Benevento e gli Aldobrandeschi
Nel più profondo Medioevo

«Io fui latino e nato d’un gran Tosco: Guglielmo Aldobrandesco fu mio padre; Non so se ’l nome suo già mai fu vosco».[1]

Omberto Aldobrandeschi nato a Campagnatico, morì nel 1259 combattendo contro gli eterni nemici. È stato il secondo figlio di «Messer Guglielmo» appartenente all’antica e nobile famiglia di origini longobarde degli Aldobrandeschi, conti di Soana e Pitigliano, un ampio territorio in provincia di Grosseto. Il ramo di famiglia di Omberto era guelfo mentre l’altro ramo familiare, i conti di Santafiora, era di parte ghibellina. Omberto continuò la politica paterna di parte guelfa in opposizione alla Siena ghibellina e per tale ragione Dante lo ricorda nella Divina Commedia.

La storiografia ricorda anche un altro importantissimo Aldobrandeschi, che il 22 aprile 1073 divenne Papa col nome di Gregorio VII: Ildebrando Aldobrandeschi di Soana.

Grande innovatore, affermò la superiorità del Papato su ogni autorità temporale, si schierò a favore del celibato del clero e attaccò la simonia. Fu l’«amico del cuore» della celebre contessa Matilde di Canossa, prima Regina d’Italia nonché cugina dell’Imperatore Enrico IV che aspramente combatté ma di cui fu anche «intima» amica. C’erano anche dicerie che volevano la Grancontessa in intimità con l’altrettanto celebre Papa Gregorio VII. Ma a noi il «gossip» non interessa. Veniamo ai fatti.

Nella cattedrale di Santa Maria degli Angeli di Salerno troviamo un San Matteo e un San Gregorio VII. Quest’ultimo si era formato con i valori della riforma cluniacense grazie agli insegnamenti di Lorenzo d’Amalfi e di Giovanni Graziano, futuro Papa Gregorio VI.

La Grancontessa Matilde di Canossa, in comunione con Gregorio VII, da taluni è ritenuta la fondatrice dell’Ordine del Tau ed è probabile che ciò possa avere un suo fondamento. Nelle cronache dell’Ordine Altopascese troviamo un matrimonio tra un Aldobrandeschi e una nobile Campana, Bianca di Capua. Casuale tutto questo? Assolutamente no.

Matilde di Canossa apparteneva a una nobile famiglia che affondava le sue radici in Lucca. Il suo quadrisavolo Sigifredo Atto, che lasciò la città dando poi vita in Emilia alla dinastia Canossiana, probabilmente, visto il suo nome di battesimo, apparteneva a una schiatta locale longobarda che era la più diffusa nel Ducato Longobardo Lucchese, quella dei Suffredinghi. Molti sono gli elementi che potrebbero lasciarlo supporre. Senza contare che le varie Casate Longobarde presenti nel territorio lucchese erano intercambiabili. Nel senso che tra di loro non solo si imparentavano, ma rispondevano a logiche comuni di difesa del territorio e di politica cittadina.

Il Ducato di Lucca però, e la schiatta Sigifreda in particolare, avevano i suoi territori (nel fulgido periodo di massimo splendore del Ducato) che andavano lungo la costa toscana fino all’Alto Lazio. Dunque Soana, Pitigliano, ma anche Roselle, in provincia di Grosseto, facevano parte dei loro possedimenti. Questo è provato dagli storici. Dunque gli Aldobrandeschi rappresentavano per Matilde e la sua Casata quasi un prolungamento di quella rete parentale che costituiva l’essenza stessa del potere longobardo in Italia.

E non casualmente parlo di Italia. Perché il Ducato di Benevento, un’altra grande istituzione longobarda presente nel Sud d’Italia, era semplicemente una costola di un comune potere politico e di una egemonia culturale che a lungo interessò l’intera Penisola.

Veniamo dunque all’identità beneventana.

