Laura Antonelli
(Pola, 28 novembre 1941 – Ladispoli, 22 giugno 2015)

Laura Antonelli

Laura Antonelli

Le glorie effimere passano ma i valori restano. L’assunto vale anche per la dolorosa scomparsa di Laura Antonelli che è «tornata alla Casa del Padre» dopo una vita di grandi successi e grandi sofferenze.

Nata in piena Guerra Mondiale, aveva sofferto sin da piccola il dramma dell’Esodo dall’Istria e dell’allucinante campo profughi di Napoli, dove visse assieme alla famiglia una dolorosa esperienza che l’avrebbe segnata ed accompagnata per tutta la vita, rendendola insicura e fragile. Nondimeno, al pari di tanti giovani esuli, aveva completato gli studi e dopo avere conseguito il diploma dell’ISEF si era trasferita a Roma iniziando ad insegnare educazione fisica presso il Liceo Artistico di Via Ripetta.

Il resto è storia che la grande stampa ha illustrato con dovizia di particolari, talvolta frutto di fantasie troppo fertili e di interpretazioni spesso estensive. Sta di fatto che l’incontro di Laura col mondo dello spettacolo fu sostanzialmente casuale, e non privo di motivazioni economiche, analoghe a quelle di tante famiglie esuli.

La straordinaria bellezza e le indubbie capacità di interpretare i suoi personaggi furono determinanti nel condurre Laura ai vertici del cinema: non solo della cosiddetta «commedia all’italiana» ma anche di opere altamente impegnative. Le sue tante pellicole (una cinquantina), alcune delle quali ne avrebbero esaltato il fascino assieme alle indubbie doti artistiche (come L’Innocente di Luchino Visconti, tratto dalla celebre opera dannunziana, od Il Malato immaginario e L’Avaro di Tonino Cervi, ispirati a quelle di Molière; la prima con Giancarlo Giannini e le altre due con Alberto Sordi), raggiunsero livelli record di spettatori e di incassi, ed i riconoscimenti artistici furono suffragati da diversi premi prestigiosi, tra cui il «Nastro d’Argento», la «Grolla d’Oro» ed il «Globo d’Oro» (due volte).

Nondimeno, quel mondo spesso improntato all’esteriorità se non anche al cinismo, che era lontano anni-luce dal contesto delle sue origini, finì per travolgerla, con l’aggiunta di una giustizia miope e discriminante che l’avrebbe perseguitata iniquamente, salvo concederle una tardiva riabilitazione dopo un decennio di sofferenze, con un modesto risarcimento (in un primo momento addirittura offensivo) ottenuto a fronte di un iter tanto lungo quanto penoso.

Laura aveva scelto di vivere a Ladispoli, sulla riviera laziale, davanti a quel mare che le ricordava la sua Istria. Gli ultimi anni, come lei stessa lasciava intendere ai pochissimi amici, quale il parroco Don Alberto Mazzola, furono improntati, in totale riservatezza, alla meditazione ed all’espiazione di peccati che non erano suoi, ma di quel mondo vile da cui era stata ignobilmente sfruttata ed inghiottita.

Le sue condizioni economiche, un tempo più che agiate, erano tornate ad essere precarie, ma poteva contare sulla confortante assistenza del Comune ed aveva conservato una straordinaria dignità, tanto da rifiutare il supporto che avrebbe potuto esserle conferito alla stregua delle leggi vigenti. Non mancano testimonianze degli aiuti che offriva a chi stava peggio di lei, ed a cui aveva destinato gran parte dei risarcimenti di cui si è detto.

Va aggiunto che non era affatto incapace di intendere, come qualcuno voleva insinuare con un ostracismo tanto crudele e pervicace quanto immotivato: secondo testimonianze popolari raccolte in occasione dell’ultimo saluto di Ladispoli, presenti almeno duemila persone e la bandiera istriana posta sul feretro (26 giugno), Laura dialogava con Don Alberto, ascoltava «Radio Maria» ed acquistava persino «La Settimana Enigmistica» all’edicola prossima a casa. Come ha lasciato scritto nell’ultima intervista concessa a «L’Ortica», settimanale della sua città di residenza, viveva spartanamente in una piccola casa, confessava di non avvertire il peso degli anni ed affermava di non avere bisogno di soldi né tanto meno di lussi, leggendo e pregando nella consapevole serenità di «non far male a nessuno».

In effetti, da parecchio tempo si era votata al colloquio con Dio, in una spiritualità che richiama quella delle più grandi conversioni. Quando è stata trovata priva di vita, aveva vicino a sé una Bibbia ed un Vangelo, a testimonianza di una nuova, significativa vittoria della Fede. Unico suo desiderio era di essere lasciata in pace, una pace autentica, come quella che ha raggiunto dopo una vita di sofferta ma nobile ascesa dalla polvere all’altare.

(agosto 2015)

Tag: Carlo Cesare Montani, Laura Antonelli, Italia, Novecento, cinema, Pola, Ladispoli, campo profughi di Napoli, mondo dello spettacolo, commedia all’italiana, Luchino Visconti, Tonino Cervi, Giancarlo Giannini, Alberto Sordi, Istria, Don Alberto Mazzola, Radio Maria, La Settimana Enigmistica, Bibbia, Vangelo.