Mimmo Franzinelli, Fascismo Anno Zero
Le origini del movimento fascista

Lo storico Mimmo Franzinelli appartiene a quella categoria di storici lontana anche per questioni anagrafiche dai vecchi grandi personaggi della storiografia italiana del dopoguerra. La storiografia passata presentava grandi nomi ma il condizionamento politico che subivano costituiva qualcosa di pesante. I gravi fatti che hanno visto come oggetto lo storico Renzo De Felice negli anni Settanta ci confermano le gravi carenze di quel periodo, con una storiografia poco rigorosa e con molti pregiudizi. Con l’eccezione di Luigi Salvatorelli, Rosario Romeo e pochi altri, molti degli storici di quel periodo ci hanno fornito un quadro del Novecento pieno di omissioni e forzature, con un uso molto arbitrario e discrezionale delle fonti storiche, i loro testi storici, va detto senza spirito di polemica, appaiono incentrati molto sulle questioni teoriche e poco sui fatti reali, nel complesso ci danno un quadro pesantemente e palesemente lontano dalla realtà dei grandi e tragici fatti del Novecento.

Gli storici della generazione successiva hanno rivisto molte posizioni, molti di essi si sono presi l’accusa, oggettivamente molto poco seria, di essere dei «revisionisti», come se gli autori del passato fossero i depositari di un qualche dogma. Mimmo Franzinelli occupa una posizione particolare, in una sua precedente opera, Squadristi, del 2003, sembrava propendere per il vecchio cliché: fascisti violenti contro avversari politici democratici che subivano inerti i soprusi dei primi, con prefetti e magistrati portati ad atteggiamenti benevoli verso i primi. Una tesi che ha avuto grande supporto politico ma estremamente difficile da sostenere dati storici alla mano, a parte ovviamente il fatto che i socialisti intenzionati a portare avanti la distruzione della borghesia e quindi anche degli alti funzionari dello stato, spinse questi ultimi a parteggiare per i loro oppositori. Nello stesso testo si ammette comunque che il numero di morti e feriti tra fascisti, forze dell’ordine, cosiddetti crumiri da una parte e social comunisti dall’altra differiva di molto poco.

Nel recente Fascismo Anno Zero notiamo decisamente dei progressi, si rafforza l’idea di un fascismo nato a sinistra e si nota una certa considerazione per le organizzazioni sindacaliste rivoluzionarie Usi e Uidl precedentemente trascurate dalla storiografia. Mussolini, scrive Franzinelli, «sulle fondamenta dell’interventismo di sinistra, vuole costruire un’aggregazione rivoluzionaria, repubblicana, patriottica». Nel dicembre 1918 «Il Popolo d’Italia», il giornale di Mussolini, convoca una Costituente dell’interventismo italiano per l’instaurazione della Repubblica, anche se non ebbe grande successo. Nell’opera si parla degli Arditi associati spesso ai futuristi che per un certo periodo si costituirono in gruppo politico. I futuristi, per un breve periodo dedicatisi alla politica, furono un gruppo di incerta collocazione, anarchici, anticlericali e nazionalisti. Nel libro di Franzinelli si citano le aggressioni degli Arditi agli «antipatriottici», primi fra tutti i socialisti, ma anche delle numerose aggressioni che ufficiali e decorati di guerra subirono al loro rientro a casa. Molti hanno nel passato cercato di collocare i fascisti del ’19 a destra ma si trattava di qualcosa totalmente contrario alla documentazione storica, i programmi politici approvati in quell’anno che prevedevano pesanti esazioni sui benestanti e i numerosi scritti di Benito Mussolini del periodo non lasciano molti dubbi. I fascisti di quel periodo erano poco numerosi ma costituivano una minoranza molto vivace, formata da giovani, ad essi aderivano Filippo Tommaso Marinetti, Arturo Toscanini, Giuseppe Ungaretti e l’allora repubblicano Pietro Nenni, costituivano la principale organizzazione della sinistra interventista rivoluzionaria diversa e contraria da quella moderata rappresentata da Leonida Bissolati. L’evento clamoroso su cui insiste Franzinelli nel libro è l’assalto all’«Avanti» dell’aprile del ’19, in precedenza considerato un attacco squadrista anche se lo squadrismo sorse nell’autunno del 1920. L’estrema sinistra era abituata a intimorire la popolazione con le sue violenze, che un gruppo minoritario portasse l’attacco al cuore della loro organizzazione fu per loro un trauma.

Che cosa portò Mussolini e numerosi altri esponenti dell’estrema sinistra a spostarsi a destra in breve tempo? Sicuramente una delle motivazioni fu il pesante smacco subito dai fascisti alle elezioni di fine 1919, ma esistono anche altri motivi, Emilio Gentile nell’opera Mussolini contro Lenin mette in luce che la ragione principale fu la rivoluzione bolscevica esaltata dai socialisti e vista invece come qualcosa di una ferocia inaudita, che si accompagnava alla dura vessazione di operai e contadini anche se presentata alle masse come la grande vittoria sul mondo borghese. Nel giro di breve tempo si ebbero nei Fasci di Combattimento numerosi abbandoni da parte di uomini della sinistra ma anche la conversione di una parte di essi alla nuova politica. Marinetti abbandonò totalmente la politica, D’Annunzio esprimerà il severo giudizio sul fascismo come «schiavismo agrario», l’ex sindacalista rivoluzionario De Ambris si allontanò senza però ritornare nei gruppi di sinistra, diversamente Edmondo Rossoni, altro esponente notevole del sindacalismo rivoluzionario ed ex leader della Uidl, darà vita ai sindacati fascisti e condividerà l’esperienza fascista fino all’ultimo. Il movimento fascista non divenne esattamente un «partito dell’ordine» ma rimase qualcosa di atipico, lontano anche per il modo di presentarsi, dalla destra tradizionale. Per una parte dell’opinione pubblica, a tal proposito si può leggere il «Corriere della Sera» di quel periodo, i fascisti furono i liberatori del Nord dal terrore rosso, un merito che li portò al centro della politica e da qui in breve tempo al governo.

(aprile 2019)

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