La questione del segreto nelle Istituzioni Cattoliche
Il dibattito storico e gli sviluppi di una vicenda delicata

Il 23 febbraio del 1997 due giornalisti USA (Jason Berry e Gerald Renner) inserirono in un articolo pubblicato su «The Hartford Courant»[1] le testimonianze di alcuni (nove) ex membri della Congregazione dei Legionari di Cristo. Questi, accusavano il fondatore di tale Istituto, il Messicano Monsignor Marcial Maciel Degollado[2], di essere stati a lungo abusati sessualmente, con un’altra ventina di seminaristi[3] (fin da quando erano minorenni). Maciel aveva anche assolto alcuni di loro in confessione.

Nel febbraio del 1999 queste persone dettero mandato a Martha Wegan[4], avvocato canonista, di istruire presso la Congregazione per la Dottrina della Fede un processo canonico contro Maciel per il delitto di assoluzione del complice in un peccato contro il sesto comandamento.[5] Il 19 maggio 2006 la Congregazione, rinunciando al processo canonico per l’età avanzata e la salute cagionevole, inflisse a Maciel la pena della rinuncia a ogni ministero pubblico. Gli impose una vita riservata di preghiera e di penitenza.[6] Il 1º maggio 2010 la Santa Sede dichiarò: «I gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti di Padre Maciel, confermati da testimonianze incontrovertibili, si configurano, talora, in veri delitti e manifestano una vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso».[7]

In tale contesto, durante le indagini canoniche attivate dalla Santa Sede, alcuni membri dell’Istituto affermarono di non aver segnalato le contro testimonianze di cui erano a conoscenza per non violare il segreto interno chiesto, in modo solenne e vincolante, a ogni persona che entrava a far parte della Congregazione. Davanti a tale posizione è sorto un confronto tra studiosi. Questo saggio esamina la «questione del segreto» nell’attuale periodo.


Un aspetto introduttivo

Seguendo una linea cognitiva, è possibile evidenziare un primo, generale, riferimento a un diritto riconosciuto dall’ordinamento canonico: quello alla buona fama e all’intimità.[8] Nel Codice di diritto canonico si afferma che: «Nemini licet bonam famam, qua quis gaudet, illegitime laedere, nec ius cuiusque personae ad propriam intimitatem tuendam violare» («A nessuno è permesso ledere in modo illegittimo la buona fama che uno gode, né violare il diritto di chiunque a proteggere la propria intimità»). Tale affermazione è significativa perché la buona fama e l’intimità emergono come due aspetti della dignità della persona: uno all’esterno e l’altro riguardante l’ambito privato e personale. Esiste quindi un diritto della persona alla protezione in foro esterno dei propri segreti. Si tratta di un vero diritto soggettivo per cui una persona può pretendere da un’altra il dovere del silenzio su quanto ha appreso e scoperto in via confidenziale.


Il vincolo sacramentale

Si tratta del sigillo sacramentale, o «segreto confessionale». Obbliga al silenzio il sacerdote che ascolta quanto gli viene riferito da un penitente mentre amministra il sacramento della Riconciliazione (o della Penitenza).[9]


Il segreto canonico

Esistono poi dei segreti che per loro natura richiedono un’adesione esplicita, formale. Ci si limita a un esempio. Il 4 febbraio del 1974 la Segreteria di Stato della Santa Sede diffuse un documento dal titolo: Secreta continere[10] (o Instructio de secreto pontificio). Il testo, firmato dal Cardinale Jean-Marie Villot, e approvato da Papa Paolo VI, è costituito da norme sul segreto pontificio[11] (aggiornamento di precedenti istruzioni). Quest’ultimo riguarda specifiche materie: documenti pontifici, attività della Congregazione della Dottrina della Fede, denunce di delitti contro la fede e i costumi, il processo e le relative decisioni, informazioni avute in ragione dell’ufficio riguardanti alcuni affari dalla Segreteria di Stato o dal Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, la creazione di Cardinali, la nomina dei Vescovi, i cifrari, le questioni che il Papa, un Cardinale o i legati pontifici vogliono custodire con il segreto pontificio. Quest’ultimo deve essere protetto con grave obbligo.


