Storia dello Stato Pontificio
Dalle origini alla sua affermazione nel Cinquecento

Lo Stato Pontificio rappresenta un tipo particolare di stato da diversi punti di vista. Dal punto di vista politico la sua massima autorità differisce da quella degli altri stati europei retti da dinastie. Il Pontefice era nominato per un certo periodo dal popolo romano (anche se con una semplice formale acclamazione), dal clero locale e doveva disporre dell’approvazione dell’Imperatore, successivamente dopo le riforme del 1059 e 1179 venne eletto da una assemblea di Vescovi di grado elevato (Cardinali, a loro volta nominati dal Papa). Lo stato retto dal Papa costituiva qualcosa di incerto anche per ciò che riguardava i territori amministrati, questi erano soggetti fino al Cinquecento a diversi poteri, autorità del Papa, dei signori locali e nel primo periodo anche dell’Imperatore, ovviamente la situazione di incertezza riguardante i poteri degli ultimi due si riscontrava anche in molti altri Paesi Europei.

Gli storici sono concordi nel ritenere che a partire dall’epoca di Costantino il Vescovo di Roma abbia ricevuto un’immensa quantità di donazioni fondiarie e immobiliari da parte dei fedeli nei territori intorno la grande città, tuttavia costituivano solo proprietà private e per un lungo periodo tale istituzione non disponeva di autonomi poteri pubblici, il Vescovo di Roma era un cittadino e successivamente un funzionario dell’Impero Bizantino. Il suo interessamento alle popolazioni locali, così come quello di molti Vescovi in Europa, ne faceva comunque un soggetto particolare, ed un punto di riferimento importante per la società.

Già dal II secolo il Vescovo di Roma era considerato il più importante fra i Vescovi anche se non esercitava un potere sulle altre comunità di Cristiani. Nel 217 si ebbe il primo antipapa e nel 355 il primo scontro fra Papato e Imperatore (sostenitore degli Ariani) con la sconfitta del primo e la nomina imperiale del successore. Non molto tempo dopo nel 366, si ebbero scontri di piazza fra i due contendenti al titolo papale, tali eventi non furono senza conseguenze, lo storico Ammiano Marcellino parlava dei Vescovi come di uomini dediti soprattutto al lusso e alle ricchezze. L’Imperatore Teodosio nel 390 contestò il primato del Vescovo di Roma, ma incontrò l’ostilità del Vescovo di Milano Ambrogio al quale dovette fare atto di sottomissione almeno sul piano formale. In tutto questo periodo si ebbero gravi controversie teologiche e movimenti eretici più o meno a carattere regionale in grado di mettere in difficoltà le autorità ecclesiastiche, inoltre una parte del clero era a favore degli Ostrogoti ed un’altra a quella dell’Imperatore, questione che portò a delle elezioni contestate di diversi Papi. Nel 484 il Vescovo di Roma e quello di Costantinopoli (tradizionalmente i Vescovi della nuova capitale erano più sottomessi all’autorità civile) sostenuto dall’Imperatore si scomunicarono a vicenda. Una decina di anni dopo Papa Gelasio scrisse che l’autorità dei Vescovi era superiore a quella dei funzionari di stato e dello stesso Imperatore, anche se non trovò ampio consenso. Singolare il comportamento del grande Imperatore Giustiniano, riconobbe la grande autorità di Papa Agapito, ma fece arrestare i suoi successori Vigilio e Silverio. La guerra gotico-bizantina costituì un evento particolarmente nefasto per i territori vicino a Roma, con l’abbandono delle città e l’inizio dello spostamento della popolazione verso le alture dove i terreni erano più poveri, mentre le pianure divenivano malsane a causa dell’impaludamento, tale spostamento delle popolazioni si accentuò ulteriormente nel IX secolo con le incursioni saracene. In tutto il periodo bizantino si ebbero numerosi scontri fra Patriarchi (i Vescovi più importanti a livello nazionale), mentre prevaleva il principio della nomina imperiale dei Vescovi e della loro revoca in caso di insubordinazione, evento che diede vita a diverse sollevazioni popolari. Intorno al 590 il Vescovo di Costantinopoli tentò di affermare il suo primato sulla Chiesa ma non ebbe successo. Fra il 687 e il 752 su tredici Papi ben undici erano Greci, molti dei quali disposti ad accettare il potere di Costantinopoli, dopo di che l’influenza dei Bizantini in Italia rapidamente decrebbe.

