Suicidio di massa
18 novembre 1978

Un fatto, dettato non si sa da quale impulso fanatico, pazzo o altro, si verificò in data 18 novembre 1978, lasciando tutti gli Americani e il mondo intero allibiti, nel senso che in nessuna maniera si riusciva a coglierne fino in fondo la ragione. Chi lo apprese alla radio, alla televisione o sui quotidiani seguì angosciato la sequenza dei fatti che erano snocciolati tutto il giorno, appena fu diffusa la tremenda notizia, e per diversi giorni descritti al pubblico nel loro orrore e mostrati visivamente in foto e riprese televisive.

Siamo a Jonestown, nella Guyana Nord-Occidentale, uno Stato dell’America Meridionale situato a Est del Venezuela. Il predicatore Jim Jones, fondatore di un movimento religioso di volontariato connesso alla Chiesa dei Discepoli di Cristo, chiamato People’s Temple Agricultural Project («Progetto Agricolo del Tempio del Popolo»), avente orientamento politico tendente al socialismo, con sede in una colonia agricola situata presso il paese Port Kaituma, nel cuore della Guyana, indusse con le parole i consenzienti e costrinse i riottosi con la minaccia delle armi al suicidio, mediante l’ingerimento di veleno: le vittime furono 919 (qualcuno riporta che furono 909, ma comunque sempre troppi), di cui almeno un terzo erano bambini. Solamente 167 furono quelli che sfuggirono alla morte; fra questi figurava il figlio del predicatore, Stephan.

Ma andiamo con ordine.

Chi era Jim Jones? Nato nel 1931 a Crete, un piccola città dell’Indiana, da ragazzo entrò a far parte di un gruppo pentecostale (gruppo evangelico di matrice protestante).

Poi, appena sedicenne, era diventato un fervido predicatore che diffondeva per le strade di Richmond, dove si era trasferito in compagnia della madre, separata dal marito, il Vangelo in merito all’uguaglianza davanti a Dio e fra gli uomini. Com’era prevedibile, ebbe un grande successo, giacché in una città dove la segregazione razziale era ancora elevatissima, la voce di un bianco fra i negri era un messaggio che toccava i loro cuori. Invero, statisticamente è noto che circa la metà della popolazione maschile bianca del tempo, per un certo periodo, militasse nel Ku Klux Klan, il che è tutto dire.

Al raggiungimento della maggiore età, iniziò a operare come pastore alla Somerset Methodist Church di Indianapolis.

Era un prestigioso e convincente predicatore che nel 1950 fondò a Indianapolis la setta cristiana cui si è accennato più sopra. Per il fatto che i suoi discorsi fossero improntati alla lotta contro il razzismo che, a onore del vero, non fu mai del tutto eliminato nel Nuovo Continente, trovò molti fedeli seguaci, soprattutto fra gli Afroamericani, cioè fra i discendenti degli schiavi importati in America nei secoli precedenti da negrieri, che li avevano venduti ai latifondisti per farli lavorare nelle piantagioni di cotone degli Stati del Sud o li obbligavano a sbrigare lavori spesso umilianti. Nei suoi discorsi, l’integrazione era al primo posto, ma molti bianchi, alla vista dell’ingresso di negri, se ne andavano sdegnati, per cui fu un insuccesso.

Fondò la sua Chiesa nel 1954, denominandola «Ali della Liberazione» («Wings of Deliverance») e, andando casa per casa, invitava la gente di colore a partecipare ai suoi riti: molti, soprattutto le donne, accettavano volentieri. I seguaci, che allora erano attorno a una settantina, erano gente sola, derelitta, che era chiamata a convivere nel segno di Cristo e, nello stesso tempo, nella mentalità stalinista.

Un paio di anni dopo, acquistò un edificio di maggiori dimensioni del precedente, nel quale accogliere i suoi adepti, che chiamò «People’s Temples Full Gospel Church».

Nel 1960, i suoi seguaci erano circa 2.000, e il suo culto continuava a seguire il doppio filone: Cristo e stalinismo, come se la spiritualità potesse andare a braccetto con il materialismo! Il suo operato, in ogni modo, fu tanto apprezzato che il sindaco Charles Boswell lo mise a capo della Commissione per i Diritti Umani.

Ma le cose cominciarono a preoccupare quando iniziò a tenere sermoni sconclusionati, dai quali, fra l’altro, si ventilava il pericolo che la città di Indianapolis potesse essere addirittura distrutta da un attacco atomico. Forse per questo paventato pericolo o per altro, chissà, Jones decise di spostarsi in Brasile, a Belo Horizonte, dove rimase per un biennio abbastanza in difficoltà, mentre in patria il numero dei suoi seguaci, forse anche per la distanza che li separava da lui, calava continuamente.

