I «Fratelli della Foresta»
La resistenza antisovietica in Estonia 1944-1955

Partigiana estone

Una partigiana estone

A partire dalla fine del 1944, ma soprattutto tra il 1945 e il 1946, in diversi Paesi dell’Europa Orientale liberati dal giogo nazista iniziarono a svilupparsi movimenti di resistenza anti-russi e, più in generale, anti-comunisti. Spaventati dall’atteggiamento ostile e dalla politica oppressiva avviata dalle forze armate e di polizia sovietiche che avevano preso il posto di quelle tedesche, moltissimi (forse, in tutto, mezzo milione) cittadini baltici (nella fattispecie: cinquantamila Estoni, sessantamila Lettoni e ben centoventimila Lituani), ma anche Ucraini, Polacchi, Ungheresi, Romeni, Bulgari, Serbi e Croati si diedero alla macchia per cercare di combattere con le armi i nuovi regimi istituiti da Mosca nell’Europa dell’Est.

Di questo vasto, internazionale e assai poco conosciuto movimento non molto si è scritto, anche perché fino all’apertura degli archivi segreti sovietici, avvenuta sotto il governo Gorbaciov, i governi del Patto di Varsavia hanno sempre minimizzato questo fenomeno, non fornendo alcuna informazione alla stampa. Ma perfino in Occidente, dove si sapeva dell’esistenza di questa realtà, nulla, o quasi, fu mai detto, riportato e denunciato, anche e soprattutto per evitare che i già non facili rapporti con l’Unione Sovietica potessero deteriorarsi ulteriormente.

In seguito alla grande offensiva autunnale del 1944, l’Armata Rossa invase l’Estonia che, alla fine della guerra (maggio 1945), venne annessa all’URSS e trasformata, al pari degli altri due Stati baltici (la Lituania e la Lettonia) in una repubblica socialista strettamente subordinata a Mosca. Ed in seguito all’occupazione del Paese si scatenò una violenta repressione poliziesca, anche perché, tra l’estate del 1941 e quella del 1944, migliaia di Estoni avevano accettato di arruolarsi nella Wermacht per combattere contro i Sovietici[1]. Non a caso, la prima, vasta ed articolata operazione di «pulizia» etnica e politica venne intrapresa dai Russi già a cavallo del 1944 e 1945. Le retate effettuate su ordine di Stalin da elementi della NKVD (la polizia politica) del KGB e dell’MVD (il Ministero degli Interni), portarono all’arresto e alla deportazione in Siberia di non meno di cinquantamila Estoni. Ma la repressione anziché fiaccare la popolazione del Paese baltico non fece altro che consolidarne ulteriormente il suo già forte risentimento nei confronti degli occupanti.

Dopo un primo tentativo, attuato nell’autunno 1944 (cioè in concomitanza della ritirata delle armate tedesche verso Ovest), di ricreare una Repubblica di Estonia, molti Baltici crederono che, a guerra finita, le potenze occidentali (Inghilterra, Stati Uniti e Francia) si sarebbero adoperate in qualche modo per tutelare la loro ritrovata autonomia. Speranza che, tuttavia, si rivelò infondata in quanto Washington e Londra permisero a Stalin di estendere i suoi tentacoli su tutte le nazioni dell’Europa Sud-Orientale, Centro-Orientale e Nord-Orientale.

Già a partire dalla fine del 1944, circa venti-venticinquemila tra ex-militari (molti dei quali avevano prestato servizio nell’esercito tedesco) e civili estoni decisero di darsi alla macchia, nascondendosi nelle foreste. E in breve nacquero spontaneamente i primi raggruppamenti partigiani anti-sovietici chiamati i «Fratelli della Foresta». Tra i leader di questo movimento, nazionalista e anti-comunista, figurava Ülo Altermann, uomo dotato di forte carisma e capacità organizzative. Sotto la sua direzione, le bande (in alcune delle quali confluirono anche alcuni ufficiali e soldati tedeschi rimasti tagliati fuori dalla ritirata) iniziarono a raccogliere tutte le armi e le munizioni lasciate dalla Wermacht prima della sua ritirata, riuscendo a costituire alcuni battaglioni della forza unitaria di circa duecentocinquanta-trecentocinquanta uomini. E dal marzo del 1945, i partigiani iniziarono a mettere in atto i primi colpi di mano contro isolate colonne motorizzate e piccoli presidi russi.