Approfittando del progressivo indebolimento del potere imperiale sull’Italia Centro-Meridionale e della contestata nuova politica iconoclasta dei Bizantini, il Re Longobardo Liutprando strappò alcuni territori ai Bizantini (che non godevano del consenso della popolazione locale) e per questioni politiche donò il «castrum» di Sutri al Papa nel 728, che divenne il primo territorio sotto il governo papale. Negli anni immediatamente successivi, fra il 739 e il 742, si aggiunsero altre donazioni da parte del Re e dei duchi longobardi (nonché dall’Imperatore in un periodo di buoni rapporti) con le quali il Pontefice divenne capo di buona parte del Lazio, mentre i rapporti con le autorità bizantine peggioravano arrivando addirittura ad un attentato organizzato da queste contro Papa Gregorio II. La questione politica divenne successivamente ancora più complessa, i rapporti fra Longobardi e il capo della Chiesa Cattolica divennero presto tesi e nel 754 il Papa chiese l’aiuto dei Franchi contro la politica del capo longobardo. Nel ventennio successivo i Papi grazie alla loro abile politica verso i capi dei due regni ottennero anche il rimanente dei territori bizantini nell’Italia Centrale (una parte dell’Umbria, Marche e Romagna) compresa la sua città principale, Ravenna. Il Papa conferì a Pipino il titolo di «Patricius Romanorum» e a Carlo Magno quello di Imperatore per i servigi resi, ma presto eliminati i Longobardi, i capi della Chiesa Cattolica si ritrovarono ad essere soggetti ai nuovi padroni franchi. Interessante notare che per un certo periodo l’Arcivescovo di Ravenna tentò una politica simile a quella del Vescovo di Roma e di crearsi un proprio stato nella Romagna, che ebbe però breve durata. La nomina del Papa non era più soggetta alla volontà di Costantinopoli in forte decadenza politica, ma come per gli altri Vescovi a quella dell’Imperatore del Sacro Romano Impero.

Al tempo di Carlo Magno e dei Carolingi l’Italia si trovava soggetta ai Franchi nel Centro-Nord, potere che si sovrapponeva a quello dello Stato Pontificio, e a un instabile sistema di ducati in parte ancora legati a Bisanzio al Sud. Come in gran parte dell’Europa i funzionari locali ottennero incarichi vitalizi, quindi meno soggetti al potere centrale e si affermò anche nell’Italia Centrale il feudalesimo, il potere dei Papi sui vasti territori, specialmente al di fuori del Lazio divenne di fatto solo nominale, le grandi famiglie aristocratiche governarono a lungo quei territori, spesso in contrasto fra loro, mentre diverse città fra le quali la stessa Roma si davano istituzioni comunali proprie. Tuscia, Sabina, contea di Tivoli, Campagna e Marittima (entrambe zona Sud del Lazio) costituivano i territori maggiormente soggetti al potere papale.

Iniziò un periodo terribile per il Papato con congiure e scontri fra fazioni religiose o politiche diverse. Fra l’872 e il 1012 un terzo dei Papi morì di morte violenta, fra i quali Leone V ucciso dal suo stesso successore, molti furono nominati di fatto da tre potenti famiglie romane, Teofilatto, Crescenzi, Conti di Tuscolo, mentre altri (numerosi in questo periodo gli antipapi o i Papi scelti con elezioni contestate) vennero nominati direttamente dall’Imperatore Ottone e dai suoi immediati successori anche contro la volontà del popolo romano. In questo periodo a Nord-Est di Roma si affermò l’Abbazia di Farfa, costituita da monaci francesi e tedeschi proprietari di immense proprietà fondiarie su cui esercitavano una autonoma giurisdizione, gli Abati difesero tale autonomia appoggiandosi al potere imperiale, solo con il Concordato di Worms dovettero accettare la supremazia papale. Il periodo successivo al Mille vide l’affermarsi dei piccoli Comuni, Viterbo era stata fortificata dal Re Longobardo Desiderio e si munì di mura nell’XI secolo, si trovò a lungo contesa fra Papa e Imperatore mentre nel Viterbese come in buona parte del Lazio si accrebbero i latifondi che contribuirono a impoverire la campagna. Solo nel Sud del Lazio si ebbe qualche miglioramento attraverso l’opera dei Cistercensi che incrementarono l’agricoltura. Rieti, altra città importante del Lazio, fece invece parte del longobardo Ducato di Spoleto, divenne poi (1198) Comune filo-guelfo.

