Spalato, città imperiale
Tra memoria del passato e tensione verso il futuro

Ci sono città incredibilmente antiche che hanno perso memoria della loro nascita, e che la attribuiscono così a personaggi leggendari come Didone o Romolo. Altre città, invece, hanno conservato sicuro ricordo delle proprie origini.

Spalato, la più mediterranea delle città croate, sa benissimo chi è stato il suo fondatore, e il suo primo abitante: e che abitante illustre! Nientedimeno che l’Imperatore Romano Diocleziano, uno dei pochi Sovrani ad abbandonare il soglio imperiale di propria volontà per andarsene in pensione a Spalato e ritirarsi a vivere nel suo maestoso Palazzo, fatto erigere tra il 295 e il 305, e che ancora oggi, sebbene mutilo, impressiona per le dimensioni delle sue mura, delle sue colonne, dei suoi archi: è lungo 216 metri e largo circa 180! Una catena di promontori scogliosi, emersi dal mare ed estesi alla terraferma, formavano nel porto di Spalato piccole insenature tra le quali una era proprio davanti al Palazzo, la seconda ad Ovest e la terza ad Est: il Palazzo di Diocleziano è situato seguendo una tale configurazione, così che il capo dell’insenatura orientale proteggeva la sua facciata dalle onde dei venti meridionali. Proprio davanti alla sua facciata furono trovati nel 1986 alcuni blocchi di pietra, resti della riva antica (che si possono intuire anche dai piani catastali di Spalato del 1831). Vicino alla porta meridionale del Palazzo c’era un piccolo molo e una banchina dove nel Medioevo vi sarebbe stato il nucleo del porto cittadino. Una delle prime costruzioni di questo periodo sulla riva davanti al Palazzo era il muro che si estendeva dalla torre di Sud-Est (detta «la torre dell’Arcivescovo») fino al mare; il muro viene menzionato nello Statuto di Spalato del 1312. Un muro simile era poi costruito sul lato Ovest, riunendo e proteggendo così tutto lo spazio davanti al Palazzo, e in definitiva davanti alla città. Accanto a quelle imponenti architetture ci si sente davvero piccoli, insignificanti come granelli di sabbia nel mare, e si stenta a credere che sia stato tutto costruito da uomini come noi. L’enorme costruzione ha dapprima ospitato l’Imperatore Romano in quiescenza, come abbiamo appena ricordato, mentre nel 480 qui è stato avvelenato Giulio Nepote, che alcuni storici croati considerano come l’ultimo Imperatore legittimo dell’Impero Romano d’Occidente. Nel VII secolo si sono riparati tra le mura del Palazzo gli abitanti della vicina Salona, distrutta dai barbari. E così il Palazzo imperiale è divenuto la città di Spalato. Recenti ricerche archeologiche hanno comunque provato l’esistenza di un insediamento umano anteriore al Palazzo, verosimilmente la colonia greca d’Aspalathos.

Palazzo di Diocleziano

Ricostruzione del Palazzo di Diocleziano da parte dell'architetto Ernest Hébrard; fotografia di Simone Valtorta, 2012

Della residenza di Diocleziano sono rimaste conservate molte parti: le mura, tutte e quattro le porte, il mausoleo imperiale che nel VII secolo è stato trasformato nella Cattedrale consacrata all’Assunzione della Vergine Maria dall’Arcivescovo Giovanni di Ravenna[1], quasi l’intero peristilio di marmo bianco che ha del fiabesco, la piazza centrale, che d’estate diventa palcoscenico di avvenimenti culturali. Quello di Diocleziano, è uno dei palazzi meglio conservati tra tutti i palazzi imperiali di Roma.

Mausoleo di Diocleziano

Il Mausoleo di Diocleziano e alcune colonne del peristilio; fotografia di Simone Valtorta, 2012

Man mano che la città si allargava verso Ovest, si apriva verso il porto un’altra porta presso la torre occidentale del Palazzo, la cosiddetta «Porta Marina»; al centro della facciata meridionale c’era la porta «di grotta», la più antica uscita verso il mare del periodo di Diocleziano, in uso anche nelle epoche successive.

