Rapporti tra i cittadini ebrei e il fascismo nel periodo precedente alla promulgazione delle leggi razziali
Varietà di atteggiamenti degli Ebrei Italiani nei confronti del regime fascista


Introduzione

Questo articolo intende esporre quali furono le varie posizioni assunte, nei confronti del fascismo, da parte degli Ebrei Italiani. Ovviamente ciascuno di loro agì secondo la propria coscienza e, di conseguenza, vi furono coloro che si opposero fieramente a tale nuova ideologia. Allo stesso tempo alcuni ne risultarono affascinati. Occorre subito precisare che non vi fu, in alcun modo, una adesione di massa al fascismo da parte della comunità ebraica. I pochi sostenitori di tale visione, probabilmente, intendono ascrivere agli Ebrei stessi la responsabilità di quanto accadde loro in conseguenza delle Leggi Razziali. Gli Ebrei Italiani erano completamente integrati nella società italiana, a differenza di quanto si poteva notare in alcune comunità ebraiche dell’Europa Orientale dove, effettivamente, molti Ebrei mantenevano un certo distacco dal resto della popolazione.

In Italia, non essendovi alcuna segregazione volontaria oppure imposta, era logico che gli Ebrei, così come il resto degli Italiani, assumessero posizioni differenti quando era chiesto loro di stabilire quale comportamento assumere nei confronti di una ideologia nazionalista che, tramite metodi violenti, stava man mano assurgendo al potere.


Ebrei ostili all’ideologia fascista

Tra i primi oppositori a Mussolini va ricordato il giornalista socialista Claudio Treves. Il quale, già nel marzo del 1915, aveva sfidato a duello Mussolini in quanto non condivideva l’impegno che stava profondendo affinché l’Italia partecipasse alla Prima Guerra Mondiale. Fu un duello molto cruento dove entrambi i contendenti subirono diverse ferite. Si presume che solamente l’intervento dei padrini evitò che uno dei due perdesse la vita. I conoscenti di Claudio Treves sostenevano che il giornalista odiasse la retorica e la demagogia. Pertanto, Benito Mussolini non poteva che essere un suo antagonista.

Il socialista modenese Pio Donati dimostrò subito la sua avversione nei confronti dell’infervorato nazionalismo dimostrato dai fascisti. Donati sosteneva che anche i socialisti provavano un amore verso l’Italia e che l’avrebbero voluta prospera. Però, asseriva che amare la propria patria non doveva intendere che occorresse odiare le patrie altrui. Subì diverse aggressioni da parte delle squadre di bastonatori fascisti. Di conseguenza fu costretto a lasciare l’Italia per morire in esilio.

Il magistrato Lodovico Mortara, nel 1922, palesò di non aver alcun timore quanto dichiarò anticostituzionale un provvedimento legislativo voluto dal nuovo Presidente del Consiglio: Benito Mussolini. Il coraggioso magistrato, però, venne anticipatamente pensionato.

Negli anni Trenta, quando cominciarono a divenire sempre più stretti i rapporti tra l’Italia fascista e la Germania nazista, si acutizzò il sentimento di avversione degli Ebrei nei confronti del regime. Tra i molti antifascisti va ricordato il letterato Leone Ginzburg, il quale morirà nel 1944 in seguito alle sevizie inferte dai nazisti. Prossimo ormai alla fine affermò al compagno di cella Sandro Pertini: «Guai a noi se un domani riverseremo, contro tutto il popolo tedesco, l’odio che proviamo nei confronti dei nazisti».


Ebrei sostenitori del fascismo

Il militare Aldo Finzi ricoprì il ruolo di Sottosegretario agli Interni nel Governo formato da Benito Mussolini. La sua storia rappresenta uno dei casi più tragici tra gli Ebrei che sostennero il fascismo. Man mano si dimostrò sempre più critico nei confronti del regime, tanto da essere anche condannato al confino. Successivamente aderì alla Resistenza e venne ucciso alle Fosse Ardeatine nella rappresaglia nazista seguente all’attentato di Via Rasella.

L’imprenditore Gino Olivetti è ricordato, tra le altre cose, per essere il fondatore di Confindustria. Alla comparsa del fascismo fu uno dei suoi finanziatori. Dopo la promulgazione delle Leggi Razziali riuscirà a salvarsi dalle persecuzioni rifugiandosi in Argentina.

Tra gli Ebrei sostenitori dell’ideologia fascista si staglia la figura dell’esperta d’arte Margherita Sarfatti. La quale fu anche l’amante di Benito Mussolini. Non è l’obiettivo di questo articolo analizzare i sentimenti del dittatore. Ma nei confronti delle donne Mussolini aveva, di solito, un rapporto «machista» e sovente opportunista. Pertanto, non è da escludere che abbia voluto servirsi dell’agiatezza e della posizione sociale della Sarfatti. La sua casa era frequentata da intellettuali e da artisti. Scrisse anche una biografia di Mussolini, la cui pubblicazione conseguì un enorme successo. Man mano il Duce la allontanò da lui. In seguito alle Leggi Razziali lasciò l’Italia e, con gli anni, considerò gli errori che aveva commesso sostenendo politicamente Benito Mussolini e donandogli il proprio amore.


