Viaggio in Estonia
Dall’indipendenza all’entrata nell’Unione Europea: le due facce di un Paese poco conosciuto; l’articolo è stato scritto nel 2003, a seguito di un viaggio di Ercolina nella piccola Repubblica Baltica

L’impatto con questo Paese, quando si arriva nella sua capitale Tallinn, è, in genere, positivo.

Sapendo che fino a poco più di dieci anni fa era territorio sovietico, ci si aspetterebbe di trovare la realtà che si trova oggi arrivando in Russia, Ucraina, Bielorussia o in qualsiasi altro Paese della ex sfera del Cremlino.

Invece no, Tallinn è una città pulita ed ordinata, il cui centro, le strade, l’urbanizzazione, gli alberghi e le case assomigliano molto ad Helsinki, in Finlandia, dalla quale, peraltro, dista un centinaio di chilometri, ossia un braccio di mare che gli aerei ATR-72 della Aereo Airlines (compagnia partner della Finnair) coprono in circa venti minuti.

La stessa lingua estone ha diverse familiarità con il finlandese a causa delle tribù di ceppo ugrofinnico ivi stanziatesi in epoche remote.

L’interno dell’Estonia è totalmente pianeggiante (il punto più alto non raggiunge i 400 metri di altezza), prati e boschi verdissimi ne fanno un paesaggio quasi idilliaco.

La rete stradale e quella ferroviaria sono buone, in un Paese che non conta più di 1,5 milioni di abitanti su una superficie di circa 45.000 chilometri quadrati.

L’Estonia ha avuto un passato travagliato. Dopo la caduta della Russia Zarista, nel 1917, i nazionalisti estoni proclamarono l’indipendenza nel febbraio 1918. La Russia rinunciò a soffocarla in quanto l’Estonia era forte della protezione della Germania imperiale e delle potenze occidentali.

Questo, fino al trattato di pace con Mosca nel 1920.

Da allora l’indipendenza estone fu fragile e precaria a causa della crisi economica che in quegli anni attanagliava gran parte dell’Europa.

Nel 1933 si instaurò un regime autoritario, ideologicamente vicino a quello di Hitler.

Nell’agosto 1940, il Paese cadde nelle fauci sovietiche assieme alle altre Repubbliche Baltiche: Lettonia e Lituania, col trucco di un «governo popolare» insediato a forza dall’Armata Rossa per chiedere l’annessione all’Unione Sovietica.

Terminata la parentesi dell’occupazione nazista dal 1941 al 1945, l’Estonia si ritrovò subito dopo la guerra nuovamente nella sfera dell’Unione Sovietica. Da quel momento, il Paese fu caratterizzato da due aspetti, uno positivo ed uno negativo.

L’aspetto positivo riguardava un forte sviluppo economico. Già regione più industrializzata dell’Impero Zarista, l’Estonia mantenne questo primato anche sotto la stella rossa. L’agricoltura stessa, malgrado la collettivizzazione, rimase efficiente.

L’introduzione di un salario garantito e delle pensioni di vecchiaia, fecero salire il tenore di vita e l’Estonia salì in testa alla graduatoria delle Repubbliche Sovietiche e vi rimase.

L’aspetto negativo fu la «russificazione» del Paese ed in particolare delle città.

La popolazione urbana, non superiore al 36% prima della Seconda Guerra Mondiale, raddoppiò nel giro di un trentennio. Nelle crescenti industrie arrivavano non solo operai ed impiegati russi ma anche loro connazionali pensionati, attratti da condizioni di vita migliori che in patria.

Inoltre la natalità delle famiglie russe era più alta di quella dei locali e questo aumentava, poco a poco, la percentuale «russa» presente in Estonia.

Nelle scuole era d’obbligo imparare la lingua russa ed i Russi tendevano a comportarsi da padroni nei confronti degli Estoni i quali, tuttavia, hanno sempre dimostrato un atteggiamento di fiero distacco e di orgoglio.

Verso la fine degli anni Ottanta, grazie alla «perestrojka» introdotta da Gorbaciov ed alla caduta del Muro di Berlino, l’Estonia si avviava lentamente verso la tanto agognata indipendenza, che ottenne non senza momenti di altissima tensione con Mosca nel 1991.

Nel 1992 mise in circolazione la propria moneta: la corona, allora legata al marco tedesco.

Nel 1994 tutte le forze armate russe, presenti sul territorio estone, si ritirarono.

