La Bulgaria dal comunismo al liberismo
Storia recente di un popolo tenace, capace di lottare per realizzare il suo sogno

Chiunque arrivi per la prima volta in questo Paese, pensa di trovare una situazione, né più né meno, identica a quella di alcuni Paesi confinanti (eccezion fatta per la Grecia): Serbia, Macedonia, Turchia e Romania, ossia degrado, miseria, abbandono, precarietà ed insicurezza.

Rimarrà sorpreso nel constatare che questo Paese, uno dei più fedeli a Mosca al tempo del comunismo, dove la lingua bulgara è molto simile al russo e l’alfabeto è il cirillico, ben lungi dall’essere un Paradiso o soltanto la brutta copia di un Paese Occidentale, è ben diverso, praticamente migliore degli Stati confinanti sopra menzionati.

L’aeroporto di Sofia è piccolo ma ben ristrutturato e funzionale, all’esterno di questo non vi sono mercatini improvvisati, mendicanti, cambiavalute in nero, prostituzione o inquietanti individui che offrono al viaggiatore occidentale qualsiasi cosa, come accade a Bucarest, Belgrado, Skopje e Chisinau.

Le strade, tutto sommato, sono accettabili. Le due autostrade che collegano Sofia al Mar Nero, una che attraversa il Nord del Paese fino a Varna e l’altra il Sud fino a Burgas, sono buone e lungo il tragitto le stazioni di servizio sono più che accettabili.

Come in tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico sono però ancora ben visibili, e lo saranno per molto tempo ancora, i ricordi lasciati dal «socialismo reale», cupi, grigi, umidi, scrostati e fatiscenti condomini, cioè enormi e freddi blocchi di cemento alti fino a 10-12 piani, con circa 200 ed oltre appartamenti «popolari», che costellano le periferie di tutte le città.

Ad attraversare quei quartieri si viene assaliti da un’enorme tristezza. Chi nasce in un posto simile vorrebbe dimenticarlo e chi vi rientra ogni sera dal lavoro vorrebbe fuggire.

Questo è quello che tutti noi sentiamo inevitabilmente guardando questi spazi spettrali e senz’anima e, allo stesso tempo, caotici, disordinati e senza igiene.

Finite le cinture periferiche, ai bordi delle quali non è raro trovare accampamenti di zingari, si entra in una realtà urbana più accettabile, case ristrutturate o in fase di ristrutturazione, vecchi edifici e palazzi rinnovati, nuovi alberghi ed uffici, bar e ristoranti di ogni tipo e per tutte le tasche, lavori urbani di ammodernamento ovunque, strade affollate, verdi viali e grandi parchi tenuti in modo abbastanza decente, zone pedonali con negozi e caffè di ogni sorta.

La gente tuttavia affolla solo i negozi che vendono l’abbigliamento ed i generi alimentari più a buon mercato, essendo lo stipendio medio di un Bulgaro attorno ai 150-170 euro mensili.

Un professore universitario statale non supera i 300-350 euro al mese. Un ristorante medio va dai 7 ai 10 euro, uno di lusso si aggira sui 20-30 euro.

Le scuole statali sono gratuite in parte (circa l’80% del costo dei libri è a carico dello Stato, il 20% a carico della famiglia dello studente).

La sanità è gratuita ma i bassi salari dei medici statali portano questi a lavorare sempre di più in cliniche private i cui costi sono alla portata di pochi.

Le auto e le relative assicurazioni sono care per lo standard di vita del Paese e i furti di automobili destinate ai mercati delle ex Repubbliche Sovietiche sono frequenti.

È da notare che i Bulgari non figurano numerosi nelle statistiche italiane degli immigrati. Nel nostro Paese immigrano uomini e donne da ogni angolo dell’Est, ma dei Bulgari non si sente quasi mai parlare.

Il motivo sta nel fatto che, nonostante il passato comunista, la famiglia bulgara è unita e non si è disgregata come in Romania, Moldavia, Ucraina, Albania ed ex Jugoslavia. Esiste un «collante sociale» che unisce in qualche modo le persone e l’emigrazione, pur esistendo, non è così numerosa e disperata come in altri luoghi.

Dati certi sulla disoccupazione non esistono ma alcune stime la collocano tra l’11 ed il 15%. Sono molti i giovani che studiano e nello stesso tempo lavorano nel tempo libero e nei giorni festivi in varie attività, guadagnando qualcosa per loro e per i loro familiari.

L’industria ha subito tremendi contraccolpi dopo la caduta dell’Unione Sovietica, ma tanti imprenditori si stanno dando da fare, diversificando o investendo quel poco che hanno in un riammodernamento in cui pochi crederebbero.

