Filippo Corridoni
Un centenario scomodo

Nella storia italiana, con particolare riguardo a quella dei grandi conflitti mondiali del secolo scorso, alcuni personaggi hanno assunto una forte rilevanza simbolica, e talvolta eroica, che finisce per prescindere da ogni limite di spazio e di tempo. Si pensi ai martiri della «Quarta Guerra d’Indipendenza» come Cesare Battisti, Fabio Filzi e Nazario Sauro, al sublime gesto del Bersagliere Enrico Toti ed a quello del Carabiniere Salvo D’Acquisto. Sono personaggi entrati a buon diritto nella coscienza collettiva, assieme a tanti altri che avrebbero altrettanto diritto a figurare nel Pantheon delle glorie italiche.

Filippo Corridoni (1887-1915) non è da meno: da una parte, per la singolare capacità di coniugare al meglio un nobile sentimento di amore per il suo popolo con l’impegno patriottico che lo vide immolarsi nella trincea delle Frasche, presso Redipuglia, inneggiando all’Italia; e dall’altra, per il lucido auspicio di quella che, non soltanto a suo giudizio, avrebbe dovuto essere l’ultima guerra, in quanto capace di costituire il «de profundis» per le vecchie autocrazie generate dalla Santa Alleanza, e nello stesso tempo, l’alba di un nuovo avvenire libero e radioso.

Il centenario della scomparsa di Corridoni, oggi decisamente scomodo nel clima di buonismo eclettico che va per la maggiore, è stato una significativa quanto irripetibile occasione per ricordare agli immemori ed agli ignari questa grande figura di sindacalista, interventista e volontario, nel quadro di una sintesi tra fedi opposte che non è facile comprendere fino in fondo ma che all’epoca seppe parlare al cuore di tanti Italiani, lasciando una traccia idonea a produrre notevoli spunti di meditazione e di azione, sia nel breve che nel lungo termine[1]. Ad esempio, nelle celebrazioni del centenario non si è mancato di mettere in luce come le idee di Corridoni abbiano trovato spazio significativo dapprima nella Carta del Carnaro, la Costituzione della Reggenza dannunziana di Fiume (1920), di particolare valore anche nell’anticipazione di taluni istituti decisamente moderni come l’affievolimento del diritto di proprietà in funzione sociale, od il suffragio universale femminile; e poi nella Carta del Lavoro (1944), di analoga valenza prescrittiva nell’ambito della concezione corporativa che venne statuita, se non altro a futura memoria, nell’ordinamento della Repubblica Sociale Italiana.

Filippo Corridoni

Filippo Corridoni durante un comizio nel 1914; dietro si intravede Mussolini con la paglietta in testa

Assieme a Labriola, e sul piano letterario, assieme allo stesso Giovanni Pascoli che ne fu vate ispirato, il Corridoni vide nella «giovane» Italia che celebrava il suo primo cinquantenario proprio alla vigilia dell’impresa di Libia, una «Grande Proletaria» che andava alla ricerca del proprio spazio nel mondo, sospinta dal bisogno di sopravvivenza di tanti suoi figli. Tutto ciò, nel ripudio di un colonialismo di stampo sostanzialmente imperialista, ma nell’accettazione di un impegno civile basato sulla comprensione e sulla cooperazione internazionale.

Era un sogno messianico e non privo di contraddizioni, che peraltro corrispondeva alla «storia di sentimenti, di ideologie e di atteggiamenti morali e culturali di una generazione irrequieta ed ansiosa di trovare uno sbocco al suo tormento»[2]. Nello stesso tempo, era la logica conclusione di un pensiero non privo di venature che oggi si potrebbero definire libertarie ed in cui trovava spazio ricorrente l’idea di una borghesia «infingarda e lazzarona» poco propensa al rischio dell’investimento, amante delle rendite di posizione[3] e tutt’altro che pronta all’idea di doversi battere per quella che il facondo polemista marchigiano avrebbe definito, con felice sintesi, una nuova, forte «Patria armata».

Corridoni non fu alieno dall’analisi macro-economica e da uno specifico interesse per la questione del debito pubblico, che la guerra avrebbe certamente incrementato ed in cui l’Italia aveva, già allora, un poco esaltante primato, con un’incidenza del 17% sul prodotto lordo contro il 14 dell’Austria-Ungheria, il 13 della Russia, e quote inferiori di Francia e Germania, fino al minimo di 5 punti per l’Inghilterra: sono incidenze che oggi fanno quasi sorridere, ma che erano ugualmente capaci di sollecitare nel suo pensiero gli auspici di «una più fruttuosa utilizzazione delle energie nazionali» laddove accadeva proprio il contrario viste «le fauci voracissime di una caterva di vampiri» che, anche a prescindere dalle esigenze della difesa armata, mantenevano «centinaia di migliaia di burocrati inutili» e praticavano impunemente l’antica prassi del voto di scambio[4].

Eroe autentico, anche nella misura in cui espresse un’alta protesta etica nella scelta consapevole dell’impegno di volontario di guerra, mentre le condizioni di salute precaria gli avrebbero consentito un facile esonero, Filippo Corridoni visse una breve quanto esaltante esperienza di prima linea che si concluse durante l’ultimo assalto in maniera presto leggendaria, quando una palla nemica lo colse in piena fronte, senza che fosse nemmeno possibile raccoglierne le spoglie mortali. Fu decorato di Medaglia d’Argento alla memoria, che dieci anni più tardi sarebbe stata commutata in quella d’Oro[5].