Tuttavia, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’occupazione militare sovietica, ormai estesa anche a Lettonia e Lituania, si rafforzò ulteriormente. Avendo ormai capito che nessuna nazione occidentale avrebbe rischiato alcunché per soccorrere i Fratelli della Foresta, le autorità militari e di polizia russe iniziarono a dedicarsi a vaste e minuziose operazioni di contro-guerriglia, ma anche di polizia, estese anche ai danni dei famigliari e ai molti collaboratori dei partigiani estoni. Da Mosca giunsero migliaia di soldati appartenenti ai corpi speciali e centinaia di agenti dell’NKVD che, utilizzando il sistema delle taglie, la minaccia armata e la tortura sui civili, riuscirono ad ottenere informazioni utili per smascherare, catturare, incarcerare e deportare centinaia di Estoni colpevoli di sostenere o addirittura di avere semplici legami di parentela con i partigiani. Contestualmente, le forze speciali dell’Armata Rossa, coadiuvate da alcune centinaia di «miliziani» estoni comunisti, intensificarono i rastrellamenti nei boschi, riuscendo ad individuare diverse cellule armate nazionaliste. Nelle campagne, le forze sovietiche se la presero con i contadini, la categoria sociale che maggiormente simpatizzava per i ribelli, dando fuoco alle loro abitazioni e fucilandone o impiccandone non meno di mille[2].

Ben lungi dal volersi piegare, nell’estate del 1945, i Fratelli della Foresta scatenarono una serie di violenti attacchi contro colonne di autoveicoli e caserme russe. Naturalmente, l’obiettivo dei ribelli erano le unità nemiche più isolate, i Soviet dei villaggi e i consigli esecutivi nei comuni, formati da compatrioti che avevano aderito alla causa comunista. Nel corso delle loro incursioni, i partigiani catturarono anche parecchie decine di funzionari, esattori delle imposte e poliziotti che vennero giudicati (e spesso condannati a morte) dai Tribunali della Foresta. Sempre durante le loro scorrerie, i ribelli saccheggiarono decine di depositi di Stato contenenti grano, prodotti alimentari, attrezzature agricole e vestiario. Il tutto in nome della Libera Repubblica di Estonia. Anche se va notato che molto raramente i partigiani depredarono i beni e le poche proprietà di contadini o semplici cittadini[3].

Nel corso del 1945 la NKVD registrò trecentoquaranta attacchi ed espropri da parte dei cosiddetti «banditi fascisti», ammettendo la perdita di alcune centinaia di soldati dell’Armata Rossa. Sempre secondo gli archivi della NKVD, nello stesso periodo le formazioni clandestine portarono a compimento centotrentasei «attacchi diretti contro caserme, presidi e depositi dell’Armata Rossa». Parte di queste azioni, compiute da gruppi composti ciascuno da non più di dieci uomini, vennero progettate e attuate sotto la regia del capobanda Arnold Lindermann. Profondamente irritato dai resoconti della Polizia Segreta e dell’Esercito, all’inizio del 1946 Stalin ordinò di intensificare l’azione repressiva non soltanto contro i singoli gruppi armati, ma contro la popolazione di quelle regioni che, a torto o a ragione, i Russi consideravano connivente nei confronti dei Fratelli della Foresta. E con il preciso scopo di impartire un forte ammonimento, Stalin inviò nella repubblica baltica altri quindicimila-ventimila soldati, appoggiati da carri armati, autoblindo e aerei da ricognizione. Oltre a ciò il Comando sovietico di Tallinn mise numerose taglie sui più pericolosi capi partigiani, minacciando severissime rappresaglie «nei confronti di tutti i cittadini estoni che si fossero rifiutati di collaborare, anche con la delazione, nella cattura dei “ribelli fascisti”». Ma nonostante le minacce, gran parte della popolazione estone, soprattutto quella delle campagne, già privata dei propri beni dalla collettivizzazione forzata delle risorse avviata dal governo estone, continuò a sostenere o, quantomeno, a parteggiare per i Fratelli della Foresta. E fu così che, per un paio di anni, le formazioni partigiane riuscirono ancora a tenere testa all’Armata Sovietica.

