Il Templare
Un cavaliere che fece l’impresa

Il marchese Cesare Boccella nel 1845 presso l’editore Giusti di Lucca pubblicò un libro con questo titolo: Il Templare. Uno dei rarissimi, se non unico esempio di libro che si basa sulla vicenda di un cavaliere lucchese, realmente esistito, appartenente a una famiglia nobile della cittadina toscana che, una volta sciolto l’Ordine da Filippo il Bello, si ritirò in un convento cluniacense lucchese, presente non lontano dalle mura cittadine, in località Badia di Cantignano, a ridosso dei Monti Pisani.

Lì terminò i suoi giorni, in un particolare ambiente, dove oggi si trova un palazzo, detto delle cento finestre perché realmente ivi sono presenti cento finestre, ed è quanto resta del convento insieme alla splendida chiesa adiacente.

Cesare Boccella, un riformato, amico del Duca Borbonico Lucchese Carlo Ludovico, anche lui in odore di protestantesimo, ricevette molte critiche per questa pubblicazione perché poneva l’accento su un argomento che nel corso dei secoli si è cercato di evitare e/o trattare in modo del tutto approssimativo, sia sul piano accademico che divulgativo, registrando spesso situazioni che non rispondevano pienamente alla realtà dei fatti.

Voglio dire con queste frasi che il cavaliere di cui il marchese Boccella trattò, che era realmente esistito, rappresentava una anomalia. Solitamente non si facevano nomi e cognomi dei personaggi appartenuti all’Ordine. Così la città di Lucca accusò di fatto il marchese di aver osato troppo e così l’ex Gran Ciambellano del Duca, perché questa era la carica che egli aveva ricoperto, dovette far buon viso a cattivo gioco accettando le sterili critiche.

Chi era il marchese Cesare Boccella? Ufficialità e ufficiosità non sempre coincidono.

Nato a Lucca il 24 marzo 1810 dal marchese Cristoforo e da Elisabetta Bartolomei, fu educato a Parma in un collegio retto dai Padri Benedettini da cui uscì nel 1825 per completare i suoi studi a Montpellier, in Francia. Dal padre aveva ereditato l’amore per gli studi letterari e filosofici, leggendo avidamente Voltaire, passando per lo scetticismo e il deismo, e nelle sue lunghe dimore all’estero subì il fascino della cultura protestante per «quella fatale apparenza di libertà che racchiude il protestantesimo».[1]

In Germania dal 1827 al 1833 fu al seguito di Carlo Ludovico di Borbone duca di Lucca e fra il 1831 e il 1833 ne condivise «la stravagante avventura religiosa» convertendosi al protestantesimo. L’avventura sarà chiusa definitivamente con un atto formale di abiura nelle mani del Patriarca di Venezia.[2] Ebbe un temperamento inquieto viaggiando instancabilmente dalla Francia all’Inghilterra, dalla Germania alla Palestina, da Malta all’Egitto e alla Russia, acquisendo una conoscenza perfetta di sette lingue straniere e delle rispettive letterature. Si ritirò poi su posizioni intransigenti cattoliche (ciò vuole l’ufficialità) vivendo fino al 1877 fra studi e opere di beneficenza.

Sull’ufficiosità posso ben dire che era figlio di una Bartolomei, e il palazzo dei Bartolomei in Lucca è sito in Piazza San Pietro Somaldi, ossia in una piazza storica per i cavalieri lucchesi, a partire dal fondatore della celebre chiesa, il cavaliere longobardo Samuald.

Anche la famiglia e l’educazione materna dovettero avere dunque particolarmente influenzato il giovane Boccella, tanto da far dire a qualcuno che quel cavaliere descritto nel suo poema in versi fosse retrospettivamente lo stesso autore.

Già, i cavalierati medievali: per definire il senso del poema del marchese dobbiamo sicuramente tener conto delle radici longobarde della città toscana, peraltro poco studiate e di difficoltoso approfondimento.

«Per quanto Lucca possa dirsi fra tutte le città della Toscana la sede prediletta di alcuni Duchi, per quanto essa conservi negli Archivi della Sua Cattedrale documenti vetusti e preziosissimi, pure conviene ingenuamente confessare che di Lucca Longobarda e dei suoi Duchi non si scoprissero finora Memorie sicure anteriori al secolo VIII»[3]. Sappiamo che «all’ultimo periodo del Regno Longobardo dovrebbe appartenere il Duca Tachiperto rammentato col titolo di Duca in una pergamena dell’Archivio Arcivescovile Lucchese del giugno 773. Sebbene anche in quella carta non sia specificato altro che una casa del Duca Tachiperto dentro Lucca, pure alcune circostanze sembra che concorrano a dar peso alla congettura, cioè che il Duca Tachiperto corrisponda allo stesso personaggio il quale assisteva come testimone a uno strumento celebrato nel luglio 783 in Cantignano nel Lucchese»[4].

Il riferimento qui è a Badia di Cantignano, il monastero benedettino, poi cluniacense dove si ritirò il Templare protagonista del poema del marchese Boccella, una volta sciolto l’Ordine Templare. Ed ecco dunque che le radici del luogo e dei risvolti storici dell’intera vicenda templare sono tratti.

Sappiamo da documenti certi che i monaci templari lucchesi nel corso del XIII secolo ebbero come riferimenti certi siti come quello di San Colombano di Lucca, e della Controneria, presso Bagni di Lucca.[5] Sappiamo che una volta sciolto l’Ordine Templare, gli ex monaci lucchesi continuarono a fare ciò che facevano in precedenza, senza perdere non solo il diritto alla vita ma ancor più ai loro cospicui beni.[6] Non poniamoci troppi perché scientifici, che potrebbero restare senza risposta.

