San Francesco d’Assisi tra storia e leggenda
Breve disamina sul perché la storiografia ufficiale abbia a lungo accreditato alcune verità storiche, poi rivisitate

San Francesco d’Assisi è una figura che rappresenta certamente la sua epoca e nello stesso tempo un simbolo, non solo per la Chiesa Cattolica, ma per tutti coloro che vogliono misurarsi con risposte senza tempo. Sulle origini del Santo si sono scritte in passato verità non scientificamente accreditabili, considerate tuttavia a lungo come verosimili: il pathos suscitato dalla Sua figura ha talvolta reso poco lucida la disamina dei documenti.[1]

Giovanni Joergensen[2] accolse nella sua opera dal titolo Vita di San Francesco la ripetuta leggenda delle origini della sua famiglia dai Moriconi di Lucca.[3] Tradizione volle che di questi energici e potenti mercanti di seta un ramo familiare si trapiantasse in Umbria, «qual ramo benedetto dalla Grazia» da cui avrebbe tratto le sue origini, sempre secondo tradizione, la famiglia del Santo di Assisi. Ancora nel 1926[4] si scrisse che Pietro di Bernardone, padre di San Francesco, risalì il Rodano per fare affari nei mercati di Provenza. E dunque quando, in data 4 ottobre 1926, si festeggiò in pompa magna il settimo centenario della morte del Santo, giorno istituito poi come festa nazionale dal Regno d’Italia, sul giornale francese «La Croix du Rhone» furono pubblicate ad esempio frasi che riconducevano alla ormai secolare tradizione. A rinnovarla fu il conte Gonzaga Cianelli de Sera, oriundo lucchese trapiantato in Francia.

Nella stessa occasione tuttavia un altro Lucchese, lo storico Eugenio Lazzareschi, con onestà intellettuale volle ribadire che al conte era troppo gradito «l’innesto della forza mercantile italiana con la cavalleresca signoria dell’ospitale Paese di Francia, per rinunziare al seguito del racconto che fa uscire dal castello comitale dei Bourlemont madonna Pica[5], affiancata al giubbone del pannaio di Assisi».[6]

Quest’ultimo, sprezzante ed irriverente, da Cattolico che non nutrì una irrefrenabile simpatia per il Regime, in quel preciso frangente (1926) si sentì impegnato a servirsi della ricorrenza della morte del Santo per tentare di far luce sulle errate attribuzioni familiari dello stesso attraverso un articolo di giornale apparso su «La Nazione» di Firenze, con cui collaborava. È pur vero che nelle frasi di Lazzareschi, che riporterò di seguito, tratte dall’articolo menzionato, scorgiamo un certo nazionalismo, tipico dell’epoca, e proprio anche in un’anima cattolica come la sua.

Ricordò infatti che «alla prosapia di questi conti di Provenza [il riferimento è sempre al conte Gonzaga Cianelli] dovette pesare troppo il consentito connubio del sangue della più schiatta nobiltà lionese con l’oscuro mercante italiano, per non tentare di far scendere per li rami anche a lui una goccia della loro antica probitate».

Quei signori di Provenza, peraltro, che a sé rivendicarono Pica, poggiarono le loro asserzioni sulle esternazioni dell’illustre seicentista lucchese Libertà Moriconi[7], il quale con la fantasia del secolo XVII architettò il proprio albero genealogico, risalente addirittura, attraverso San Francesco, al sangue regio dei Bavari! Ciò che è davvero significativo è che queste «verità storiche» a lungo furono accettate anche dall’Ordine Francescano, come avrò modo più avanti di chiarire.

«Così – proseguì Lazzareschi – anche il povero, l’umile, il popolare Francesco, espresso dalla nostra gloriosa gente minuta del comune artigiano attraverso Francesco di Pietro di Bernardone, industrioso ma ignobile mercante, vide sormontata l’aureola dal policromo stemma partito dai conti Bourlemont di Lione e dei Moricone, nobili patrizi di Lucca.

La questione – precisa Lazzareschi – che il centenario del “Serafico” ha riscaldata ed imbandita nel profluvio di vite e panegirici, si vede affermata nel corso dei secoli, che di Francesco hanno sovente “solo la povertà dello spirito”.

Tale verità storica – egli precisò – così nacque in Moriconi: “Si trovava in Lucca a predicare la Quaresima del 1689 Ottavio Spader, Vescovo di Assisi, quando appunto era assistente dei Canonici di San Martino di Lucca[8]. Il Moriconi, autore delle Antichità di Lucca, si fece avanti al presule e gli confidò di “tenere in casa le memorie del passaggio di un suo antenato in Assisi, il quale sarebbe stato l’avo di San Francesco”».