Il principio di riservatezza nelle attività apostoliche

Il principio di riservatezza è legato soprattutto a delle prassi confermate nel tempo. Anche in materie non vincolate da segreto, il singolo fedele, specie se ricopre incarichi di fiducia in organismi ecclesiali, è invitato a rispettare una linea di discrezione. Ciò è motivato dalla delicatezza di talune materie, da procedimenti non ancora conclusi, e dall’esigenza di tutelare notizie che riversano effetti solo in area interna.[12]


Il cambiamento di denominazioni pontificie

Nell’ottobre del 2019, Papa Francesco ha deciso di cambiare la denominazione dell’Archivio Segreto Vaticano in Archivio Apostolico Vaticano, al fine di evitare equivoci sull’accessibilità ai fascicoli conservati nell’Istituzione.[13]


Le contro testimonianze nella Chiesa

Sul piano storico, gli orientamenti canonici in tema di buona fama e intimità, vincolo sacramentale, segreto canonico e riservatezza, hanno trovato delle situazioni critiche[14] legate alla presenza di contro testimonianze interne alla Chiesa Cattolica (abusi su minori, su disabili, su religiose, violenze psicologiche, forme di dominanza, di coercizione, rinnegamento del carisma fondazionale e perseguimento di fini non apostolici, reati finanziari con distrazione di patrimoni riservati alle opere apostoliche, e altro). Per tale motivo, a eccezione del segreto confessionale, si è reso necessario un intervento sempre più incisivo per garantire dei processi di trasparenza, di rapida comunicazione, di eventuale accusa, di severa indagine canonica.[15]


Abusi di potere e di coscienza nelle Congregazioni femminili

Nel 2020, un Gesuita, il Padre Giovanni Cucci[16], ha pubblicato sulla «Civiltà Cattolica» (quaderno 4.083-4.084) un articolo dal titolo: Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile.[17] La rivista dei Padri Gesuiti evidenzia tra l’altro i casi in cui «l’abilità di alcune superiore, capaci di individuare anime generose, ma anche vulnerabili alle manipolazioni», spinge verso arbitrarie gratificazioni, quali «possibilità formative o di studio», nei confronti delle consacrate «più fedeli e docili, a scapito invece di chi esprime un pensiero differente» e a «forme di ricatto per conseguire una gestione del potere senza limiti».

Nel testo citato si fa anche riferimento a un’intervista rilasciata dal Cardinale Joao Braz de Aviz[18], prefetto della Congregazione Vaticana per la Vita Consacrata. Il resoconto è stato pubblicato nell’inserto Donne Chiesa Mondo dell’«Osservatore Romano».[19]

In tale intervista sono stati considerati casi «di superiore generali che una volta elette non hanno più ceduto il loro posto», mentre «una ha voluto persino cambiare le costituzioni per poter restare superiora generale fino alla morte» e comunque della tendenza «a prolungare a ogni costo il mandato ricevuto». Padre Cucci scrive che «in una Congregazione (attualmente in fase di commissariamento) la medesima suora è stata consigliera generale per 12 anni, successivamente superiora generale per 18 anni, ed è riuscita a farsi eleggere di nuovo vicaria generale, “pilotando” il capitolo, per poter continuare a governare di fatto negli anni successivi».

Da tali fatti è legittimo chiedersi «se il governo sia considerato una forma di assicurazione di privilegi preclusi agli altri membri, come a esempio, nel caso in questione, affidare alle comunità i familiari e i parenti, ospitati e curati gratuitamente».

In alcuni casi «i familiari sono anche stati sepolti nella tomba della Congregazione», mentre «in un altro Istituto la superiora, senza consultare nessuno, si è portata la mamma nella comunità delle suore fino alla morte, permettendole anche di condividere gli spazi comunitari per circa vent’anni. Ogni estate abbandonava la comunità per portarsi la mamma in vacanza». Essere superiora, in certi casi, «sembra garantire altri privilegi esclusivi, come usufruire delle migliori cure mediche, mentre chi è una semplice suora non può neppure andare dall’oculista o dal dentista, perché “si deve risparmiare”».

Gli esempi «riguardano purtroppo ogni aspetto della vita ordinaria»: dall’abbigliamento alla possibilità di fare vacanza, avere una giornata di riposo o, più semplicemente, poter uscire per una passeggiata, «tutto deve passare dalla decisione (o dal capriccio) della medesima persona». E «se si chiede un indumento pesante, si deve attendere la deliberazione del Consiglio, o la richiesta viene rifiutata “per motivi di povertà”». Alla fine alcune suore si sono rivolte ai familiari, e magari hanno saputo che «l’armadio della superiora è pieno di indumenti acquistati senza consultare nessuno con i soldi della comunità, mentre altre hanno a malapena un ricambio».

