Zita di Borbone Parma
L’ultima Imperatrice

In occasione delle ricorrenze per le vicende della Prima Guerra Mondiale, credo sia doveroso accennare ad una figura così particolare come quella dell’ultima Imperatrice Austriaca, meno conosciuta di Sissi, ma ritengo non meno significava, tra l’altro mia concittadina. Era nata nel 1892 a Capezzano Pianore, in provincia di Lucca. Sposando Carlo d’Asburgo, nipote di Francesco Giuseppe, quando la dinastia asburgica aveva un bisogno urgente di consolidare la Corona Imperiale, ormai minacciata in ogni dove, Zita rappresentò quasi una boccata d’ossigeno. I due Principi non aspiravano in quel momento al trono, poiché l’Arciduca Francesco Ferdinando, poi ucciso a Sarajevo, era l’erede imperiale. Fu la sua tragica morte a modificare radicalmente la vita della giovane coppia asburgica. Perché, mi sono sempre chiesta, scegliere come figura femminile Zita di Borbone all’interno del circuito imperiale? Così ho cercato provare a rispondere a questo interrogativo.

Zita di Borbone

Zita di Borbone-Parma, 1914

Zita era figlia del Duca Roberto di Borbone Parma, che era stato il Sovrano Infante del piccolo Ducato Parmense prima della sua scomparsa, con l’Unità Italiana. Tutti abbiamo sentito ricordare della morte di suo nonno per mano di un patriota mazziniano, poi scoperto innocente, nel 1854, quando il Duca Carlo Ludovico, bisnonno di Zita, aveva ormai rinunciato in modo definitivo al trono e si era dedicato ai suoi interessi prioritari, da sempre l’arte ed il collezionismo. Non fu mai trovato l’assassino di suo nonno.

Zita era Italiana, nonostante suo padre, giustamente, si ritenesse, come ebbe lei stessa a scrivere, un Sovrano Francese prestato all’Italia. La madre del Duca Roberto era infatti una Borbone Principessa di Chambord, e le sue ricchezze furono ereditate dal Duca Roberto; mentre il nonno fu lo strano e bizzarro Duca che prima a Lucca, poi a Parma, fece tanto parlare di sé. Che cosa avrà pensato, la cattolicissima Zita, del suo bisnonno, attratto dalla fede calvinista? Entrambi ad ogni modo furono particolarmente aconvenzionali.

La Casata dei Borbone Parma rappresentava ad un tempo sia la Francia che l’Italia. L’Imperatore Francesco Giuseppe non aveva certo amato, e con lui in precedenza il famigerato Principe di Metternich, il bisnonno Duca di Zita, Carlo Ludovico. Era stato egli, infatti, insofferente verso la Corona Asburgica, un Principe che si era tanto adoperato nel suo primigenio Staterello Lucchese, dove regnò dal 1824 al 1847, nell’ospitare in incognito patrioti italiani di tutta la Penisola e di ogni colore politico. Fattosi protestante, il Duca Carlo Ludovico frequentava assiduamente Londra ed il British Museum, divenendo molto amico di Antonio Panizzi e facendo dei fratelli Fabrizi, Garfagnini di origine e tra i più accesi sostenitori di Mazzini, i suoi diretti interlocutori, nonostante ufficialmente apparissero dei perseguitati, anche dallo stesso Duca. Si adoperò per agevolare la Chiesa Lucchese nel mantenere la sua millenaria indipendenza da Roma, che le aveva sempre consentito una sua equidistanza sia dal Papato che dall’Impero; e di esercitare la mercatura con abilità e in grande stile in tutta Europa, pagandosi e garantendosi in questo modo quell’indipendenza repubblicana che costituì la fortuna dell’ex capitale della Tuscia Longobarda. Mai l’Ordine Gesuita entrò in città, l’Inquisizione poté così restare un Tribunale quasi «vuoto» nelle sue prerogative. Naturalmente, al momento opportuno, molti Lucchesi nel Cinquecento si convertirono al Calvinismo e presero la via di Ginevra, pressoché in via definitiva. Fecero così fuggire i grandi capitali per poi di nascosto rifornire i parenti lucchesi rimasti in città degli stessi, con partite di giro del tutto «appropriate». La città figurava «povera», ma in realtà viveva di lucrose rimesse.

Per Zita furono ventiquattro tra fratelli e sorelle. Il Duca Roberto ebbe due mogli, e da entrambe dodici figli. I figli di primo letto erano molto malati ma la seconda moglie li accettò e li accudì come suoi, perché, come il marito, molto religiosa.

Zita si chiamò così in onore della celebre Santa. Santa Zita a Lucca è particolarmente venerata ed il Duca Roberto aveva, come Lucchese d’adozione, a cuore il significato profondo dell’amore dei Lucchesi per Santa Zita: era infatti la Santa dei poveri. Ogni anno il 27 di aprile Lucca si copre da sempre di fiori perché Santa Zita, una serva che nel milleduecento era al servizio della Casata Lucchese dei Fatinelli, scoperta un giorno con delle provviste nascoste nella veste che aveva rubato alla famiglia dove stava a servizio per portarle ai poveri, dichiarò di avere fiori nella veste. Ed il miracolo dei fiori si compì perché davvero le provviste si trasformarono in fiori.

