Il separatismo siciliano (1943-1947)
La difficile condizione dell’isola e l’incertezza nazionale portarono ad una situazione drammatica di scontro dai contorni confusi

Il separatismo siciliano è stato un fenomeno politico di breve durata, ma estremamente drammatico, fortemente trascurato per motivi diversi da storici e commentatori politici. La Sicilia aveva conosciuto diversi periodi di anarchia politica, e il movimento separatista caratterizzato dalla sua estrema labilità ideologica, si inserì in quel periodo di forte assenza dei poteri che si ebbe nel periodo immediatamente successivo allo sbarco Alleato del ’43. Componenti essenziali del movimento separatista furono i grandi proprietari terrieri, i mafiosi e le organizzazioni politiche di Sinistra a carattere locale, gruppi che pur parlando di un generico comportamento ingiusto ed autoritario del Governo centrale verso l’isola (sia da parte del regime fascista sia da parte dei Governi precedenti), non arrivarono ad un programma comune e solo per breve tempo militarono nelle stesse associazioni.

Gli Angloamericani sbarcati nel luglio ’43 sull’isola vennero accolti abbastanza favorevolmente dalla popolazione, e come ricorda il giornalista Salvo Barbagallo i separatisti affissero nella Palermo liberata manifesti dove si affermava decaduta la monarchia sabauda e si chiedeva una Sicilia «indipendente a regime repubblicano», nei mesi successivi si arriverà poi alla esplicita richiesta di far parte degli Stati Uniti d’America come quarantanovesimo Stato. I separatisti si diedero una organizzazione, il Movimento Indipendentista Siciliano, con a capo un personaggio di una certa rilevanza, Andrea Finocchiaro Aprile, che in precedenza era stato sottosegretario di Nitti, ma nel periodo successivo si era spostato (sia pure in maniera ondivaga) a sinistra, e oltre alle richieste separatiste la nuova associazione chiedeva provvedimenti a favore dei contadini e la «trasformazione del latifondo». Gli Angloamericani nominarono molti sindaci dei paesi liberati fra gli esponenti del nuovo movimento, oltre che fra i capi mafiosi (in precedenza perseguitati dal fascismo) che avevano collegamenti con la mafia americana. Molti ritenevano che anche i Britannici vedessero con favore una Sicilia simile ad una Malta allargata strettamente loro alleata, ma l’opposizione del Governo italiano (ed anche di quello sovietico) spinse gli Alleati ad un progressivo raffreddamento dei rapporti con il nuovo movimento.

La Sicilia aveva meno sofferto di altre regioni degli effetti negativi della guerra, tuttavia risentiva molto del problema del razionamento e degli ammassi obbligatori del grano, istituzione non gradita dai contadini che trovavano ovviamente più vantaggioso vendere i loro prodotti al mercato nero, inoltre anche a causa dell’evasione dalle carceri le strade e le località isolate erano esposte all’attacco di numerose e agguerrite bande criminali.

Il primo evento terribile si ebbe a Palermo il 19 ottobre del ’44, i dipendenti del Comune manifestavano per ottenere una indennità di carovita, ad essi si unirono i popolani dei quartieri poveri che chiedevano «pane e lavoro» e circondarono in maniera minacciosa la Prefettura. Quando sopraggiunse un camion di soldati per difendere il palazzo venne accerchiato e bersagliato da pietre e forse dal lancio di una bomba, i soldati risposero al fuoco facendo un gran numero di morti che a seconda delle stime furono 19 o 30. Il giorno stesso il Comitato di Liberazione Nazionale approvò un decreto sull’assegnazione delle terre non coltivate o mal coltivate a cooperative di contadini locali, norma che venne usata anche con un certo arbitrio nei confronti dei proprietari le cui terre venivano invase (e le coltivazioni distrutte) al fine di renderle assegnabili. Il nuovo decreto portò alla nascita di improvvisate leghe di contadini e a numerosi disordini in tutto il Meridione. Anche nei mesi precedenti si erano avuti provvedimenti governativi a favore dei lavoratori agricoli (ripartizione favorevole ai mezzadri) che diedero però origine a molte controversie e scarsi risultati positivi, creando un notevole imbarazzo alla Sinistra che si trovava contemporaneamente al Governo e nelle manifestazioni antigovernative. Nel ’45 si ebbero nuovi provvedimenti sociali alcuni dei quali molto sfavorevoli agli imprenditori, il blocco dei licenziamenti, la scala mobile, mentre il Governo provvedeva alla cassa integrazione e ai lavori pubblici straordinari per far fronte alla diffusa disoccupazione. Nel Nord per un certo periodo le fabbriche erano occupate e gestite dai lavoratori, mentre i partiti di Sinistra chiedevano ulteriori dure misure, come l’imponibile di manodopera (obbligo di assunzioni nel settore agricolo), l’imposta patrimoniale e la socializzazione delle imprese, che incutevano panico nel mondo economico. Le organizzazioni sindacali infine tentarono di imporre le assunzioni di lavoratori scelti dalle loro organizzazioni, e promossero una particolare forma di lotta, lo «sciopero alla rovescia» con gruppi di lavoratori che arbitrariamente realizzavano opere su terreni e reclamavano una retribuzione dal proprietario.

