Ian Smith
Quando il colore nero offusca la ragione

Ian Douglas Smith è stato un dittatore che in Rhodesia ha fatto il bello (poco) e cattivo tempo (tanto), lasciando dietro al suo operato una scia di malcontento e soprattutto di sangue.

Quando nacque l’8 aprile 1919 a Selukwe, la Rhodesia del Sud (ora Zimbabwe) era una colonia britannica e uno degli Stati Africani con una presenza bianca fra le più alte; Ian Smith era uno dei componenti della razza bianca.

Dopo aver frequentato le scuole locali, si iscrisse alla Rodhes University di Grahamstown e, quando nel 1939 scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, lasciò gli studi e si arruolò nella RAF (Royal Air Force), dove divenne pilota degli aerei da caccia, e per due volte fu abbattuto durante operazioni militari, ma in entrambe si salvò e nella seconda, avvenuta presso Savona, si inserì nella lotta partigiana contro i Tedeschi.

Cessata la guerra, ritornò in Rhodesia e portò a compimento gli studi interrotti anzitempo, mentre iniziò a dedicarsi attivamente alla politica.

Egli aveva le idee chiare. Innanzitutto, era necessario rendere la Rhodesia indipendente dal colonialismo inglese e poi non gli piaceva né sopportava l’uguaglianza e la promiscuità esistenti fra gli abitanti di origine europea e quelli di origine africana. Infatti, i suoi sogni erano quelli di vedere la Rhodesia libera e i bianchi e i negri separati gli uni dagli altri, divisi, ognuno per conto suo, ma a certe condizioni e con certi limiti. Egli partiva dal presupposto che tutti i negri fossero dei ritardati, anormali o giù di lì, e che spendessero il loro tempo in malo modo in faccende inutili e basta: pertanto, era un dovere per i bianchi fare ciò che loro non erano in grado di fare, fra cui interessarsi a governare lo Stato. Questi argomenti – chi l’avrebbe detto? – erano molto apprezzati dai bianchi.

Nel 1948, Smith fu eletto all’Assemblea della Rhodesia del Sud ed entrò nel Partito Federale. Nel 1953, si formò la Federazione di Rhodesia e Nyasaland, e Smith divenne sempre più importante, tanto che nel 1958 divenne Capo del Governo. Nel 1961, fondò il Fronte Rhodesiano (Rhodesian Front), trovando il consenso e l’appoggio dei fautori della supremazia della razza bianca.

E, proprio basandosi sui suoi punti fondamentali di carattere politico, fra cui la promessa di un Governo costituito da bianchi in una Rhodesia libera dal giogo britannico, il suo partito vinse le elezioni politiche del 1962, contro ogni aspettativa.

Per cominciare, la Federazione smise di funzionare e l’anno successivo fu sciolta. Era suo parere che il Paese non solo sarebbe dovuto essere governato da bianchi, ma anche che i negri, come si è detto, ritenuti di razza inferiore e convinto com’era che l’unico interesse fosse quello di litigare fra di loro, se ne stessero da parte, senza interferire con la vita degli Europei. Tutto quanto nel senso che tutta la vita pubblica sarebbe dovuta scorrere su due binari separati, ognuno per conto suo, per cui luoghi diversi (scuole, mezzi di trasporto, ristoranti, bagni pubblici, eccetera, eccetera); insomma, vita distinta per tradizione e cultura. Si potrebbe forse dire che Ian Smith voleva che bianchi e negri si comportassero come marito e moglie in difficoltà, quando si definiscono «separati in casa».

Ma ciò non bastava, giacché Smith imponeva pure che i negri fossero esclusi dalla vita politica, tanto – diceva – il buon Governo avrebbe pure favorito i negri. «Se del caso se ne parlerà in futuro», era una sua larvata promessa, giacché il futuro non era datato.

E nel 1964, grazie ai voti dei bianchi convinti dai suoi programmi, divenne Primo Ministro, per cui cominciò a comportarsi come da anni avrebbe voluto.