Il prelato, che era reduce da Assisi, scrisse e diffuse l’opuscolo Lumi Serafici di Porziuncola, dove è contenuta la peregrina notizia dell’origine lucchese della famiglia del Santo.

Anche questa non fu una primizia. Già il Gamurrini,[9] pubblicando venti anni prima la sua Storia delle Famiglie Nobili Toscane et Umbre, aveva disgraziatamente ricorso per le casate di Lucca al solito canonico Moriconi, che l’aveva informato con eguale facilità e sicurezza. «In tal modo la errata notizia fu ripetuta dallo Chalippe[10] al Papini[11], e da molti altri scrittori francescani, come il Della Riva e il Lemonnier… Fino all’indimenticato Carlo Paladini, oltre naturalmente a Padre Marcellino da Civezza, contro i quali si mossero il purista Roderigo Biagini ed il vivacissimo Regolo Casali».

Il nocciolo della matassa fu il ritrovare e demolire l’assunto dell’origine lucchese della famiglia del Santo, e dei legami presunti tra Lucca e Assisi della famiglia Moriconi.

Famiglia questa che in città, ad Assisi, era divenuta proprietaria nel XVI secolo delle case e della stalla in cui si diceva fosse nato Francesco.

La nobile famiglia Bini dei Moriconi vantava fra i propri lontani ascendenti un Bernardone di Morico: ragione che le fece «pour cause» pretendere che fosse quel loro antenato il padre di Pietro, quindi l’avo di San Francesco. Anche a Lucca esistevano i Moriconi; e questa sola ragione sembrò sufficiente al facile genealogista che si chiamava Libertà per asserire che quella famiglia era oriunda di Lucca.

Al contrario, i Moriconi di Assisi, derivati da un semplice nome Morico, frequente nel Medioevo, non appaiono affatto forestieri in Assisi, dove si trovano sin dal principio del secolo XII, ed ebbero tutt’altro stemma rispetto ai Moriconi di Lucca.

Né può avere alcun peso la pretesa scoperta di un Bernardone in questo ramo, vantata da Monsignor Almerico Guerra,[12] che sostenne la derivazione lucchese, perché il documento, meglio letto, ha ben diversa lezione. «Ad escludere i Moriconi di Assisi e di Lucca dalla genealogia francescana – sostenne sempre il Lazzareschi – restano i più antichi alberi della famiglia, composti quando nel XIV secolo ancora sopravvivevano i pronipoti di Angelo, fratello del Santo; alberi di fonte diversa, edito uno dai Bollandisti, l’altro dalla Biblioteca Comunale di Assisi, dal Casali, e che escludono qualsiasi Morico fra gli ascendenti di Francesco… semplicemente perché questo nome fu assunto da genealogisti posteriori, col fine non mai troppo deplorato di voler dare nobile origine a San Francesco, come già a Santa Caterina da Siena!».

Nell’articolo di Eugenio Lazzareschi si ricordò come nella prima biografia del Santo, questa sì attendibile, Egli fosse stato descritto nel suo pellegrinare in compagnia di fratel Leonardo d’Assisi, quest’ultimo discendente di una nobile famiglia assisiate, in una testimonianza che accreditava le sue non nobili origini.

Per la stanchezza del lungo viaggio San Francesco fu in quel frangente obbligato a cavalcare un asinello. Ed ecco che lo «spirito maligno» suggerì allora al fraticello Leonardo, rimasto a piedi, questo odioso confronto: «I nostri genitori non hanno mica giuocato insieme! Eppure lui cavalca, ed io sono costretto a guidargli l’asino».

Ma Francesco, che indovinò nella circostanza «la tentazione satanica», si apprestò a scendere subito dal somarello, ed abbracciando teneramente il compagno «come un padre può stringere al petto un figliuolo tentato da un cattivo proposito», gli disse con vero affetto e semplicità piena: «Hai ragione, fratello Leonardo! Non conviene che io vada a cavallo, e tu a piedi; poiché tanto più nobile e potente di me tu fosti nel secolo».

Diverse altre sono poi le testimonianze riportate nell’articolo citato che attestano l’origine non nobile di San Francesco.

