigli, di canti soffusi, di letture silenziose, di passi felpati mentre i rintocchi del campanile, sempre più lontani si dissolvono nell’aria al calare della sera.

(giugno 2016)

Tag: Marina Ardita, Italia, Europa, Alto Medioevo, monastero benedettino, VII secolo dopo Cristo, invasioni barbariche, monaci medievali, scriptorium, refettorium, lavatorium, erbe officinalis, abbazia medievale.