«Purtroppo – evidenzia Padre Cucci – per alcune suore questa è la realtà quotidiana: una realtà che per lo più non possono far conoscere, perché non sanno a chi rivolgersi, o per paura di ritorsioni». E anche «la gestione patrimoniale di un Istituto come proprietà personale è un altro tasto doloroso di alcune Congregazioni femminili, dove la complicità fra la superiora generale e l’economa (anch’essa di fatto a vita, nonostante i limiti dell’età) finisce per consentire il controllo completo dei beni». Il messaggio che viene dato è che «governare è sinonimo di privilegio, a scapito dei più deboli», mentre la casa religiosa «più che come una comunità, viene vissuta come una prigione». Con l’esito che questi stessi Istituti «non hanno più vocazioni in Italia da oltre 50 anni. Sarà forse un caso?».

Lo stesso Cardinale Joao Braz de Aviz ricorda che non mancano anche «casi di abusi sessuali subiti dalle novizie da parte delle formatrici; una situazione più rara rispetto alle Congregazioni maschili, ma forse, proprio per questo, ancora più grave e dolorosa».

Nell’articolo della «Civiltà Cattolica» si fa pure riferimento alla «tragica condizione» di quante non ce la fanno e abbandonano la vita religiosa: «in molti casi esse non hanno ricevuto alcun aiuto, anzi si è cercato in tutti i modi di impedire loro di trovare una sistemazione». E si è arrivati perfino a «qualche caso di prostituzione per potersi mantenere». «Il problema è diventato così grave – scrive Padre Cucci – che Papa Francesco ha deciso di far costruire una casa per coloro che, specie se straniere, non hanno un posto ove andare».


Abusi. Le responsabilità in foro interno ed esterno[20]

Nella valutazione dei comportamenti dei fedeli esiste nel diritto canonico una distinzione tra foro interno (o interiore) e foro esterno (o esteriore). In quello interno si considera un atto in relazione alla coscienza personale del soggetto. Nel foro interno è inclusa ovviamente la confessione sacramentale. In quello esterno (ove l’azione è rivolta a persone di più ambienti, al tessuto relazionale) si tiene conto di un atto in relazione a criteri oggettivi esterni. In tale contesto, esistono quindi delle responsabilità che possono emergere sia nel foro interno, che in quello esterno. Tra i comportamenti riprovati, l’abuso di potere è un fatto particolarmente negativo perché costituisce, nell’ambito di un impegno ecclesiale, un’assunzione di autorità eccessiva o usurpatrice. Questo tipo di abuso non è confinato in una sola categoria (religiosa o meno) di persone, ma è giudicato una tentazione legata a ogni forma di esercizio di autorità. Ci si chiede, a questo punto: quali sono state le azioni della Gerarchia Cattolica in presenza di responsabilità particolarmente gravi?[21]


2019. Obbligo di denuncia ai propri superiori

Sul piano storico, le direttive canoniche hanno introdotto delle barriere per proteggere la vita interna della Chiesa dalle derive settarie. Tali difese si sono concretizzate con visite canoniche episcopali, visite dei superiori religiosi, forme di vigilanza dei parroci, dei responsabili di seminario, dei rettori di santuario, dei dirigenti di associazioni, movimenti e fondazioni cattoliche, dei responsabili di una Prelatura, resoconti periodici, sistemi informativi di vario tipo. Tali azioni sono previste, a esempio, nella parte del diritto canonico relativa alla vita consacrata o al funzionamento di una parrocchia, di una diocesi e altro.