Posizione ambigua di Mussolini

Le posizioni di Mussolini nei confronti dell’Ebraismo furono ambigue fin da subito. Nel 1919 asseriva che la Rivoluzione Russa era consistita in una sorta di vendetta dell’Ebraismo nei confronti del Cristianesimo, in quanto una buona parte dei leader sovietici erano Ebrei.

Nello stesso periodo, però, asseriva che in Italia non vi fosse alcuna differenza tra Ebrei e non Ebrei. Inoltre, diffidava i partiti antisemiti, presenti in alcuni Paesi Europei, nell’esprimere una qualsiasi forma di contiguità ideologica con il fascismo.

Ancora nel 1932, pochi anni prima dell’abbraccio funesto con Adolf Hitler, asseriva di essere molto dubbioso sul concetto scientifico di razza. Inoltre, elogiava gli Ebrei per il valore che avevano dimostrato combattendo nelle trincee della Prima Guerra Mondiale.

Quando, a causa delle persecuzioni naziste, molti Ebrei fuggivano dalla Germania, Mussolini li accolse in Italia facilitando la loro emigrazione verso la Palestina. In questa condotta, però, è possibile riscontrare un ipotetico comportamento opportunistico di Mussolini. La Palestina era amministrata dalla Gran Bretagna e non è da escludere che il Duce, facilitando l’ingresso di migliaia di Ebrei, volesse acuire gli attriti nei confronti della comunità araba, in modo che i Britannici dovessero affrontare delle difficoltà notevoli per imporre una sorta di pacificazione. Inoltre, non è da escludere che Mussolini, assumendo delle posizioni filosioniste, intendesse esercitare una sorta di influenza italiana in quell’angolo di Medio Oriente.

Se Mussolini fosse stato fedele alle sue dichiarazioni, nelle quali asseriva di non provare alcun sentimento ostile nei confronti degli Ebrei, avrebbe sicuramente ammonito il gerarca fascista e antisemita Roberto Farinacci. Costui, sulla sua rivista «Il Regime Fascista», continuava a sostenere che gli Ebrei non dovessero essere considerati Italiani. Inoltre, portò in Italia le teorie antisemite formulate dal Ministro della Propaganda Nazista, Joseph Goebbels. Durante la Seconda Guerra Mondiale non fece assolutamente nulla affinché la sua ex segretaria, di religione ebraica, venisse deportata ad Auschwitz, dove morì.


Conclusioni

Nel 1938, con la promulgazione delle Leggi Razziali, non vi fu più alcun dubbio sulla politica razziale del Partito Fascista. Il 18 settembre di quell’anno, durante un discorso a Trieste il Duce dichiarò:

«L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo».

Gli Ebrei Italiani non rimasero del tutto attoniti udendo quella dichiarazione. Ormai, da circa un anno, erano vittime di una crescente propaganda antisemita. Suggellata, nel luglio del 1938, dal cosiddetto Manifesto della razza, in cui si teorizzava, partendo da presupposti scientifici molto opinabili, che gli Italiani appartenessero a una razza pura. Dalla quale erano esclusi gli Ebrei.

Alcuni sostengono che le posizioni antisemite assunte da Benito Mussolini fossero un modo per assecondare il potente alleato Adolf Hitler. Ritengo che questa possibile interpretazione dovrebbe costituire un’aggravante. Il discriminare una minoranza esclusivamente per compiacere un alleato dovrebbe considerarsi un’azione vile e spregevole.

È più probabile che il Duce fosse, in realtà, indifferente nei confronti degli Ebrei. Disponibile a servirsi di alcuni di loro nel caso tornasse utile il prestigio sociale ed economico. Allo stesso tempo impassibile nel lasciarli cadere vittima di una legislazione che li relegò ai margini della società. Esclusi dalle Università, dalle scuole, dalle forze armate e da molte libere professioni. A partire dal settembre del 1943, con l’avvento della Repubblica Sociale, Mussolini mostrò la sua indifferenza anche quando i nazisti iniziarono a deportare gli Ebrei Italiani nei lager. Infatti, le forze armate e di polizia repubblichine collaborarono, in modo spregevole, nelle attività di rastrellamento e di indagine volte a individuare i nascondigli dove gli Ebrei speravano di trovare rifugio contro la catastrofe che si era abbattuta su di loro.

Indubbiamente se gli Ebrei, negli anni Venti e nei primi anni Trenta, avessero conosciuto la sciagura verso la quale stavano procedendo, avrebbero evitato ciascuna forma di sostegno al fascismo.

Forse alcuni Ebrei videro nel fascismo dei primi anni, un legittimo continuatore dei principi risorgimentali. Un Risorgimento al quale gli Ebrei avevano partecipato con entusiasmo, vedendo nello Statuto Albertino del 1848 e nella Breccia di Porta Pia del 1870 la fine delle secolari discriminazioni contro di loro. Purtroppo, il fascismo non aveva alcuna intenzione di ergersi a garanzia di tali valori. Infatti, nel corso degli anni, mantenne un atteggiamento opportunistico pronto ad abietti cambiamenti di posizioni politiche, in modo da assicurarsi appoggi influenti. Garantendo così la continuità del regime dittatoriale.

(ottobre 2021)

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