Ercolina Milanesi
Una donna coraggiosa, una giornalista audace ed una storica di alto livello: quando la ricerca non è solo un lavoro, ma anche una vera passione

Poche settimane fa, la mattina del 5 gennaio, in un’Italia presa nella morsa del gelo, si spegneva, dopo una breve malattia, Ercolina Milanesi. Se ne andava così, nel silenzio di Gemonio, un paesello di poche migliaia d’anime dove da anni si era ritirata a vivere, in esilio più che in eremitaggio, nella solitudine, ma senza troncare i legami col mondo esterno, mantenuti attraverso i moderni mezzi di comunicazione – il telefono ed internet. E, beninteso, senza abbandonare la scrittura, che ha proseguito fino agli ultimissimi giorni della sua esistenza terrena.

Nata a Nizza Monferrato, laureatasi in Scienze Politiche all’Università Bocconi di Milano, ha dedicato la sua vita al giornalismo, scrivendo su diversi quotidiani nazionali («Il Popolo d’Italia», «La Prealpina di Varese», «Libero», «Il Giornale d’Italia» di Roma, «Il Secolo XIX», «Il Messaggero», «La Voce di Parma» ed altri), su riviste culturali (fra le quali «L’Altra Voce») e su testate quali «The Washington Post» (Stati Uniti), «The Economist» (Inghilterra), «Nice-Matin» (Costa Azzurra), «Le Figaro» (Francia), «Xebat» (il quotidiano più prestigioso nel Kurdistan dell’Iraq), «Panorama Curdo» e «Pravda» (Russia), solo per citare le principali. Nel 2009, la sua pagina su Facebook fu la più visitata e tradotta a livello mondiale, apprezzata soprattutto nei Paesi Latino-Americani. Articoli precisi, puntuali, spesso graffianti nelle loro impietose analisi della realtà ma sempre alieni dalla polemica fine a se stessa; sempre in prima linea con le sue osservazioni ed i suoi articoli, è stata definita «la reazionaria», nomignolo che ha portato con orgoglio.

Ercolina (Lillina per gli amici) non ha avuto una vita facile: aveva dodici anni quando la caduta del regime fascista, che la sua famiglia aveva appoggiato, l’ha costretta a fuggire, scampando per un soffio ad una banda partigiana che fece irruzione in casa sua; alcuni suoi familiari subirono violenze da parte dei partigiani ed un suo zio fu ucciso. Nel dopoguerra è andata a studiare in Inghilterra, dove è entrata in contatto con ambienti irlandesi (ed ha rischiato di finire sotto processo come corriere dell’I.R.A., per una sua leggerezza ed ingenuità anziché per una qualche adesione). Queste ed altre sue vicende sono state narrate in articoli apparsi sul web e nel romanzo semi-autobiografico Dolci, tristi ricordi, edito dalla G. Iuculano Editore nel 2007. Un libro in cui sono declinate le molteplici facce dell’amore, da quello acerbo dell’adolescenza a quello passionale della giovinezza, fino all’amore spiritualmente più elevato, che porta chi lo vive a dimenticarsi di se stesso e della propria vita per dedicarsi completamente all’altro; e nel quale brilla il suo grande attaccamento verso la sua famiglia.

Lontana dai riflettori e dal clamore del mondo mediatico, Ercolina ha sempre portato avanti le sue idee e i suoi interessi culturali. «Amo molto studiare» ha scritto di sé «e le mie materie preferite sono la politica estera (diverse volte sono stata inviata all’estero per “reportages”), la politica interna, la storia, la teologia e la filosofia». E, ancora: «La mia passione è scrivere, ed ho l’ardore di una ventenne».

Un ardore ed una vivacità che l’hanno portata a girare il mondo, a conoscere alcuni tra i «grandi» delle nazioni (come il Presidente Russo Vladimir Putin, per il quale nutriva una vera ammirazione, e che lui stimava a tal punto da invitarla a trasferirsi a vivere a Mosca, confermando che una stanza era già pronta per lei al Cremlino); né si è mai mostrata deferente verso chi deteneva il potere, ma ha sempre difeso le proprie posizioni, senza inutili orpelli o giri di parole, senza timidezza, scontando anche con l’incomprensione e l’isolamento da parte di alcuni la fedeltà alle proprie idee, ma suscitando in molti altri l’apprezzamento del coraggio e l’adesione ai suoi convincimenti. Pur riconoscendosi sempre nella Destra, nei suoi articoli non risparmiò critiche anche ad alcuni esponenti di quell’area politica. I suoi appunti di viaggio si leggono come racconti per la chiarezza espositiva, ma anche perché lei non rimane spettatrice esterna, ma con la sua prosa rigorosamente «soggettiva» si cala in prima persona nelle realtà che visita, descrivendo non tanto i luoghi ma le società, le persone comuni e la loro quotidianità di vita.

Ci mancherà, Ercolina: ci mancheranno le sue qualità, anche le sue critiche e le sue sferzate. Con lei, l’Italia ha perso una delle sue figlie di maggiore vigore, una donna dalle non comuni doti di chiarezza, onestà intellettuale ed anche sano patriottismo, tanto più importanti in un’epoca di relativismo e sterile livellamento verso il basso, verso una mediocrità culturale eretta a modello. Confidiamo che, dal Cielo ove ora eternamente risiede, insieme a molti suoi cari, possa vederci e, perché no, guidarci.

(febbraio 2017)

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