Nigeria del Nord: il conflitto musulmani-cristiani in una prospettiva storica
Le ragioni dell’ostilità e delle violenze tra Cristiani e musulmani nella Nigeria di oggi

La violenza fra Cristiani e musulmani è esplosa periodicamente negli ultimi trent’anni nella Nigeria del Nord, compromettendone gravemente la coesione interna. L’introduzione della Sharia fra il 1999 ed il 2002 nei dodici Stati che compongono l’area ha aggravato le tensioni esistenti, specialmente fra Cristiani pentecostali e gruppi islamici, incrociandosi, inoltre, con gli altri conflitti che attraversano la Nigeria: tra le opposte fazioni islamiche; tra gruppi islamici antigovernativi e lo Stato; tra comunità indigene da lungo tempo residenti sul territorio e gruppi più recenti.

Il conflitto musulmani-cristiani si configura, tuttavia, come il più rilevante fra quelli che affliggono la Nigeria. Tale conflitto è comprensibile solo ricostruendo la storia delle comunità etniche e religiose della regione e, in particolare, del Governo Coloniale Inglese che ebbe una profonda influenza sulle relazioni tra le diverse etnie e sul ruolo della religione in ambito politico.

Il Nord della Nigeria è abitato da numerosi gruppi etnici, di cui i maggiori, dal punto di vista numerico, sono gli Hausa, i Fulani e i Kanuri, praticanti la fede islamica. I gruppi etnici minori, circa 160, sono, per la maggior parte, di religione cristiana o animista.

Gli Hausa e i Fulani sono considerati gruppi maggioritari, detenendo, inoltre, una tale egemonia politica nella regione da essere ritenuti un gruppo unico, l’Hausa-Fulani, nonostante si considerino diversi, dato l’utilizzo di nomi e linguaggi distinti; infatti, quasi tutti i Fulani parlano la lingua Hausa, la lingua franca dell’area, ma non tutti gli Hausa parlano la lingua Fulani.

Le prime popolazioni presenti sul territorio consistevano in gruppi di piccole dimensioni, organizzati in comunità autonome, con strutture governative rudimentali e senza ambizioni espansionistiche. Gli Hausa, sia provenienti dalle migrazioni sia autoctoni, divennero un gruppo identificabile ed auto identificatosi approssimativamente nel XII secolo, quando instaurarono sette grandi città-Stato e altri sette Stati consociati che si estendevano in quella che è tuttora la Nigeria. Entro la fine del XIII secolo, gli Hausa avevano ottenuto il controllo sulla maggior parte del territorio, incorporando i gruppi etnici più piccoli in un corpo politico multietnico.

I Kanuri, provenienti dal Ciad, fondarono uno Stato autonomo nell’XI secolo. Attraverso l’assimilazione e i matrimoni con le etnie locali, i Kanuri divennero il più grande gruppo etnico del Nord-Est.

I Fulani migrarono dall’odierno Senegal nelle città-Stato degli Hausa nel XIII secolo. Nonostante fossero principalmente nomadi, gli uomini colti riuscirono ad inserirsi nell’apparato amministrativo degli Hausa divenendo esattori delle tasse, consiglieri, scribi, giudici, ottenendo così una grande influenza tra la nobiltà Hausa.

Le interazioni iniziali si realizzarono non solo attraverso le migrazioni e i primi insediamenti, ma anche attraverso le guerre, il commercio degli schiavi e la diffusione dell’Islam. Molti Stati mossero guerra per espandere i propri territori così da rifornirsi di schiavi da inserire nei possedimenti feudali o vendere nel Nord Africa. Il commercio creò altri legami; per esempio, i mercanti Hausa viaggiando nel Sud crearono delle basi che più tardi divennero delle città importanti dal punto di vista economico, politico ed amministrativo.

L’interazione più rilevante fu dovuta, tuttavia, al diffondersi dell’Islam; tra l’XI e il XVII secolo l’Islam fu introdotto pacificamente dal Nord Africa e dal mondo arabo attraverso mercanti e uomini di culto, raggiungendo tutti gli strati sociali della popolazione, tanto che già nel XIV secolo studiosi musulmani occupavano importanti cariche nell’apparato amministrativo delle città-Stato Hausa.

All’inizio del XIX secolo, un predicatore Fulani, Shehu Usman dan Fodio si impegnò in una jihad volta inizialmente a purificare le pratiche islamiche nella regione, ma che in seguito fu finalizzata all’instaurazione di una nuova leadership. Attraverso il supporto dei nomadi Fulani e dei contadini Hausa, gruppi oppressi dalla corruzione e dal dispotismo dei Re Hausa, la jihad sconfisse le città-Stato tra il 1804 ed il 1808, instaurando un nuova entità politica, il Califfato di Sokoto.