La svolta avvenne verso la fine del 1948 quando Stalin, infuriato per l’ennesimo riuscito attacco ad un grosso deposito dell’esercito, ordinò per rappresaglia l’incarcerazione di duemila cittadini estoni, assolutamente incolpevoli. Seguirono decine di altre analoghe ritorsioni ai danni di persone anch’esse del tutto estranee al movimento di resistenza, con sequestri di abitazioni e beni ed incarcerazioni di «individui di dubbia fede marxista». Lo scopo era quello di creare un vero e proprio clima di terrore tra la popolazione e per rendere invisi all’opinione pubblica i Fratelli della Foresta. Nell’inverno 1948-1949, i Sovietici arrivarono addirittura a ridurre drasticamente tutte le forniture di generi alimentari e combustibile alla popolazione estone per indurla a ripudiare e ad isolare il movimento nazionalista. Con la massiccia deportazione del marzo 1949 (nel corso della quale circa centomila cittadini estoni vennero fatti sparire nelle lontane lande orientali dell’Unione Sovietica) la situazione dei Fratelli della Foresta si fece drammatica. Per la Resistenza fu infatti un colpo durissimo. Anche perché parecchi partigiani iniziarono a dubitare circa l’utilità di proseguire la lotta. Si verificarono quindi alcune diserzioni ma, grazie alla determinazione e al polso dei capi più carismatici, la maggior parte dei combattenti decise alla fine di non mollare. Completamente dimenticati dall’Occidente (sembra però che all’inizio degli anni Cinquanta gli Angloamericani avessero tentato – seppure rarissime volte – di rifornire per via aerea i guerriglieri estoni utilizzando una base situata sull’isola danese di Bornholm), circa cinquemila ribelli continuarono a combattere, nonostante le deportazioni dei propri parenti e la liquidazione dei loro sostenitori. Tra il 1945 e il 1959, oltre settantacinquemila Estoni vennero incarcerati e diciannovemila fucilati o impiccati. Nel 1953 le autorità sovietiche, che potevano fare conto su un esercito di non meno di settantacinquemila tra soldati e poliziotti, scatenarono l’offensiva generale, setacciando tutte le foreste del Paese e catturando, deportando o giustiziando circa tremila ribelli. Era l’inizio della fine. Una dopo l’altra tutte le cellule di resistenza vennero individuate e annientate. Secondo le stime della Polizia Segreta sovietica, nel 1955 rimanevano in armi, nascosti nei boschi più fitti, non più di novecento Fratelli della Foresta, su un totale complessivo di circa cinquantamila combattenti attivi e fiancheggiatori. Ma bisognò attendere ancora molto tempo per dichiarare completamente liquidata la ribellione estone. Secondo i documenti dell’Archivio NKVD, l’ultimo manipolo partigiano, agli ordini del comandante Oskar Lillenurm, venne circondato ed annientato nel 1975. Lillenurm – che riuscì a sfuggire al massacro – venne trovato morto, in circostanze ancora tutte da chiarire, nella primavera del 1980, in un bosco della contea di Läänemaa.


