Il Palio di San Paolino e altre storie
Curiosità storiche sul Palio di Siena e sulle analoghe manifestazioni lucchesi

Lucca conosce e ha conosciuto manifestazioni importanti sul piano storico che riportano ai Palii più celebri.

Oggi nelle viuzze e nelle piazze medievali della città di Lucca si celebra il Palio di San Paolino. Di ambientazione medievale, si svolge il 12 luglio di ogni anno, in onore del Santo Patrono della città, e primo Vescovo di Lucca. In città l’uso della balestra è di antichissima memoria. Nel 1169 Lucca chiese alla città di Genova una compagnia di balestrieri per difendersi da Pisa. La Repubblica Lucchese dotò quindi il proprio esercito di un gruppo di tiratori scelti con la balestra. Fu poi Castruccio Castracani, il condottiero e Signore di Lucca dal 1316 al 1328, ad istituire un premio per potenziare l’uso della balestra, organizzando gare cittadine che permettessero di allenare i balestrieri persino quando non erano in corso combattimenti. Alcuni studiosi ritengono che la prima gara con balestra si sia disputata nel XIII secolo; è certo che il 29 giugno del 1443 il Vessillifero di Giustizia della Repubblica di Lucca fece emanare un Regolamento per disciplinare le gare con balestra. Questo Regolamento, che si conserva presso l’Archivio di Stato di Lucca, è il più antico Regolamento per far di tiro esistente in Europa.

L’arte della balestra col passare del tempo fu soppiantata da armi più moderne ed efficaci per la difesa e così anche in Lucca la gara con balestra fu sostituita da gara con schioppetti.

Tuttavia nell’ottobre del 1970 fu nuovamente fondata in Lucca una Compagnia di balestrieri che ha permesso per finalità ricreative la rinascita della tradizione lucchese del «balestrare» con la ricostituzione del Palio della balestra. I tiratori appartengono ai tre terzieri della città che sono San Paolino col colore rosso, San Salvatore col colore verde, e San Martino col colore nero.

Ogni anno questa suggestiva festa inizia a partire dall’11 luglio, vigilia di San Paolino, con sbandieratori e figuranti per le vie della città in corteo. Sempre l’11 nella Basilica di San Paolino si svolge una Messa dove si benedice il Palio non prima di aver sorteggiato l’ordine in cui i balestrieri dovranno il giorno successivo presentarsi al tiro.

Sempre durante questa funzione religiosa viene cantato il Mottettone, una composizione polifonica di tipo corale e strumentale, la quale prevede l’impiego di una grande orchestra unitamente ad un doppio coro. Questa composizione viene realizzata anno per anno da musicisti lucchesi.

Il 12 luglio al mattino il Banditore percorre le vie cittadine leggendo il Bando di sfida. A quel punto i figuranti partono da una porta delle Mura cittadine, Porta San Pietro, raggiungono la Basilica di San Paolino e lì si svolge ancora una funzione religiosa.

Il Palio vero e proprio si ha in notturna sul sagrato di Piazza San Martino, di fronte al Duomo cittadino. Il tutto accompagnato da figuranti, sbandieratori, musici, uomini in arme.

Il compito di ogni concorrente è quello di scagliare una sola verretta recante scritto il proprio nome dalla distanza di 36 metri, per colpire un bersaglio. Al termine della gara un Maestro d’Armi assieme al Collegio giudicante decreta il vincitore che si aggiudica la sua verretta col proprio nome e un collare d’argento che terrà per l’intero anno.

Lucca in verità ha conosciuto nei secoli passati un palio con cavalli alla stregua del celebre Palio di Siena, con cui fra l’altro si «gemellò».

Dagli Atti processuali presenti in Archivio a Siena, in un faldone che conserva i carteggi del Capitano di Giustizia, è emerso che il 24 settembre 1757 venne corso un palio a Lucca. Sono stati gli studiosi Alessandro Ferrini e Orlando Papei ad indicare ciò che fino al momento del rinvenimento del faldone non era conosciuto.