Il mese successivo si ebbe un’iniziativa di per sé certamente non straordinaria, ma che provocò una grande quantità di proteste, il richiamo sotto le armi al fine di ricostituire un esercito che affiancasse gli Alleati. La prima città dove si ebbero sommosse fu Catania dove venne incendiato il Municipio, il Tribunale, l’Esattoria e l’Ufficio Leva. Nelle settimane successive si costituì quello che è stato chiamato il movimento dei «Non si parte!» composto da elementi di Sinistra ma anche da ex fascisti. A Giarratana venne assaltata la caserma dei carabinieri, sottratte le armi e si diede fuoco al Municipio e al Dazio. A Ragusa la folla bloccò un camion dell’esercito che trasportava i giovani destinati al servizio militare, i rivoltosi si impadronirono di gran parte della città erigendo delle barricate. Al termine dei moti si ebbero 18 morti fra carabinieri e soldati, nonché 19 morti fra i civili. I moti si estesero rapidamente nei paesi vicini, a Vittoria il popolo catturava l’intera guarnigione della Guardia di Finanza e liberava i detenuti nel carcere, a Naro venne bruciata la caserma dei carabinieri e l’ufficio delle imposte, ad Avola venne fatto saltare il collegamento ferroviario e si diede l’assalto agli uffici governativi, a Palazzolo venne bruciata la Pretura, la sede del Comune e dell’Ufficio Annonario, in due località si ebbero eventi ancora più gravi. A Comiso, centro agricolo di 25.000 abitanti, popolani e simpatizzanti del fascismo si impadronirono di un camion che trasportava il grano destinato alla popolazione di Vittoria, catturarono i carabinieri della caserma della città, e si procurarono le armi del locale Ufficio di Polizia. A Piana degli Albanesi, vicino a Palermo, si costituì per 50 giorni, diretta da un esponente comunista, la Repubblica Popolare con la confisca del grano nei confronti dei proprietari terrieri. Terminata la guerra la situazione non migliorò. Fra i numerosi episodi di violenza si ebbe nell’agosto del ’46 quello terribile di Caccamo vicino a Palermo, dove i contadini contrari alla consegna del grano all’ammasso aggredirono le forze dell’ordine e diedero vita a scontri che si prolungarono per tre giorni e si conclusero con la morte di 18 (o forse 20) dimostranti e 4 fra carabinieri e polizia. Anche esponenti e partiti di Sinistra subirono degli attacchi, a Villalba, feudo del capo mafia Don Calogero Vizzini, il comizio di Li Causi, uno dei principali esponenti del Partito Comunista Italiano, venne interrotto dall’esplosione di una bomba.

Anche nelle altre regioni del Sud liberate, la situazione non era molto diversa. Nel marzo del ’45 si costituì a Caulonia, una cittadina calabrese vicino a Reggio, una «repubblica popolare» diretta da un comunista con tanto di tribunale del popolo e squadre «partigiane» impegnate in aggressioni, vessazioni e umiliazioni di possidenti. Il periodo rivoluzionario fu breve, ma vide diversi gravi fatti fra i quali l’uccisione di un prete, le successive condanne per i numerosi reati avvenuti in quell’epoca risultarono comunque piuttosto miti. Nello stesso periodo decine di proprietari terrieri, nonché di religiosi, di Andria in Puglia subirono violenze, e alcuni di essi furono uccisi, ad opera di gruppi locali comunisti. Per un certo periodo la città fu in mano agli insorti che assaltarono tutti gli edifici pubblici. I carabinieri accorsi vennero aggrediti e negli scontri morirono due di essi, un agente di polizia e sette rivoltosi, mentre un certo numero di uomini delle forze dell’ordine venne fatto prigioniero. La direzione nazionale del Partito Comunista Italiano mantenne in entrambi gli episodi un atteggiamento molto prudente. Anche nel Nord, specie nelle zone «rosse» le uccisioni e gli atti di intimidazione contro proprietari terrieri e religiosi furono estremamente numerosi, nella sola Emilia Romagna si calcola in alcune centinaia i sacerdoti e i proprietari terrieri uccisi.