Infatti, nell’aprile di quell’anno, fece arrestare ed esiliare quattro Africani che predicavano per una Rhodesia uguale per tutti: questo primo atto ufficiale fece scoppiare disordini, che furono repressi con pesanti azioni di polizia. Quando, poi, nel luglio 1964 si riunì la conferenza dei Primi Ministri del Commonwealth, si oppose violentemente, quando i nazionalisti proposero una Costituzione che desse maggiore rilievo alla presenza dei rappresentanti di razza negra nel Governo, temendo che, con ogni probabilità, sarebbe andato in minoranza.

Ci furono altri incontri, che però non portarono a nulla, tanto che Smith, l’11 novembre 1965, dichiarò unilateralmente l’indipendenza del suo Paese, facendo scoppiare le ire della Gran Bretagna che si rivolse al Consiglio delle Nazioni Unite, ottenendo che fossero inflitte sanzioni economiche alla Rhodesia. Questa decisione, ritenuta offensiva da parte di Smith, lo indusse a rompere ogni rapporto diplomatico con il Commonwealth.

Il referendum, indetto per il 20 luglio 1969 in merito all’adozione di una Costituzione che desse il via libera a una Repubblica governata da bianchi, ebbe risultato favorevole grazie all’elettorato soprattutto di questi ultimi, per cui il 2 marzo 1970, la Rhodesia divenne ufficialmente Repubblica.

Naturalmente, i negri non stettero con la mani in mano a guardare l’operato di Smith e dei suoi seguaci, come lo dimostra il complesso delle operazioni di guerriglia portate avanti dal Fronte Patriottico, costituito da diverse forze nazionaliste capeggiate dai negri Robert Mugabe e Joshua Nkomo. A partire dal 1972, infatti, le operazioni, che partivano dal Mozambico, erano vigorosamente contrastate dall’esercito del Governo di Smith. La situazione non si prospettava fra le migliori, giacché l’economia del Paese soffriva per i continui salassi effettuati dalle casse dello Stato per potenziare l’esercito; per di più, la guerriglia, ritenuta pericolosa, preoccupava non poco la popolazione bianca, tanto che furono moltissimi coloro che se ne andarono.

Smith tenne duro finché gli fu possibile, poi fu costretto a negoziare con il Vescovo Muzorewa, un capo negro moderato. E nel 1978, iniziò un passaggio dei poteri ai negri, al quale Smith partecipò come membro del consiglio di transizione.

Comunque, rimase al Governo come Primo Ministro fino a metà del 1979, poi restò sempre a testa più bassa, come Ministro senza portafoglio, fino alla fine dell’anno, per continuare a servire lo Stato ancora per otto anni.

Un lustro dopo, il suo partito si era unito ai partiti negri che si opponevano alle politiche di Mugabe, ma non con grande successo.

Il suo coinvolgimento nella coalizione fu di breve durata, tuttavia, e alla fine del decennio si era in gran parte ritirato dalla politica nazionale attiva.

Nel 1997, pubblicò le sue memorie (The Great Betrayal: The Memoirs of Ian Douglas Smith), nelle quali esprimeva il suo disappunto per il comportamento di Mugabe e di diversi personaggi politici della Gran Bretagna, tanto da essere elogiato da coloro che sostenevano l’opposizione dello Zimbabwe. Nel 2005, andò nel Sudafrica, a Città del Capo, per cure mediche, dove spirò due anni dopo, esattamente il 20 novembre.

(novembre 2022)

Tag: Mario Zaniboni, Ian Smith, Selukwe, Rhodesia del Sud, Zimbabwe, Ian Douglas Smith, colonialismo inglese, Federazione di Rhodesia e Nyasaland, Fronte Rhodesiano, Rhodesian Front, vita di Ian Smith, Commonwealth, Robert Mugabe, Joshua Nkomo, Vescovo Muzorewa, The Great Betrayal: The Memoirs of Ian Douglas Smith.