Scandali dell’Italia liberale
Un episodio macroscopico: la questione della Banca Romana nel contesto di forti disagi sociali e di una dura repressione dei moti popolari in Sicilia e Lunigiana

Nella storia italiana, compresa quella finanziaria, non sono mancati episodi di grande rilevanza con ripercussioni clamorose a livello di opinione pubblica e con forti conseguenze di natura politica ed economica. Oggi, è piuttosto raro rammentare che l’avvento della Banca d’Italia come unico Istituto di emissione ebbe luogo a oltre 30 anni dalla proclamazione dell’unità, in seguito allo scandalo che nel 1893 aveva travolto la Banca Romana (Istituto che nel 1870 aveva ereditato la Banca dello Stato Pontificio) e condotto sul banco degli accusati diversi personaggi eccellenti, compresi alcuni parlamentari. Sta di fatto che l’Italia liberale non fu immune da vicende che molti ritengono circoscritte alla nostra epoca, e che invece tornano regolarmente alla ribalta, talvolta con un crescendo rossiniano come accadde con la vicenda di «Mani pulite», e in ogni caso, in aderenza alla teoria dei corsi e ricorsi storici, cara a Giambattista Vico.

In effetti, le connivenze tra politica e finanza erano consolidate anche nell’Italia post-unitaria, tanto che i maggiori responsabili dell’accaduto furono assolti, con un colpo di spugna che anticipava di oltre un secolo pronunzie giudiziarie di ben altro genere ma ancora più gravi, come quella di proscioglimento dei criminali jugoslavi responsabili di tanti massacri nelle foibe o di altre esecuzioni primordiali, a seguito del «non luogo a procedere» dichiarato per una fantomatica incompetenza territoriale.

Quanto allo scandalo della Banca Romana, basti sottolineare che si concluse cancellando la facoltà di battere moneta riconosciuta a tale Istituto, assieme ad altri sei di varia estrazione e collocazione geografica, e attribuendola alla Banca d’Italia, il cui primo Governatore (a far tempo dal 1928 – anno in cui venne istituita la carica) fu il Friulano Bonaldo Stringher che ne era stato Direttore per quasi un trentennio, con fama di grande esperto e di assoluta probità. Nondimeno, la facoltà di emissione rimase estesa anche al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia sino agli anni Venti del «secolo breve» sottolineando l’esistenza di permanenti incertezze nella politica monetaria dello Stato.

Nel merito, la Banca Romana aveva provveduto a emissioni superiori alle sue capacità, determinate da una base aurea che oggi è abbandonata dovunque nell’antico ruolo di riserva e di garanzia imprescindibile, ma che all’epoca aveva un ruolo di riferimento. Peggio ancora, il suo vertice, nella persona del Governatore Bernardo Tanlongo, tipica espressione della classe emergente nella «giovane» capitale d’Italia, si era reso responsabile di operazioni penalmente rilevanti (circolazione abusiva per 65 milioni di lire e vuoto di cassa per altri 20) contestuali alla proposta di nominarlo Senatore del Regno, cosa che apparve obbrobriosa a una pubblica opinione assai sensibile ai valori patriottici del Risorgimento, ma anche alla politica finanziaria di rigore che aveva trovato in Quintino Sella il suo massimo assertore. Per parecchi mesi, lo scandalo tenne banco sulle prime pagine dei giornali e giunse a lambire uomini come il Presidente del Consiglio Francesco Crispi e il Ministro delle Finanze Giovanni Giolitti, sfiorando persino la Corona.

Altri eventi dell’epoca ebbero minore visibilità, proprio a causa dello scandalo capitolino, mentre in condizioni normali sarebbero stati di straordinaria, e ben più ampia rilevanza politica: basti pensare all’eccidio di Aigues Mortes, nel delta del Rodano, dove gli operai italiani furono massacrati per la sola colpa di avere accettato retribuzioni inferiori a quelle dei Francesi (agosto 1893); ai Fasci Siciliani[1] e ai moti della Lunigiana[2] soffocati nel sangue; alle rinnovate istanze irredentiste, in specie dell’Estrema repubblicana e radicale[3]. Ciò, per non parlare di alcuni morti eccellenti come Emanuele Notarbartolo del Banco di Sicilia, che aveva denunziato taluni abusi; e dei parlamentari coinvolti nello scandalo, come l’Onorevole Rocco De Zerbi, che oltre tutto era membro della Commissione parlamentare per il riordino finanziario, accusato di avere ricevuto mezzo milione proprio dalla Banca Romana in cambio dell’impegno a non agire contro i suoi interessi, e che sarebbe improvvisamente scomparso nel breve termine (si parlò di suicidio).

Evidentemente, anche nel tardo Ottocento le vicende più o meno oscure che coinvolgevano gli uomini del potere suscitavano nella pubblica opinione un interesse senza dubbio prioritario, come è facile comprendere quando siano in gioco, come accadde nella fattispecie, questioni di forte spessore finanziario: la corruzione del momento pubblico è motivo di scandalo, e in qualche misura di sottile compiacimento, in specie da parte delle opposizioni e dell’uomo della strada. Ciò, in un contesto ancora contraddistinto da diffusi apprezzamenti per i valori del Risorgimento, veri o presunti che fossero: a ben vedere, la sofferta conquista dell’unità non era stata aliena da compromessi di vario genere, come il tradimento di qualche Generale Borbonico attratto dalle offerte sabaude; la conquista di Roma con una guerra non dichiarata promossa dalla disfatta francese di Sèdan; o in tutt’altro contesto precedente, l’opera seduttrice di Virginia Oldoini, la celebre Contessa di Castiglione, volta a ottenere l’adesione di Napoleone III all’azione politica del Conte di Cavour. Ma l’elenco potrebbe continuare.