Il nuovo Impero traeva la sua coesione interna dall’Islam ma era costituito da Emirati indipendenti, ognuno con un Emiro e un’amministrazione. Al vertice il Califfo, residente a Sokoto, che svolgeva un doppio ruolo, essendo una guida spirituale e un leader politico. Il Califfato conservò il sistema feudale pre-jihad, sostituendo l’aristocrazia Hausa con la nobiltà reale Fulani.

I governanti Fulani si fecero interpreti dei valori dell’Islam nella regione, applicando la Sharia molto rigidamente e facendo in modo che le pratiche religiose indigene fossero soppresse. Alcuni studiosi ritengono, tuttavia, che i Fulani abbiano assimilato molti elementi della tradizione Hausa, creando un’identità Hausa-Fulani omogenea.

È importante rilevare che il Califfato di Sokoto non fu una formazione politica priva di tensioni interne, sia etniche sia religiose; infatti, negli ultimi anni della sua esistenza, le tensioni fra le diverse correnti dell’Islam aumentarono, così come l’opposizione all’egemonia politica dei Fulani da parte non solo degli Hausa, ma anche dei nobili della stessa etnia esclusi dal potere.

Il Califfato di Sokoto occupa una posizione importante, sebbene ambivalente, nella consapevolezza dei musulmani della Nigeria del Nord, orgogliosi della sua storia e della sua eredità, orgoglio rinsaldato dal fatto che l’ultimo Califfo, Attahiru I, non si arrese all’Inghilterra ma morì combattendo nel 1903. La sconfitta del Califfato da parte di forze inglesi composte principalmente da truppe coloniali della Nigeria del Sud è, inoltre, un punto nodale nella comune associazione, tuttora un aspetto rilevante del pensiero dei Nigeriani del Nord, tra un potere cristiano straniero e i Nigeriani del Sud. Storicamente, il Cristianesimo fu introdotto in Nigeria attraverso la parte meridionale del Paese, radicandosi stabilmente soprattutto dal 1842, quando una missione di lingua inglese fu istituita a Badagry. La sua rapida espansione fu facilitata dall’impegno nell’apostolato degli schiavi liberati convertiti al Cristianesimo. Il Cristianesimo si espanse successivamente anche nella parte settentrionale del Paese.

La Gran Bretagna controllò la Nigeria attraverso un Governo indiretto, pratica già sperimentata in altre parti dell’Impero. Le autorità tradizionali furono coinvolte nell’amministrazione del territorio, così da creare un potere governativo locale che favorisse gli interessi inglesi. Il sistema feudale oligarchico era visto dal Governo Inglese come un utile strumento per mantenere la stabilità politica nel Paese. Inoltre, l’organizzazione feudale era consona alla prevalente interpretazione dell’Islam, secondo la quale non vi era alcuna distinzione fra religione e politica. Il sistema coloniale era strutturato in modo da non interferire nelle questioni religiose islamiche, limitando così la diffusione del Cristianesimo nella Nigeria Settentrionale.

I governanti locali furono usati per controllare la popolazione e il fisco, sotto la supervisione di funzionari britannici con potere di veto.

L’Inghilterra si impegnò per il mantenimento delle tradizionali strutture sociali della regione, incluse quelle religiose e culturali (il possesso di schiavi fu abolito definitivamente solo nel 1936).

Il Governo Coloniale Britannico introdusse cambiamenti significativi in ambito politico, giudiziario e culturale.

Dal punto di vista politico, la sconfitta del Califfo e la nomina di Kaduna come nuova capitale della regione diminuirono l’autorità e l’influenza del Sultano di Sokoto, che conservò, tuttavia, una leadership spirituale fra i musulmani del territorio. Alcuni decenni più tardi, in vista dell’imminente indipendenza, l’Amministrazione Coloniale introdusse delle riforme che avevano come finalità quella di ridurre l’influenza delle autorità tradizionali; nel 1959, per esempio, il Governatore Inglese decretò che il Sultano e gli Emiri sarebbero stati soggetti alle ordinanze ministeriali, spogliandoli in questo modo del potere di nominare e disciplinare i giudici islamici.

Paradossalmente, la politica coloniale inglese riduceva il potere degli Emiri, ma allo stesso tempo si affidava a loro per un governo indiretto del territorio. Una simile scelta politica ebbe delle conseguenze importanti. Il sistema amministrativo dei vari Emirati funzionò prevalentemente nelle aree in cui già in precedenza era esistito, ma non nelle zone in cui aveva incontrato la resistenza dei gruppi etnici minori, che in molti casi optarono per la conversione al Cristianesimo come reazione alla dominazione delle élite musulmane Hausa e Fulani. Il Governo Coloniale Britannico appoggiò la supremazia delle aristocrazie Hausa e Fulani, gettando così le basi per una conflittualità lacerante all’interno della società nigeriana.