Oggi non sappiamo quali sarebbero state le sue scelte, qualora fosse stato risparmiato dal piombo austriaco[6], ma in ultima analisi, non ha soverchia importanza analizzare e discutere se avrebbe aderito compiutamente al fascismo, o preso le distanze dal nuovo sistema istituzionale. È importante, invece, rileggere il molto che fece nella sua breve ma multiforme attività, e soprattutto, meditare sul messaggio di salda coscienza morale e di fedeltà all’ethos della Patria e del lavoro che costituisce tuttora un elevato e nobilissimo testamento spirituale.


Note

1 Filippo Corridoni, Sindacalismo e Repubblica, Idrovolante Edizioni, Roma 2015, pagine 224, con prefazione di Enrico Nistri. Il volume, oltre a 28 articoli del primo anteguerra, scritti a vario titolo dallo stesso Corridoni, contiene gli Atti del Convegno tenutosi a Parma in sua memoria nel settembre 2015, con gli interventi di Paolo Martocchia (Introduzione), Giovanni Facchini (Il sindacalista rivoluzionario), Corrado Camizzi (L’interventista) e Massimo Zannoni (Il Volontario).

2 Carlo Curcio, Le origini del sindacalismo in Italia, in «Civiltà Fascista», maggio 1943, pagina 9, citato in Mario Bozzi Sentieri, Filippo Corridoni: mito e storia dell’Arcangelo sindacalista, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1988 (dello stesso Bozzi Sentieri, confronta anche: Sindacalismo e interventismo, Patria e Lavoro, Libri del Borghese, Roma 2015). Il giudizio del Curcio mette a fuoco con sicuro vigore di sintesi l’essenza della speculazione, e si potrebbe aggiungere, della psicologia corridoniana, il cui senso coerentemente rivoluzionario «può essere colto nella sua stessa “eresia”, nella capacità di porsi rispetto all’eccezionalità degli eventi in termini nuovi ed eccezionali, nella permanente capacità di essere l’interprete e l’agitatore di nuove, più vaste istanze sociali» (ibidem, pagine 13-14).

3 Filippo Corridoni, Immaturità proletaria e incapacità borghese, in Sindacalismo e Repubblica, Idrovolante Edizioni, Roma 2015, pagina 44. La critica congiunta di proletariato e borghesia, sia pure per motivazioni antitetiche ma complementari, perviene ad una conclusione sconsolatamente realistica: «Pretendere dal popolo che difenda la Patria per motivi ideologici, trascendentali, è assurdo» (confronta Filippo Corridoni, Patria e libertà, ibidem, pagina 86). È una sorta di attualizzazione del pensiero mazziniano circa il valore fondante dell’educazione, e nello stesso tempo, di quello di Massimo d’Azeglio circa la necessità di «fare gli Italiani» dopo avere «fatto l’Italia».

4 Filippo Corridoni, Accentramento statale e burocrazia, in Sindacalismo e Repubblica, Idrovolante Edizioni, Roma 2015, pagine 88-89. Nella presa di posizione contro ogni forma di parassitismo, che fu tratto costante del pensiero di Corridoni, in sintonia con quello di un giovane Benito Mussolini, non è difficile cogliere alcuni spunti marxiani, tradotti nella priorità del «produrre» e del «fare» che poi sarebbe stata quella del fiumanesimo dannunziano. Nondimeno, al pari di quest’ultima, la concezione corridoniana rifugge da una base esclusivamente materialista per inquadrarsi in una diversa e più alta visione etica, sia pure a forte impronta laica (nonostante taluni richiami all’amore per la povertà, sulle orme di San Francesco e di Jacopone).

5 Benito Mussolini, anche dopo essere diventato Presidente del Consiglio, rimase sempre fedele al «culto» di Corridoni, a cui era stato legato da vincoli di consolidata amicizia, sia negli anni di «preparazione» che in quelli della guerra. Fu così che nel 1925, in occasione del decennale dalla scomparsa, scrisse a Vittorio Emanuele III per chiedere la commutazione della Medaglia d’Argento in quella d’Oro, cosa che venne subito accordata (diversamente dall’epoca attuale in cui le Medaglie si revocano senza motivi validi), tenuto conto dell’esemplare eroismo che Corridoni aveva dimostrato al cospetto del nemico, trascinando all’attacco i suoi uomini, che ne avrebbero lasciato descrizioni degne di Omero. Sei anni dopo, il Comune di Pausula (Macerata), dove aveva visto la luce nel 1887, sarebbe stato rinominato Corridonia, in suo perpetuo onore.

6 Enrico Nistri, Prefazione di Sindacalismo e Repubblica, Idrovolante Edizioni, Roma 2015, pagina 10. Pure, il fatto che Corridoni avesse amato le sue idee «più di una madre, più di qualsiasi amante cara, più della vita», autorizza a presumere che il nobile sentire avrebbe continuato a prevalere nelle scelte etiche e politiche di un’alta coscienza nazionale e sociale.

(marzo 2016)

Tag: Carlo Cesare Montani, Italia, Belle Epoque, Grande Guerra, Prima Guerra Mondiale, Filippo Corridoni, 1915, Quarta Guerra d'Indipendenza, Cesare Battisti, Fabio Filzi, Nazario Sauro, Enrico Toti, Salvo D’Acquisto, trincea delle Frasche, Redipuglia, Santa Alleanza, Carta del Carnaro, Carta del Lavoro, Repubblica Sociale Italiana, Labriola, Giovanni Pascoli, Guerra di Libia, impegno civile, cooperazione internazionale, analisi macro-economica, questione del debito pubblico, voto di scambio, fascismo, Sindacalismo e Repubblica, Corridonia.