Il Medioevo: una difficile periodizzazione
Per secoli ritenuta un’età «oscura», è invece il periodo in cui si è formata la coscienza europea

Il termine «Medioevo», usato per individuare il periodo di quasi mille anni intercorrente fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) e la conquista turca di Costantinopoli (1453), si trova per la prima volta alla fine del secolo XVII nella Historia medii aevi (1688) di Cristoph Keller.

Ma già il Rinascimento, credendo di aver fatto risorgere la cultura classica, aveva indicato un periodo intermedio di decadenza, una «media tempestas», fra l’antichità romana e se stesso.

Nel termine è sottinteso, fin da allora, un giudizio negativo sommario ed ingiusto.

Ma quando ha inizio e quando ha termine il Medioevo?

Convenzionalmente si suole prendere come anni estremi il 476 (caduta dell’Impero Romano d’Occidente) e il 1492 (scoperta dell’America, morte di Lorenzo il Magnifico, conquista cattolica di Granata, ultima città spagnola ancora in mani arabe).

Per quanto riguarda l’inizio si deve però osservare che quando l’ultimo Imperatore Romano, Romolo Augustolo, viene nominalmente deposto da Odoacre, di fatto l’Impero, come Stato unitario, non esiste più. Da molto tempo hanno avuto inizio le migrazioni germaniche: nel 378, i cavalieri goti sconfiggono i Romani nella battaglia di Adrianopoli, facendo presagire il dominio della cavalleria che si sarebbe verificato in seguito; Roma stessa è presa e saccheggiata dai Visigoti di Alarico nel 410. C’è perciò chi ha proposto di anticipare l’alba del Medioevo al 313, anno in cui, con l’Editto di Milano, Costantino concede libertà di culto ai Cristiani: in questo modo, il Medioevo cristiano si contrapporrebbe alla romanità pagana.

Se guardiamo all’Europa Orientale, invece, il Medioevo può essere fissato tra l’anno 330 (consacrazione di Costantinopoli come nuova capitale dell’Impero Romano) e l’anno 1453 (conquista della stessa Costantinopoli da parte dei Turchi). L’Impero Romano d’Oriente vive per altri mille anni dopo la caduta della sua controparte occidentale e diviene una potenza del tutto autonoma. Le navi da guerra bizantine sono formidabili imbarcazioni che usano le tecnologie più recenti per l’equipaggiamento e l’armamento, come la vela latina e la balista, capace di lanciare proiettili a centinaia di metri. Sulla terra, il nucleo dell’esercito bizantino dopo l’VIII secolo è il catafratto, un cavaliere pesantemente armato e corazzato.

Gli Imperatori di Costantinopoli tentano di riacquisire il pieno controllo del frammentato Impero d’Occidente: con la conquista bizantina dell’Italia, sembra che l’Impero abbia ritrovato la sua unità; invece pochi anni dopo i Bizantini, cacciati da quasi tutta l’Italia (568) in seguito all’invasione dei Longobardi, mantengono (fino al 752) il possesso soltanto di alcune zone, fra le quali il territorio di Ravenna (dove ha sede un governatore, l’esarca, e perciò detto «esarcato» o, anche, perché soggetto all’Impero Romano d’Oriente, «Romania», oggi «Romagna»). I Longobardi, la cui capitale è a Pavia, si trovano in gran parte del Nord Italia, in parte dell’Umbria (che per il resto è bizantina) e nell’Italia Meridionale.

Nell’VIII secolo ai Longobardi succedono i Franchi che costituiscono un nuovo Impero, al quale viene dato il nome di «Sacro» per indicarne la cristianità e di «Romano» per sottolinearne la continuità da quello antico, ma che ha invece estensione geografica europea del tutto diversa ed altra impostazione sociale.

Nel X e XI secolo la Sicilia è sotto il dominio degli Arabi, i quali estendono il loro potere anche in altre parti del Sud. Lo storico francese Henri Pirenne sostiene nella sua opera Maometto e Carlomagno che proprio l’espansione islamica è la causa scatenante del Medioevo: durante l’Impero Romano, il Mediterraneo è una specie di immenso lago, denso di scambi commerciali. Con l’avvento degli Arabi, spiega, si opera una frattura: da quel momento, il Mediterraneo sarà per tre quarti in mano agli Arabi e per un quarto in mano ad altre potenze, soprattutto l’Impero Bizantino e Venezia. La tesi del Pirenne, per quanto suggestiva, è stata dimostrata errata: durante il Medioevo non vi è – come egli suggerisce – una interruzione dei traffici commerciali tra l’Europa cristiana e il mondo islamico, bensì un intenso scambio non solo economico, ma anche intellettuale e culturale.