Poi, tornato negli Stati Uniti, con un gruppo di circa 150 membri si trasferì nella Redwood Valley in California, dove questi costruirono una chiesetta in legno. Intanto, egli continuava a farneticare, dando segni di squilibrio mentale, come si evince dalla sua autoproclamazione di essere il «Messia del Cristianesimo» e di essere in grado di compiere miracoli, predire il futuro, compiere guarigioni e, «dulcis in fundo», di resuscitare i morti. Insomma, la fantasia – e non solo – non gli faceva certo difetto!

Cominciò a usare prodotti farmaceutici, ipnotici e droghe, per poter seguire i suoi seguaci attivamente e il più costantemente possibile, senza concedersi il lusso di riposare. E il suo esempio fu seguito da molti suoi collaboratori.

Intanto, il suo Tempio dei Popoli continuava ad avere successo, accrescendo il numero di amici e sostenitori. Per allargare il suo giro, acquistò 13 autobus, con i quali iniziò a fare un giro del Paese, accompagnato dalla pubblicità che lo presentava come «il maggiore guaritore presente al mondo attraverso Cristo». E alla conclusione dei suoi discorsi, invitava gli ascoltatori a seguirlo nella comunità fondata in California, propagandata come «I magnifici campi dell’Eden».

A partire dalla fine degli anni Sessanta, Jones divenne sempre più esplicito nel suo rifiuto del Cristianesimo tradizionale e iniziò a promuovere i suoi insegnamenti come «socialismo apostolico» e a fare affermazioni sulla propria divinità. Jones divenne progressivamente più attento nel controllare i membri del Tempio dei Popoli, che al suo apice contava oltre 3.000 aderenti. I suoi seguaci si impegnarono in uno stile di vita comune e consegnarono tutto il loro reddito e proprietà al Jones and People’s Temple, lasciando a lui l’incarico di dirigere tutti gli aspetti della vita comunitaria.

La setta si spostò nel 1965 nella California del Nord, dove il gruppo stabilì il suo quartier generale a San Francisco e fu fortemente coinvolto in attività politiche e caritatevoli per tutto il 1970. Jones sviluppò connessioni con importanti politici californiani e fu nominato Presidente della San Francisco Housing Authority Commission. Indi, nel 1971, il gruppo si trasferì a San Francisco.

Il comportamento di Jim non fu dei migliori, tanto che il suo culto fu accusato dalla gente per diversi fatti non del tutto chiariti, quali frodi di carattere finanziario, abuso e maltrattamenti sia verso gli adulti sia verso i bambini. Naturalmente, com’è comprensibile, egli reagiva in malo modo alle critiche che gli provenivano da parte degli estranei al suo gruppo e cominciò a mostrare reazioni da addebitare a una persona con gravi problemi psichici. Comunque, stanco di sentirsi addosso il fiato di chi non apprezzava i suoi comportamenti, decise di tagliar la testa al toro, come si dice, e piantò baracca e burattini per andarsi a isolare, come «messia», con i suoi affiliati, volenti o non volenti, come si è accennato più sopra, nella Guyana più remota, nella giungla, dove da tre anni aveva inviato un gruppo di suoi fedeli per avviare la costruzione di quella che sarebbe divenuta, poi, Jonestown. Per convincere i membri della setta a trasferirsi con lui, promise che avrebbe organizzato una forma di socialismo che prevedeva una collaborazione e una fratellanza fra gli uomini, contraria pertanto alla rivoluzione marxista che ha come principio lo scopo di rovesciare il capitalismo e cambiarne le istituzioni. Ma più che le questioni di carattere politico-filosofico, sembra che chi si lasciò convincere a seguirlo siano state le condizioni di vita allettanti: paese ricco di cibo, privo del pericolo di serpenti velenosi, lontano dal disturbo arrecato dalle zanzare, con una temperatura climatica ruotante attorno ai 22 gradi centigradi, che cosa si voleva di più? Insomma, un vero e proprio Paese di Bengodi, se si vuole ricordare il nostro Boccaccio.

Intanto, Jim mentalmente stava peggiorando, in ciò aiutato dall’uso sconsiderato di droghe, e sempre più spesso dava in escandescenze, imprecando contro gli Stati Uniti, convinto che si stessero preparando per rovinarlo.

Quello che poteva essere stato immaginato come un paradiso in terra, purtroppo si trasformò in un vero e proprio inferno, un incubo per i poveretti affiliati alla colonia, che si erano lasciati convincere a seguirlo. Infatti, i suoi seguaci erano costretti a lavorare lungamente e duramente nei campi e, se a un certo momento dimostravano di non gradire quel feroce e disumano trattamento, con l’autorità del più forte erano duramente puniti fisicamente. Per tema che fuggissero, furono ritirati i loro passaporti e, al fine che non uscissero notizie in merito a ciò che accadeva laggiù, le lettere erano censurate in partenza e arrivo. Fra l’altro, i membri erano costretti a partecipare a lunghe riunioni che si protraevano fino a tarda notte, riducendo le loro meritate ore di riposo.