Non va dimenticato che la Bulgaria è un passaggio obbligato, quindi strategico, per tutti i trasporti stradali da e per la Turchia e l’area medio-orientale, quindi potenzialmente importante per i commerci.

L’agricoltura, vista la posizione geografica, è ricca di prodotti (ortaggi, vino cereali, frutta) che da qualche tempo vengono esportati in grosse quantità. Finita la collettivizzazione di stampo sovietico delle campagne, le terre sono state ridistribuite ai contadini che le coltivavano, ciò ha però causato una «miniaturizzazione» degli appezzamenti agricoli che ha portato molte famiglie ad avere poca superficie disponibile che consentiva loro una relativa autosufficienza alimentare ma non la vendita dei prodotti nei vari mercati cittadini e rionali. Questo ha portato diverse famiglie contadine a formare cooperative che permettono, mediamente, una disponibilità pro-capite di terreni maggiore con un più ampio respiro economico per tutti.

Nelle campagne si vedono trattori e vari mezzi agricoli, cosa rara in altri Paesi del bacino carpato-danubiano, dove gran parte del mondo rurale è abbandonato a se stesso o coltivato con mezzi arcaici, come vecchi carri trainati da buoi o cavalli.

Il turismo è una voce in incremento ogni anno e riguarda per lo più le coste del Mar Nero dove si recano (e alcuni vi risiedono) Inglesi, Irlandesi e Olandesi. In inverno turisti stranieri affollano alcune località sciistiche sulle montagne a Sud di Plovdiv.

Gli investimenti stranieri sono presenti ma non sono così consistenti come in altri Paesi dell’aerea. Il maggior investitore è la vicina Turchia, seguita a ruota da altri Paesi Europei fra i quali spiccano Francia, Italia e Germania.

I commerci sul Mar Nero e varie compagnie di navigazione sono gestiti da comunità libanesi.

La Bulgaria, tuttavia, non è stata ancora depredata e colonizzata dal neo-liberismo apolide internazionale, ma il problema è sapere fino a quando resisterà. Il Paese è già entrato a far parte della NATO e nel 2007 è entrato nell’Unione Europea, per poi entrare nella zona euro nel 2009/2010. La moneta locale è il LEV che vale circa mezzo euro. Le sirene liberiste di Strasburgo e Bruxelles le stanno già suonando la loro «serenata» ed il Governo Bulgaro, per quanto prudente, decanta ai propri cittadini le gioie ed i vantaggi dell’entrata nell’Unione Europea. Dal canto loro, i Bulgari, diffidenti per natura, sono alquanto scettici ed incerti. Non hanno un precedente su cui fare le loro valutazioni ed aspettano di vedere come andrà a finire, trattenendo il respiro.

La Bulgaria, grande meno della metà dell’Italia, con circa 7 milioni e mezzo di abitanti, governata da socialisti e social-democratici, un Governo nel quale anche l’ex Re Simeone ha trovato una carica istituzionale, sta quindi lottando contro i suoi mali derivati da una rapida destalinizzazione e da un altrettanto rapido approccio ad un sistema liberista del quale mancava la benché minima esperienza o conoscenza.

A questo Paese, tutto sommato, è andata meno peggio che ad altri «colleghi», grazie forse ad una particolare caratterialità del popolo e ad un DNA storico-culturale che lo ha aiutato a sopravvivere meglio di altre Nazioni cadute nel tritasassi stalinista e risvegliatesi nel tritacarne liberista.

Recentemente, dopo più di un anno dal suo ingresso nell’Unione Europea, l’allora Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, ha aspramente criticato la Bulgaria per il perdurare della corruzione e della criminalità organizzata.

La riforma della giustizia, la lotta alla corruzione, al riciclaggio di denaro sporco e al crimine organizzato sono i settori sui quali la Commissione Europea vigila da tempo, ma i risultati non piacciono ai vertici di Bruxelles.

Il Presidente ha denunciato un livello molto alto di corruzione e crimine organizzato nell’amministrazione statale della Bulgaria e l’ha definito «inammissibile, a distanza di più di un anno dall’ingresso del Paese nell’Unione Europea».

La Bulgaria non è l’unico Paese ad avere ancora alti i livelli di criminalità e corruzione, anche la Romania è stata spesso criticata da Bruxelles.

A questo punto viene spontaneo chiedersi il perché, malgrado le tante avvisaglie, Bruxelles e Strasburgo abbiano dato il definitivo via libera all’adesione di questi due Paesi…

(aprile 2016)

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