I Paesi baltici e l’Impero Sovietico
I piccoli Paesi affacciati sul Mar Baltico presentavano delle spiccate identità nazionali e costituivano una regione relativamente avanzata, ma conobbero lo strapotere dei potenti vicini

I Paesi baltici sono stati caratterizzati da una complessa origine etnica e dalla presenza di una consistente aristocrazia di origine germanica che esercitava una importante influenza economica e culturale. Come nella Boemia e in altre regioni orientali, i nobili tedeschi trattarono con molta durezza le popolazioni locali, tuttavia consentirono indirettamente una certa apertura verso il mondo occidentale. A metà del XIX secolo Riga, la capitale della Lettonia, divenne uno dei principali porti sul Baltico, mentre una discreta crescita urbana e industriale si ebbe in tutti e tre i piccoli Paesi. Il dominio zarista tentò di eliminare le caratteristiche nazionali di questi Paesi ma non ebbe successo, e la Lituania in particolare fu la prima regione dell’Impero a richiedere l’autonomia da Mosca, mentre in Lettonia si ebbero importanti rivolte durante le insurrezioni del 1905 e 1917.

Nel corso della Prima Guerra Mondiale i Paesi baltici furono occupati dai Tedeschi insieme alle regioni della Russia Occidentale. La Lituania e la parte occidentale della Lettonia vennero occupate dai Tedeschi nel 1915, avvenimento che provocò la fuga di numerosi Lettoni verso la zona libera orientale. L’occupazione della Lettonia e dell’Estonia venne completata nel febbraio del 1918 e trovò un’ulteriore sistemazione con gli accordi di pace russo-tedeschi successivi. I Tedeschi comunque non si opposero alla volontà di indipendenza della Lituania che venne stabilita nel settembre del 1917 e ufficialmente proclamata cinque mesi dopo. Anche negli altri due Paesi si ebbero iniziative analoghe, e nel corso del 1918 si avviarono all’indipendenza. In particolare in Estonia si tennero successivamente alla rivoluzione di febbraio le prime elezioni che videro una affermazione dei partiti di Sinistra ma vennero annullate nei mesi successivi ad opera dei bolscevichi che imposero il loro governo sul Paese.

Sebbene in precedenza Lenin avesse dichiarato il suo sostegno al diritto di auto-determinazione dei popoli soggetti all’Impero Zarista, pochi giorni dopo la fine della guerra e il ritiro delle truppe tedesche, l’Estonia venne invasa dall’Armata Rossa. L’occupazione russa fu di breve durata in quanto gli Estoni con il sostegno di Inglesi e Finlandesi riuscirono il mese successivo a sgomberare il territorio. Poche settimane dopo l’esercito bolscevico invase la Lituania, e con il sostegno dei comunisti locali, la Lettonia. I due Paesi baltici vennero quasi interamente occupati, ma la Lettonia con il sostegno delle truppe estoni poté liberarsi alcuni mesi dopo, mentre i governi dell’Intesa autorizzarono le truppe tedesche ancora presenti nella regione a contrastare l’avanzata russa. La presenza di tali truppe risultò efficace, ma creò anche gravi problemi in quanto queste intendevano sostenere le comunità tedesche presenti nella regione, e quando furono costrette dagli alleati a smobilitare, molti militari confluirono nell’esercito di Bermondt-Avalov, una delle armate bianche che in quei mesi contrastavano il governo bolscevico. Verso la fine del ’19 anche questa minaccia venne eliminata, ma la Lituania conobbe una nuova grave crisi con i Paesi vicini, nel 1919 la città di Vilnius venne occupata da una milizia irregolare della Polonia. Infine nel ’23 la Lituania pose fine ad una disputa riguardante il territorio di Memel abitato da Tedeschi e provvisoriamente sottoposto all’amministrazione francese, attraverso la sua improvvisa occupazione.

Anche le altre regioni occidentali che avevano proclamato la loro indipendenza nel 1917 furono teatro di vicende simili. Dopo il ritiro dei Tedeschi in Ucraina si ebbe un grande e terribile scontro fra l’Armata Rossa e le armate bianche, mentre la Rada, il Parlamento locale, tentava di stringere un accordo con queste ultime, e successivamente di ottenere il sostegno del governo anti-comunista polacco, nonostante il contrasto etnico da sempre esistente fra Ucraini e Polacchi. In Finlandia si ebbe nel gennaio del ’18 una insurrezione comunista sostenuta dai bolscevichi russi che venne stroncata dal generale Mannerheim con il sostegno delle truppe tedesche. Anche successivamente alla crisi i rapporti fra la Finlandia e la Russia rimasero molto tesi. Nel 1920 la Polonia venne invasa dai Sovietici, che non ebbero il sostegno dei lavoratori locali come si aspettavano. Nel Caucaso e nelle regioni asiatiche che si erano proclamate indipendenti il comportamento tenuto dal governo di Mosca non fu molto differente.