E così, qualche anno dopo cominciarono a circolare le voci degli appartenenti alla comunità che si lamentavano del trattamento in contrasto con i diritti umani (si parlò, per esempio, del ricorso al lavaggio del cervello, messo in atto da molti regimi sicuramente non democratici) e, per di più, erano trattenuti laggiù con la forza, contro la loro volontà. Ci furono tentativi di fuga, perseguiti da una specie di polizia con l’accusa di diserzione e con le conseguenti punizioni contro i disobbedienti. La situazione si presentava grave, anche perché i familiari dei membri dell’associazione religiosa, oltreché chi l’aveva abbandonata, giacché non si fidava troppo delle promesse fatte, si chiedevano che cosa potesse succedere laggiù, essendo le notizie scarse e insoddisfacenti, e si rivolsero a Leo Ryan, importante componente del Congresso degli Stati Uniti. Questi decise di fare una visita a Jonestown, accompagnato da un gruppo di giornalisti, osservatori e familiari di membri della comunità, per rendersi conto di ciò che ivi avvenisse. Era il 17 novembre e sembrava che tutto fosse tranquillo, non essendo stato riscontrato nulla che non fosse normale, ma quando la delegazione stava per partire, fu avvicinata da un gruppo di 14 membri che chiesero di essere aiutati a lasciare il Tempio. Jones reagì in malo modo e un suo braccio destro ebbe la stupenda idea di assalire Ryan con un coltello. Egli in quel momento se la cavò, ma quando il gruppo americano era sulla pista dell’aeroporto di Port Kaituma e stava per salire sull’aereo per il ritorno, fu assalito da Jones e dai suoi accoliti: il macabro risultato fu che Ryan e quattro membri del gruppo furono uccisi dalla polizia locale con armi da fuoco.

A questo punto, il reverendo Jim Jones, forse temendo un pesante intervento da parte statunitense attraverso il Governo della Guyana, decise di risolvere la faccenda a modo suo. Infatti, immediatamente dopo il misfatto, convocò una riunione generale nella quale propose di dare una dimostrazione al mondo intero, compiendo un atto rivoluzionario attraverso un «suicidio di massa per la gloria del socialismo» e finì per obbligare i suoi seguaci a partecipare a finte esercitazioni di suicidio, appunto, eseguite di notte, per prepararli alla dipartita.

E il 18 novembre 1978 stabilì che era giunta l’ora di fare sul serio. Riunì i membri del Tempio che non erano riusciti a scappare nella foresta nel padiglione principale di Jonestown, per compiere quella pazza impresa, che gli mulinava nel cervello bacato. Andò bene a chi era riuscito a fuggire in precedenza e a chi si trovava da tutt’altra parte, perché per gli altri non c’era nessuna possibilità di evitare il peggio, essendo il padiglione circondato da guardie armate che impedivano a tutti di uscire.

Le armi per sopprimere i membri più giovani, usate da infermieri e genitori, erano siringhe con miscele in cui l’arsenico la faceva da padrone, mentre per i bambini si ricorse a beveroni avvelenati da ingoiare per forza; poi, in fila come se andassero a una mensa rionale, gli adulti bevvero l’intruglio velenoso. L’adesione al suicidio fu quasi totale, dimostrando un fanatismo veramente al di fuori dalla norma, mentre coloro che non intendevano suicidarsi furono abbattuti con armi da fuoco; poi, alla fine, Jones, la moglie e gli ultimi rimasti in vita si uccisero con colpi di rivoltella. Alla fine si contarono 909 morti, di cui 304 erano bambini.

Il sopralluogo eseguito il giorno successivo da funzionari del Governo della Guyana, li mise di fronte a un terribile e sconvolgente panorama: centinaia di corpi stesi a terra, in posizioni varie e talora improbabili, forse per gli spasmi sofferti durante l’effetto del veleno; tante persone erano morte abbracciate. Del resto, le fotografie scattate in quell’occasione, che hanno girato il mondo, mostrarono chiaramente lo stato in cui si trovavano quelle centinaia di poveri corpi.

Il reverendo era riuscito a fare ciò che, in un sermone nel suo Tempio a San Francisco, tenuto un triennio prima, aveva preannunciato, e che sicuramente nessuno dei suoi ascoltatori aveva preso sul serio; allora aveva detto: «Amo il socialismo e sono disposto a morire per realizzarlo, ma se lo facessi, ne porterei un migliaio con me».

Come si è detto in precedenza, mancò di poco la sua previsione, giacché le vittime furono 919.

(marzo 2022)

Tag: Mario Zaniboni, suicidio di massa, 18 novembre 1978, Jonestown, Guyana, Jim Jones, People’s Temple Agricultural Project, Progetto Agricolo del Tempio del Popolo, Port Kaituma, Stephan Jones, segregazione razziale, Ali della Liberazione, Wings of Deliverance, People’s Temples Full Gospel Church, Charles Boswell, Tempio dei Popoli, Jones and People’s Temple, Stati Uniti, Leo Ryan, Port Kaituma.