Note

1 Già a partire dal luglio del 1941, un elevatissimo numero di Estoni e Lettoni (le popolazioni baltiche che da sempre avevano mantenuto i più forti legami con il mondo germanico) si arruolò nell’esercito tedesco per combattere contro i Sovietici. Ed è da notare che, ancora nel 1944, quando cioè le sorti della guerra erano segnate, le unità estoni e lettoni, tra cui la 20° Divisione delle Waffen SS, continuarono a lottare con estrema determinazione, infliggendo ai Russi perdite molto pesanti. E quando i Tedeschi furono costretti a sgomberare i Paesi baltici, lasciarono alle loro spalle alcuni piccoli reparti di esperti volontari estoni per organizzare la guerriglia nelle retrovie del nemico. Fu anche da questi nuclei che, successivamente, si sarebbero formati i Fratelli della Foresta.

2 Nel periodo 1944-1947, in Estonia, i Sovietici avviarono una riforma terriera. Sulle aree espropriate ai contadini e ai piccoli e medi proprietari vennero edificate nuove fattorie e aziende agricole di Stato (gli sovkhoz). Inizialmente, i Russi non crearono kolkoz. Lo scopo della riforma era quello di mettere in disaccordo i differenti strati della popolazione rurale estone e di guadagnare supporto per il nuovo regime fantoccio di Tallinn. Mosca fece anche riavviare le miniere estoni di scisto e diede impulso alla produzione di energia elettrica che, tuttavia, venne quasi tutta dirottata verso l’area di Leningrado. Nell’ambito del processo di russificazione dell’Estonia, Stalin vi trasferì decine di migliaia di operai e contadini provenienti da tutte le parti dell’Unione Sovietica (tra il 1945 e il 1950, giunsero in Estonia centosettantamila immigranti). Lo scopo era, infatti, quello di istituire una vera e propria «colonia» russa. Contestualmente, agli Estoni vennero tolti molti dei diritti civili più elementari. Venne abolito il diritto di associazione, di stampa e perfino quello di spostamento all’interno del nuovo Stato. Gli abitanti di un determinato paese o città avevano infatti la proibizione di uscire dal proprio abitato e dovevano, all’occorrenza, prestare gratuitamente la loro opera per la realizzazione di qualsiasi iniziativa produttiva decisa da Mosca, e a totale ed esclusivo beneficio dell’Unione Sovietica. Migliaia di Estoni vennero impiegati nelle miniere di uranio e molti vi morirono. Parte dell’uranio estratto venne lavorato negli stabilimenti di Sillamäe dove, a quanto pare, alla fine degli anni Quaranta, vennero assemblate le prime bombe atomiche russe.

3 Nei Paesi baltici, come in Ucraina e in altre regioni dell’Est europeo interessate dalle rivolte anti-comuniste, Mosca schierò un potente ed articolato sistema di repressione. Ne facevano parte le truppe interne dell’NKVD; le truppe speciali dell’NKVD («spetsgrupy»), molto abili nelle operazioni di contro-guerriglia; i reparti dell’NKGB; le forze dello SMERSH, raggruppamento di sicari specializzati nell’eliminazione fisica di avversari politici, anche all’estero, e gli agenti del GRU (Glavnoe Razveedjvatelnoe Upravliene), i servizi segreti militari. La milizia comunista locale, organizzazione molto ramificata, si avvaleva invece di unità (Istrebitelnnye Bataliony, «Strybki») specificatamente destinate a compiti di ricerca e distruzione dei guerriglieri.


Bibliografia

Mart Laar, War in the Woods: Estonia’s Struggle for Survival, 1944-1956, The Compass Press, Washington, 1992

Guerriglieri oltre cortina, di Luca Poggiali, «Storia & Battaglie», numero 1, marzo 2000

Paul Carrel, Operazione Barbarossa. 21 giugno 1941-18 novembre 1942, I e II volume, Edizioni BUR RCS Libri, 2000, Milano.

(anno 2005)

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