La catena baltica; 1989
Un insopprimibile anelito alla libertà

Alla fine degli anni Ottanta, un evento simbolico ma dal forte significato morale, fece il giro del mondo.

Nelle Repubbliche Sovietiche di Lettonia, Estonia e Lituania, una grande catena umana composta da due milioni di persone mano nella mano che collegava Vilnius in Lituania a Riga in Lettonia e Riga a Tallinn in Estonia comparve il 23 agosto 1989.

Si trattava di una imponente e pacifica manifestazione di protesta contro la mancata autodeterminazione dei Paesi Baltici da quasi cinquant’anni occupati dall’Unione Sovietica.

Nel 1989 il blocco orientale guidato dall’Unione Sovietica stava iniziando ad affondare sia sul piano politico che sul piano economico, con i vari regimi comunisti che nei vari Paesi del Patto di Varsavia come la Polonia o l’Ungheria non riuscivano più a tenere saldo il potere.

Le politiche del segretario del partito comunista sovietico Gorbaciov quali le riforme economiche della perestrojka e la nuova «trasparenza politica» della glasnost non stavano rimettendo in piedi l’Unione Sovietica, anzi proprio la boccata di ossigeno data ai nazionalisti riaccese vecchie faide lasciate insolute per cinquant’anni.

Rispetto a Paesi come la Romania e la Polonia che si trovavano da cinquant’anni sotto il controllo indiretto dell’Unione Sovietica poiché erano stati occupati nel 1945 dopo aver scacciato l’esercito tedesco, il caso dei Paesi Baltici era di gran lunga diverso.

A seguito del Patto Molotov-Ribbentrop (ufficialmente un patto di non aggressione tra URSS e Germania firmato il 23 agosto 1939), Hitler e Stalin in una clausola segreta del patto si spartirono la Polonia e il resto dell’Europa Orientale e le tre Repubbliche Baltiche rette da regimi dittatoriali di destra passarono nell’area sovietica. Dopo averle costrette già nel 1939 ad accettare lo stazionamento di truppe russe nel loro territorio, Stalin invase le Repubbliche Baltiche che furono poi occupate dalla Wermacht dopo l’attacco tedesco all’Unione Sovietica dal 1941 al 1944, per poi tornare sotto il dominio sovietico, anche se tale dominio non fu riconosciuto in modo ufficiale dalle potenze occidentali. Alla fine degli anni Ottanta, a seguito delle nuove politiche di trasparenza di Gorbaciov, questa clausola segreta dell’occupazione delle Repubbliche Baltiche venne resa nota e per questo motivo sia i nazionalisti baltici che la popolazione baltica che voleva ottenere la democrazia e l’autodeterminazione per la propria Nazione organizzarono questa catena umana in cui le persone, stringendosi per mano con le bandiere delle Repubbliche Baltiche, lanciarono un messaggio al mondo per ricordare la questione irrisolta del Baltico.

Con l’Unione Sovietica al collasso, la Lituania già nel marzo 1990 dichiarò l’indipendenza, anche se dovette subire nel gennaio 1991 una breve ma sanguinosa repressione sovietica, finché nell’agosto 1991 non si vide riconosciuta insieme alla Lettonia e all’Estonia l’indipendenza dall’Unione Sovietica, la quale pochi mesi dopo, il 26 dicembre 1991, si dissolse.

La catena baltica resta tuttora un evento di forte senso democratico e nazionalistico nel periodo di occupazione sovietica per le popolazioni baltiche.


Bibliografia

Ralph Tuchtenhagen, Storia dei Paesi Baltici, Il Mulino, 2008

Edoardo Castagna, «Avvenire», 20 agosto 2019.

(dicembre 2022)

Tag: Niccolò Bendini, catena baltica, 1989, Lettonia, Estonia, Lituania, Paesi Baltici, Unione Sovietica, Gorbaciov, Patto Molotov-Ribbentrop, Stalin, Repubbliche Baltiche, 1991.