Ciò che deve intrigarci davvero è la vicenda in se stessa del Templare del marchese Boccella, che in quel Convento dalle cento finestre si ritirò per il resto dei suoi giorni.

A fare che cosa? Unicamente a pregare? «Ora et labora», dicevano i Padri Benedettini, e i monaci ed ex monaci templari non furono da meno dei loro iniziali ispiratori.

Quel cavaliere ancora giovane e in forze con tutta probabilità continuò ad agire per conto di qualcuno: i suoi familiari, anche loro coinvolti in quelle vicende?

Oppure gli ex compagni d’avventura nell’Ordine, anche loro salvatisi misteriosamente dalle ire del Sovrano Francese?

Proviamo a ripensare questo magico cavaliere sulla scia dei suoi avi lucchesi che, come sostiene la dottoressa Maria Pia Branchi dell’Università di Parma, nell’VIII e IX secolo si recavano attraverso la Val Freddana lucchese in Auvergne, in Francia, per sostenere i mercati transalpini. Quei cavalieri erano soprattutto grandi mercanti.

Possiamo ripensare il cavaliere del marchese Boccella al porto di Motrone, nei pressi dell’attuale Forte dei Marmi, da dove le numerose navi templari salpavano dirette nel Mediterraneo, e non solo.

Anche in questo caso non abbiamo studi che possano illuminarci sul serio. Ma sappiamo che questi viaggi ci furono. A Lucca transitò nel 1099, prima di partire per la Prima Crociata, dove questi cavalieri furono fortemente coinvolti, Goffredo di Buglione.

Si fermò, lui che era cugino di Matilde di Canossa per parte materna, proprio in Lucca, in Via della Rosa, nei pressi della celebre chiesetta tutt’ora visitata dai Lucchesi e dai numerosi turisti. Anche Matilde era presente e aveva da poco compiuto cinquant’anni, per questo ufficialmente non partì per quella crociata.[7] Ne seguirono, di crociate, e i cavalieri lucchesi certamente non si sottrassero, in queste imprese. Anche il nostro cavaliere, descritto nel poema del marchese, dovette aver vissuto molte battaglie. Sarà stato vicino al celebre Castruccio Castracani degli Antelminelli, amico di Filippo il Bello nonché cugino di Matilde di Canossa (Castruccio era delle schiatte dei Porcaresi e da Corvaia,[8] dunque discendente degli avi di Matilde, sulla quale egli stesso scrisse una celebre Vita Mathildis)? Chissà. Abbiamo motivo di ritenere che l’intercessione di Castruccio presso Filippo il Bello possa aver fatto la differenza per i cavalieri templari lucchesi, spesso prossimi al condottiero, nelle sue imprese piuttosto che per vie parentali.

Badia di Cantignano, dove il cavaliere del marchese Boccella si ritirò, è un luogo davvero magico.

Dalle alture delle dolci colline dove si trova, che sovrastano Lucca da Sud, si vedono tutte le torri medievali della città, dentro la cinta muraria. Così era nell’VIII secolo, al tempo dei Duchi; così ai tempi dell’ex cavaliere templare; così oggi, agli occhi di un visitatore attento.

Lucca e le sue torri, frutto della magnificenza e ricchezza cittadine. Luoghi ricchi di acqua, di coltivazioni che quel convento dovette senz’altro porre in essere, ricchi di una storia veramente ultra millenaria.

I Monti Pisani, che si trovano a ridosso della struttura, quei monti che Dante proprio nel periodo descrisse come «i Monti da cui i Pisani veder Lucca non ponno», sono ricchissimi di vegetazione. Fino al Cinquecento erano abitati da molti orsi da cui si traevano le carni macellate anche nello stesso perimetro murario cittadino.

Non sono montagne alte, quelle dei Monti Pisani, perché appartengono all’Era Secondaria. Arrivano al massimo ai 1.000 metri di altitudine. E ciò basta per ricavarne castagne e derivati della castagna (i castagneti sono abbondanti), ma anche vino e soprattutto preziosissimo olio. Senza trascurare il grano, che nei terreni semi pianeggianti in prossimità del convento veniva certamente coltivato.

Oggi moltissime sono le ville in prossimità di quei luoghi visitati dai cavalieri medievali, quasi tutte risalenti al Cinquecento e dintorni, tra le quali anche la villa dove nacque lo scienziato e ingegnere Felice Matteucci, che con Eugenio Barsanti fu l’inventore del motore a scoppio.

Mi piace immaginare che il lascito di quei cavalieri vissuti tra religione, erudizione e commerci possa essere stato mollo stimolante per gli uomini e le donne che, come l’ingegnere Felice Matteucci propose, si fecero paladini di crescita scientifica oltre che spirituale.


Note

1 Dallo stato attuale del Protestantesimo, nella Pragmatologia Cattolica IX (1841), pagina 70.

2 Giorgio Spini, pagina 192.

3 Dizionario Geografico, Fisico e Storico della Toscana, di E. Repetti.

4 Col quale Atto Perorando figlio del fu Walperto donò ad una sua figlia terreni nel distretto di Rosignano, cui si sottrasse come testimone Tachiperto, filius b.m. Ratcauside Pisa testi (Arch. Arci. di Pisa).

5 Atti dell’Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, volume XIII, pagina 399.

6 Templari a Lucca, Maria Pacini Fazzi editore.

7 Storia di Lucca, Cesare Sardi.

8 Clan longobardi lucchesi.

(ottobre 2018)

Tag: Elena Pierotti, Cesare Boccella, Carlo Ludovico di Borbone, Templari, Castruccio Castracani, Goffredo di Buglione, Matide di Canossa, Dante Alighieri, Voltaire, Felice Matteucci, Eugenio Barsanti.