Intorno al 1050 terminò il periodo più buio del Papato, si ebbero cinque Papi Tedeschi di nomina imperiale e grazie alla nuova religiosità che si stava affermando i Vescovi di Roma presero il sopravvento sugli altri Vescovi e sulle istituzioni temporali. Il Mille e il Mille e Cento furono un periodo di risveglio religioso, favorito dai nuovi gruppi monastici cluniacensi e cistercensi che eliminarono la diffusa immoralità delle potenti abbazie e reintrodussero i princìpi di una vita ascetica. Tale miglioramento non riguardò tuttavia la regolarità delle successioni, fra il 1058 e il 1180 si ebbero ben quattordici antipapi. Leone IX (1049-1054), un Papa Tedesco, imparentato con l’Imperatore e nominato da questo, iniziò a combattere la simonia (la compravendita dei titoli ecclesiastici) e ad imporre il celibato per gli ecclesiastici per limitare il fenomeno dell’arricchimento delle loro famiglie. Non riuscì a imporre questi precetti in Oriente e nuovamente il Vescovo di Roma e quello di Costantinopoli si scomunicarono a vicenda. Alla morte dell’illustre Papa venne eletto un personaggio legato all’aristocrazia romana, ma i sostenitori delle riforme gli contrapposero il Borgognone Niccolò II che continuò l’attività di Leone IX e introdusse il nuovo sistema di elezione del Papa che avrebbe dovuto limitare le interferenze della nobiltà romana e del potere imperiale su tale istituzione. Si ebbero nuove elezioni papali contestate e la rottura definitiva fra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli, ma non molto tempo dopo nel 1073 salì al soglio pontificio Ildebrando Aldobrandeschi di Soana che prese nome Gregorio VII. Fu uno dei Papi più devoti ed energici, impose il Dictatus Papae con il quale assumeva il potere di deporre gli altri Vescovi, l’Imperatore e altri governanti che si erano macchiati di peccati. Tale provvedimento provocò l’ira dell’Imperatore Enrico IV di Franconia che riunì un sinodo di Vescovi in Germania per la sua deposizione, ma venne scomunicato e per essere riammesso nella Cristianità dovette subire la famosa umiliazione di Canossa. Dopo tale episodio i rapporti fra i due personaggi peggiorarono di nuovo e alla fine Gregorio dovette chiedere l’aiuto militare dei Normanni di Roberto d’Altavilla.

Gli anni successivi furono caratterizzati dalla lotta per le investiture dei Vescovi, le idee di Gregorio VII non avevano trovato una reale attuazione, tuttavia dopo il Concordato di Worms (1122) gli Imperatori si rassegnarono a vedere i loro diritti ridotti. Nonostante questi successi il Papato non riuscì ad imporre il proprio potere sul Lazio e le altre terre teoricamente soggette ed anzi dovette assistere al rafforzamento dell’autonomia del Comune di Roma (1143) guidato per un certo periodo dall’eretico Arnaldo da Brescia e di altri Comuni laziali. Solo con il grande Papa Innocenzo III (1198-1216) i feudatari e i Comuni del Lazio accettarono il dominio papale, sia pure in maniera parziale e temporanea. Innocenzo è sicuramente conosciuto per il suo predominio in gran parte realizzato su tutti i capi politici della Cristianità, mentre il suo successore istituì la Santa Inquisizione che poteva superare il potere locale dei Vescovi. Nonostante il rafforzamento del potere papale (e il declino dell’Impero) alcuni dei Papi negli anni successivi dovettero risiedere a Viterbo o a Orvieto ritenute più sicure. Ottanta anni dopo Innocenzo, Bonifacio VIII della potente famiglia dei Caetani, il Papa che aveva fatto radere al suolo Palestrina dominio dei Colonna, dovette soccombere nel suo scontro con il Re di Francia Filippo il Bello e i suoi successori (tutti francesi) dovettero risiedere ad Avignone sotto la protezione e il controllo della Monarchia Francese. In tale periodo la lotta fra le grandi famiglie aristocratiche del Lazio divenne più accesa (particolarmente fra Orsini nel Nord del Lazio e Colonna a Est) e con essa iniziò la decadenza economica della regione. Nel Sud del Lazio alcune città rimasero sotto il controllo papale, altre sotto i Colonna e i Caetani in contrasto fra loro, mentre alcune abbazie ristabilirono i loro poteri sulle terre circostanti.