Nel ricordo sin da piccola, per l’educazione ricevuta da entrambi i genitori, della Santa di cui portava il nome, Zita di Borbone visse un’infanzia felice a Capezzano, circondata dalla numerosa famiglia che le restò accanto tutta la vita. Umberto I, cugino del Duca Roberto, lo lasciò tranquillamente vivere a Capezzano perché Roberto non ebbe mai velleità dinastiche. La madre di Zita era Antonia di Braganza della Casa Reale Portoghese. Quando Zita sposò nel 1911 il principe Carlo d’Asburgo, risiedeva ormai stabilmente a Schwarzan, in Austria. Qui a sette anni lo aveva conosciuto e da qui si assentò per anni per studiare, ritornandovi a diciassette anni, quando era ormai una bella ragazza. L’occasione voluta, pilotata o non programmata li fece incontrare di nuovo quando Carlo prestò servizio nei Dragoni da quelle parti.

Fidanzatisi ufficialmente il 13 giugno 1911, si sposarono pochi mesi dopo, il 21 ottobre, proprio a Schwarzan, dove si erano conosciuti bambini. Era presente il vecchio Imperatore Francesco Giuseppe che non avrebbe mai potuto sospettare di trovarsi di fronte l’ultima coppia imperiale. Molto affiatati e religiosi, in dieci anni di matrimonio ebbero ben otto figli.

Nel 1916, alla morte di Francesco Giuseppe, Carlo fu incoronato Imperatore col nome di Carlo I (Carlo IV come Re d’Ungheria). La coppia che sempre collaborò nella gestione del potere, fece di tutto per chiudere anticipatamente il conflitto. Anche per tale ragione Carlo è stato beatificato e Zita ha in corso un processo di beatificazione.

Zita durante l'incoronazione del 1916

Gyula Éder, Zita e il figlio Otto durante l'incoronazione del 1916, 1929

L’Impero Asburgico andò in frantumi. La Corona Ungherese venne infettata dai vicini Soviet russi. Dopo il periodo comunista di Bela Kun il Parlamento aveva indicato come forma istituzionale la Monarchia e l’Ammiraglio Horthy s’era fatto nominare reggente temporaneo senza chiarire a chi e quando cedere il comando. Carlo fece due tentativi di rientrare in Patria: dapprima nel marzo 1921 attraverso l’Austria (con passaporto falso) in treno e da solo; poi con Zita in aereo, in autunno. In entrambi i casi fallirono questi tentativi.

Sotto protezione inglese (di fatto gli Inglesi erano i loro nemici) furono inviati nell’isola portoghese di Madera dove Carlo, gracile di salute ed ammalatosi di polmonite, morì nel 1922, a trentacinque anni. In quel periodo vivevano in condizioni di estrema povertà, senza neppure la luce elettrica. Zita continuò la propria vita con i figli senza più sposarsi e senza più abbandonare il lutto, vestendo sempre di nero da allora in poi. Fuggì in vari Paesi Europei che l’accolsero. Si batté contro l’avvento di Hitler e per tale motivo, quando l’Austria fu annessa alla Germania Nazista, lei e la sua famiglia dovettero volare negli Stati Uniti e in Canada, sempre ricercati dai nazisti, contro cui si erano schierati. Per un certo periodo, date le vicissitudini descritte, Zita e la sua famiglia versarono anche in una qualche difficoltà economica.

Fino al 1955 l’Austria rimase dominata dalle potenze alleate. La Patria fu interdetta agli eredi asburgici e nel 1963 Zita si trasferì definitivamente a Zizers, in Svizzera, dove vivrà il resto dei suoi giorni, fino al marzo del 1989.

Zita rivide l’amata Austria negli anni Ottanta, poco prima della morte e fu omaggiata per i suoi funerali dagli Austriaci che le riservarono esequie di Stato. L’ultima coppia imperiale aveva rappresentato nella sua epoca una vera novità. I due coniugi non erano mondani e collaboravano insieme. Dove andava il marito era anche lei che fu additata in quel periodo come l’Italiana Imperatrice, e le sue origini furono motivo di perplessità per alcuni. In realtà Zita seriamente si adoperò, col marito, per la cessazione del terribile Primo Conflitto Mondiale, per risparmiare vite e lutti. In tale conflitto la nostra vide combattere i suoi stessi fratelli su più fronti, quando l’Europa si dilaniò in una carneficina deflagrante.

C’è in archivio a Lucca un carteggio tra Zita e il dottor Massoni di Lucca. La famiglia Massoni ebbe serrati legami col suo bisnonno Carlo Ludovico, di cui un membro era stato gran ciambellano di Corte. Ciò a conferma che i legami con Lucca di Zita rimasero sempre importanti. Non ho visionato questi documenti. Posso solo dire che l’ex Imperatrice fu donna molto riservata e senza manie di protagonismo. Per questo forse non così conosciuta sul piano storico.

La sua fede la portò a voler vivere gli ultimi anni in una casa di riposo gestita da suore nella «sua» Zizers, nel Cantone dei Grigioni, al confine con l’Austria. Il 27 aprile del 2008 è stata inaugurata dopo attento restauro a Vezzena, sull’altopiano di Asiago, una cappella intitolata a Santa Zita, la Santa dei poveri venerata a Lucca, in memoria di Zita e di suo marito e voluta dal corpo degli Alpini per sottolineare il profondo impegno della coppia imperiale e di Zita in particolare per i soldati appartenuti ad ogni fronte durante il conflitto ma soprattutto la loro esplicita volontà di far cessare quanto prima lo stato di belligeranza. Quei valori cristiani Zita ed il marito li professarono e sono culminati nella santificazione dell’Imperatore e nella beatificazione di Zita in attesa della sua definitiva canonizzazione, testimonianza di come non necessariamente il potere debba diventare sinonimo esclusivo della ragion di stato. Davvero l’ultima Imperatrice è un personaggio tutto da riscoprire.

(agosto 2016)

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