Come molte altre città sulla costa orientale dell’Adriatico, Spalato tra i secoli XIII e XIV visse un progresso importante che portò alla costituzione del Comune, «civitas Spaleti». Fu allora che venne steso il primo Statuto della città, la cui copia più antica risale all’anno 1312. Questo periodo dell’assestamento comunale fu uno dei più felici nella storia di Spalato: la città era ormai uscita fuori dal nucleo originario del Palazzo mentre il borgo occidentale, protetto con barriere difensive, veniva integrato al nucleo e circondato da mura nuove. I borghi, fino allora costruiti in tutti i modi, divennero un tessuto unico urbano con le case costruite in modo più solido, con palazzi di ricchi cittadini e con vie ben sistemate.

La zona difensiva si estendeva all’incirca dall’odierna piazza meridionale (Trg Preporoda) verso Nord fino ad Obrov, da dove le mura voltavano ad Est verso la torre di Nord-Ovest del Palazzo. Entro una zona così limitata si era formata una piazza nuova, la «Platea Sancti Laurenti» che venne menzionata per la prima volta nel 1255. Qui nel XVI secolo, durante l’amministrazione veneziana, venne costruito il Palazzo ducale con il Municipio, un complesso monumentale parzialmente distrutto e parzialmente ristrutturato nell’Ottocento a causa del cattivo stato e per l’allargamento della piazza. Un’altra piazza urbana (il peristilio, con allargamento verso Ovest) divenne la Piazza di San Doimo, e così Spalato ricevette uno schema bicentrico, tipico di molte città medievali.

Spalato a quei tempi era divisa in quattro distretti di cui due erano nella parte vecchia della città dov’era il Palazzo imperiale (San Doimo e San Martino) ed altri due nella parte nuova (Santa Maria e Santa Chiara).

Nel XV secolo le autorità veneziane fecero costruire (come nelle tante altre città dalmate vicino al mare) un Castello per la guarnigione militare, situato in modo da difendere la città, oppure che la città stessa potesse difendersi dai suoi cittadini nel caso di un’insurrezione. Molto intrigante e caratteristica è la città veneziana, con le sue case verticali addossate le une alle altre, le viuzze strette e serpentine lastricate di pietra, scavalcate da archi con stemmi araldici, che di tratto in tratto si aprono in una piazza, per poi tornare a restringersi, a lottare per lo spazio contro case incombenti che sembrano volerle stritolare, a confonderti coi loro giri labirintici, a riportarti al punto di partenza senza che tu riesca a rifare due volte lo stesso percorso. E poi l’odore di fritto, il profumo di pizza, di focaccia, del pane appena sfornato che ti s’insinua nelle narici, ti riempie i polmoni, quasi ti stordisce[2].

Città veneziana

Una parte della città veneziana; fotografia di Simone Valtorta, 2012

La Riva (la parte di Spalato affacciata sul mare) ha assunto l’aspetto odierno agli inizi del XIX secolo quando, durante la dominazione francese, fu allargata ed interrata e quando vi furono erette case con le note caratteristiche architettoniche di quel periodo, di cui alcune si sono conservate fino ad oggi. Nel 1886 vi fu innalzata anche un’elegante fontana di pietra, per commemorare il restauro dell’acquedotto romano e la costruzione di un nuovo sistema per l’approvvigionamento idrico; la fontana fu purtroppo demolita dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Negli anni Novanta del secolo scorso, la Croazia era un Paese duramente provato dalla guerra seguita allo sfascio della Jugoslavia: oggi, raggiunta l’indipendenza dal regime comunista ed entrata a pieno titolo nell’orbita del mondo capitalista, vede affluire ingenti quantità di denaro, perlomeno nelle zone turistiche[3]. Ho visitato Spalato giusto l’estate scorsa; passeggiando sul lungomare che collega il porto turistico alla città vera e propria, potevi vedere operai al lavoro occupati a ricoprire la passeggiata di lastre di marmo, a piantare palme ombrose. La città moderna di Spalato è pressoché uguale a tutte le altre città di mare, col porto, gli orribili alti palazzi, il mercato dove – accanto ai grandi produttori – i piccoli contadini vendono i prodotti del loro orto; questo per non parlare della sporcizia sparsa per terra, che comunque è in un certo senso giustificabile data la grande quantità di turisti, giapponesi, tedeschi ma soprattutto italiani che ingombrano le strade, complici anche i prezzi molto più bassi che nel nostro Paese.