In tale contesto, si colloca un fatto significativo. Il 9 maggio del 2019 Papa Francesco ha firmato una Lettera Apostolica in forma di «motu proprio». Si tratta del documento Vos estis lux mundi. Il documento contiene norme rivolte ai chierici, ai membri di Istituti di vita consacrata e di Società di vita apostolica circa gli obblighi di segnalazione o di denuncia di notizie riguardanti il possibile compimento di determinati delitti contro il sesto comandamento del Decalogo o condotte omissive oppure ostacolanti indagini riguardanti i delitti citati, da parte di chierici o membri di Istituti di vita consacrata o Società di vita apostolica.[22]

In particolare, Vos estis lux mundi ha esteso l’obbligo di denuncia rispetto a condotte illecite di chierici o consacrati, includendo gli atti sessuali con adulti realizzati con abuso di autorità e il silenzio colpevole su condotte di questo genere nel corso di inchieste ecclesiastiche avviate nei confronti dei responsabili di tali crimini. Il «motu proprio» ha imposto ai chierici e ai consacrati l’obbligo di denunciare eventuali notizie su condotte di questo genere, precisando che in nessun caso tale segnalazione sarebbe stata considerata come «violazione del segreto d’ufficio» (articolo 4 §1).

Al riguardo, si deve ricordare che si è in presenza di una procedura. La legge, infatti, è di tipo amministrativo e non penale. Per tale motivo, la normativa può essere applicata in modo retroattivo. Ciò significa che i preti e le suore sono tenuti a denunciare anche vecchi casi di illeciti sessuali e di occultamenti. Il «motu proprio», in definitiva, costituisce un passo avanti, ma il cammino di rinnovamento non è concluso.


Taluni limiti della Vos estis lux mundi

Dopo la pubblicazione della Lettera Apostolica citata sono emersi taluni rilievi che interessano anche lo storico.

1) Non si riscontra, a esempio, un generale obbligo di denuncia alla Polizia degli abusi di cui si è venuti a conoscenza. Tale misura era stata richiesta dalle associazioni delle vittime di abusi. Nel testo si afferma che ci potrà essere comunque un obbligo nei Paesi ove le legislazioni civili lo richiedono. Ciò è stata ritenuta, in più ambienti, un’annotazione superflua. È stato risposto che non si può generalizzare un obbligo perché nei vari Paesi esistono varie situazioni giuridiche.

2) Non sono previste misure punitive in caso di segnalazioni non trasmesse. Non sono inoltre indicate sanzioni se le diocesi non si conformano alle direttive ricevute (anche se Vescovi e superiori religiosi potrebbero essere accusati di insabbiamento o negligenza).

In pratica, mancando le sanzioni, le denunce potrebbero rimanere su base discrezionale.


Alcune sottolineature

Un aspetto non debole è legato al fatto che la Lettera Apostolica citata fornisce «protezione» alla persona che denuncia fatti gravi. La Lettera di Papa Francesco obbliga ogni diocesi ad attivare un sistema per ricevere le richieste in modo confidenziale. Sono delineate inoltre le procedure per condurre le indagini preliminari quando l’imputato è un Vescovo, un Cardinale o un superiore di un Istituto religioso. Si è quindi in presenza di un «modus operandi» che tenta di accentuare una modifica di rotta. Le nuove regole sono un primo passo per formalizzare le fasi di denuncia e investigazione delle dichiarazioni di abuso, restituendo trasparenza a comportamenti non sempre chiari. Un problema che rimane, comunque, è quello legato alle mentalità. Si può esemplificare tale affermazione ricordando un fatto: negli Stasti Uniti d’America l’obbligo di denuncia alle autorità civili è previsto nelle Linee guida della Conferenza Episcopale dal 2002, eppure questo non ha evitato il caso McCarrick (ex Arcivescovo di Washington, Cardinale dimesso dallo stato clericale, autore di abusi sessuali, tra i maggiori sostenitori di quelle Linee guida).


Rescritto «ex audientia» del 17 dicembre 2019

Il 17 dicembre 2019 è stato pubblicato un Rescritto «ex audientia», concesso da Papa Francesco al Sostituto della Segreteria di Stato[23] il 6 dicembre 2019. Il Rescritto è firmato dal Cardinale Segretario di Stato[24]. Viene così promulgata un’Istruzione Sulla riservatezza delle cause. Tale documento intende precisare il grado di riserva con cui devono essere gestite le notizie o le denunce concernenti abusi sessuali compiuti da chierici o persone consacrate contro minori e altri soggetti indicati nell’Istruzione, nonché quelle eventuali condotte di autorità ecclesiastiche che tendessero a silenziarle o coprirle. Si vuole quindi cancellare, nei casi citati, la soggezione a quello che viene chiamato «segreto pontificio», riconducendo invece il «livello» di riservatezza al normale «segreto d’ufficio».[25]


