Riccardo Gigante
Le spoglie del Senatore e Sindaco patriota di Fiume Italiana riposano nell’Arca del Vittoriale: a tre quarti di secolo dal martirio si è compiuta la volontà di Gabriele d’Annunzio

Riccardo Gigante

Il Senatore Riccardo Gigante

Il Mausoleo del Comandante sulla collina di Gardone, circondato dalle Arche dei fedelissimi, si è finalmente integrato con la sepoltura delle spoglie mortali di Riccardo Gigante, protagonista della storia di Fiume sino alla tragedia del maggio 1945, quando volle restare al suo posto di primo cittadino della Città Olocausta, consapevole di essere prossimo a condanna, sebbene immune da colpe di sorta: infatti, venne subito catturato dai partigiani di Tito, barbaramente assassinato e gettato in una fossa comune assieme agli altri patrioti che ne condivisero il tragico destino. L’inumazione nell’Arca a suo tempo destinatagli dall’Orbo Veggente è avvenuta il 15 febbraio 2020, in simbolica concomitanza con le celebrazioni del Ricordo di cui alla Legge 30 marzo 2004 numero 92, dopo una lunga e complessa vicenda protrattasi per decenni, conclusa col riconoscimento ufficiale grazie alla prova del DNA e con la traslazione al Vittoriale, in adesione alle disposizioni dannunziane per cui il vecchio cenotafio è diventato urna consacrata.

Nell’intento di lasciare alla posterità un segno tangibile di omaggio e di rispetto nei confronti di chi ne aveva condiviso gli ideali (con riguardo prioritario a quelli dell’Impresa di Fiume) e di altri uomini che si erano distinti per assoluto valore patriottico[1] il Comandante aveva stabilito che una delle Arche collocate intorno al suo sepolcro fosse riservata tassativamente proprio a Riccardo Gigante, primo cittadino della stessa Fiume, assieme a quelle dei caduti legionari dell’Impresa e del Natale di Sangue (Mario Asso, Italo Conci, Antonio Gottardo, Luigi Siviero) e di altri protagonisti di quella straordinaria epopea scomparsi in tempi successivi. A parte i nomi posti sulle Arche, è bene ricordare che al Vittoriale sono stati affidati al marmo della memoria, in apposita lapide, quelli di tutti i caduti nel corso dei sedici mesi fiumani (settembre 1919-dicembre 1920): dai 23 Legionari che persero la vita nel Natale di Sangue assieme a cinque civili fra cui una bambina, agli altri cinque Legionari che li avevano preceduti durante l’occupazione dannunziana; ciò senza dire dei quattro scomparsi a Veglia nel 1920, e con loro – in omaggio all’ulteriore sangue versato dopo il ritiro del Vate e del suo piccolo esercito – anche dei cinque caduti del 1921 a Porto Baross, e degli ultimi due, uccisi nella rivolta anti autonomista del 1922.

Con la sepoltura di Riccardo Gigante si è compiuto un atto che non è azzardato definire storico: non solo perché si è potuto onorare un obbligo riveniente dalla precisa volontà dello stesso Gabriele d’Annunzio, ma prima ancora perché si è riconosciuto – con un’ufficialità sacrale – il valore sublime del gesto umano e civile di un uomo che aveva ben meritato della causa fiumana e che, pur consapevole dell’altissimo rischio cui si esponeva con la decisione di restare al proprio posto candidandosi a vittima sacrificale, non aveva esitato ad affrontarlo con la consapevolezza stoica del «vir bonus cum mala fortuna compositus» di cui alla celebre definizione di Seneca. Il comportamento di Gigante, coerente con la vecchia esperienza di legionario e con il senso di giustizia e di equilibrio con cui aveva governato il Comune durante il mandato affidatogli più volte, fu a maggior ragione apprezzabile in quanto improntato a una grandezza che sottolinea per contrasto la perversa miseria degli assassini[2] e opposto a quello di tutti coloro che, già dal 1943, avevano abbandonato incarichi di varia responsabilità civile e militare, contribuendo al disastro in misura significativa.

Conviene aggiungere che la collocazione nell’Arca del Vittoriale è un doveroso omaggio «post mortem» e che in quanto tale costituisce uno spunto di riflessione per gli Italiani migliori, e in linea generale, per tutti gli uomini di buona volontà. In qualche misura, Gigante è assurto a una rinnovata e più completa vita spirituale, in aderenza alla tesi di quanti – come David Ben Gurion – hanno sostenuto che «non muore del tutto chi vive nel ricordo dei posteri» e nel rispetto della suggestiva affermazione contenuta nel carme di Ugo Foscolo, per cui «sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna».

Non a caso, il Presidente della Fondazione del Vittoriale Giordano Bruno Guerri, accogliendo le povere spoglie di Gigante avvolte nella bandiera tricolore ha voluto sottolineare come l’evento del 15 febbraio sia stato il più importante occorso da parecchi anni a questa parte nell’Eremo del Vate, avendo consentito di realizzare una disposizione molto significativa dello stesso Gabriele d’Annunzio completando la schiera delle «presenze» fiumane poste attorno all’Arca del Poeta-Soldato e onorando la storia nell’ambito di un’affermazione non certo effimera di valori fondamentali come quelli della Patria, e nello stesso tempo del dialogo e della cooperazione, che avevano trovato una collocazione chiara e convinta nella Carta del Carnaro (1920).

