Venezia Giulia e Dalmazia: una tragedia sempre attuale
Spunti di riflessione storica ed etico-politica a dodici anni dalla Legge 30 marzo 2004 numero 92, istitutiva del «Giorno del Ricordo»

Dopo 60 anni di colpevole silenzio motivato da opinabili ragioni di bassa politica, il doloroso dramma dell’Esodo giuliano, istriano e dalmata vissuto da 350.000 profughi, e quello delle foibe in cui persero la vita circa 20.000 vittime colpevoli del solo «delitto» di italianità, il lungo ostracismo parve essere esorcizzato dalla Legge 30 marzo 2004 numero 92, approvata dal Parlamento con voto quasi unanime, e con lo scopo di attirare l’attenzione popolare anche sull’iniquità del trattato di pace che aveva sottratto all’Italia la sovranità sulle zone del confine orientale (10 febbraio 1947). Era un atto dovuto nei confronti di chi aveva pagato per tutti le conseguenze della guerra perduta, anche attraverso la cessione dei propri beni quale risarcimento dei danni di guerra alla ex Jugoslavia.

Nondimeno, col passare degli anni le cerimonie del Ricordo, al pari di tante altre iniziative patriottiche o presunte tali, si sono avvitate in una malinconica ritualità ripetitiva, in specie per quanto riguarda le celebrazioni nelle scuole di ogni ordine e grado, dove la mancanza di un’adeguata preparazione anche nell’ambito dei docenti finisce per dare luogo ad un obbligo formale, ed assolutamente transeunte, senza alcuna apprezzabile traccia nella sensibilità giovanile.

Considerazioni analoghe valgono per i conferimenti di cui all’articolo 3 della Legge 92, relativi alla consegna delle medaglie d’onore e degli attestati a firma del Presidente della Repubblica, a mani degli eredi dei caduti.

In effetti, dopo dodici anni di vigenza della normativa in questione, tali conferimenti sono stati poco più di un migliaio, pari – come si diceva in premessa e come hanno attestato le fonti bibliografiche più autorevoli[1] – ad un ventesimo degli aventi causa. Ciò, a fronte del troppo tempo trascorso ma nello stesso tempo, di un impegno inadeguato da parte delle Organizzazioni interessate, nel reperimento dei congiunti (entro il sesto grado di parentela) che hanno facoltà di presentare le istanze di competenza.

La tragedia di Venezia Giulia e Dalmazia è sempre attuale e le ferite nel cuore dei superstiti sono sempre sanguinanti, ma la consapevolezza delle sofferenze che indusse in tutte le classi sociali del popolo esule si è progressivamente affievolita, rendendo quasi marginali gli effetti della Legge 92.

Si deve aggiungere che un contributo importante a questo «disincantamento» è scaturito dalla storiografia giustificazionista e negazionista, secondo cui l’Esodo e le foibe sarebbero stati una conseguenza delle presunte malversazioni dell’Italia liberale, e poi di quella fascista, a danno di Croati e Sloveni, nonché delle tragiche vicende belliche in cui le stragi partigiane, peraltro, furono quantitativamente incommensurabili, per non dire della loro singolare ed agghiacciante efferatezza.

Peggio ancora hanno fatto le Organizzazioni italiane di estrema Sinistra, ed in primo luogo l’A.N.P.I. (Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani) che, nel verosimile tentativo di recuperare credibilità, come da appello pubblicato in Internet dal suo Presidente Carlo Smuraglia nello scorso gennaio, non trascura di promuovere il ritiro delle medaglie concesse «erroneamente» a quanti avevano avuto il grave torto di operare nei territori controllati dalla Repubblica Sociale Italiana e di «combattere» a fianco delle forze tedesche di occupazione.

Filippo Polito

Fotografia di Filippo Polito

Peccato che, come è accaduto in occasione dei conferimenti del 2017, i solerti partigiani abbiano sollecitato la revoca nei confronti di un umile agente della Polizia di Stato, il Calabrese Filippo Polito, un giovane di 23 anni che si era trovato suo malgrado a Trieste con il compito di tutelare la popolazione cittadina e l’ordine pubblico senza alcun coinvolgimento di tipo militare, e che, al pari di tanti commilitoni, ivi compresi quelli dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, per non dire di migliaia di civili, ebbe il triste destino di essere catturato dalle bande partigiane ai primi di maggio del 1945, quando la guerra era già finita e l’invasore non disdegnava di manifestare con palese alterigia la sua sete di sangue.