I documenti precedenti il Rescritto del 17 dicembre 2019

L’Istruzione è successiva ad altri provvedimenti adottati dalla Santa Sede, specie dopo la riunione dei Presidenti delle Conferenze Episcopali (febbraio 2019). Anche la Penitenzieria Apostolica è intervenuta riguardo agli argomenti qui in oggetto con una Nota (29 giugno 2019) sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale, nel cui contesto è da inserire anche l’Istruzione del 2019. In particolare:

– pur senza fare diretta menzione del segreto pontificio, il «motu proprio» La tutela dei minori (30 marzo 2019), e l’articolo 3 della contestuale Legge vaticana numero CCXCVII sulla protezione di minori e persone vulnerabili (26 marzo 2019), hanno imposto all’interno della Santa Sede l’obbligo di denuncia di questo genere di reati perpetrati da impiegati o comunque avvenuti nel territorio vaticano, salvo il segreto confessionale;

– il 7 maggio 2019, il «motu proprio» Vos estis lux mundi (già citato).


Contenuti del Rescritto del 17 dicembre 2019

L’Istruzione Sulla riservatezza delle cause esclude dalla categoria di «segreto pontificio» sia le materie descritte nell’articolo 1 del «motu proprio» Vos estis lux mundi (abuso di autorità nel costringere ad atti sessuali, abuso sessuale di minori o di persone vulnerabili, occultamento di queste condotte in inchieste ecclesiastiche), sia quelle contenute nel «motu proprio» Sacramentorum sanctitatis tutela (articolo 6) che riguardano reati di pedofilia con minori di 18 anni o con soggetti incapaci, nonché i reati di pedopornografia che hanno per oggetto giovani al di sotto di 18 anni.

Tali condotte, quindi, non sono più oggetto di segreto pontificio, anche se compiute (come indica il numero 2 dell’Istruzione) in concorso con altri reati che pure sono oggetto di segreto pontificio (a esempio, altri reati contro la morale o contro i Sacramenti di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede e menzionati nell’Istruzione Secreta continere).

Tuttavia, il fatto che la conoscenza di queste azioni delittuose non sia più vincolata al «segreto pontificio» non significa favorire la libera pubblicità da parte di chi ne è in possesso. Permane il normale segreto o riservatezza d’ufficio. Le persone informate della situazione, o in qualche modo coinvolte nelle inchieste o istruzione della causa, sono tenute a «garantire la sicurezza, l’integrità e la riservatezza», e a non condividere informazioni con soggetti terzi, estranei alla causa. Tra le persone implicate nel processo c’è l’imputato, per il quale il provvedimento favorisce il diritto alla difesa.

L’Istruzione citata vieta inoltre di imporre il «vincolo di silenzio riguardo ai fatti della causa» sia al soggetto che ha fatto la segnalazione o la denuncia all’autorità, sia a coloro che affermano di essere stati offesi, sia anche ai testimoni che intervengono nella causa. La sola eccezione a questo divieto riguarda l’imputato stesso che, in questo genere di provvedimenti, è regolarmente sottoposto fin dall’inizio a proibizioni e misure cautelari, a seconda delle circostanze concrete. Il segreto d’ufficio, in conclusione, riguarda coloro che in ragione del proprio ruolo devono intervenire nella trattazione della causa.

Altra direttiva riguarda il richiamo all’osservanza delle leggi statuali stabilite in argomento. Perciò, l’Istruzione ribadisce che il segreto di ufficio da osservare in queste cause non può – in nessun caso – essere ostacolo «all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, inclusi gli eventuali obblighi di segnalazione [di eventuali notizie di reato], nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili» che potrebbe obbligare, a esempio, alla consegna di materiale documentale di foro esterno.


Il Rescritto «ex audientia» del 3 dicembre 2019

Contestualmente con la promulgazione dell’Istruzione Sulla riservatezza delle cause, è stato pubblicato un altro Rescritto «ex audientia» (3 dicembre 2019), concesso a due Cardinali (il Segretario di Stato e il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), da inscrivere nel periodico aggiornamento delle norme del «motu proprio» Sacramentorum sanctitatis tutela, che riguarda la trattazione dei delitti più gravi che competono alla Congregazione per la Dottrina della Fede, man mano che l’esperienza giuridica dell’adeguato svolgimento dei processi lo richiede. Le modifiche sono due.