In ogni caso, quello della Banca Romana fu uno scandalo di cui si sarebbe parlato a lungo, e che avrebbe lasciato una traccia duratura nella storia d’Italia, tanto da tradursi in una «riduzione» televisiva dei nostri tempi, caratterizzata da un buon successo di pubblico.

L’antico saggio amava sottolineare quanto sia necessario che gli scandali accadano. Nel caso della Banca Romana, al pari di altri, l’affermazione deve essere condivisa, se non altro perché quella vicenda servì ad accelerare una riforma finanziaria che l’Italia unita stava rinviando da troppo tempo per salvare talune cristallizzazioni dell’Antico Regime da cui potevano trarre origine possibili rendite di dubbia legittimità. Anche per questo, l’evento, che contraddiceva una tradizione risorgimentale fatta di austera onestà, ebbe risonanza come pochi, avviando la facile presunzione popolare secondo cui il potere sarebbe stato corrotto e corruttore, allora come oggi.

È una tesi che contiene un fondo di verità, ma che non tanto fra le righe, sulla scorta di quanto accadde per la Banca Romana, vorrebbe «assolvere» i Governi della Repubblica che si sono resi responsabili di ben altri disastri, a cominciare dall’indebitamento dello Stato in misura un tempo impensabile: l’Italia liberale aveva le sue colpe anche gravi, ma il confronto con quelle dell’ultimo settantennio le ridimensiona in misura macroscopica, riducendole al ruolo di marachelle.


Note

1 Il movimento dei Fasci Siciliani, a cui aderirono non meno di 300.000 lavoratori, fu soffocato con lo stato d’assedio e forti misure repressive, avallate dallo stesso Umberto I di Savoia: tra il dicembre 1893 e il gennaio 1894 si contarono circa 90 vittime, concentrate negli abitati di Giardinello, Lercara Friddi (12 caduti nel giorno di Natale), Pietraperzia (nove caduti per Capodanno), Gibellina, Belmonte Mezzagno, Marineo e Santa Caterina Villarmosa. La repressione, affidata al Commissario Regio Roberto Morra di Lariano, ebbe caratteri spietati, e si concluse, oltre che con la soppressione dei Fasci, nelle pesanti condanne dei responsabili a lunghe pene detentive, che peraltro vennero cancellate con l’amnistia generale del 1896.

2 Nella città di Carrara e nella contigua Lunigiana il movimento anarchico si rese protagonista di un forte movimento insurrezionale, culminato nei fatti del gennaio 1894, quando venne proclamato lo sciopero generale per solidarietà coi Fasci Siciliani. Si ebbe una decina di vittime, a fronte della dura repressione condotta dal Generale Nicola Heusch; anche in questo caso, seguita da processi, condanne e successiva amnistia. In entrambi i casi, l’attenzione del pubblico, distratto dallo scandalo bancario, e certamente poco informato, sarebbe stata relativa. Ciò, diversamente da quanto accadde quattro anni dopo, quando il Generale Fiorenzo Bava Beccaris fece sparare col cannone sui dimostranti milanesi che chiedevano pane, provocando almeno un centinaio di vittime (ma la cifra reale non fu mai accertata) e suscitando un’impressione di forte incidenza sulla storia d’Italia (se non altro per avere indotto il gesto regicida di Gaetano Bresci compiuto a Monza nel 1900 con l’uccisione del Sovrano).

3 Gli anni Novanta videro un forte consolidamento dell’irredentismo, che era diventato una realtà operante sin dal 1877, quando il Generale Giuseppe Avezzana aveva fondato, assieme a Matteo Renato Imbriani, l’Associazione Italia Irredenta. Ciò, nonostante la firma della Triplice Alleanza che parve silenziarne le attese, e l’estremo sacrificio di Guglielmo Oberdan sulla forca dell’Austria. In particolare, nel 1894 si ebbero significative dimostrazioni sia a Trieste che a Trento (in quest’ultimo caso, corroborate poco dopo dall’inaugurazione della statua di Dante Alighieri). Nondimeno, il fatto che le istanze irredentiste fossero propugnate soprattutto dalla Sinistra, mentre la Destra, con particolare riguardo a quella crispina, si andava impegnando in campo coloniale preparando il disastro di Adua (1896), costituiva una strozzatura determinante – aggravata dalle «distrazioni» per la questione monetaria e finanziaria – che sarebbe stata superata soltanto nel nuovo secolo con la «conversione» del nazionalismo a favore dell’Italia irredenta.

(febbraio 2020)

Tag: Carlo Cesare Montani, scandali dell’Italia liberale, Giambattista Vico, Bonaldo Stringher, Bernardo Tanlongo, Quintino Sella, Francesco Crispi, Giovanni Giolitti, Emanuele Notarbartolo, Rocco De Zerbi, Virginia Oldoini Contessa di Castiglione, scandalo della Banca Romana, Camillo Benso di Cavour, Umberto I di Savoia, Roberto Morra di Lariano, Nicola Heusch, Fiorenzo Bava Beccaris, Gaetano Bresci, Giuseppe Avezzana, Matteo Renato Imbriani, Guglielmo Oberdan, Dante Alighieri, nascita della Banca d’Italia, criminali jugoslavi, eccidio di Aigues Mortes, Fasci Siciliani, 1893, moti della Lunigiana, Triplice Alleanza.