Bombacci, il comunista che simpatizzava per il fascismo
Ribelle, esuberante, riteneva che il fascismo potesse realizzare lo stato del proletariato

È possibile passare dall’estrema sinistra all’estrema destra? Forse si sarebbe tentati di rispondere che è qualcosa di difficile, ma abbiamo molti casi in cui questo è avvenuto. Pensiamo ai cosiddetti sindacalisti rivoluzionari del primo Novecento, ma anche allo strano intervento di Togliatti che lanciò nel 1936 l’appello di cooperazione ai «fratelli in camicia nera», ricordiamo poi chi si mosse nel senso contrario, gli intellettuali (fra gli altri il grande filosofo Ugo Spirito) che scrivevano su riviste fasciste, passati successivamente al movimento comunista.

Nicola Bombacci, spirito ribelle e grande oratore, caratterialmente abbastanza simile a Mussolini, avvertiva il fascino dei miti e di quelle situazioni emotive che colpivano le masse. Si distinse per essere stato un grande leader della sinistra socialista e comunista, successivamente ritenne che il fascismo avrebbe creato lo stato dei lavoratori e negli anni della Repubblica Sociale assunse nuovamente un ruolo di primo piano strettamente a fianco di Mussolini.

Bombacci, proveniente da una famiglia contadina che coltivava un appezzamento di proprietà della locale parrocchia, frequentò il seminario, ma successivamente divenne maestro delle scuole elementari. All’età di 24 anni scoprì il socialismo (1903). Fu antinterventista e nel 1918 affiancò Costantino Lazzari come segretario del partito socialista su posizioni rivoluzionarie. Venne arrestato per disfattismo, ma ritornò presto in libertà, mostrò un certo interesse per l’impresa di D’Annunzio a Fiume, uno dei suoi ultimi atti da dirigente socialista fu il tentativo di espulsione del moderato Filippo Turati che sarebbe giunto in seguito. Sentì fortemente il fascino della Rivoluzione Russa, fu amico personale di Lenin dal quale ricevette denaro per la sua attività politica. Fu uno dei principali fondatori del Partito Comunista d’Italia, deputato e segretario del gruppo parlamentare comunista nonché membro del Comitato Centrale. Progressivamente avvertì che il nuovo regime fondato da Mussolini presentava alcune caratteristiche che lo allontanavano dal tradizionale sistema liberale e conservatore e pertanto ritenne che fosse possibile un avvicinamento fra social comunisti e fascisti. Nel 1923 espresse il suo gradimento per il riconoscimento diplomatico da parte del governo fascista, uno dei primi in Europa, dell’Unione Sovietica. Per tale ragione venne espulso dal partito comunista ma subito riammesso per volontà di Zinoviev capo dell’Internazionale Comunista. All’interno del partito comunista si schierò con Angelo Tasca contrario alla politica aggressiva verso i socialisti, ma nel 1927 venne espulso nuovamente.

Con l’espulsione e la rottura dei suoi rapporti di collaborazione con l’ambasciata russa, si ritrovò in una situazione economica personale difficile e venne sostenuto dal suo vecchio amico Mussolini. Nel 1933 poté quindi aprire un suo giornale, «La Verità» insieme all’ex sindacalista rivoluzionario Arturo Labriola e altri esponenti socialisti che sostenevano un fascismo di sinistra fortemente filo proletario. Il giornale sostenne apertamente il corporativismo nonché l’idea di autarchia e di un conflitto fra «popoli giovani» e plutocrazie. Un suo stretto collaboratore scrisse: «Giorno verrà, in cui il sovieto, permeandosi di spirito gerarchico e la corporazione di risoluta anima rivoluzionaria, si incontreranno sopra un terreno di redenzione sociale».

Nel 1939 la stipula del Patto Molotov-Ribbetrop lasciò interdetti molti a sinistra, ma l’Internazionale Comunista ordinò ai partiti comunisti degli altri Paesi di sostenerlo. Successivamente dopo l’attacco della Germania all’Unione Sovietica Nicola Bombacci si convinse che il regime di Stalin si avvicinava ai capitalisti e che fosse opportuno sostenere i Paesi dell’Asse. Come sappiamo nel fascismo avevamo due componenti, quella originaria formata da ex socialisti ed ex sindacalisti rivoluzionari, la più estremista e quella successiva formata da «uomini d’ordine», conservatori che temevano la rivoluzione bolscevica. Il nostro leader non ebbe grande spazio nel periodo degli anni Trenta, ma tutto cambiò quando nel ’43 si formò la Repubblica Sociale. La prima corrente riprese vigore e Bombacci divenne un collaboratore particolarmente stretto di Mussolini. Bombacci contribuì alla Costituzione della Repubblica Sociale Italiana, quella che noi chiamiamo Carta di Verona e al progetto di socializzazione delle imprese. La socializzazione non fu un evento da poco ma ebbe scarsa attuazione, da una parte i tedeschi temevano che essa portasse al blocco dell’attività industriale, dall’altra gli operai sapevano che il nuovo governo fascista sarebbe crollato da lì a poco. Bombacci organizzò molti comizi nelle fabbriche parlando di un nuovo fascismo più vicino agli interessi dei lavoratori ma con un successo limitato. Finì i suoi giorni in compagnia di Mussolini in fuga, venne fucilato insieme agli altri gerarchi e il suo corpo fu esposto in maniera indecorosa a Piazzale Loreto.

(novembre 2021)

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