Una posizione meritevole di attenzione e del tutto particolare è quella dello storico italiano Roberto Lopez, che nella sua opera La nascita dell’Europa (pubblicata nel 1962 ma più volte riveduta e ristampata) delimita il Medioevo tra due crisi biologiche: quella del III e quella del XIV secolo. Le grandi epidemie che travagliano l’Europa in queste due epoche portano ad un crollo demografico che ha come conseguenza anche un ristagno economico. Anzi, a lui va il merito di aver dato al suo lavoro un’ottica planetaria: «Il Medioevo, cominciato con una crisi, termina con un’altra crisi. Ancora una volta, tutto l’emisfero eurasiatico è colpito. Oseremo dire addirittura “il mondo intero”, poiché il Trecento vede anche il crollo del “nuovo impero” dei Maya nell’America Centrale e degli Stati preincaici nell’America Meridionale?

Villaggi abbandonati, città in decadenza si trovano in gran numero nell’Impero Bizantino, in Egitto, in Persia, nel Turkestan, in Mongolia, in Cina». Ma c’è un punto da porre in luce: l’Impero Romano soccombe alla prima crisi, nel V secolo; l’Europa riesce vittoriosa contro la seconda crisi, mille anni dopo e, rifiutando di ripiombare nella barbarie, si proietta verso il Rinascimento.

Torniamo all’inizio del Medioevo. Abbiamo detto che fra la seconda metà del VI secolo e l’XI, alla popolazione latina si sovrappongono le stirpi più disparate. È un periodo tormentato, complesso e, spesso, confuso. Nei secoli drammatici in cui varie stirpi nomadi invadono i territori che erano stati dell’Impero Romano d’Occidente, l’una scacciando l’altra a ondate successive, le difficoltà di sopravvivenza e l’instabilità politica determinano una grave caduta economica, culturale e demografica.

Caduta Impero Romano

Thomas Cole, La distruzione dell'Impero Romano, 1836, Historical Society, New York (Stati Uniti)

Alcune città, in seguito alle distruzioni subite, vengono abbandonate dalla popolazione superstite né risorgeranno mai più: Carsulae, in Umbria, per esempio, rasa al suolo dai Goti nel VI secolo.

Altre vengono restaurate, ma gli abitanti, ormai impoveriti, decrescono.

Finalmente, intorno al IX secolo, con l’età di Carlo Magno, fermatesi le popolazioni nomadi, stabilizzatosi il sistema politico feudale del Sacro Romano Impero, si assiste ad una progressiva rinascita (detta «rinascita carolingia»). Anzi, è proprio in questo periodo che si forma l’idea di «Europa»: i popoli germanici non avevano avuto in genere alcuna intenzione di distruggere l’Impero Romano, ma tentarono di salvarlo. Essi introdussero nuova linfa («sangue fresco») in un Impero ormai disseccato; dalla romanità ripresero la cultura e il diritto. La Chiesa fu la grande mediatrice, dando il suo contributo culturale e spirituale, i suoi valori. Il sangue germanico, la cultura romana e la fede cristiana sono i caratteri costitutivi dell’Europa moderna.

L’economia feudale è essenzialmente agricola: nel paese, attorno al castello del «signore», si svolgono le poche attività necessarie alla vita della piccola collettività, mentre i contadini (da «contado», le terre del conte) lavorano i campi del feudo procurando i mezzi di sostentamento e i soldati a cavallo formano la scorta del feudatario, pronti a difendere la città quando necessario. È un mondo chiuso: certuni non hanno nemmeno mai visto il mare.

Per un po’ di tempo, i castelli rimangono la struttura difensiva più solida, tuttavia le armi d’assedio progrediscono continuamente per contrastarli. Quella definitiva prima dell’invenzione della polvere da sparo è il trabucco, che usa un contrappeso per generare una forza in grado di lanciare un proiettile di 130 chili a 270 metri. Alcune di queste macchine sono enormi, con contrappesi di oltre le dieci tonnellate. Una volta direzionato correttamente, il trabucco può abbattere velocemente qualsiasi tipo di bersaglio.

L’arco lungo, l’arma principale del Medioevo, viene usato parecchio durante gli assedi da entrambe le parti delle mura del castello, specialmente in Britannia. I soldati con arco lungo sono selezionati e addestrati dall’infanzia, ma l’investimento ripaga gli sforzi. Gli uomini più abili con quest’arma possono abbattere anche i cavalieri in armatura pesante, da una distanza di oltre 250 metri.

Fra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo, la città viene acquistando un ruolo preminente: il cittadino, il «borghese» (abitante del «borgo»), con il suo lavoro, artigiano o commerciale, accumula denaro; il denaro procura nuovo lavoro e quindi si moltiplica.