Sapevamo infatti che a Lucca era stata disputata una carriera con gli stessi personaggi del Palio di Siena il 14 settembre 1756. Essa vide protagonisti alcuni fantini e contrade senesi e fu vinta dal Montone. Alla contrada che vinse fu corrisposto sia un premio in denaro che un drappellone, oggi esposto al Museo delle Vittorie di Siena, in Via dei Servi.

Lo stemma del dipinto raffigura una città che non è Siena, e là dove di solito troviamo la figura della Vergine Maria qui c’è il Crocifisso e la scritta «Libertas» appartenuta alla Repubblica Senese. In basso a sinistra anche un fascio con un’ascia. Ora l’arma era in quel momento assente nei drappelli delle contrade senesi, non si spiega poi la scritta «Libertas» poiché la città di Siena era in quel periodo sotto i Medici e poi sotto i Lorena. In verità la presenza di tale simbologia è dovuta al riferimento alla città di Lucca, libera Repubblica. E infatti ai lati di quel dipinto ci sono due pantere, simbolo lucchese.

In Lucca i due palii con cavalli di riferimento, quello dell’anno 1756 e del successivo (1757) vennero corsi durante i festeggiamenti settembrini di Santa Croce e quelle giostre si svolsero entrambe nel «Prato del Marchese», residenza estiva dei Marchesi di Tuscia a partire dall’Alto Medioevo. La tradizione vuole che questa residenza possa aver visto i natali di Matilde di Canossa. Certamente qui ella soggiornò spesso con sua madre, Beatrice di Lorena.

Anticamente la zona contrassegnata col nome «Prato del Marchese» giungeva fino al Ponte del Marchese, ossia presso l’attuale Ponte San Pietro, che sovrasta il fiume Serchio, a circa due chilometri dalla cinta muraria. La parte del «Prato del Marchese» che si trovava all’interno dell’ultima cerchia di mura cittadine e che conservò questo nome sino ai primi del Novecento, fu utilizzata nei secoli XVIII e XIX come luogo di spettacoli e corse, tanto da avervi costruito un anfiteatro di legno, poi abbattuto. Questo anfiteatro era piuttosto corposo, di forma ellittica, con l’asse maggiore che misurava 163 metri, e l’asse minore di 78 metri.

La pista era lunga 404 metri e nelle corse la si doveva percorrere per ben quattro volte. Poteva contenere 3.500 persone, e in casi di particolare affluenza le persone potevano occupare anche il centro.

Alcune fonti e stampe dell’epoca indicano che le corse si svolgevano anche nella centrale Piazza dell’Anfiteatro, la quale sorge sui resti di un anfiteatro romano di cui mantiene la forma ellittica.

Al Palio del 1756 presero parte alcune contrade di Siena con diversi fantini; mentre nel 1757 partecipò un solo fantino senese. Si trattava di Vincenzo Biondi, che in seguito si rivolse in Tribunale a Siena per ottenere quanto precedentemente pattuito come compenso, dato che in quella circostanza fu il vincitore del Palio.

Il manoscritto precisa che al Biondi furono riconosciute dal Tribunale le sue richieste con sentenza del 14 aprile 1758. Dovremo aspettare ben cento anni prima che le contrade senesi vadano nuovamente a correre in altra città, ossia la contrada della Chiocciola vinse il 28 settembre 1856 in Firenze.[1]

Una realtà, quella dei palii, presente in diverse regioni italiane, ma che in Toscana vede indubitabilmente una particolare attenzione. Curiosità storiche che ci permettono un tuffo in un lontano passato.


Nota

1 Archivio di Stato di Siena, Capitano di Giustizia 890, processo 151, 27 gennaio 1758. È possibile consultare anche il sito www.valdimontone.it.

(settembre 2018)

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