Il ritorno del Papa a Roma diede vita ad una nuova grave crisi, lo Scisma d’Occidente (1378-1417), una parte della Chiesa sosteneva i Vescovi Romani, un’altra quelli Francesi. Il ritorno all’unità e la relativa pacificazione non segnarono un miglioramento economico del Lazio, a causa anche della presenza del brigantaggio. La campagna romana in particolare assunse il suo tipico aspetto desolato con i suoi latifondi retti da ecclesiastici e nobili locali incuranti della corretta gestione delle terre. Nello stesso periodo diversi pensatori, fra i quali Dante e Marsilio da Padova, concepirono l’idea di un’autonomia della politica dal potere spirituale, si ebbero quindi potenti Papi ma in qualità di capi dello Stato Pontificio, la loro interferenza sui poteri dei Sovrani Europei venne notevolmente a ridursi. Dopo la fine dello Scisma, come anche nelle altre nazioni europee, si assistette ad un progressivo rafforzamento del potere centrale e alla decadenza del feudalesimo, segno di questo fenomeno di accentramento quasi tutti i Papi successivi furono Italiani.

Nel Duecento si ebbero due Papi Conti di Segni (località a Sud di Roma), nel periodo successivo si ebbero come Papi altri importanti membri delle famiglie nobili laziali, Orsini, Savelli, Colonna, Farnese, Caetani, Borghese, Barberini, Chigi. Gli Orsini ebbero diciotto Cardinali (particolarmente numerosi fra Duecento e Quattrocento), i Colonna addirittura trentasei (l’ultimo dei quali ai primi dell’Ottocento). La presenza di antipapi divenne ovviamente consuetudine nel periodo dello Scisma d’Occidente ma proseguì anche nei tre decenni successivi fino al 1449, dopo di che non si ebbero all’interno della Chiesa contrapposizioni così gravi. Iniziò un nuovo periodo per il Papato, con capi della Chiesa molto mondani (normale in questo periodo la presenza di concubine in Vaticano e di figli di Papi con incarichi politici notevoli) ma anche grandi mecenati, che fecero della sede papale un grande centro artistico. Martino V (1417-1431) avviò la ripresa economica di Roma, recuperò il dominio sul Lazio ma rafforzò il potere della sua famiglia, i Colonna. Pio II della potente famiglia toscana dei Piccolomini (1458-1464) riportò un successo sulla famiglia rivale dei Savelli. L’aristocrazia romana perse parte del suo potere a favore delle altre potenti dinastie italiane, si ebbero quindi Papi delle famiglie Visconti, Medici, Della Rovere. Lo Spagnolo Alessandro VI Borgia (1492-1503) riaffermò il potere papale ma insieme rafforzò il cosiddetto nepotismo e tentò di creare uno stato retto dalla sua famiglia. Il successore Giulio II (1503-1513) della famiglia Della Rovere stabilizzò il potere anche su Marche e parte della Romagna. Feudatari e Comuni persero progressivamente i loro poteri. Segni di una maggiore solidità dello stato e della sua estensione dei poteri furono i tentativi di bonifica dopo secoli di abbandono sotto Leone X della famiglia De’ Medici (1513-1521), l’uomo che era stato nominato Cardinale all’età di tredici anni. I Papi di questo periodo pur vicini alle istituzioni imperiali temevano l’eccessivo rafforzamento di poteri realizzato da Carlo V e mantennero un atteggiamento ambiguo nella contrapposizione tra Francia e Spagna. Nonostante la grande forza dei Papi, la ricostituzione definitiva dello Stato Pontificio ebbe tempi lunghi, Urbino venne ricuperata nel 1625 e il Ducato di Castro dominio dei Farnese a Nord di Roma nel 1649.

(gennaio 2017)

Tag: Luciano Atticciati, Stato Pontificio, Stato della Chiesa, Papato, storia dei Papi, storia del Lazio, Orsini, Colonna, Caetani, Innocenzo III, Gregorio VII, investiture, dicatus Papae, teocrazia, antipapi, storia dello Stato Pontificio.