L’Estonia, tuttavia, non è immune da tutti quei problemi che hanno investito le nuove Repubbliche ex Sovietiche sin dalla loro nascita, cioè la liberalizzazione di un’economia di Stato che andava tramutandosi in economia di mercato o liberista.

Privo, o quasi, di ogni conoscenza ed esperienza in materia, il Governo Estone privatizzò i principali settori strategici, ossia: luce, acqua, gas, telefono, trasporti pubblici (bus, ferrovie e trasporti marittimi) a costo di enormi sacrifici per la popolazione, tradottisi in licenziamenti ed aumento del costo dei servizi ma non accompagnati da un adeguato aumento degli stipendi.

L’istruzione di base è gratuita, ma già si parla di un «prelievo» straordinario dagli stipendi per finanziare la scuola pubblica e renderla più «competitiva».

Lo stipendio medio, netto, è di circa 3.500-4.000 corone (230-260 euro) mensili, ciò che permette agli Estoni di sbarcare, a malapena, il lunario.

La disoccupazione è al 18% anche se il Governo insiste sul 10% come dato ufficiale.

Le disparità tra i «nuovi ricchi», che hanno tratto enormi profitti dalle privatizzazioni (spesso in modo illegale) e la gente comune, sono sempre più evidenti e cresce sempre più il numero di persone che rimpiangono il vecchio sistema e le sue garanzie sociali.

La situazione della sanità non è delle migliori. L’Estonia ha copiato il sistema americano, ossia ha abolito il sistema mutualistico statale ed ha introdotto il pagamento di un’assicurazione privata a copertura delle spese sanitarie.

Il cittadino estone dispone di una specie di carta di credito sanitaria che presenta in ospedale in caso di ricovero o cure varie.

L’amministrazione ospedaliera verifica la copertura del costo delle cure richieste. Se non c’è sufficiente copertura, l’unica soluzione è pagare a rate a parte la differenza, ammesso e non concesso di poterselo permettere, perché, altrimenti, niente cure.

Indipendentemente da questo, ogni giorno di ricovero in ospedale costa al paziente 25 corone (pari a circa 1,70 euro) che vanno pagate a parte.

Ora il Governo Estone, dopo numerosissime proteste dei cittadini, sta pensando di dare una piccola quota del bilancio alla sanità pubblica, cioè fondi destinati a coprire, in parte, le cure per i più bisognosi e per le classi sociali più deboli.

Fondi che però verranno prelevati dalle buste paga già pesantemente intaccate.

Anche sulle pensioni, il Governo sta spingendo sul sistema privato ma sono pochi i salariati che potrebbero permettersi un fondo pensionistico privato, considerati i bassi stipendi ed i costi abbastanza alti di affitti per famiglie dove spesso è solo una persona a portare a casa uno stipendio.

Non va meglio con l’agricoltura, la quale ormai priva di sussidi, ha visto l’abbandono delle terre e solo l’1% della popolazione vi è rimasta attiva.

Buona parte dei prodotti alimentari (di cui l’Estonia era autosufficiente in passato), sono importati con un ulteriore aggravio della bilancia dei pagamenti.

Una curiosità da notare è che la minoranza russa, oggi attestata sul 12% circa della popolazione ed esclusa, ormai, dalle istituzioni di governo, si è vista rovesciare i ruoli, ossia per aver diritto a divenire cittadino estone si deve superare l’esame di lingua estone, altrimenti si resta «residente straniero», non avente diritto al voto.

Voci insistenti ed indiscrete imputano questa decisione al Governo Estone, con la complicità della stessa Unione Europea, la quale non avrebbe inteso concedere la cittadinanza ai Russi prima del referendum in quanto la comunità russa si sarebbe espressa, senza ombra di dubbio, contro l’entrata dell’Estonia nell’Unione Europea.

Evidentemente l’Estonia non ha saputo resistere alle sirene neo-liberiste di Strasburgo e Bruxelles.

Un rifiuto popolare all’adesione all’Unione Europea avrebbe comportato una specie di ricatto economico che avrebbe portato il Paese ad un isolamento dal resto dell’Unione con ripercussioni negative nei vari settori già pesantemente ipotecati.

Con il referendum l’Estonia e la Lettonia sono riuscite ad entrare nell’Unione Europea, anche se solo con il 56%.

(novembre 2013)

Tag: Ercolina Milanesi, Estonia, Unione Europea, Europa, Tallinn.