Per quanto concerne l’aspetto legislativo, è possibile osservare come la Gran Bretagna avesse mantenuto la Legge islamica imposta dal Califfato, circoscrivendone, tuttavia, l’applicazione alle cause civili; infatti, si creò una divisione informale fra i Consigli legali degli Emirati, che si occupavano di materie come il diritto commerciale applicando i principi della Common Law, e i giudici islamici, che trattavano questioni riguardanti il diritto di famiglia. Poco prima dell’indipendenza, il Governo Coloniale Inglese fece pressione sul Governo regionale affinché accettasse un Codice Penale di compromesso, con l’istituzione di una Corte d’Appello con giurisdizione solo sui fedeli musulmani.

Molti leader islamici considerarono questa scelta finalizzata ad innalzare la «Giurisprudenza cristiana» sopra la tradizionale «Giurisprudenza musulmana».

Nell’ambito culturale, l’amministrazione coloniale permise l’istituzione di scuole cristiane da parte delle missioni solo in quelle aree non musulmane dello scomparso Califfato. Si istituì in questo modo un sistema educativo europeo accanto a quello islamico, che contribuì ad acuire gli antichi contrasti tra i musulmani Hausa e Fulani e gli altri gruppi etnici di fede cristiana.

Le attività cristiane furono ammesse solo nelle nuove città; molti di questi insediamenti si svilupparono nella Nigeria del Nord per gli abitanti del Sud che erano emigrati per lavoro.

Il Legislatore si impegnò nell’emanare Leggi specifiche finalizzate a delimitare gli insediamenti e l’attività delle missioni cristiane: era illegale per gli aderenti alla fede cristiana insegnare la propria fede a bambini sotto gli otto anni d’età; le missioni cristiane potevano essere istituite soltanto con l’approvazione del Governo; gli Europei non potevano vivere a meno di 440 yard dalla comunità indigena più vicina.

Si può affermare che il modello di politica coloniale inglese, che i Cristiani denunciavano come pro-musulmana e che rallentò la rapida espansione del Cristianesimo nel Nord della Nigeria, abbia posto le basi per l’esplosione dei conflitti interreligiosi fin dall’indipendenza.

Dopo l’indipendenza, la Nigeria divenne una Repubblica Federale composta da tre Regioni, di cui quella del Nord, per popolazione ed estensione territoriale, fu la maggiore. Ahmadu Bello, leader del Northern People’s Congress (NPC), guidò la Regione del Nord ed ottenne una totale egemonia sulla Federazione. Bello si fece promotore di una politica di «nordizzazione», rivolta all’inserimento degli abitanti del Nord come funzionari nell’apparato amministrativo regionale e locale, senza alcuna distinzione di credo religioso. I Cristiani, i maggiori beneficiari di questo processo grazie al possesso di un’alta istruzione occidentale, svilupparono anche un senso di appartenenza alla Nazione; infatti, molte persone valutano il periodo della leadership di Bello, interrotta dalla sua uccisione durante il colpo di Stato del 1966 da parte di ufficiali cristiani dell’etnia Igbo, il momento di maggiore unità del Paese, quando le differenze religiose erano considerate un aspetto minimale. Ciò avvenne nonostante Bello ritenesse l’Islam, che lui stesso professava, uno strumento sia di unificazione sia di preservazione dell’identità culturale della Regione.

L’impegno di Bello per la conversione all’Islam dei gruppi ancora «pagani» fu letto da una parte dei Cristiani e degli animisti come un segnale d’allarme sull’instaurarsi di un’egemonia islamica. Questo timore compromise le relazioni fra le diverse comunità, contribuendo al primo colpo di Stato militare nella storia della Nigeria indipendente.

Dal 1966 al 1999 la Nigeria fu retta da regimi militari, con un periodo di vera e propria guerra civile dal 1979 al 1983. Soltanto nel 1999 vi è stato il ritorno alla democrazia, che non ha impedito, comunque, il riproporsi del conflitto musulmani-cristiani, acuito dall’emergere del gruppo islamista Boko Haram, in possesso di importanti collegamenti con organizzazioni terroristiche al di fuori della Nigeria.

Dal punto di vista politico, la religione è divenuta un tema estremamente importante nella Nigeria contemporanea, ciò è sicuramente dovuto alle ragioni storiche esaminate in precedenza, ed anche al riproporsi dell’opposizione fra un Nord musulmano ed un Sud cristiano.

In conclusione, è possibile affermare che esistono sia remote cause storiche al conflitto interreligioso in corso, sia contemporanee, come la manipolazione della religione per fini prettamente politici, la ricerca di potere economico e l’ignoranza dell’altrui fede.


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(febbraio 2015)

Tag: Daniela Franceschi, Africa, Nigeria, Sharia, Hausa, Fulani, Kanuri, Boko Haram, Califfato di Sokoto, Northern People’s Congress, Ahmadu Bello, conflitto musulmani-cristiani, storia, Nigeria del Nord, Nigeria del Sud, conflitti interreligiosi.