È controversa la questione se i moti siciliani di quel periodo fossero sempre collegati al movimento separatista, comunque il Comitato di Liberazione Nazionale prese una posizione molto energica verso gli indipendentisti che avevano dato vita all’EVIS, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, guidato dall’esponente di Sinistra, vicino ai comunisti, Antonio Canepa, e al GRIS, Gioventù Rivoluzionaria per l’Indipendenza della Sicilia, che anche nella denominazione mostrava un orientamento a Sinistra. Secondo una statistica del Ministero degli Interni gli iscritti del Movimento Indipendentista Siciliano erano ben 480.000, molto più numerosi di quelli iscritti a tutti gli altri partiti (Democrazia Cristiana 35.000, Partito Socialista Italiano 7.900, Partito Comunista Italiano 25.000). Nell’aprile del ’45 esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale assaltarono le sedi di Palermo e Catania del Movimento Indipendentista Siciliano. Due mesi più tardi ad un posto di blocco venne fermato un mezzo che trasportava armi, nel conflitto a fuoco che seguì morì Canepa insieme ad altri due alti dirigenti dell’EVIS. Il fatto spinse il Movimento Indipendentista Siciliano ad una politica ancora più dura, e nel convegno di Mondello si decise dopo un aspro dibattito (contrario lo stesso Finocchiaro Aprile) di stringere un accordo con le grandi bande criminali che imperversavano sull’isola. Una di queste bande fu responsabile di un episodio particolarmente turpe, la fucilazione di otto carabinieri precedentemente catturati per i quali si era chiesto lo scambio con un dirigente separatista arrestato. Il Governo Parri decise d’autorità la chiusura di tutte le sedi dei separatisti, e a ottobre Finocchiaro Aprile venne mandato al confino. Fra le bande armate che operavano in quel periodo, ebbe particolare risonanza quella capeggiata da Salvatore Giuliano, il Robin Hood siciliano che «firmava» le sue azioni con un rozzo proclama antifascista. Il personaggio pur rimanendo sostanzialmente un uomo del crimine, prese per un certo periodo molto sul serio la causa separatista, e in un assalto alla sede della radio a Palermo lanciò un proclama in tal senso. Le numerose e incredibili azioni commesse dal bandito comprendevano assalti alle caserme dei carabinieri (150 carabinieri uccisi) nonché sequestri di persona e attacchi alle tenute dei grandi proprietari terrieri (con parte del bottino elargito ai contadini poveri che fornivano aiuti e ospitalità), anni più tardi, nel ’47 fu invece responsabile di un massacro (Portella delle Ginestre, 11 morti) ai danni dei lavoratori che festeggiavano il 1° Maggio in una manifestazione organizzata dalla Sinistra. Molti hanno ritenuto che il bandito si fosse messo al servizio dei latifondisti, ma prove storiche chiare in tal senso non risultano.

Nel ’46 si ebbe un’iniziativa della corrente di Destra del separatismo, la proposta di affidare la Corona di Sicilia a Umberto II nel caso che il referendum sulla monarchia avesse dato un esito negativo. Non risulta che la proposta venne presa in considerazione da parte della Casa Regnante, e comunque il movimento separatista anche per il progressivo riconsolidarsi del potere centrale dello Stato, entrava in un lento declino. Le elezioni per l’Assemblea Costituente furono già deludenti per i separatisti, quelle dell’anno successivo per l’Assemblea della istituenda Regione Sicilia segnarono sostanzialmente la fine del movimento che riportò 171.000 voti (9%), contro i 400.000 della Democrazia Cristiana e i 600.000 del Blocco del Popolo. Finocchiaro Aprile si ritirò dalla politica attiva, mentre il numero due, Antonino Varvaro entrò nel Partito Comunista Italiano, il resto del movimento si disperse in tempi relativamente brevi.

Il separatismo siciliano è stato oggetto di un dibattito molto controverso, essendo considerato da alcuni un movimento di Destra e da altri un movimento di Sinistra. È evidente che fossero presenti nel movimento entrambe le tendenze, più legalitaria quella di Destra, più violenta quella di Sinistra, i fatti terribili di quel periodo pongono sicuramente in una nuova luce la questione sociale meridionale.

(ottobre 2011)

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