Storia economica d’Italia 1861-1914
Una crescita economica significativa, nonostante le difficoltà del periodo storico

Come gli storici hanno messo in luce, la scarsità di ferro e soprattutto di carbone rese difficile per un lungo periodo lo sviluppo industriale del nostro paese. L’assenza di banche di grandi dimensioni rese anche difficoltosa la costituzione di grandi e moderne aziende almeno fino all’intervento della finanza tedesca dopo il 1890.

Come possiamo vedere dai dati Istat, comunque una certa crescita economica e un miglioramento delle condizioni di vita in generale si ebbero già nei primi tempi della costituzione dello stato unitario, sebbene nel primo decennio l’Italia dovette affrontare sfide politiche difficili, dovute ai problemi di bilancio dello stato, alla ostilità della Chiesa, al brigantaggio.

L’agricoltura europea dopo il 1880 subì la concorrenza dei cereali prodotti nelle Americhe, dove vi era grande abbondanza di terre sfruttabili con le tecniche meccanizzate, che nel periodo precedente a causa dell’elevato costo di trasporto non giungevano nel nostro continente. Alcuni studiosi parlano di una Grande Depressione negli anni 1873-1895, con la formazione di «trusts» monopolistici e la politica protezionista iniziata dalla Germania. In particolare la guerra commerciale fra Italia e Francia (1888-1892) danneggiò notevolmente la nostra agricoltura meridionale, si pose pertanto la questione dei dazi doganali, la loro introduzione favoriva gli agricoltori ma rendeva più costoso il pane per i lavoratori urbani, non era facile trovare una normativa che soddisfacesse le diverse esigenze. Quando nel 1891 scoppiarono i moti dei Fasci Siciliani, l’isola viveva una situazione particolarmente grave, causata non solo da problemi economici tradizionali ma dalla duplice questione del basso prezzo del grano e dai minori acquisti di prodotti agricoli da parte della nazione francese.

Per quanto riguardava la produzione di grano la crescita fu quindi relativamente modesta, si passò dai 3.300.000 tonnellate del primo biennio postunitario ai circa 4.000.000 del ventennio successivo. Quindi si ebbe un calo fra il 1880 e il 1895 e una ripresa negli anni successivi. La produzione di granturco e riso risentì lo stesso del quindicennio di crisi ma negli anni a cavallo del secolo risultò raddoppiata. La produzione dei cereali più poveri venne invece considerata poco interessante e non vide cambiamenti. L’incremento della produzione di patate, altro elemento importante nella dieta di allora, avvenne invece con un certo ritardo intorno ai primi anni del Novecento (+ 200%).

Più consistente e più lineare fu la crescita della produzione delle colture specializzate, più redditizie e consone alle caratteristiche climatiche e territoriali del nostro paese. Rispetto agli anni Sessanta dell’Ottocento, nei primi anni del Novecento si ebbe: agrumi (+ 300%), seta (+ 200%), vino (+ 200%). Ottima fu anche la crescita dei prodotti di origine animale, di cui la popolazione per un lungo periodo aveva sofferto la mancanza: latte (+ 200%), formaggi (+ 350%), carne bovina (+ 100%) e prodotti della pesca (+ 150%); ancora maggiore fu l’incremento della barbabietola da zucchero allora considerata una coltivazione industriale importante, mentre deludente fu invece la crescita della produzione di olio d’oliva.

Nonostante ciò che abbiamo detto riguardo ai problemi interni e internazionali dell’industria, l’Istat ha messo in luce un andamento positivo anche in questo settore, sia per le industrie alimentari (aumenti anche superiori al 1.000% per zucchero e altri prodotti innovativi) che per quelle tessili (aumento produzione seta + 100% già negli anni Settanta) e per le costruzioni navali (aumento del 200% già negli anni Settanta, successivamente ridottosi). La produzione di ghisa ebbe un andamento incostante fino alla fine del secolo per decuplicare nel primo decennio del Novecento, mentre quella del ferro ebbe un andamento piuttosto lineare, dalle 30.000 tonnellate del periodo postunitario, alle oltre 100.000 del decennio Ottanta e ulteriore crescita negli anni successivi. I combustibili fossili (carbone, lignite, torba) ebbero anch’essi un andamento regolare: dalle 35.000 tonnellate dei primi anni si passò al raddoppio in un decennio per arrivare al milione del primo decennio del Novecento. La rete ferroviaria triplicò già nel primo decennio postunitario e raggiunse più o meno il suo completamento (16.000 chilometri) nel decennio Novanta, crescita analoga ebbero la rete stradale, il servizio postale e telegrafico con diffusione di uffici anche nei piccoli centri. I dati sugli occupati nel settore industriale confermano tale tendenza, rispetto al periodo dell’unità d’Italia, intorno al 1910 si aveva un aumento del numero dei lavoratori del 40%, in parte dovuto all’aumento della popolazione. Nel primo ventennio il numero delle operaie superava quello degli operai, successivamente si ebbe un riequilibrio della situazione. Le regioni più industrializzate risultavano nel primo periodo Lombardia e Liguria.

La crescita economica dava luogo a maggiore benessere e migliori condizioni di vita? La risposta, sempre sulla base dei dati Istat, è positiva. Rispetto al periodo postunitario, nei primi del Novecento si ebbe un notevole abbassamento della mortalità infantile, i morti nel primo anno di vita scesero dal 23% al 13%, la statura media dei giovani richiamati al servizio di leva mostrava anche un miglioramento dovuto a migliore alimentazione e igiene (alti sotto i 150 centimetri scesero dal 4% all’1%). La vita media passò dai 35 ai 47 anni. La disponibilità di carne bovina, un alimento particolarmente importante per l’epoca, aumentò di quasi il doppio nel decennio Ottanta, per stabilizzarsi negli anni successivi. Interessante notare che le retribuzioni delle categorie con bassa qualifica aumentarono in misura maggiore di quelle con alta qualifica nella Pubblica Amministrazione, mentre non esistono dati per il settore privato. Molto significativo è anche il dato sull’analfabetismo passato dal 78% del 1860 al 38% del 1911, mentre gli alunni delle scuole elementari passarono da un milione a tre milioni. Nel 1898 il governo di destra presieduto dal barone Di Rudinì introdusse la legislazione sociale, quindici anni dopo la prima iniziativa in tale materia realizzata dalla Germania di Bismarck. In generale possiamo dire che il periodo storico in questione aveva visto una crescita equilibrata con importanti risultati positivi sia sui beni strategici che su quelli di consumo destinati alle famiglie.

(agosto 2020)

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