Il periodo dell’indipendenza dei tre Paesi baltici fu un periodo relativamente felice che vide l’avvio di alcune riforme economiche e politiche. Negli anni immediatamente successivi all’indipendenza venne promossa una riforma agraria a favore dei contadini, e in Lettonia e in Estonia si ebbe l’emanazione di alcune leggi a favore delle minoranze etniche presenti nei Paesi che contribuirono alla stabilizzazione dei Paesi. Nonostante l’instabilità politica e le pressioni esterne, i Paesi conobbero una discreta crescita economica e civile. Al potere si alternarono i partiti contadini, i social-democratici, ed altre formazioni moderate, ma nel 1924 la vita politica dell’Estonia venne turbata da un’insurrezione comunista che non ebbe successo a causa del mancato sostegno dei lavoratori. Anche a seguito di tale episodio in Lituania il partito cristiano-democratico al potere sospese le garanzie costituzionali, mentre l’Estonia tentò di creare una federazione di Paesi che si affacciano sul Baltico in funzione anti-sovietica. Nel 1934 di fronte alle gravi minacce provenienti sia dalla estrema Destra che dalla estrema Sinistra, e alla minacciosa situazione internazionale i governi della Lettonia e dell’Estonia sospesero l’attività parlamentare, in maniera definitiva nel primo e per un periodo di due anni nel secondo, senza comunque realizzare una totale dittatura. I Paesi baltici tentarono di realizzare un’alleanza comprendente anche i Paesi scandinavi per opporsi alle mire dei potenti vicini, ma non ebbero successo a causa del contrasto fra la Polonia e la Lituania.

Il peggio per i Paesi baltici doveva venire, nell’agosto del ’39 i Sovietici sottoscrissero un patto con i Tedeschi (il Patto Molotov-Ribbentrop) che nel suo protocollo segreto prevedeva la spartizione dell’Europa Orientale fra le due potenze, e l’assegnazione della regione del Baltico (per un breve periodo con l’eccezione della Lituania) alla Russia.

Alcune settimane dopo l’invasione della Polonia da parte della Germania e dell’Unione Sovietica, i tre Paesi baltici furono costretti a sottoscrivere un patto con Mosca che prevedeva l’insediamento di truppe sovietiche in quei Paesi, e sette mesi dopo vennero costretti a darsi un nuovo governo e a ratificare l’annessione all’URSS. La Finlandia, che aveva rifiutato di sottoscrivere il patto, venne aggredita nel novembre del ’39 e successivamente obbligata a cedere parti del suo territorio al potente vicino.

Durante i dodici mesi di occupazione circa centomila fra Lituani, Lettoni ed Estoni, soprattutto intellettuali, subirono la deportazione in Siberia, dalla quale ben pochi fecero ritorno. L’azione del governo di Mosca venne bruscamente interrotta dall’attacco tedesco nel giugno del ’41. Un certo numero di gruppi politici videro nell’arrivo delle truppe tedesche un evento positivo, ma anche l’occupazione tedesca rappresentò un dramma per il Paese, migliaia di Lituani, Lettoni, Estoni, ritenuti collaborazionisti del governo russo vennero uccisi. Inoltre trovarono la morte duecentomila Ebrei, circa l’85% della comunità lituana, oltre a settantamila Ebrei della vicina Lettonia, e ad alcune migliaia di zingari.

Nel ’44 con il ritorno dell’Armata Rossa si ebbe un esodo in Occidente di centinaia di migliaia di persone, e una nuova ondata di persecuzioni che si prolungò fino alla morte di Stalin. Circa centotrentamila Lituani fra cui molti uomini della Chiesa Cattolica, oltre quarantamila Lettoni, e ventimila Estoni finirono nei campi di concentramento, ma alcune migliaia di uomini preferirono fuggire nelle foreste e dare vita ad una resistenza armata che si protrasse alcuni anni. Nel complesso si ebbe in Lituania fra il ’40 e il ’53 una riduzione del 30% della popolazione. Nel periodo successivo si ebbe una forte immigrazione russa e un processo di russificazione culturale che ebbe una breve pausa verso la fine degli anni Cinquanta al tempo di Kruschev. Nel Paese si ebbe la realizzazione di alcuni grandi complessi industriali e un relativo benessere rispetto al resto della popolazione sovietica, ma un vero cambiamento si ebbe negli anni Ottanta con l’avvento di Gorbaciov.

Nel nuovo clima politico si vennero a formare alcune nuove associazioni politiche, ad opera soprattutto di intellettuali. In Lituania si ebbe il Sajudis e negli altri due Paesi i fronti popolari che richiesero l’indipendenza attraverso iniziative pacifiche e pubbliche manifestazioni. La più importante fu la catena umana di seicento chilometri formata da due milioni di cittadini dei tre Paesi per ricordare il tragico Patto Molotov-Ribbentrop di cui si ebbe la ricorrenza nel 1989. I nuovi gruppi politici ottennero un grande successo elettorale e proclamarono la fine dell’annessione, ma nel gennaio del ’91 il governo sovietico, formato in quel periodo da un’alleanza fra gorbacioviani e conservatori, replicò con l’invio dell’esercito e l’occupazione delle sedi delle nuove istituzioni. I cittadini protestarono con manifestazioni di resistenza passiva, e in Lituania si ebbero quattordici morti fra la popolazione. L’esercito fu comunque ritirato e i tre nuovi Paesi si avviarono verso una piena democratizzazione e un’economia di libero mercato che nel corso degli anni ha dato alcuni positivi risultati.

(anno 2002)

Tag: Luciano Atticciati, Paesi Baltici, Impero Sovietico, dopoguerra.