Il Ducato di Benevento (poi anche Principato) costituì l’estrema propaggine del dominio longobardo in Italia e insieme al Ducato di Spoleto costituì quella che venne chiamata «Longobardia Minor». Formalmente Benevento era assoggettata al domino dei Pontefici Romani (Ducato Romano) che con i loro possedimenti nelle regioni centrali la tagliavano fuori dal resto dell’Italia Longobarda. La storiografia vuole dunque Benevento sostanzialmente indipendente fin dal principio della formazione del suo Ducato. I suoi destini furono legati alla Corona Longobarda solo durante il Regno di Grimoaldo e dei Sovrani succeduti a Liutprando. Dopo la caduta del Regno Longobardo tuttavia il dominio beneventano rimase a lungo l’unico dei territori longobardi a mantenere «de facto» la propria indipendenza per quasi 300 anni, malgrado la divisione dei suoi territori subita nell’851. Le stesse circostanze di fondazione del Ducato Longobardo sono storicamente da ritenersi controverse. In ogni caso anticiparono la stessa presenza in Pianura Padana del potere longobardo. Fu comunque sotto il Regno di Zottone che Benevento incorporò anche Capua e Crotone, saccheggiò la bizantina Amalfi ma non riuscì a impossessarsi di Napoli. Messa successivamente sotto assedio dai Bizantini, la stessa Benevento riuscì a strappare alcuni terreni agli stessi Bizantini. A un certo punto si narra che i veri nemici per Benevento divennero i territori longobardi settentrionali. Quando però i Franchi presero il potere, il duca Arechi riuscì non a impossessarsi di territori della Penisola ormai vacanti di un potere centrale proprio per la presenza franca, ma a elevare il suo titolo a quello di Principe. Seppur invasi dai Bizantini, i Beneventani resistettero. L’Imperatore Ludovico il Pio dovette in qualche modo prendere atto come i suoi successori della vitalità del Principato. Il declino ci fu con l’arrivo dei Normanni. Roberto il Guiscardo conquistò Benevento nel 1053 e ne dichiarò la sudditanza formale al Papato. Benevento ufficialmente era ridotta ormai a una piccola città marginale e questo era tutto ciò che restava di un Principato un tempo potente, capace di dominare le rotte della politica nel Mezzogiorno per intere generazioni. Solo nel 1806, dopo la conquista di Benevento da parte di Napoleone, fu nominato Principe Charles Maurice de Talleyrand. Ma il titolo non aveva nessun significato concreto, e secondo l’ufficialità, scomparve con Napoleone nel 1815. Benevento rimase dominio pontificio fino all’Unità d’Italia nel 1861.

Qualche obiezione è necessario porla. Intanto se gli Aldobrandeschi avevano questi legami anche parentali durante il Medioevo all’interno dell’Ordine del Tau e dunque dopo la fine del dominio del Principato Beneventano, ne consegue che a esempio la Tuscia e Benevento ebbero sempre serrati legami. Lucca, non dimentichiamolo, mantenne la sua millenaria indipendenza politica. E Lucca era stata un Ducato Longobardo molto potente. Gli Aldobrandeschi, il Tau e Lucca erano una cosa sola. Matilde permettendo.

Sicuri che Benevento, se non formalmente, almeno sul piano sostanziale non mantenne antichi privilegi? Amalfi, non lontana da Benevento, fu a esempio una città-stato Repubblica Marinara, a lungo e con un potere non solo commerciale ma anche politico rilevante.

Quando Napoleone costituì nuovamente sul piano formale il Principato Beneventano, la famiglia Pacca nella persona del Cardinale Bartolomeo di madre faceva Malaspina, altra dinastia longobarda toscana adiacente ai territori citati. Tale indipendenza che si mantenne in epoca napoleonica, sottintendeva il ripristino e/o consolidamento di quei poteri strutturali prima ancora che formali del Principato Beneventano e non solo? Se una Malaspina era andata in sposa a un Pacca una ragione politica doveva pur esserci. Il Cardinale Bartolomeo Pacca fu uno dei più stretti collaboratori nel corso del Risorgimento del fratello dell’Imperatore, ossia di Luciano Bonaparte. Non solo. Ma in epoca non sospetta la stessa famiglia Bonaparte si era imparentata proprio con i Malaspina.

La stessa formale dipendenza da Roma di Benevento suggerisce che in qualche modo le prerogative «indipendentiste» di quel territorio fossero a loro modo garantite e che l’identità specifica di quei luoghi provenisse proprio da un lontano passato.


Nota

1 Dante, Purgatorio, Canto XI, versi 58-60.

(dicembre 2021)

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