Lo storico Lazzareschi, seguendo il giudizio dell’autorevole studioso delle gesta francescane, Paul Sabatier, cui è doveroso riconoscere il merito della rinascita del culto universale per il Santo di Assisi, attraverso una disamina disincantata e non mistificatoria, smonta categoricamente le ormai desuete posizioni storiografiche, affidandosi «al metodo critico nella valutazione delle fonti, non disgiunto da un livello d’alta nobiltà divulgativa».[13]

Del resto il periodo in cui Paul Sabatier maturò e pubblicò la sua celebre opera Vita di San Francesco d’Assisi, periodo in cui lo stesso Lazzareschi visse, coincise con il declino del positivismo filosofico e il sorgere «di un nuovo romanticismo, velato di toni liberali vagamente antichiesastici».

E dunque lo storico lucchese Eugenio Lazzareschi, con fare disincantato, suggerì sulla scia della nuova tendenza, una maggiore scientificità nel metodo d’indagine, sapendo cogliere l’opportunità della ricorrenza francescana del 1926 per proporre un’analisi più rigorosa di tali vicende storiche. Il suo articolo dette modo dunque di valorizzare le fonti coeve immesse nel patrimonio culturale della storia francescana.

Mi sono comunque chiesta quali fossero le reali motivazioni che portarono Eugenio Lazzareschi, in occasione della ricorrenza della morte, il 4 ottobre 1926, a sentire così fortemente la necessità di chiarire le questioni sia biografiche che politiche dell’operato del Santo a lungo dibattute e in quegli anni al centro di una profonda discussione di pubblico e di critica.

Lazzareschi conobbe bene gli ambienti lucchesi che fecero capo a quelle famiglie di origine aristocratica che nel corso dei secoli gestirono le sorti cittadine. La frequentazione di tali famiglie può averlo indotto ad approfittare di un momento di dibattito storico favorevole ad una rivisitazione delle fonti per sviluppare, seppur in maniera fugace, tali vicende.

È doveroso qui ricordare alcuni particolari storiografici che resero protagonista in Lucca, sin dalle origini, l’Ordine dei Frati Minori. In città esso ebbe un ruolo particolarmente significativo,[14] affermandosi al punto da entrare quasi in competizione con altri Ordini ivi presenti, quale ad esempio quello Templare.[15]

La contrapposizione tra i due Ordini religiosi pare fosse stata di breve durata. Ne fece seguito verosimilmente una qualche collaborazione.[16]

È probabile che gli interessi gestiti dai diversi Ordini cavallereschi siano andati nel tempo a collimare con gli stessi obiettivi dell’Ordine dei Frati Minori. In proposito le osservazioni di Eugenio Lazzareschi mi hanno invitato a riflettere su quanto i Frati Minori siano divenuti soggetti attivi in Medio Oriente alla stregua di quegli stessi Ordini cavallereschi ivi impegnati, come lo fu ad esempio l’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Goffredo di Buglione, presenti tra l’altro in Lucca a partire dall’organizzazione della Prima Crociata.[17]

L’impegno francescano nella cittadina toscana non è mai venuto meno nel corso dei secoli. Distribuiti in modo uniforme sul territorio lucchese, a tutt’oggi i Padri Francescani sono qui impegnati a tutelare e promuovere quei valori evangelici che sin dall’inizio li caratterizzarono. Basti pensare a come, in epoca recente, sia risultato essenziale il loro apporto politico alla Certosa di Farneta[18] dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, avvenne una esecuzione in massa nazifascista. La protezione di ricercati ed Ebrei da parte dei Frati Minori ne rappresentò la causa scatenante;[19] ed ancora il loro impegno presso il Convento di Monte San Quirico,[20] ubicato nell’ex castello appartenuto alla famiglia Cotenna; famiglia che rappresentò per la Repubblica Lucchese prima ed il Ducato poi motivo di accorata difesa patriottica.[21]

Lo storico Eugenio Lazzareschi non mancò mai di rilevare quegli stessi valori che sin dal XIX secolo la compagine cattolico-liberale in Lucca aveva sempre valorizzato, valori di antica matrice. Forse anche questo fu motivo di accorata ricerca da parte sua di verità storiche a lungo distorte o mal recepite.

Ci fu un altro Ordine religioso in Lucca, oltre quello Francescano, che ebbe sin dal Medioevo grande seguito: quello Domenicano. Quest’Ordine aveva nella basilica di San Romano la sua importante ubicazione. Non fu certamente casuale coincidenza di eventi l’affermazione dell’Ordine dei Frati Minori in città, visto il significativo rapporto in loco dei Domenicani con l’Ordine Templare,[22] ma anche l’importante rapporto tra San Domenico e San Francesco, che lo stesso Giotto non mancò di rilevare nella Basilica di Assisi con i suoi celebri affreschi. E che Paul Sabatier negli anni in cui Eugenio Lazzareschi scrisse l’articolo, volle in ogni modo presentare sotto una luce nuova.