La prima modifica riguarda la soppressione della norma secondo la quale il ruolo di avvocato e di procuratore doveva essere adempiuto da un sacerdote, sia quando la causa era allo studio dei tribunali diocesani, sia quando veniva esaminata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. D’ora in poi questo ruolo potrà essere svolto anche da un fedele laico in possesso dei requisiti stabiliti.

L’altra modifica riguarda l’elevazione ai 18 anni – e non solo 14, com’era finora – dell’età dei soggetti ripresi nelle immagini come requisito per configurare il reato di pedopornografia.


Qualche considerazione di sintesi

Dallo studio delle vigenti normative canoniche emergono alcuni aspetti sostanziali: 1) l’apertura di uno sportello per le denunce in tutte le diocesi del mondo; 2) l’obbligo di segnalazione degli abusi; 3) il contrasto delle coperture. Proprio su quest’ultimo punto, il Papa indica in modo esplicito possibili persone che possono «coprire»: «Cardinali, patriarchi, Vescovi e legati del Romano Pontefice». La sottolineatura fa capire che non esistono trattamenti di favore per nessuno. Il Papa, al riguardo, ha inteso specificare che la copertura degli abusi consiste «in azioni od omissioni dirette a interferire o a eludere le indagini civili o le indagini canoniche, amministrative o penali, nei confronti di un chierico o di un religioso in merito ai delitti» di pedofilia e pedopornografia.

L’impressione presente in taluni ambienti è che le direttive pontificie dovranno affrontare tempi non brevi di applicazione. Esistono ancora dei comportamenti di soggetti che temono l’esplosione di scandali (azioni dei media e risarcitorie), lo sviluppo di inchieste giudiziarie, l’individuazione di responsabilità. Comunque, rimane significativo il fatto che nelle nuove norme «chiunque può presentare una segnalazione», quindi anche i laici. Ciò, «non costituisce una violazione del segreto d’ufficio», aggiungendo che «a chi effettua una segnalazione non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo al contenuto di essa». È pure rilevante un aspetto: le nuove «norme si applicano senza pregiudizio dei diritti e degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, particolarmente quelli riguardanti eventuali obblighi di segnalazione alle autorità civili competenti».

Infine, si evidenzia pure la possibilità di affidare all’Arcivescovo Metropolita le indagini nel caso in cui la persona denunciata sia uno dei Vescovi delle diocesi suffraganee. Colui che è incaricato di investigare dopo 30 giorni trasmette alla Santa Sede un’informativa sullo stato delle indagini, che devono essere concluse entro il termine di 90 giorni, salvo possibili proroghe per «giusti motivi».


Alcune indicazioni bibliografiche

A. Cauteruccio, Il diritto alla buona fama e all’intimità. Analisi e commento del canone 220, in: «Commentarium pro Religiosis», numero 73, 1992, pagine 39-81

L.L. Christians, La déontologie des ministères ecclésiaux, Editions du Cerf, Paris 2007

M. Bradley, Evolution of the Right to Privacy in the 1983 Code: canon 220, in: «Studia Canonica», numero 38, 2004, pagine 527-574

D. Cito, Trasparenza e segreto nel diritto penale canonico, in: «Periodica de Re Canonica», Pontificia Università Gregoriana, volume 107, fascicolo 3, Roma 2018, pagine 513-522

B. Du Puy-Montbrun, La détermination du secret chez les ministres du culte. Le secret pastoral en droit canonique et en droit francais, L’Échelle de Jacob, Dijon 2012

D. Le Tourneau, Le canon 220 et le droits fondamentaux à la bonne réputation et à l’intimité, in: «Ius Ecclesiae», numero 26, 2004, pagine 127-148

G.P. Montini, La Chiesa tra l’impegno per la trasparenza e la tutela del segreto, in: «Periodica de Re Canonica», Pontificia Università Gregoriana, volume 107, fascicolo 3, Roma 2018, pagine 537-543

U. Rhode, Trasparenza e segreto nel diritto canonico, in: «Periodica de Re Canonica», Pontificia Università Gregoriana, volume 107, fascicolo 3, Roma 2018, pagine 465-492.