Dato che le tragedie assumono spesso caratteri anche grotteschi, nel caso di Polito si è voluto aggiungere la beffa di un’offesa gratuita al congiunto presentatosi al cospetto del Prefetto e del sindaco di Torino per ritirare la medaglia in onore di Filippo, e che l’indomani si è visto apostrofare sulla stampa locale con l’accusa di essersi presentato in «camicia nera». Evidentemente, i partigiani di nuova generazione sono anche daltonici, perché il percipiente si era limitato a scegliere un abito scuro in ossequio al carattere sobrio della cerimonia, indossando una camicia di colore blu, col triste risultato di vedersi esposto al pubblico ludibrio sulle cronache locali, e di conseguenza, anche in Internet.

Si tratta di particolari che soltanto in apparenza possono ritenersi marginali, perché dimostrano, nella migliore delle ipotesi, l’incapacità di acquisire una consapevolezza matura dei fatti storici e delle motivazioni che li mossero, e conseguentemente l’impossibilità di pervenire alla memoria condivisa tanto spesso auspicata; e nella peggiore, la deliberata volontà di negare persino il diritto alla «pietas» per quanti ebbero la sventura di trovarsi da una «parte» che solo Dio, nella Sua infinita misericordia, vorrà stabilire se fosse «Giusta» o «Sbagliata». E ciò, non tanto per una scelta consapevole, quanto per un amaro giuoco del destino.

Vale la pena di soggiungere che mentre l’A.N.P.I. si stracciava le vesti per la medaglia di «metallo vile» concessa dopo oltre 70 anni di attesa ad un piccolo servitore dello stato arruolatosi in Polizia alla luce della tradizionale ricerca del «posto fisso» tipica dell’epoca ed in particolare del Mezzogiorno, i monumenti ai Martiri delle Foibe continuavano ad essere oltraggiati ed i vessilliferi del negazionismo, guidati da Alessandra Kersevan, Claudia Cernigoi e Sandi Volk, facevano il giro d’Italia per propagandare a destra ed a manca il loro verbo. E meno male che il 10 febbraio, in occasione della cerimonia presso il Sacrario Nazionale di Basovizza, il Vescovo di Trieste, Monsignor Gianpaolo Crepaldi, ha espresso il proprio doloroso stupore nel constatare come la negazione di foibe ed Esodo continui a manifestarsi a distanza di tanto tempo in un’ottica lontana anni-luce dallo spirito cristiano, per non dire dell’Onorevole Laura Boldrini, terza carica dello stato, che nella prolusione alla cerimonia istituzionale di Montecitorio ha reso omaggio senza mezzi termini alle «vittime dei comunisti».

In questo senso è possibile affermare, come si è sentito dire da taluni pochi esponenti illuminati del mondo esule, che «qualcosa si è mosso», ma nello stesso tempo è d’uopo ribadire che la maggior parte del percorso resta da compiere, in modo da prevenire il rischio che «le vie dell’iniquità» corrano il rischio di interferire ulteriormente con quelle della civiltà e della giustizia.

Il Ricordo di Esodo e foibe, e dell’iniquo trattato di pace, al pari della Memoria dell’Olocausto, non può essere questione di un solo giorno all’anno ma deve entrare nello «spirito del popolo» diventando un bagaglio insopprimibile della nostra cultura. In altri termini, è necessario che il Ricordo cessi di essere un’occasione ripetitiva di semplice e pur commendevole reminiscenza per diventare motivo di riscatto morale e civile e, quindi, di rinnovata fede e di autentica speranza.


Nota

1 Gianni Bartoli (sindaco di Trieste), Il martirologio delle genti adriatiche: le deportazioni in Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia, Tipografia Moderna, Trieste 1961; Luigi Papo, Albo d’Oro, Unione degli Istriani, seconda edizione ampliata e riveduta, Trieste 1989; Gaetano La Perna, Pola Istria Fiume 1943-1945: l’agonia di un lembo d’Italia e la tragedia delle foibe, Mursia, Milano 1993; Padre Flaminio Rocchi, L’Esodo dei 350.000 Giuliani, Fiumani e Dalmati, quarta edizione, Difesa Adriatica, Roma 1998; Guerrino Girolamo Corbanese e Aldo Mansutti, Ancora sulle foibe: gli scomparsi in Venezia Giulia in Istria e in Dalmazia, Aviani & Aviani, Udine 2010.

(marzo 2017)

Tag: Carlo Cesare Montani, Legge 30 marzo 2004 numero 92, 10 Febbraio, Venezia Giulia, Dalmazia, A.N.P.I., Carlo Smuraglia, Filippo Polito, Prefetto di Torino, sindaco di Torino, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Martiri delle Foibe, Alessandra Kersevan, Claudia Cernigoi, Sandi Volk, Sacrario Nazionale di Basovizza, Monsignor Gianpaolo Crepaldi, Laura Boldrini, Olocausto, Giorno del Ricordo, foibe, partigiani titini, Polito Filippo.