Nel testo Templari a Lucca, cui ho fatto riferimento, e curato dal professor Cardini, si fa cenno all’anomalia cittadina di un serrato connubio tra l’Ordine Domenicano e quello Templare, non rilevato altrove. L’intersecarsi di rapporti periferici tra Ordini religiosi dovette essere tangibile non solo in periferia ma anche al centro, certamente relativo ad una visione «globalizzata» ed allargata del Cristianesimo, di contro a particolarismi che man mano si fecero più stringenti, con l’affermarsi degli Stati nazionali in Europa. Questo almeno quanto possiamo intuire dalla lettura delle questioni lucchesi. Quando, lo ribadisco, lo stesso Giotto celebrò con i suoi affreschi nella Basilica Superiore di Assisi il momento dell’incontro tra San Domenico e l’Assisiate, mise di fatto in rilievo quanto i due Santi avessero un loro «diverso» mondo interiore ma motivazioni politiche analoghe. Il breve editoriale di Eugenio Lazzareschi contribuisce a rilevare come in Lucca taluni «refusi» storiografici contenessero al loro interno un vissuto politico significativo sul piano storico e non una semplice voglia di «trasgredire» sul piano storiografico.


Note

1 Estratto da «La Nazione» del 3-4 ottobre 1926, pagina 3.

2 Giovanni Joergensen, poeta e scrittore danese (1866-1956). Redasse nel 1907, dopo una visita ad Assisi nel 1894, la biografia del Santo. Divenne per questo cittadino onorario di Assisi.

3 Ricca e nobile famiglia lucchese, i Moricone parteciparono alla vita politica della città. Libertà fu un famoso giureconsulto, nato nel 1541 e ambasciatore.

4 Estratto da «La Nazione», citato.

5 La madre di San Francesco.

6 Ibidem.

7 Giureconsulto di cui sopra.

8 San Martino è il Duomo lucchese.

9 Gian Francesco Gamurrini (Arezzo 1835-ivi 1923), storico, archeologo e numismatico italiano.

10 Candide Chalippe (1684-1757), biografo di San Francesco.

11 Giovanni Papini (Firenze 1881-ivi 1956). Il celebre scrittore, dopo la conversione, scrisse sulla vita del Santo di Assisi.

12 Monsignor Almerigo Guerra, lucchese, fratello della Beata Elena Guerra e cameriere di Sua Santità Papa Pio IX.

13 Paul Sabatier, Vita di San Francesco d’Assisi, Oscar Mondadori 1978.

14 Il Convento di San Francesco, di recente magnificamente restaurato, conserva al suo interno le vestigia dell’Ordine ed i suoi legami con i vari contesti politici cittadini.

15 Vedi in proposito il testo Templari a Lucca, con prefazione del professor Cardini.

16 Ibidem.

17 Questi ultimi, a partire dal 1342, ricevettero da Papa Alessandro II la possibilità di nominare Cavalieri del Santo Sepolcro in quei luoghi sacri i pellegrini stranieri che lì si recavano. Ciò fu ratificato anche nei secoli successivi con successive Bolle papali.

18 Località nell’immediata periferia di Lucca.

19 Qui ci fu una strage nazifascista, visto il profondo impegno dei religiosi nel difendere Ebrei e ricercati politici.

20 Località sita nell’immediata periferia lucchese, sede di un convento di Padri Cappuccini.

21 Vincenzo Cotenna rappresentò gli interessi della Repubblica Lucchese al Congresso di Vienna nel 1815 e sua figlia Cleobulina accolse e protesse molti patrioti della Penisola, tra cui lo stesso Giuseppe Mazzini.

22 Vedi Templari a Lucca, citato.

(dicembre 2013)

Tag: Elena Pierotti, San Francesco, Assisi, Italia, Medioevo, Duecento, religione, Cristianesimo, Chiesa Cattolica, Giovanni Joergensen, Moriconi, Lucca, Pietro di Bernardone, Provenza, Gonzaga Cianelli de Sera, Eugenio Lazzareschi, Bourlemont, Pica, Libertà Moriconi, Ordine Francescano, Lione, Paul Sabatier, Ordine dei Frati Minori, Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, Ordine Templare, Ordine Domenicano, Cardini.