Le parole che si spendono in occasione delle cerimonie funebri comportano sempre il forte rischio di apparire banali. Non è il caso dell’accoglimento di Riccardo Gigante[3] nell’Arca del Vittoriale, che non costituisce una semplice celebrazione sia pure doverosa e sentita, ma esprime un invito a perseverare nel rifiuto delle iniquità, onorando il Vero e il Giusto col pensiero e con l’azione, secondo l’esempio del Martire che seppe onorare la propria Città e la propria Patria senza alcuna riserva, come avevano fatto i migliori patrioti del Risorgimento Nazionale e dell’Irredentismo Giuliano, Istriano e Dalmata. Un esempio destinato a «egregie cose» perché costituisce un memento, ma soprattutto una lezione, affinché «indocti discant et ament meminisse periti».


Note

1 A parte gli onori destinati ai «compagni» più fedeli, caduti a Fiume e ricordati nel testo, altre Arche erano state riservate a Giancarlo Maroni, che non fu soltanto l’architetto del Vittoriale, ma si era già distinto quale Alpino della Grande Guerra meritando una Medaglia d’Argento; ad Antonio Locatelli, unico Italiano insignito di tre Medaglie d’Oro al Valor Militare, caduto in volo nella Guerra d’Etiopia; e tra i Fiumani che avevano partecipato intensamente all’Impresa, al celebre «Asso di cuori» Guido Keller, protagonista del volo su Vienna e soprattutto di quello su Montecitorio, quando aveva sganciato su Montecitorio il pitale più famoso della storia (ma fiori bianchi sul Vaticano e una rosa sul Quirinale come omaggio alla Regina); oltre all’Ardito Trentino Giuseppe Piffer, ottimo aiutante di campo del Comandante e autore di un avanzato progetto di riforma dell’esercito.

2 La fine del Senatore Gigante fu davvero allucinante, al pari di quella con cui si chiuse la vicenda terrena dei 20.000 infoibati o diversamente massacrati dai partigiani di Tito. Catturato ai primi del maggio 1945, subito dopo l’occupazione slava, venne condotto in agro di Castua, dove sarebbe stato oggetto di sevizie, fucilato e gettato nella fossa comune in cui le spoglie sono rimaste fino alla recente esumazione (con momentanea sistemazione nel Tempio Ossario di Udine prima del riconoscimento ufficiale e traslazione a Gardone). In effetti, secondo una versione «ufficiale» di fonte jugoslava, Gigante sarebbe caduto durante gli ultimi combattimenti intorno a Fiume che ebbero luogo il 2 maggio e si protrassero sino alle prime ore dell’indomani, ma la tesi, oggettivamente di comodo, è contraddetta dalle testimonianze secondo cui fu visto incatenato, mentre assieme agli altri prigionieri degli Slavi procedeva nel comune calvario, in prossimità della stessa Castua; e infine, dal ritrovamento delle ossa nella fossa comune del territorio circostante.

3 Riccardo Gigante, nato a Fiume nel 1881, sin da giovane si era distinto nell’attività giornalistica e culturale con la direzione della «Giovane Fiume» (divenne Presidente della Società omonima nel 1910) e la collaborazione al «Bollettino della Deputazione Fiumana di Storia Patria». Già inviso alla polizia asburgica, allo scoppio della Grande Guerra – come tanti patrioti dell’Irredenta – scelse l’Italia col rischio della forca riuscendo a passare il confine, e trovando impiego nei servizi militari anche alla luce delle sue conoscenze linguistiche di tedesco e croato, e successivamente in sede operativa quale volontario, nonostante la salute precaria, quando conseguì la promozione a tenente per merito, oltre alla Croce di Guerra al Valore. Dopo la Vittoria, fu Sindaco per tutto il periodo dannunziano, schierandosi con il Comandante nel rifiuto di ogni possibile compromesso – tra cui quello del cosiddetto «modus vivendi» nel dicembre 1919 – e partecipando attivamente all’epilogo del Natale di Sangue, sia sul piano militare, sia nelle trattative di resa. Fedele alla soluzione annessionista che divenne realtà nel 1924, ebbe vari incarichi in campo giornalistico, collaborando attivamente alla «Vedetta d’Italia» e alla rivista «Fiume», e nell’Istituto di Storia del Risorgimento. Successivamente, fu Podestà del capoluogo quarnerino dal 1930 al 1934, e poi Senatore del Regno dal medesimo 1934 al 1943, mentre nel 1937 ebbe anche l’incarico di Presidente della Società Fiumana di Navigazione. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, sebbene fosse stato piuttosto critico nei confronti di Benito Mussolini, e fedelissimo a Gabriele d’Annunzio anche successivamente alla morte del Vate (1938), aderì alla Repubblica Sociale Italiana ricoprendo per qualche tempo il ruolo di Prefetto, sempre a Fiume, salvo essere sostituito da Temistocle Testa in quanto più propenso a uniformarsi alle direttive tedesche. Tutte «colpe» comunque imperdonabili da parte di chi non avrebbe fatto mistero, come fu ammesso dai massimi collaboratori di Tito quali Edvard Kardelj e Milovan Gilas, del criminale disegno di pulizia etnica, ancor prima che politica.

(aprile 2020)

Tag: Carlo Cesare Montani, Gabriele d’Annunzio, Riccardo Gigante, Repubblica Sociale Italiana, Mario Asso, Arca del Vittoriale, Impresa di Fiume, Natale di Sangue, Italo Conci, Antonio Gottardo, infoibati, Castua, irredentismo, Luigi Siviero, Lucio Anneo Seneca, David Ben Gurion, Ugo Foscolo, Giordano Bruno Guerri, Giancarlo Maroni, Giovane Fiume, Olocausta, Bollettino della Deputazione Fiumana di Storia Patria, Antonio Locatelli, Guido Keller, Giuseppe Piffer, Benito Mussolini, Temistocle Testa, Josip Broz detto Tito, Edvard Kardelj, Milovan Gilas, Mausoleo di d’Annunzio, Gardone, Tempio Ossario di Udine, foibe, Vedetta d’Italia, Fiume.