Città vecchia

Panorama della città vecchia; fotografia di Simone Valtorta, 2012

Nonostante i suoi 1.700 anni di vita, Spalato è una città dallo spirito giovane. Una città che vive all’aperto, in riva, nelle canzoni, con le sue luci bianche, gialle e rosse che si specchiano e s’intersecano nelle acque d’inchiostro della notte, l’odore sempre più intenso della frittura dei ristoranti le cui cucine restano attive fino a tarda ora, lo spettacolo di due giovanissimi ed abili ballerini col fuoco, le note di piccoli complessi giovanili che cantano alle stelle la loro gioia e la loro mai sazia fame di vita! Sulla riva di Spalato il privato si mescola al pubblico, creando un calore unico, pieno d’emozioni e d’energia. È la seconda città della Croazia, ma la prima nello sport e nel canto, e quella che ha dato i natali alla letteratura croata. La città si anima soprattutto all’imbrunire con i suoi artisti, con i suoi saltimbanchi, acrobati, giocolieri, con una parata di forse un centinaio di figuranti in abiti da antichi Romani (aquiliferi, legionari della XXI Rapax, cavalieri, l’Imperatore e consorte sul loro cocchio, nobiluomini e nobildonne riccamente agghindate, fanciulli e fanciulle, centurioni e gladiatori, un uomo con un pallone da calcio di cui non ho mai capito il senso), con i suoi complessi musicali che elevano alle stelle gli accordi di canzoni più o meno note, in italiano o in croato…


Note

1 Come Cattedrale, in realtà, è un po’ piccola: qualche decina di posti al massimo; si può anche stigmatizzare il fatto che il visitatore vi entri non dal portone principale, destinato unicamente a far uscire le persone, ma da una porticina che sbuca dietro l’altare. Ma il vero scempio si è consumato utilizzando le cripte del mausoleo, pure visitabili, per un mercatino sotterraneo di bigiotteria ed oggettistica di poco valore per il turista medio giapponese. Vedere le bancarelle di un volgare mercato accanto ai loculi – ora svuotati – dove riposavano uomini che hanno fatto la Storia, è una cosa che adira, più che rattristare. È il consumismo sfrenato che distrugge il passato, o che lo asservisce ai propri scopi.

2 Descrivendo la Dalmazia, di cui la regione di Spalato fa parte, il teorico inglese di letteratura Richard Webster sosteneva che in Dalmazia è importante osservare una specie di «veemente semplicità, una vitalità armonizzata dalla combinazione illirica tra pietra e vino»: una combinazione attraente, forse proprio per la sua semplicità, che lo studioso inglese ha saputo sintetizzare in poche parole – vitalità armonizzata nella pietra e nel vino, cioè in quello che ci circonda, ma anche nell’opera delle mani dell’uomo, cioè il vino come simbolo d’allegria, di rilassatezza, della presenza divina in terra.

3 Ma non solo grazie ai turisti: dopo la Seconda Guerra Mondiale la Jugoslavia, e in seguito la Slovenia e la Croazia, in spregio al Trattato di pace del 1947 ed a tutte le Dichiarazioni dei diritti dell’uomo dal 1946 ai nostri giorni, tolsero ai cittadini italiani residenti nell’Istria, a Fiume e in Dalmazia tutto ciò che avevano (beni immobili ed immobili, denaro, palazzi, case, fabbriche, cantieri, negozi, giardini, tombe, vigneti, boschi, stalle, orti, campi…), abbandonandosi anche ad eccidi e costringendo 350.000 persone a darsi alla fuga. I continui appelli degli esuli e dei loro discendenti ai Governi ed agli organismi sovranazionali perché possano tornare ad avere ciò che loro spetta di diritto sono sempre caduti nel vuoto. (Per chi desiderasse saperne di più su questo tema, consiglio quest’ottimo testo: Italo Gabrielli, Istria Fiume Dalmazia / Diritti negati / Genocidio programmato, Trieste 2011).

(settembre 2013)

Tag: Simone Valtorta, Spalato, Croazia, Dalmazia, Diocleziano, Aspalathos, Venezia, Riva, XXI Rapax.