Note

1 J. Berry, G. Renner, Breaking the Silence. Head of Worldwide Catholic Order Accused of History of Abuse, Hartford Courant, 23 febbraio 1997.

2 Marcial Maciel Degollado (1920-2008).

3 Tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta (XX secolo).

4 Martha Wegan (nata nel 1937).

5 S. Magister, Caso Maciel. Otto ex Legionari accusano il fondatore, in: «L’Espresso», 21 gennaio 1999. Il sacerdote che assolve in confessione un complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo (Codice di diritto canonico – 1983 – canone 977) incorre nella scomunica «latae sententiae» riservata alla Sede Apostolica (Codice di diritto canonico – 1983 – canone 1.378).

6 Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, Città del Vaticano, 19 maggio 2006. Confronta anche: Codice di diritto canonico (1983), canoni 1.336 e 1.338.

7 Comunicato della Santa Sede, Città del Vaticano, 1º maggio 2010.

8 Canone 220 del Codice di diritto canonico; canone 23 del Codice dei canoni delle Chiese Orientali.

9 Catechismo della Chiesa Cattolica, numero 1467. Codice di Diritto Canonico, Libro Quarto, Parte Prima («I Sacramenti»), Titolo IV («Il Sacramento della Penitenza»), Capitolo II, Canoni 983, 984. Codice di Diritto Canonico, Libro Sesto, Parte Seconda, Titolo III, Canone 1.388.

10 Istruzione Secreta continere, in: «Acta Apostolicae Sedis», numero 66, 1974, pagine 89-92.

11 Confronta anche: A. Perlasca, Il segreto pontificio, in: «Quaderni di diritto ecclesiale», numero 26, 2013, pagine 91-104.

12 Confronta anche: Conferenza Episcopale Italiana, Disposizioni per la tutela del diritto alla buona fama e alla riservatezza, Decreto generale promulgato in data 20 ottobre 1999 con decreto numero 1.285/99 del Cardinale Camillo Ruini, Presidente della C.E.I.

13 Francesco, Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio «L’esperienza storica» per il cambiamento della denominazione da Archivio Segreto Vaticano ad Archivio Apostolico Vaticano, 22 ottobre 2019, in: «L’Osservatore Romano», 28-29 ottobre 2019, pagina 11.

14 Italia, Germania, Regno Unito, Irlanda, Belgio, Stati Uniti, Australia, India, Cile e altri.

15 Confronta a esempio: Congregatio pro Doctrina Fidei, Normae de gravioribus delictis, 21 maii 2010, in AAS CII (2010), pagine 419-431.

16 Padre Giovanni Cucci sj (nato nel 1959).

17 G. Cucci, Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile, in: «La Civiltà Cattolica», quaderno 4.083-4.084, sabato 1° agosto 2020, pagine 218-226.

18 Cardinale João Braz de Aviz (nato nel 1947).

19 Intervista al Cardinale D. João Braz de Aviz, in: «Donne Chiesa Mondo», mensile dell’Osservatore Romano, numero 85, febbraio 2020, Città del Vaticano.

20 Confronta anche: M. D’Arienzo, Il concetto giuridico di responsabilità. Rilevanza e funzione nel diritto canonico, Pellegrini, Cleto 2012.

21 Su questo argomento confronta anche: P. Consorti, La responsabilità della gerarchia ecclesiastica nel caso degli abusi sessuali commessi dai chierici, fra diritto canonico e diritti statuali, in: «Stato, Chiese e pluralismo confessionale», Rivista telematica (www.statoechiese.it), numero 17/2013, 13 maggio 2013.

22 A. Interguglielmi, Le nuove disposizioni del Motu proprio «Vos estis lunx mundi», in: «L’amico del clero», numero 11, novembre 2019, anno 101, pagine 638-644.

23 Sua Eccellenza Monsignor Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato (nato nel 1960).

24 Sua Eminenza Cardinale Pietro Parolin (nato nel 1955).

25 Il segreto di ufficio è stabilito dal canone 471, 2° Codice di Diritto Canonico (canone 244 §2, 2° Codice dei canoni delle Chiese Orientali, che ogni Pastore o il titolare di un pubblico ufficio è tenuto a osservare in modalità distinte a seconda si tratti di soggetti che hanno diritto a conoscere dette notizie e di chi, invece, non è in possesso di alcun titolo per averle).

(marzo 2021)

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