Questo passaggio da un’economia agricola ad una basata sul movimento del denaro (in qualche modo «precapitalistica») porta alla crisi del sistema feudale.

Poiché il potere economico coincide con il potere politico, le città, ormai ricche, tendono, dopo il Mille, a gestirsi autonomamente, staccandosi dall’autorità centrale e lontana dell’Impero.

È la nascita del «comune», un’entità politica autosufficiente, che si costituisce come «città-stato», circondata da un territorio extraurbano più o meno grande.

La società comunale è formata da uomini che lavorano, che producono, che acquisiscono ricchezza; uomini per i quali il lavoro è un bene.

È anche a partire dal IX secolo che si rinnova e si intensifica l’interesse per lo studio. In un primo momento, per l’impulso di Carlo Magno, sono le abbazie che si fanno veicolo di diffusione culturale. I grandi ordini monastici (in particolare quello dei benedettini), che già nel corso del Medioevo hanno svolto un ruolo primario nella conservazione della cultura, la fanno conoscere ovunque perché, oltre alla casa-madre, costruiscono altre sedi in Europa, soprattutto lungo le maggiori vie di comunicazione, per ospitare le masse di pellegrini che si recano ai santuari, oggetto di venerazione, come Santiago di Compostela in Spagna, o Roma.

Più tardi, dal XII secolo, si aprono, in coincidenza con il sorgere delle autonomie comunali, le prime università, anch’esse organizzazioni autonome, che trasmettono la cultura al di fuori dei conventi, a studenti che provengono da ogni parte.

È una circolarità della cultura che permette di conoscere ciò che si fa altrove, mentre aiuta a formare le coscienze, ad acquistare consapevolezza di se stessi.

La città medievale si sviluppa, per lo più, nel luogo stesso ove già esisteva il centro abitato romano. Ne conserva il tracciato, ma lo trasforma liberamente, a seconda delle esigenze, senza obbedire ad un piano rigorosamente ordinato. Le strade diventano tortuose; le case sono spesso alte, oppure sporgono su mensole, per guadagnare spazio. Le aree disponibili sono infatti limitate, perché contenute entro la ristretta cerchia di mura che, spesso, crescendo continuamente la popolazione, devono essere abbattute e ricostruite più distanti.

La chiesa (cattedrale o parrocchiale) non è soltanto la casa di Dio, il luogo ove ci si riunisce per pregare; è, al tempo stesso, il luogo di incontro per la collettività. Vi si celebrano i riti sacri, ma ci si va anche per discutere di affari pubblici, come un parlamento: la chiesa è, almeno fino a quando sorgerà il palazzo pubblico, l’edificio che sintetizza in sé la vita civile e quella religiosa.

Per esempio, a Firenze la chiesa di San Piero Scheraggio (i cui resti sono oggi incorporati nel Palazzo degli Uffizi), fu, dalla fine dell’XI a tutto il XIII secolo, sede dell’assemblea cittadina.

Chiesa di Firenze

Fabio Borbottoni, Chiesa di San Pietro Scheraggio, Piazza della Signoria e Loggia dell'Orcagna, XIX secolo

Con la crisi dell’Impero si vanno costituendo le monarchie nazionali, che organizzano solidamente e burocraticamente lo Stato, contrapponendosi al prepotere della vecchia nobiltà feudale e alleandosi alla borghesia cittadina, il cui potere economico è utile all’affermarsi del potere sovrano, così come quest’ultimo, dando assetto stabile e unità di legge, è utile alle crescita finanziaria della borghesia.

L’organizzazione statale monarchica trova anche giustificazione nei nuovi sistemi filosofici, in particolare in quello di San Tommaso d’Aquino, secondo il quale, riprendendo un’idea aristotelica, «l’uomo è per natura animale sociale» e come tale tende ad aggregarsi in società, «ma non può esservi vita sociale in una moltitudine, senza il governo di uno solo che miri al bene di tutti […] il bene comune è preminente rispetto al bene individuale».

Al tempo stesso entro l’ambito del regno, e spesso in lotta col sovrano, sopravvivono, come residui del sistema feudale, ducati, marchesati, contee, ossia vaste zone territoriali affidate al governo di un «signore» che accentra in sé il potere.

Accanto a queste organizzazioni occorre considerare anche altre comunità potenti che vivono autonomamente e che hanno grande importanza nella vita sociale dell’epoca: le comunità religiose, i cui monasteri, talvolta appartati fuori dai centri abitati, sono autentiche cittadelle autosufficienti e fortificate rette dall’abate o dal priore. I progressi nell’architettura, come l’invenzione del contrafforte, consentono la costruzione di imponenti cattedrali con soffitti a volta e vetrate colorate.

Ma siamo già alle soglie di una nuova era!

(marzo 2011)

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