L’Altare della Patria
Momento fondante di effettiva unità nazionale italiana

Tutte le campane d’Italia suonarono a distesa il 4 novembre 1921, mentre a Roma il feretro del Milite Ignoto veniva deposto nel Vittoriano, che da quel momento sarebbe diventato l’Altare della Patria. Si concludeva così una serie di celebrazioni a cui tutto il popolo aveva partecipato unitariamente, come si era visto durante il lungo viaggio del Soldato Sconosciuto da Aquileia a Roma: un percorso coperto nel volgere di un’intera settimana, onde permettere a città e paesi di tutte le regioni attraversate dal treno speciale di porgere un omaggio che, come attestano i filmati dell’epoca, fu veramente sentito e condiviso, nonostante la virulenza della lotta politica che ebbe a caratterizzare un aspro e polemico dopoguerra.

I rintocchi delle campane furono un segno della Conciliazione ormai ineludibile, anche se quella ufficiale sarebbe stata sottoscritta otto anni dopo, auspice il Governo Fascista di Benito Mussolini e la comune disponibilità a chiudere una lunga pagina di antinomie, iniziata nel 1870 a Porta Pia e proseguita nella lunga stagione del «non expedit» fino al Patto Gentiloni del 1913 che vide il primo ritorno dei Cattolici nel confronto politico nazionale, formalizzato tre anni dopo nell’adesione al Governo di Solidarietà Nazionale presieduto da Paolo Boselli. In effetti, fu soltanto nel 1929 che l’esigenza di un confronto improntato al reciproco rispetto venne statuita anche sul piano diplomatico, dove l’omaggio ai Caduti della Grande Guerra ebbe un utile ruolo integrativo, ma certamente non marginale.

Il Vittoriano era stato inaugurato nel 1911 dopo tanti anni di un lavoro difficile e complesso, ampiamente descritto nella «Patria di marmo» evocata da Marcello Venturoli in occasione del centenario (1961) e riproposto con «Altare della Patria» da Bruno Tobia in concomitanza con le non dimenticate celebrazioni dei 150 anni dall’Unità (2011) e in coincidenza col primo secolo di quel monumento dalle dimensioni inusitate (non solo per l’Italia) con cui si era inteso onorare il Risorgimento e il suo protagonista Vittorio Emanuele II.

La storia del Vittoriano è interessante anche dal punto di vista tecnico per gli straordinari lavori di preparazione che si protrassero per anni, e per la scelta del materiale: contrariamente al parere del progettista, Giuseppe Sacconi, che secondo la logica della contiguità e delle tradizioni locali avrebbe preferito il travertino romano, fu deciso di impiegare il botticino lombardo, con una decisione a sorpresa a cui sembra non sia stato estraneo, in quanto bresciano, il presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli.

Furono utilizzati circa 10.000 metri cubi netti di marmo, pari ad almeno 300.000 quintali, impegnando centinaia di treni che trasportarono il materiale da Rezzato (la stazione ferroviaria più vicina alle cave e allo stabilimento di lavorazione) a Roma Ostiense, dove era stato predisposto un grande deposito con annesso cantiere di finitura. Si trattò di un lavoro davvero ciclopico reso più arduo dai mezzi dell’epoca non certo avanzati e dalle ricorrenti difficoltà finanziarie, senza dire delle lunghe discussioni per la collocazione della statua equestre del Sovrano, opera dello scultore friulano Emilio Chiaradia.

Dopo la Grande Guerra il monumento assunse una straordinaria importanza etica, giunta al massimo livello di adesione popolare proprio nel 1921, quando – col nuovo Sacello del Milite Ignoto – venne elevato alla suprema dignità di «Altare della Patria»: un luogo sacro in cui tutti gli Italiani potevano, possono e potranno riconoscersi senza distinzioni. Possibilmente, elidendo antiche e spesso effimere contrapposizioni.

Ciò, nello stesso spirito, patriottico e struggente, che nel terzo anniversario della Vittoria li aveva visti inginocchiarsi al lento incedere del convoglio con cui il feretro del Milite venne condotto a Roma sotto una pioggia di fiori, momento fondante di una nuova Italia più consapevole e matura. Oggi, superate le vecchie discussioni di natura urbanistica, economica ed estetica, l’Altare della Patria, alla luce della sua continuità senza tempo, appartiene a una coscienza collettiva certamente trasversale o meglio universale, perché il Soldato Ignoto è onorato in tutti i grandi Paesi, quale simbolo di valori perenni, condivisi dagli uomini di buona volontà.

L'Altare della Patria

L'Altare della Patria, Roma (Italia); fotografia di Simone Valtorta, 2005
(agosto 2019)

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